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Autore: Melina     02/01/2011    3 recensioni
[traduzione da Katie Forsythe]
Nel frattempo stavo pensando a una sola cosa, in continuazione. Quindi era così che appariva Sherlock Holmes innamorato. Mi trattenni seriamente dal sorridere, era assurdo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti ^^
questa nuova traduzione è un po' particolare: il POV è di Lestrade e lo so, non è molto diffusa come scelta ma fidatevi, è azzeccatissima e dolcissima e non so *.* è un colpo di genio della nostra Katie XD ok, divagazioni a parte la fic è rating verde, si svolge dopo il racconto "L'avventura del nobile scapolo" ed è fatta per chi ama Watson alla follia, proprio come la persona a cui la dedico, è per merito suo che il mio inglese non diverrà mai arrugginito ^^ a Mariposa con tutto il mio affetto. Grazie per aver pazientato così a lungo per leggere questa storia
Buona lettura a tutti!

Note a piè di pagina perché non posso fare a meno di essere precisa >.>
Copyright sempre di A.C.Doyle
Tutta la mia ammirazione a Katie Forsythe e a THE SEVENTEENTH STEP

THE VIOLET ELEPHANT
di Katie Forsythe
traduzione di Melina

Odio le tre del pomeriggio.
Le ho sempre odiate. Le tre del pomeriggio sono abbastanza vicine al pranzo da farmi sentire stanco e abbastanza lontane dalle otto di sera da farmi sentire infelice. Stavo riempiendo scartoffie quel martedì. Montagne di scartoffie. Odio il lavoro d'ufficio, ma nessuno si è mai disturbato di avvertirmi che quando un uomo prende il suo lavoro seriamente, sale di grado, si comporta con coraggio e diventa un ispettore di Polizia di una qualche distinzione, allora Scotland Yard lo ricompenserà con pile e pile di scartoffie. Ben fatto, detective. E adesso hai davanti a te la prospettiva di riempire le tue ore in questa maniera infernale.
Non è colpa loro. Il sistema della giustizia ha bisogno di essere servito. E avere un buon archivio è di vitale importanza. Lo so da me, perché quando ho bisogno il verbale di un caso trascorso che mi servirà per uno nuovo, questo è abbastanza facile da reperire.
Ma Dio, come odio le tre del pomeriggio.
"Il sospetto è stato notato mentre rompeva le finestre del 212 di Maiden Lane alle 23:48 dall'agente Richard Ness" scrissi. La mia mano cominciava ad accusare i primi crampi. Allungandola raggiunsi la mia tazza di tè caldo con uno spruzzo di limone e ne mandai giù un sorso. Mi bruciò le punte delle dita attraverso la porcellana economica ma era sempre meglio della penna. "L'agente Ness, appena chiamato il sospetto per…"
La mia porta si aprì. Nessuno aveva bussato. Questo significava una cosa e una soltanto.
Aggrottando le sopracciglia posai la penna sulla scrivania.
Non che mi desse espressamente fastidio vedere Sherlock Holmes sulla soglia della porta del mio ufficio. È che mi dava fastidio non bussasse mai. Mi dava fastidio che stesse lì in piedi e si togliesse il suo cappello a cilindro di seta, esattamente della stessa tonalità e lucentezza dei suoi capelli, e che ghignasse verso di me come per dire: sono qui, deve ritenersi fortunato.
Mi infastidiva immensamente vederlo ad un'ora indecente come le tre del pomeriggio. Mi infastidiva assai di più che ogni volta che faceva irruzione nel mio ufficio mi trovava sempre seduto, e che non sapessi mai decidere se alzarmi in piedi e guadagnare un minimo in altezza o ignorarlo del tutto. Poteva anche non essere colpa sua, ma mi infastidiva anche sapere che quand'anche fossi stato in piedi sarei comunque stato più basso di lui di almeno venti centimetri.
Cerco sempre di non pensarci. Il problema dei centimetri inesistenti. Ma credetemi, questo mi dà enormemente fastidio.
"Signor Holmes" dissi.
