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Autore: Sijack    27/12/2010    3 recensioni
"Ora ci rimane solo questo: un guanto, un cappello e la luce di un riflettore."
Genere: Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buio.
Urla.
Un mix inquietante,
ma non questa sera.
Sebbene potessero essere paragonate a urla di terrore, le nostre,
sono ricche di eccitazione.
Tu le senti, da qualche parte,
in quelle tenebre emozionanti,
dove l'occhio si perde,
dove par ciechi diventare,
in cui si ha paura,
in cui non si crede.
Ed ecco che la mente umana viene raggirata,
in cerca di un appiglio,
per non perdere la vista.
La luce fioca di un riflettore,
che debolmente illumina uno sgabello.
Uno sgabello qualsiasi.
Un qualsiasi riflettore.
Strano come possano sembrare speciali,
questa sera.
Sarà la tua magia,
capace di dar vita alle cose più improbabili,
oltre che colpire i nostri animi innocenti,
decisamente impreparati a tanta grandezza,
a tanta immensità.
Passi insonorizzati.
Ti sento.
Eccoti!
Fiero di quel che fai, un po' insicuro forse,
timido come un bambino,
ti porti debolmente una mano alla nuca,
e con l'altra sorreggi una valigetta.
Una valigetta qualsiasi.
Ci guardi.
Com'è innocente il tuo animo.
Cammini ancora un po'
verso la luce e lo sgabello.
Posi la valigetta e guardi in alto,
guardi quel povero riflettore che, ahimè,
deve sopportare il tuo sguardo semplice e complicato.
Quasi pare lo stai ringraziando.
Le urla vanno in crescendo.
Cali lo sguardo.
La valigetta scatta e si apre,
come per magia.
La tua magia.
Piano, ne estrai qualcosa.
Luccica.
E' scura, poco la noto.
E' la tua anima?
Impossibile, è trasparente e pura la tua.
Indossi quel qualcosa, è una giacca.
Subito risaltano i bianchi del tuo bel vestito, stasera.
Calze bianche,
maglia bianca,
fascia bianca.
Ti manca qualcosa,
non è così?
Mi leggi nel pensiero
e dopo esserti sistemato come meglio potevi,
estrai un'altra cosa che lasci dondolare tra quelle lunghe e raffinate dita tue.
Sembra tanto un fazzoletto.
Dopo averne assaporato la piacevole sensazione con i polpastrelli,
decidi di far penetrare la tua mano al suo interno.
Fai qualche passetto improvvisato.
Ci guardi.
"Come sto?" sembri dire.
Ma poi riabbassi lo sguardo e ti accorgi che ti manca ancora una cosa.
Afferri il tuo fedora nero
e lo guardi come un bambino fa
con un sacchetto di caramelle.
L'osservi, lo scruti attentamente.
La gente impazzisce,
non vedo nessuno,
siamo solo io, tu e l'oscurità che ci avvolge,
che mi avvolge.
Danza per me,
canta per me,
mostrami la tua essenza.
Indossi il tuo bel cappello e... svanisci.
Svanisci come un paradisiaco sogno,
svanisci come un assurdo desiderio,
svanisci come una piacevole sensazione.
Chiudo gli occhi per non guardare.
Li riapro e non credo a quel che vedo.
C'è ancora il riflettore,
c'è ancora lo sgabello
e su di esso giace il tuo guanto,
giace il tuo fedora.
Si sussegue un doloroso lamento,
un pianto,
che mi riporta alla realtà.
Non ci sei più.
Il guanto scintilla sotto la luce
che t'implora di tornare,
che t'implora di continuare.
Il guanto sembra aver perso importanza,
il fedora sembra un comune cappello,
ma non è così.
Tu sei in quella luce,
non più così fioca,
non più così debole.
Sei ancora sotto quel cappello;
dentro quel guanto.
Ci guardi, anche se non più da quel palcoscenico.
Parli ai nostri cuori.
Consoli i nostri animi.
Non te ne sei andato per sempre,
tornerai a danzare,
tornerai a catturarci con i tuoi occhi infiniti,
tornerai a illuminarci.
Ora ci rimane solo questo:
un guanto, un cappello e la luce di un riflettore.


  
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