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Autore: DazedAndThief    29/12/2010    4 recensioni
Liverpool di mattina è un qualcosa d’incantevole.
Incredibile come una cittadina che in genere brulica di vita possa essere così placidamente calma.

Liverpool, 1966. Sara e Mitchie, due teenager con i piedi per terra e il rock perennemente nelle orecchie, incontreranno alcuni dei più importanti miti musicali dell’epoca, facendo così intrecciare le loro vite a quelle dei loro idoli.
Genere: Generale, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(Love is like a) Hurricane.

 

 

Capitolo 1
Good day, sunshine

 

Liverpool di mattina è un qualcosa d’incantevole.

Incredibile come una cittadina che in genere brulica di vita possa essere così placidamente calma.

Il cielo rosa è solcato ogni tanto dal fumo dei comignoli di qualche vecchia casa, quelle villette a schiera anonime, tutte uguali con i loro mattoni grigi e gli arredamenti imborghesiti acquistati da persone altrettanto borghesi fino al midollo.

Abitare all’ultimo piano ha i suoi vantaggi: si sale la scaletta metallica nascosta in camera mia e ci si ritrova sul tetto ad ammirare un panorama mozzafiato come questo.

E pazienza se soffro di vertigini: basta non sporgersi troppo e il problema non si presenta.

Qua ci starebbe una sigaretta, ma per fortuna il fumo non rientra tra i miei vizi, quindi opto per una canzone da canticchiare.

 

Some way, some day, I'll find a way 
to make you see my way 

 

La mia vita è solo un susseguirsi di cose sempre uguali. Routine è il termine giusto per definirla, anche se forse palla rende meglio l’idea.

Sveglia, colazione, liceo, part-time e di nuovo casa sono veramente la mia morte quotidiana. Il sabato sera esco un po’, ma è come se un solo giorno non riuscisse a rendere giustizia ad un’intera settimana di apatia.

Per fortuna c’è Mitchie.

Chi è Mitchie? Colei che ruberebbe matitine ovunque, colei che è una schiappa in matematica e che pretende che io la aiuti, pur essendo a conoscenza del profondo odio che nutro nei confronti di questa disciplina, colei che mi allieta le giornate appendendo schizzi buffi al frigo e sulle porte, colei che dorme vicino a me, un solo muro di stupido cartongesso a separarci.

Ha occhi scuri leggermente a mandorla e un carré che le incornicia il viso maturo, che le fa dimostrare un po’ più dei sedici anni che realmente ha, e disegna divinamente. E quando dico divinamente, lo dico perché è vero. Passa dalle caricature ai ritratti con una velocità incredibile e wow, mi lascia sempre a bocca aperta.

Uh, sarà anche ora di svegliarla, adesso: ha un sonno così pesante che nemmeno i Marines riuscirebbero a farle aprire gli occhi, pazzesco!

Mi calo giù per la scaletta, facendo ben attenzione a non cadere, e atterro perfettamente in piedi.

-Mitchie! Alzati!- mi affaccio alla sua porta, ricevendo come risposta un mugolio e un successivo girar fianco.

Alzo gli occhi al cielo, per poi continuare: -Avanti, non vorrai far aspettare il signor Disney e il signor Barks!-

La vedo balzare seduta, con gli occhi spalancati: -Od-oddio, Carl Barks e Walt Disney a… a casa mia?-

Non faccio neanche in tempo a risponderle che è già volata fuori dalla stanza, e nascondo un ghignetto soddisfatto quando la sento protestare dal cucinino, una volta scoperto che nessuno dei due affermati disegnatori stia aspettando il suo caffè.

Ma io sì, quindi è meglio che si spicci.

 

Stupide divise.

Stupide stupide stupide divise.

La gonna di Mitchie con questo vento continua a sollevarsi, e lei è costretta ad appoggiarci le mani sopra per tenerla a bada.

Ditemi voi se è sensato che a scuola si debbano indossare delle stupide divise: non avrebbe più senso che ognuno mettesse le cose che più gli piacciono?

Io, ad esempio, verrei a scuola perfino in pigiama, se mi fosse concesso.

E invece no, mi devo accontentare della divisa maschile, misero traguardo.