Il suo sopracciglio si alzò. Quell'uomo poteva far sembrare comuni comportamenti di cortesia, come chiamare per nome qualcuno, una ridicola puntualizzazione dell'ovvio. Be', io non dirò niente, non alle tre del pomeriggio di un pessimo martedì. Ho i miei standard, esattamente come lui ha i suoi.
"Ha un aspetto fresco ed allegro questo pomeriggio, Lestrade" esclamò, intendendo l'opposto. So che si sta prendendo gioco di me quando fa trillare la erre del mio nome. "Ha dragato di nuovo il Serpentine per caso? Quello le dà sempre un'aria di ottima salute".
L'ultima volta che avevo visto Sherlock Holmes stavo cercando di trovare il corpo di Lady St. Simon. Il signor Holmes mi aveva suggerito di dragare la fontana di Trafalgar Square oltre che il Serpentine. E aveva ragione. Ha quasi sempre ragione. Ma avere ragione non lo curava dalla sua pazzia.
"Ci vada piano" dissi con freddezza "visto che alla fine è stato il biglietto che io stesso ho trovato nella tasca interna del vestito a mettere lei sulle tracce di quella donna".
"Bene, bene mio caro ispettore, non si può pretendere di poter fare tutto. Ora possiamo occuparci ognuno delle sue faccende con le proprie forze? Nel suo caso trovare prove e nel mio comprendere il loro significato".
Era partito male quel giorno. Di già. E lui non era entrato da più di venti secondi. Si era seduto senza chiedere il permesso e aveva appoggiato il suo cappello nell'angolo della mia scrivania.
Mi dà fastidio che si sieda senza chiedere. Nel frattempo, il tono di voce che usa quando vuole stuzzicarmi è… come unghie su una lavagna. Non meno graffiante né meno mellifluo, e neanche meno acuto e struggente, ma ti attraversa come dozzine di aghi. Non è doloroso. Ma è terribilmente irritante. Non parla come un normale inglese. Il suo accento lo fa sembrare un aristocratico, un aristocratico molto educato, ma la sua cadenza è del tutto sbagliata per l'inglese. Il dottore una volta mi ha detto che era metà francese. Questo spiegherebbe tutto. Se c'è qualcosa di più irritante della nazione francese questa è Sherlock Holmes. A Parigi lo avrebbero fatto re. Gli sarebbe piaciuto. Tremendamente.
"Quello che mi sto sforzando di capire adesso è per quale motivo lei si trovi qui" dissi cercando di far sembrare la frase come una battuta.
"Sì, lei si sforza ogni tanto in effetti" sospirò "Ho voluto controllare se non ci fossero stati movimenti"
"Criminalmente parlando?"
"Non mi stavo riferendo all'ambito culinario o agricolo o matematico o accademico o nautico o marinaro, no".
Il signor Holmes si tirò giù un polsino bianco che non era al suo posto. C'è qualcosa di davvero strano in lui, e non è solo apparenza. Mi intriga, lo confesso. Quando lo incontrai per la prima volta aveva a mala pena i soldi per pagarsi una squallida camera in Montague Street. E ogni volta che ci trovavamo in un pub ordinava un boccale di birra e lo faceva durare per mezz'ora e più. Gli ho offerto una corsa in carrozza una volta, e arrossì sul serio in quell'occasione, cosa che mi impressionò sul serio. Normalmente è pallido come un guscio di conchiglia. Era evidente che non avesse un soldo, ma il suo abbigliamento era… ricco, è l'unica espressione per definirlo. Il signor Holmes è mostruosamente alto e molto magro e tutto quello che indossa pare confezionato su misura apposta per scivolargli addosso come fosse burro. Un poliziotto sa riconoscere come si presenta un abito di qualità, e una buona sartoria è tanto difficile da trovare quanto lo è un buon ristorante. E allora dove li ha presi? Ha avuto un'eredità di recente, o almeno questo è quanto il dottore mi ha lasciato intuire, ma quei vestiti li possiede da anni. Sherlock Holmes è un mistero sotto vari punti di vista. Questa è una delle ragioni per cui riesco a sopportarlo.
