Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: bluemary    29/12/2010    5 recensioni
Prima dell'arrivo dei Cinque Re, quando ancora la magia era un potere sconosciuto, un'entità senza nome giunse su Sylune, sancendo la nascita di un popolo intero.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sylune'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia appartiene alla mia saga su Sylune ed è ambientata alcuni secoli prima di Twisted Souls.




Il Viandante

Si narra che un tempo, quando gli umani avevano appena sviluppato il loro linguaggio, il Viandante giunse nel continente di Sylune. Deciso a lasciare un segno del suo cammino e mosso a compassione nei loro confronti, visse per qualche tempo nelle piccole comunità che questi esseri primitivi erano riusciti a formare per meglio difendersi dalle bestie e dai nemici. Durante quegli anni insegnò loro come coltivare la terra, come rendere fertile il suolo ostile, come addomesticare gli animali per poi farne bestie da pascolo o da soma. Li istruì nell’arte della scrittura, nella conoscenza delle piante, nel mestiere dei guaritori, affezionandosi ai fragili esponenti di quella razza come se si trattasse dei suoi stessi figli; un giorno, tuttavia, il richiamo della sua missione lo colse in maniera inesorabile e non gli rimase che partire, per continuare il Viaggio a cui era stato destinato dall’alba dei tempi.
Gli umani lo supplicarono di non abbandonarli, ma il Viandante non poteva fermarsi in un unico luogo, perché altre terre reclamavano i suoi passi e le sue conoscenze. Intenerito tuttavia dalle accorate richieste del popolo con cui era vissuto per tanto tempo, prese con sé un bimbo di appena quattro primavere, il più magro e pallido tra i figli di una povera vedova, e lo condusse in un luogo sconosciuto ai mortali, con la promessa che lo avrebbe istruito per poi rimandarlo da loro una volta che fosse pronto a guidarli e sostenerli in sua vece durante le difficoltà.
Per anni insegnò al bambino i mille misteri del mondo, gli parlò della Vita e della Morte, lo nutrì con le proprie conoscenze, infondendogli il suo stesso amore per quella Natura a cui lui si sentiva tanto legato. Quando il bambino si fece un uomo dal fisico muscoloso e lo sguardo pervaso d’intelligenza, gli donò parte dei suoi poteri, rivestendolo dell’energia primordiale proveniente dalla Terra, con cui ne plasmò il corpo ed il sangue; ed infine, nei giorni successivi, fuse in quell’umano il sapere dei tempi più antichi, antecedenti perfino alla venuta della sua stirpe, ed il rapido fluire nella sua mente di quelle preziose cognizioni ne mutò anche l’aspetto fisico, rendendolo una creatura di carne e magia.
L’ultimo giorno in cui rimase su Sylune, quando ancora l’alba era lontana, il Viandante chiamò a sé il suo pupillo.
Ne rimirò per qualche istante il portamento elegante e fiero, il fisico aggraziato nonostante i muscoli compatti, l’espressione attenta di un uomo dedito al sapere, per poi soffermarsi su quei particolari che, più ancora dello sguardo intriso di saggezza, portavano indelebili il segno della magia: lunghi capelli di un viola quasi lucente ed occhi della stessa tinta ma dalla sfumatura ancora più intensa, privi di pupille.
Comprese che i suoi insegnamenti avevano operato in lui un cambiamento più profondo di quanto si aspettasse, tuttavia ne fu felice, perché in tal modo il suo discepolo avrebbe potuto prendersi cura degli umani senza temere lo scorrere del tempo, da cui, grazie ai poteri acquisiti, sarebbe rimasto immune.
Gli parlò un’ultima volta, non da maestro ad allievo, ma come un padre con il proprio figlio, e, prima di mandarlo dalla stirpe che l’aveva generato, per completare la sua rinascita quale nuovo sapiente gli diede il nome di Daygon.