Guardo Mitchie di sottecchi.

Però, effettivamente, a pensarci bene, preferisco la camicia, la cravatta e i pantaloni a quel blazer grigio e quella gonna plissettata verde bosco.

Cioè, la mia mise fa tanto old style, tutta in bianco e nero, e devo dire che quest’alone di androginia che mi circonda mi piace. E parecchio.

-Mamma, che vento maledetto! Ma la bora non c’era solo a Trieste?- sbuffa Mitchie, arrancando.

-Avrà chiesto asilo politico. Su, non manca molto.- le rispondo io, stringendomi nel mio cappotto antracite.

Difatti, in mezzo ai mulinelli di polvere, scorgo il vecchio orologio dello Sheffield Institute spiccare in mezzo a tutto quel verde.

Io e Mitchie ci scambiamo uno sguardo d’intesa e poi iniziamo a correre verso l’edificio, desiderose di un riparo da quella bufera.

Passiamo cinque minuti buoni in atrio, io a sfregarmi le mani con forza e lei a soffiare sulla cioccolata che ha preso, facendo ben attenzione a non scottarsi.

Quando la campanella suona la saluto con un cenno veloce e mi avvio verso la mia adorata aula di chimica.

Un’altra stupenda mattinata mi attende.

 

 

 

Appoggiata al muretto in mattoni rossi aspetto che Mitchie arrivi, e nel frattempo mi diletto a lanciare occhiatacce alle ochette che, noncuranti del senso di pudore che in teoria Madre Natura dovrebbe aver fornito loro, lasciano che il vento alzi le loro gonne e che i “maschioni” sbavino dietro a qualcosa che non potranno mai avere.

Tsk, gioventù bruciata.

 

Finalmente Mitchie arriva, stranamente saltellando, e mi trascina con sé.

-Ma tu non avevi mica matematica all’ultima ora?-

-Affermativo!- fa lei.

-E da dove viene tutto quest’entusiasmo, allora?-

-Eh, mi ha consegnato il test e…-

-E…?-

-E sono migliorata!- esclama, le stelline agli occhi.

Mi blocco. Ok, se Mitchie è migliorata in matematica il mondo potrebbe finire qui, di punto in bianco. Devo ASSOLUTAMENTE incontrare gli Who prima che l’Apocalisse scenda inesorabile su di noi!

-Oddio. E quanto hai preso?- la fisso, con gli occhi spalancati.

-Una E!- replica, saltellando di qua e di là.

Credo che la mascella mi sia rotolata per terra.

-E… e tu fai tutto questo casino per una cazzo di E? Sai quante ne prendo io? E non c’è niente da vantarsi, fa schifo come voto.-

Ma la mia frase acida sembra non intaccare proprio per nulla l’entusiasmo della mia amica, che continua imperterrita a zompare a destra e a manca.

-Beh, tu sarai abituata alle tue E, ma per me è la prima! Finora sono andata avanti solo a forza di F!-

Mi sbatto una mano sulla fronte e riprendo a camminare veloce.

-Sbrigati, altrimenti Joe chiude.-

 

Il cartoccio di patatine fritte in mano, cammino a passi svelti, mentre Mitchie mi è di fianco, intenta a divorarsi l’hot-dog.

Il terzo.

-Dici che facciamo in tempo a prenderci anche un gelatino?- s’illumina.

-Dopo esserti sbafata tre hot-dog e avermi perfino fregato qualche patatina fritta, mi chiedi se puoi prenderti anche il gelato? Ma hai problemi?-

-Sì, tu che non mi lasci nutrire me stessa in pace!-

Sbuffo.

-Ma si può sapere come fai a mangiare come un drago?-

-Veramente non sono io quella che mangia come un drago: sei tu quella che non mangia nulla.-

-Ma non dire fesserie! Mangio sì.- brontolo, ficcandomi tre patatine in bocca.

-Beh, allora mangi come un canarino, hai lo stomaco di un fringuello…-

-… e i capelli da upupa, sì.- faccio spallucce.

La sento sbuffare scocciata, e calciare qualcosa con i mocassini.

Alzo gli occhi al cielo.