"Niente di talmente emozionante da poter essere di suo interesse" risposi accigliato, raccogliendo la mia penna e tornando ai miei rapporti "In quanto a me: solo ciò che è in qualche modo emozionante mi interessa".
"Allora le cose in questione rientreranno sempre fra quelle di cui mi disinteresso tragicamente, glielo assicuro" disse lui, sembrava che avessi appena rubato una fetta di torta ad un bambino.
"Cosa è successo poi nel caso St. Simon?" chiesi con aria assente "è poi tornata in America?".
Il signor Holmes sbatté le palpebre "La signora Francis Hay Moulton? E perché mai pensa che dovrei saperlo?"
Le persone escono immediatamente dalla sua testa una volta che non fanno più parte di un caso che lo interessa. Come se non fossero mai esistite. Le dimentica interamente. Io non lo faccio mai però. Mi piace pensare alle persone che ho aiutato negli anni, le persone la cui vita ha toccato la mia per caso. E non mi piace nemmeno pensare che mi dimentichino. Mi piace pensare che a volte ricordino l'ispettore Lestrade, l'agente che ha arrestato l'uomo che ha rubato loro i risparmi di una vita. O impedito che a loro figlia venisse fatto del male. Quindi ogni tanto controllo come stanno, solo una cortesia. Il signor Holmes considera la cosa una pazzia, ma questo non mi disturba. Io trovo che lui sia sulla buona strada per diventare il Cappellaio di quella storia per bambini.
"Lasci stare. Non ha nulla di meglio da fare che starsene lì a fissarmi?"
"Mi creda, se potessi procurarmi una migliore compagnia lo farei all'istante" biascicò. Ma non diceva sul serio. Non esattamente. Il signor Holmes non sta in nessun luogo dove non voglia stare né va dove non vuole andare.
"Allora dov'è il dottore?"
Il signor Holmes accavallò una delle sue gambe fasciate da pantaloni gessati appoggiandola sul ginocchio opposto e tirò fuori dalla tasca del suo gilet una sigaretta. "Al momento si trova a casa, non si sente bene. Per essere franchi è del tutto indisposto".
Alzai lo sguardo sorpreso.
Sono pronto come chiunque altro ad ammettere che alcuni lati della personalità del signor Holmes mi diano sui nervi. Ma non è sleale. Potrà avere tutti i difetti di questo pianeta, anche più di quanti ne abbia realmente, e comunque non abbandonerebbe mai un amico in difficoltà. Non lo farebbe se questo amico fosse in torto, ancora meno se stesse male. Non potrei immaginarlo come un buon infermiere al capezzale del suo malato, e in effetti il pensiero mi disgusta alquanto, ma se il dottor Watson fosse conciato male non potrei immaginarmelo nemmeno da qualche altra parte che non fosse al suo fianco. Non gli chiesi perché allora fosse qui, ma lo sollecitai a parlare.
"Starà bene?"
"Certo che starà bene" si schernì Holmes. Si era acceso la sigaretta e la agitava formando lunghe e sarcastiche nubi di fumo. Che domanda ridicola, diceva una delle nubi. Lei non ha capito proprio niente, aggiunse un'altra. "È una cosa temporanea. Spero sarà di nuovo in forma entro un paio di giorni".
Pensando al dottor Watson mentre giocherellavo con la penna sui miei documenti, realizzai quello che il signor Holmes stava facendo.
Per prima cosa mi aveva appena informato di questa notizia con una voce che definire sdegnosa era poco. Sapevo quanto il signor Holmes fosse affezionato al dottor Watson. Chiunque conoscesse il dottore si affezionava a lui. Anche io lo ero, tremendamente. È piacevole ascoltare il dottor Watson quanto lo è guardarlo, questo è certo, ma c'è di più. Lui ti fissa con quei suoi occhi mentre stai parlando, lo fa come se quello che stai dicendo sia la cosa più interessante che abbia mai ascoltato. Ci si sente a proprio agio in sua presenza. Quando gli piaci o ti rispetta, ride alle tue battute perché sa che è quello che vorresti da lui anche quando non sono un granché. È un modello di uomo per bene. Il signor Holmes gli sta attaccato come colla. Quindi il signor Holmes non era stato sdegnoso perché non gliene importava.