Molto tempo più tardi, il Viandante tornò sulle terre di Sylune.
Troppo a lungo era rimasto lontano dal suo pupillo e dalla razza che preferiva, e nel suo cuore aveva cominciato a germogliare un ardente desiderio di rivedere entrambi e scoprire come l’allievo di un tempo avesse gestito l’eredità che gli aveva lasciato.
Con una gioia profonda nel volto senza età si preparò ad incontrare colui che più tutti considerava pari da un figlio, ma Daygon, dimentico del proprio compito, aveva assoggettato gli umani al suo volere e se ne serviva come schiavi.
Il Viandante fu molto addolorato da questa scoperta. Comprese che tutti i suoi insegnamenti erano stati vani, perché durante gli anni trascorsi assieme a lui non aveva pensato di dovergli elargire quello più importante e scontato, il rispetto dei suoi simili. Con il cuore traboccante di rimorso e delusione, affrontò il suo allievo di un tempo e lo sconfisse, tuttavia, invece di punirlo con la morte, preferì cancellare le conoscenze ed i ricordi di cui era in possesso e privarlo del potere che tanto generosamente gli aveva donato, condannandolo ad un’esistenza da normale essere umano.
Deciso a compiere un nuovo tentativo nel tramandare la propria magia, prese poi tutti i bambini nati quell’anno, senza distinzioni tra maschi e femmine, e tolse ogni ricordo di essi alle loro legittime famiglie.
Per dieci primavere visse con loro senza istruirli né addestrarli, ma limitandosi a crescerli come avrebbe fatto un genitore della loro stessa stirpe, e la primavera successiva decise che i suoi allievi erano pronti.
Per non ripetere lo stesso errore commesso in passato, divise il potere che un tempo era stato di Daygon in centinaia di frammenti e, prima di conferirlo a quei giovani umani, legò la vita di ognuno di essi alla magia di cui sarebbero divenuti i custodi, in modo da limitarne l’utilizzo.
Questi nuovi esseri, generati da stirpe umana ma possessori di un potere sconosciuto, erano gli Eterei. Nei loro occhi si riconosceva il viola che aveva caratterizzato Daygon e le loro menti possedevano la capacità di parlarsi durante il sonno, grazie alla magia che li accomunava e che un tempo era stata di un’unica persona, ma i componenti di questa razza neonata erano entità distinte, dotati ognuno di coscienza e volontà proprie. Al contrario del suo pupillo di un tempo, essi sarebbero stati mortali, tuttavia i poteri di cui erano in possesso si sarebbero tramandati ai loro figli ed a tutti i loro discendenti.
Il Viandante fu il loro maestro per anni, con essi fondò dieci villaggi nei luoghi più remoti e sconosciuti agli umani e si assicurò che comprendessero il valore della pace e della giustizia. Piano piano insegnò loro a controllare la magia, a servirsene per curare e per spegnere dolcemente la vita di chi troppo soffriva, ad utilizzarla per instaurare un contatto telepatico con un compagno e per parlare con gli animali, ma tenne sempre viva in loro la consapevolezza di essere stati generati da semplici umani.
Un giorno, quando ormai gli Eterei si erano fatti adulti, li chiamò a raccolta nel più grande dei dieci villaggi. Disse loro che il suo tempo su Sylune era scaduto, ma prima di partire per sempre volle metterli in guardia sui pericoli dei loro stessi poteri: la magia, per quanto li rendesse superiori agli umani, li avrebbe indeboliti ad ogni suo utilizzo, poiché costante era la quantità posseduta da ognuno di loro fin dalla nascita, e, se qualcuno avesse cercato di scatenare poteri superiori a quelli che gli spettavano, sovvertendo in tal modo questa regola, sarebbe morto nel tentativo. Inoltre, poiché la magia scorreva nel loro sangue ed era parte del loro corpo, se fossero stati feriti, o sfiniti dalla malattia, non sarebbero riusciti a servirsene come al solito.
Gli Eterei non accolsero favorevolmente queste novità: si rattristarono molto nel comprendere una simile debolezza e gli chiesero per quale motivo li avesse dotati di simili poteri se essi sarebbero cessati entro breve tempo.
A quella domanda il Viandante sorrise con indulgenza.
Spiegò che durante il sonno avrebbero potuto recuperare le forze ed i poteri utilizzati, tuttavia la quantità di magia di cui avrebbero potuto usufruire senza riposarsi sarebbe rimasta costante, dalla loro nascita alla loro morte, e nessun allenamento avrebbe potuto incrementarla.
Infine, prima di abbandonare quegli allievi che aveva imparato ad amare come dei figli, elargì loro un ultimo insegnamento, raccontando la storia di Daygon e svelando come essi fossero in un certo senso i suoi discendenti, e poi sparì per sempre dalle loro vite.
Per secoli Eterei ed umani vissero assieme su Sylune, dopo la sua partenza.
Come tutti i popoli ebbero le loro guerre ed i loro scontri, tuttavia nessuna delle due stirpi riuscì a prevalere nettamente sull’altra, perché lì dove gli Eterei si avvantaggiavano con la magia, gli umani erano in forte superiorità numerica.
Infine le due razze stabilirono una tregua.
Non ci fu mai una mescolanza tra le due stirpi, eppure, pur senza condividere gli stessi villaggi, iniziarono a vivere fianco a fianco senza più spargimenti di sangue. Impararono a rispettarsi, a scambiare le reciproche conoscenze, ad aiutarsi nei momenti di difficoltà, e la tregua divenne pace, fino a quando anche il ricordo del Viandante e le leggende di cui era il protagonista cominciarono a vivere solamente nei racconti inascoltati degli anziani e poi caddero nell’oblio.
Un giorno oscuro nella storia di Sylune, gli Eterei scomparvero senza lasciare traccia, e lo stesso anno quattro uomini ed una donna sconosciuti si misero a conquistare città dopo città, senza che nessun esercito riuscisse a fermarli.
A guidare questi nuovi esseri, dalla pupilla bianca ed i poteri apparentemente sconfinati, c’era uno spietato mago di nome Daygon.
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: bluemary