-E va bene! Hai vinto tu! Piuttosto di sopportare una vecchia caffettiera che gorgoglia per tutto il tragitto t’accompagno alla gelateria, contenta?-

Mitchie mi salta al collo e tenta di soffocare un gridolino di gioia, cosa che non le riesce, quindi inizia a correre verso l’amato traguardo.

Sorrido. Per fortuna che c’è lei ad animarmi le giornate.

 

-Prometto che ti ridarò tutto quanto, lo giuro!-

-Sì sì, va bene, basta che chiudi il becco.- taglio corto io, sorridendo.

Al solito: Mitchie è al verde e il suo amato super-cono “pistacchio-nocciola-fior di latte” le è stato gentilmente offerto dalla sottoscritta.

Finalmente, dopo mille peripezie, arriviamo all’agognata meta: il Route 66, il negozio di dischi in cui sogno di lavorare praticamente da sempre.

Ogni giorno, finita la scuola, io e Mitchie veniamo sempre qua a ficcanasare, e ogni tanto torniamo a casa con una busta nuova.

È vero, non è che i dischi cambino di giorno in giorno, ma passarli in rassegna tutti quanti, uno ad uno, quotidianamente, mi dà un certo senso di sicurezza, mi fa sentire a casa.

Mentre la mangiona resta fuori a finire il suo gelato io entro, e mi precipito subito su Pet Sounds: è appena uscito, ma quanto mi piace!

-A forza di guardarlo me lo consumerai!-

Mi volto e vedo Bob, le braccia conserte, sorridermi bonariamente.

Gli rivolgo una linguaccia: -Senti, Bob, posso…?-

-Sì che puoi, piccola. Non serve che tu me lo chieda ogni santa volta.- m’interrompe, ridendo.

Io faccio spallucce e mi precipito al juke-box; una sterlina e via, God Only Knows può partire.

 

I may not always love you,
but long as there are stars above you
you never need to doubt it

 

Quant’è bella questa canzone, Dio solo lo sa.

Mentre la canticchio incomincio a “ballare” (molto tra virgolette); più che altro giro su me stessa, fino al momento in cui perdo l’equilibrio e vado a sbattere contro qualcosa. O qualcuno?

 

-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!-

Caccio un urlo che nemmeno la Callas, mentre Mitchie si precipita in fretta e furia da me.

-Che succede?-

-Q-que…- le parole non riescono ad uscirmi di bocca.

Il qualcuno mi tende la mano, e solo in quell’istante anche lei si mette a fissarlo.

-Quello è Keith Moon degli Who!- urlo, prima di svenire.

 

Riapro gli occhi, e metto a fuoco il viso simpatico della mia coinquilina, e poi un altro viso, che conosco fin troppo bene.

-Od-oddio… Keith… Keith Moon…-

-Hey, bambola, vedi di non svenire di nuovo!- scoppia a ridere lui, aiutandomi a rialzarmi.

Mitchie lo ringrazia, e asserisce che lo svenimento è dovuto al sangue che mi è fluito alla testa un po’ troppo velocemente, mentre “ballavo”.

-Sai benissimo che non è quello il motivo per cui sono caduta come una pera marcia, vero?- le bisbiglio nell’orecchio, mentre lei annuisce col capo.

Bene, almeno lei ha capito.

E forse anche lui, cazzo.

Figuradimmerda.

Cioè, ho Keith Moon, quel Keith Moon, davanti a me e Mitchie è stranamente tranquilla.

Aspettate.

Tranquilla?

Come fa ad essere tranquilla in questa situazione?

Non è da lei.

Non è assolutamente da lei.

Qui gatta ci cova.

 

-Aspetta, il tuo viso mi è familiare… Per caso ci siamo già incontrati da qualche parte?- fa lui, rivolgendosi a Mitchie.

-Ero al Long Scene di Londra, il due settembre di due anni fa… E mi ero imbucata nel backstage…-

-Uh, mi ricordo! Sei Mitchie!- schiocca indice e pollice, per poi abbracciarla. -Piccola Mitchie, come stai?-

-Tutto bene, Kif. Tu, qual buon vento ti porta a Liverpool?-

-Una meraviglia, tesoro. Sono qui con gli altri, ci siamo presi una pausa e abbiamo pensato che il luogo ideale per non avere scocciatori in mezzo ai piedi fosse proprio Liverpool. Le ragazzine sono troppo concentrate su quei quattro scarafaggi per badare a noi.- e ci fa l’occhiolino. O meglio, le fa l’occhiolino.