Era preoccupato.
Non è una sensazione piacevole essere l'unico poliziotto di Scotland Yard che possa vedere chiaramente attraverso Sherlock Holmes. È terribilmente sconcertante in realtà. Ecco com'è: è come essere in una stanza piena di cappotti blu, bottoni d'ottone e distintivi, e c'è un gigantesco elefante viola nell'angolo della stanza e tu sei l'unico in grado di notarlo. È proprio come essere pazzi fino a quel punto, parola mia. E ciò che è peggio è che tu non puoi fissare quell'elefante viola, non a lungo, perché quell'elefante viola possiede occhi di falco e ti schiaccerebbe solo per il gusto di sentire le tue ossa sbriciolarsi sotto il suo peso. Per hobby. Quindi tu sei l'unico a poter vedere l'elefante e sprechi tutto il tuo tempo e la tua energia a cercare di ignorarlo. Terribilmente sconcertante, come ho detto. Ma io tornai a voler scoprire perché mai l'elefante viola stesse ora seduto sulla mia unica sedia libera.
"È qualcosa che si è beccato in guerra?" chiesi poi.
Il signor Holmes annuì, il suo mento squadrato si piegò verso il mio tappeto sottile. Non mi stava guardando. E io ne ero felice perché gli occhi di Sherlock Holmes sanno essere piuttosto spaventosi quando lui vuole che lo siano. Hanno una strana tonalità incolore, non sono il genere di occhi che si vede spesso in giro, nemmeno in una città grande come Londra.
"Ha contratto la febbre enterica quando è stato ferito in battaglia. Soffre di ricadute occasionali sfortunatamente. Ma non sono pericolose".
A questo punto mi guardò in faccia, affilato come una spada, con quelle pupille nere come la notte e quelle iridi grigie come la nebbia. Sfidandomi a contraddirlo. Ma sono più intelligente di così, so che mi avrebbe fulminato se solo avessi pensato lontanamente di farlo.
"Capisco" dissi lentamente, perché era vero. "È un uomo orgoglioso il dottore. Non gli piace avere un pubblico".
Lo sorpresi. Lo posso affermare perché, per quanto mi faccia sentire a disagio, riesco davvero a vedergli chiaramente attraverso. L'angolo della sua bocca si arricciò all'in su per una frazione di secondo, e non per caso o in segno di derisione. In fondo alla sua mente sapeva di essermi sembrato sorpreso perché aspirò immediatamente una boccata dalla sigaretta che aveva fra le dita in modo da nascondersi le labbra. Ma non abbastanza in fretta.
"Mi ha dato il ben servito" ammise concedendomi un sorriso non appena la sua mano ricadde di nuovo sulle sue gambe. Il signor Holmes distribuisce sorrisi come fossero dobloni d'oro. Come se tu dovessi spedirgli una cartolina di ringraziamento per il solo fatto di avere avuto l'onore di vederne uno. Come se ne avesse un numero predefinito da usare nello spazio di una vita e tu ti dovessi ritenere un tipo fortunato solo per essere riuscito a vederne uno da così vicino. La cosa mi ha sempre infastidito. Ma quel pomeriggio non lo aveva fatto. "In tutta sincerità, sono stato umiliato dalla sua malattia per tre giorni di fila. Questa è la circostanza peggiore. Al momento non c'è nulla che io possa fare".
Dio del cielo, pensai fra me e me terrorizzato.
È stato il modo in cui ha detto "non c'è nulla che io possa fare". Casuale, così tanto casuale, decisamente troppo casuale, ma sotto sotto… perso. Come un uomo che prega o un uomo che supplica.
Io sono interessato ad ogni sorta di crimine e lo sono stato per tutta la vita. Ma c'è ugualmente un certo numero di crimini a cui non sono interessato. Nella maniera più assoluta.
