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Autore: SummerRestlessness    28/12/2010    1 recensioni
Ashleigh va ad un matrimonio ed ovviamente conosce qualcuno. Anzi, due "qualcuno". Poi però qualcosa va storto e si troverà ad affrontare vari bivi...
e così sarà anche per voi che leggerete. ;)
Gocce nere di mascara le colavano sulle guance, tracciando linee che lasciavano una scia scura sul fard rosa acceso, per poi cadere sul pavimento di legno.
Perchè, prima o poi, tutto torna cenere.
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II. Love in an elevator

Finalmente gli sorrise, quando fu abbastanza vicino per permetterle di notare il blu dei suoi occhi ridotti a due fessure, indagatori, posati su di lei. Gli sorrise, emise un flebile “Ciao” e non riuscì a fare nient’altro. Lo guardò lasciarsi andare con noncuranza su una delle sedie libere attorno al suo tavolo e quasi senza accorgersene si trovò a rimproverarlo scherzosamente:

- Veramente quello è il posto di una certa Betty…

Gli sorrise per stemperare un po’ quell’aria da maestrina che sembrava aver assunto e che lei stessa odiava. Lui però non sembrò prendersela troppo, perché rispose in tono ironico e fintamente preoccupato:

- Oh, allora forse dovrei andare in un altro posto, prima che torni "certa Betty"…

Le sorrise di nuovo in quel modo che stranamente aveva già imparato a conoscere, proprio lei che non si sentiva mai a suo agio con nessuno. Era un sorriso in un certo senso spavaldo, menefreghista: di sicuro era conscio di essere affascinante e usava la cosa a proprio vantaggio. In un certo senso però sembrava anche un sorriso stanco e disilluso, non del tutto sincero. Come se si potesse ridere di qualsiasi cosa nel mondo, perché in fondo niente di tutto quello schifo che li circondava sarebbe cambiato mai.

Alzò un sopracciglio, vedendo l’espressione confusa di Ashleigh e riprese con tono suadente, avvicinandosi al suo orecchio con la bocca:

- O forse… dovremmo andarcene tutti e due.

Non era una domanda, non era una proposta, ma semplicemente la constatazione di uno stato di cose, una sorta di consapevolezza in quello che sarebbe successo e di sicurezza in se stesso. Non le erano mai piaciuti i tipi troppo sfrontati, ma il lampo di incertezza che vide passare dietro agli occhi di lui mentre esitava un po’ troppo a dargli una risposta la convinse. Casey avrebbe detto ancora una volta che voleva “giocare all’infermierina che salva il povero ragazzo cattivo che in fondo non è cattivo per davvero, ma solo incredibilmente complicato” e forse aveva ragione. Aveva sempre avuto un debole per i cosiddetti “ragazzacci”, ma non le piaceva ritenersi una conferma di quel particolare cliché. Preferiva valutare la cosa sotto un altro punto di vista: secondo lei, tutti gli uomini erano cattivi ragazzi, perciò in un modo o nell’altro tutte le donne erano infermierine che cercavano di “salvarli” o di riportarli sulla buona strada.

Ashleigh con il passare del tempo e l’esperienza si era convinta d’altronde che questo non fosse possibile e da allora cercava di prendere tutto con molta leggerezza, non cercando nemmeno più di negare che il tipo di ragazzo che ostentava certe qualità da “bello e dannato” fosse quello che la attirava di più.

Se non altro, molto più del tipico bravo ragazzo che non aspetta altro che metterti un paio di corna con la segretaria. O con la ragazza dei massaggi. O con la prima che passa per strada, purché abbia un “bel davanzale”.

Tutte le frasi che aveva sentito dire, tutte le storie che si era sentita raccontare contribuivano a consolidare in lei la convinzione che non esistesse la relazione perfetta e che quindi l’unica soluzione fosse quella di divertirsi, finché possibile.

Inizialmente, quindi, lo guardò stupita; poi gli rispose, non senza un tocco di malizia:

- In effetti qui non conosco quasi nessuno…

Il viso di lui si illuminò per un attimo in un modo strano, da bambino felice, prima che riprendesse il suo contegno da giovane uomo sicuro di sé e le dicesse – Perfetto, - porgendole la mano per farla alzare dalla sedia.