Io li fisso con gli occhioni sgranati: mi mangiasse la lingua il gatto, se qua c’è qualcuno che mi calcola.

-… E che ne diresti di presentarmi la tua amica, miss “centro-di-gravità-permanente”?- ride lui.

Ooook, gatto: stasera niente cena, I’m so sorry.

So che Keith Moon mi ha appena preso per il culo, seppur affettuosamente, e so che dovrei rispondergli a tono, ma l’unica cosa che riesco a fare è fissarlo con una faccia che rasenta i limiti della definizione di “ebete” per eccellenza.

-Oh, è vero! Keith, ti presento Sara, la mia coinquilina nonché migliore amica!- mi presenta Mitchie, tutta raggiante.

-Enchanté, mademoiselle.- mi bacia la mano.

Ommioddio, Keith Moon mi ha baciato la mano. KEITH MOON MI HA BACIATO LA MANO!

Credo che sverrò da un momento all’altro.

-Ehm, il piacere è tutto mio.- rispondo, titubante e rossa in viso.

Lo sguardo mi cade poi sull’orologio appeso al muro: 13.50.

-Cazzo!- mi sfugge di bocca, facendo girare Mitchie e Keith in mia direzione.

-Ehm, gente, è stato veramente un piacere stare qui con voi ma ora devo scappare al lavoro. Vi lascio continuare la vostra conversazione, ok?- poi, rivolta verso Keith: -Ed è stato un enooorme piacere poterti conoscere, Keith! Veramente, non immagini quanto!-

Ommioddio, sembro una Beatle-fan nipponica.

Lui scoppia a ridere e poi, scompigliandomi la frangia, mi risponde: -Anche per me, bellezza. Alla prossima!-

Rossa in volto, saluto con la mano anche Mitchie e poi me la svigno, correndo come una pazza, un po’ per il ritardo e un po’ (molto) per l’ennesima figuraccia collezionata in meno di mezz’ora.

 

Ok. Mi ha toccato i capelli. Fosse stato qualcun altro avrebbe ritrovato le proprie palle fare salotto con le tonsille, ma lui è Keith Moon.

 

 

 

 

Who are you?

Ooook, gente! You’re welcome :)

Chi vi parla è Dazed: questo capitolo è stato scritto da me ed è solamente l’inizio di una pazzesca cross-over a quattro mani che nemmeno potete immaginarvi.

Le altre due manine appartengono alla mia adorata Thief, che si occuperà del secondo capitolo e che è anche l’autrice della splendida targhetta che avete trovato all’inizio.

Beh, che altro dirvi?

Ah, ho rubato a Thief l’idea del cambiare nome all’angolo autrici, e mi sembrava parecchio carino usare la canzone degli Who. :D

Il mio personaggio si chiamerà Sara, mentre il suo Mitchie, e le nostre due alter-ego avranno la grandissima fortuna di incontrare, lungo la loro strada, bei fusti che hanno fatto la storia del Rock.

L’intera storia è ambientata a Liverpool, nel 1966, e le due protagoniste sono delle normalissime teenager che devono fare i conti con la vita di tutti i giorni.

Oddio, tanto normalissime non lo sono (come avrete potuto ben notare, la sanità mentale lascia un po’ a desiderare) ma comunque non posseggono poteri paranormali e quindi possono essere definite…

Ok, ok, taglio corto.

In questo capitolo c’erano un po’ di riferimenti (alcuni facilmente visibili, altri più nascosti) ad un po’ di band dell’epoca che io apprezzo, e che penso piacciano anche alla mia socia: vediamo se siete così in gamba da scovarli tutti ;)

Spero che questo capitolo via sia piaciuto e v’invito ad aspettare il prossimo, quando passerò le redini a Thief ;)

Bacioni e statemi bene (Y)

 

Dazed;

  
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