Uno di questi è la prostituzione. Quelle povere creature hanno già un destino crudele senza che io mi metta ad arrestarle per far passare loro la notte a rabbrividire dal freddo, in una cella gelida, con uno scialle bucherellato dalle tarme avvolto attorno alle spalle ossute e a sudare tutto il gin che hanno bevuto. Le puttane non mi danno fastidio e non mi importa che si sappia in giro. Londra le ha sempre avute e le avrà sempre. Quando un cliente ne picchia una, le fa un occhio nero, allora sono di nuovo interessato e assai disposto ad ammanettare il furfante in questione. Ma ci saranno sempre povere donne, quindi sempre ci saranno anche prostitute. E io sono decisamente poco propenso ad arrestarle.
La sodomia è un altro crimine di cui non amo occuparmi.
Perché diavolo non l'ho capito prima? Pensai, il mio cervello pieno di immagini dei mesi precedenti.
Sherlock Holmes che esce da una carrozza e allunga un braccio all'indietro senza nemmeno preoccuparsi di prendere la mira sul braccio del dottore. Sherlock Holmes che inclina quella sua testa esperta e nera verso una prova interessante, un occhio che punta sempre nella direzione del dottor Watson. Sherlock Holmes che rallenta il passo di quelle sue gambe da cicogna quando il dottor Watson è visibilmente provato. Adesso è da due anni che vivono insieme, forse un poco di più, ventisei o ventisette mesi. E il signor Holmes è circa dieci volte più cortese e dieci volte meno incline all'abuso di sostanze di quanto non fosse mai stato prima. Salvo per quel caso di Norbury**, che è stata un brutta faccenda e in cui senza dubbio il signor Holmes stava soffrendo per l'astinenza. Durante l'affare Norbury infatti, era bianco come un lenzuolo, aveva labbra esangui e cineree e non riusciva a tenere in mano degli oggetti senza farli cadere a terra. Il tutto mentre sudava come un marinaio addetto alla stiva, e senza ragione. Si poteva praticamente vedere la morfina pulsare attraverso le vene blu dei suoi polsi. Questo è un altro mistero di Sherlock Holmes. È un tossico, e non uno qualunque. Non so perché, ma se durante lo spettrale caso del Ku Klux Klan*** lui avesse rischiato di cadere in un burrone non avrei alzato un dito per aiutarlo a non precipitare, ma di certo lo avrei fatto in un batter d'occhi per il dottore. Comunque sia, per quanto pazzo, non ho mai desiderato seriamente vedere il signor Holmes morto. Ma ora… ora era tutto passato. Scomparso. C'era colore sulle sue guance e carne a rivestire le sue ossa. E quando il dottore parlava, il signor Holmes non sorrideva mai come se avesse i sorrisi contati.
"Cosa diamine le è preso?!" borbottò con impazienza.
Menti Geoffrey, mi dissi. Menti e dinne una buona. Sei un bugiardo maledettamente dotato. Ogni buon poliziotto lo è. Menti come farebbe il diavolo in persona o rovinerai la tua intera carriera, perché il signor Holmes è molto utile e non sarebbe più capace di guardarti in faccia se tu adesso non gli mentissi. Menti Geoffrey, e mantieni la posizione.
Poi pensai a una cosa e non ebbi più bisogno di mentire.
"Non mi piace pensare al dottor Watson che soffre" risposi. Ed era vero. "È stimato dal suo Paese, è quello che è, un eroe di guerra. Non è giusto".
Le labbra del signor Holmes si schiusero. Uno slancio di colore apparve sulle sue guance.
"No" disse dolcemente "Non è giusto".
Esalai un lento respiro.
Se mai sei riuscito a schivarti un proiettile, Geoffrey Lestrade, l'hai fatto tenendo la bocca chiusa sul fatto che il signor Holmes avesse l'abitudine di sodomizzare la gente. E non uno qualsiasi: il dottor Watson.