Senza dire altro, la condusse appena fuori da una delle porte della grande sala addobbata e le fece cenno di aspettarlo. Si avviò quindi verso un gruppetto di persone vicino ad un tavolo e lo vide dire qualcosa ad un ragazzo di spalle rispetto a lei, piuttosto alto e con una camicia azzurra. Tornò poco dopo quasi correndo, con un sorrisino che Ashleigh avrebbe definito malefico e la prese per mano, portandola con sé vicino alla porta di uno degli ascensori presenti su quel piano.

- Dove andiamo? – gli chiese ed il suo tono le sembrò stranamente più curioso che spaventato da tutto quel mistero. Non si erano nemmeno presentati e lui la stava già portando chissà dove. Il sorriso che le fece però sciolse ogni suo dubbio: si trovò a pensare che non voleva davvero sapere dove sarebbero andati. O come si chiamava. O cosa sarebbe successo al mondo.

Era da tempo che non si sentiva così per colpa di qualcuno: come se tutto il resto non importasse.

Lui ridacchiò: - Ho detto agli altri che andavo a prendere la nonna all'aeroporto.

Lei spalancò la bocca e cercò di dire qualcosa, sconvolta dall’assurdità della situazione e da… lui. Non ci riuscì però e lui continuò allegro: - Nessuno mi ha chiesto la nonna di chi…!

Di nuovo Ashleigh cercò senza successo di replicare, ma lui interruppe di nuovo il suo tentativo, spiegando: - Ai matrimoni c'è sempre una nonna da andare a prendere all’aeroporto…

Ashleigh finalmente capì che cosa intendesse dire e scansò dalla mente i pensieri che aveva formulato su di lui che si rivelava un rapitore di povere vecchine indifese infiltrandosi ai matrimoni di persone sconosciute. Rise e lui, dopo averla scrutata per un attimo, la seguì a ruota.

Quando si calmarono, l’ascensore si era fermato al loro piano e le porte si erano aperte per farli salire.

- Ho preso una camera qui, in questo hotel, per stanotte. – disse lui, finalmente serio - Sai, per non guidare ubriaco e tutte quelle cose.

Fece un gesto vago con la mano, roteando gli occhi spazientito. Poi, salì sull’ascensore, mentre lei lo guardava, ancora indecisa sul da farsi.

- Possiamo salire da me… Parlare… - le sorrise di nuovo, sporgendosi un po’ fuori dall’androne, fino ad arrivarle vicinissimo. Poi, si chinò su di lei e le posò sulle labbra un bacio delicato che le diede la scossa, prima di aggiungere, a due centimetri dalla sua bocca: - O non parlare affatto…

Ashleigh non riuscì più a pensare a niente. Al nome di lui, a quello che avrebbe detto Casey, a quanto avrebbe sparlato Betsy, a quanto fosse sbagliato comportarsi così. In un lampo era entrata in quell’ascensore spingendo dentro il ragazzo sconosciuto ed aveva schiacciando il pulsante per far chiudere le porte.

 

 

 

 

Dunque, ancora non siamo al punto in cui la storia prenderà due strade… non solo in senso figurato. Ma, se siete arrivate fin qui a leggere… arriverà, abbiate fiducia! (E se siete arrivate fin qui a leggere… fatemelo sapere! Brave! :P)

Il ragazzo è ancora misterioso, non abbiamo scoperto molto su di lui… neppure il nome! Ma abbiate fiducia anche in questo! Questa è una storia che richiede molta fiducia da parte di voi lettori, se avete notato! xD

Come al solito, ringrazio chi ha letto e chi ha aggiunto AtoA nelle seguite e nelle ricordate…

Il titolo stavolta è tratto da questa canzone qui degli Aerosmith, che mi è venuta in mente rileggendo l’ultima riga, nella quale avevo scritto “ascensore” almeno tremila volte, prima di ricordarmi che le ripetizione è un errore punibile penalmente. :P Per quanto riguarda la parte del "love" però non prometto niente.

Buona lettura ^-^

Summer

   
 
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