Aveva senso, molto senso adesso che ci vedevo chiaro. Perché un altro dei misteri di Sherlock Holmes è sempre stato come, in nome di Dio, un uomo potesse accontentarsi di essere così solo. A lui piace che le persone lo credano superiore a cose futili come la compagnia umana. Come i nomi dei clienti che fanno parte di casi ormai risolti. Come le donne che flirtano con lui (e ce ne sono un gran numero perché è un uomo decisamente attraente in un certo senso). O come amicizie basate su qualche giocata alle freccette e su un paio di pinte, che ora aveva i soldi per permettersi. Ma è tutto un bluff. Al signor Holmes piace essere elogiato. Gli piace essere notato. Ama essere ammirato. E chiunque ama essere amato, o no?
"Il dottore è un uomo giovane e forte con la volontà di un cavallo da tiro" puntualizzai "Lei ha ragione, signor Holmes, sarà sano come un pesce nel giro di pochi giorni"
"Certo che lo sarà" appoggiandosi la mano con la sigaretta sul ginocchio, il signor Holmes sembrò pensieroso, i suoi occhi fissavano il vuoto. "Lo sa? Una volta salvò la vita di un uomo durante la campagna di Maiwand strappando la giacca di un ufficiale comandante morto. Avevano ancora delle bende da campo ma niente più morfina né filo da sutura. Allora Watson scucì la divisa di un sergente maggiore fino a che non ebbe mezzo metro di spago che poi legò con cura insieme. Nel frattempo aveva fermato l'emorragia mortale del suo compagno con una delle bende, e una volta che ebbe il fioche gli serviva, ricucì immediatamente il giovanotto. A quel punto era sveglio da tre giorni interi, o così credo, e riusciva a mala pena a ricordarsi il suo nome. Era prima che fosse ferito, ovviamente, ma la ferita alla spalla sarebbe arrivata da lì a poche ore e Watson era già logorato dalla battaglia oltre ogni umana comprensione. E insiste ancora oggi sul fatto che l'unica cosa di cui andava fiero a proposito di quella faccenda era il fatto di essere riuscito a suturare quel soldato con precisione anche se era esausto e consumato. Dice che probabilmente la sua sutura non aveva lasciato nemmeno una cicatrice. È questo quello di cui va fiero, ispettore".
"Non avevo mai sentito questa storia" dissi sorridendo.
Nel frattempo stavo pensando a una sola cosa, in continuazione. Quindi era così che appariva Sherlock Holmes innamorato. Mi trattenni seriamente dal sorridere, era assurdo. Aveva le sue solite lunghe ciglia leggermente abbassate e sembrava avesse dimenticato di avere una sigaretta fra le dita. Tutti i suoi angoli si ammorbidivano, dalla curva severa del suo naso adunco a quella più squadrata della sua audace mascella. E se ne stava lì, a vantarsi del suo coinquilino come un commerciante farebbe del suo cavallo migliore. E ora che ci pensavo, il dottor Watson si comportava spesso allo stesso modo.
Lo sa, Lestrade? Una volta Holmes mi ha detto di saper dire la parola "omicidio" in trecento lingue diverse.
Non ho mai provato niente del genere per nessuno, ma forse lo farò prima o poi. Quando il carico di lavoro sarà minore. Sono un uomo abbastanza giovane, e nemmeno così orribile da guardarsi, non così tanto da non ricevere apprezzamenti da una ragazza.
Comunque mi piacciono le ragazze carine, certo, ma non il genere di ragazze che fanno apprezzamenti a chiunque. Agli uomini maleducati o codardi e non a quelli troppo normali o troppo bassi.
A me piacciono le ragazze simpatiche, con la risata pronta e una figura a curve. Un bel seno pieno. Meglio se bionde. Forse un giorno potrò parlare di una di loro al signor Holmes in questo stesso modo. Non è una cosa impossibile. Forse parlare con Sherlock Holmes non deve necessariamente provocare una sensazione simile a cadere da una cascata a bordo di una barchetta a remi. Ieri avrei detto che era una sorta di monaco lunatico geniale risolutore di crimini astrusi e oggi so che sa anche essere un ottimo supporto. Quindi tutto può succedere. Non è facile vedere un elefante viola invisibile, e non a lungo, ma forse ne è valsa la pena.
"Eccone un'altra" offrii, intrecciando insieme le dita. "Mi ha raccontato che quando era un ragazzo, forse aveva dodici o tredici anni, stava camminando lungo una strada di Edimburgo e ad un certo punto vide un gatto che era stato investito da una carrozza. Un'immagine piuttosto comune, in effetti. Allora il dottore… be' prima che fosse un dottore, ma insomma… ecco… quello che volevo dire è… comunque lui andò a controllare se la povera creatura fosse ancora viva, così venne fuori che era solo svenuta e aveva una zampa mezza amputata. Il dottore conosceva la meccanica delle macchine a vapore perché l'aveva studiata le settimane precedenti e non gli ci volle molto per applicare al gatto le stesse regole e capire che doveva farlo smettere di sanguinare in un modo o nell'altro. Si chiese se ci sarebbe riuscito, poi prese il gatto randagio prima che fosse abbastanza sveglio per ribellarsi, avvolto nella sua sciarpa lo portò fino al pavimento della cucina di casa sua, prese un coltello da macellaio e finì il lavoro che la carrozza aveva iniziato. Freddo, deciso. Il gatto a quel punto era sveglio abbastanza da dimenarsi e miagolare, quindi gli versa alcune gocce di Laudano sul muso per non farlo soffrire più del necessario. La droga lo calmò decisamente, allora il dottore passò dell'alcol sulla ferita e la bendò a regola d'arte, poi depose il gatto nell'armadio della sua camera".
Il signor Holmes mi sorrise. E non come se avesse solo dieci sorrisi a disposizione e io gli stessi facendo sprecare la sua scorta. Quel sorriso fu uno dei più bei sorrisi che avessi mai visto fare da un essere umano, brillante come la sua intelligenza. Lasciai andare un sospiro e continuai.
"Era così preoccupato che qualcosa fosse andato storto che controllava il gatto quasi ogni dieci minuti, dimenticandosi di aver lasciato la cucina imbrattata di sangue. Il cuoco vedendolo si mise a urlare per tutto il college. Perché diavolo c'era quell'orribile macchia di sangue in cucina, e così via. Il dottore credette di venire punito per quello che aveva combinato in cucina, lo sguardo del cuoco e quello di suo padre erano davvero minacciosi. Ma quando raccontò loro cosa fosse successo non venne punito. Il cuoco gli diede un po' di formaggio e qualche fetta di bacon e suo padre gli regalò un testo di medicina quel Natale. Dopo quell'avventura il suo sogno rimase sempre diventare un medico".
"Il nome del gatto era Lazzaro" osservò gentilmente il signor Holmes.
"Ah sì?"
"Sì. Non risorse esattamente dalla tomba, ma Watson voleva un nome che riassumesse la drammaticità della situazione. Visse sempre a casa loro e da quello che posso capire fu anche un cacciatore di topi di prim'ordine".
Rimanemmo un po' in silenzio. Io detti un'occhiata all'orologio sulla mia scrivania. Presto non sarebbero più state le tre del pomeriggio, presto sarebbero state le quattro e io avrei preso un altro tè e un altro biscotto. Avevo dimenticato il mio tè.
"Gradisce un po' di tè, signor Holmes?"
"Dovrei andare" mi rispose fissandosi le unghie delle mani.
"Ah" guardai il mio rapporto. Era ancora lì che aspettava. Sempre mortalmente noioso.
"Oh, aspetti" disse improvvisamente il signor Holmes "Ho scoperto, appena prima della conclusione del caso del matrimonio St. Simon, che c'è un locale appena a otto isolati da qui dove servono la miglior beccaccia fredda che io abbia mai mangiato. Persino gli americani non sanno resistere al so fascino. Hanno anche una cantina eccellente e alcuni tavoli e… io sto andando lì in ogni caso. Avevo già pianificato di fermarmi lì tornando, a Watson piace bere del buon Borgogna e siamo quasi senza. Non che lui… magari quando si sentirà meglio potrebbe volerne un bicchiere o due".
Io riesco a vedere attraverso Sherlock Holmes piuttosto bene. Ma gli elefanti viola di solito non chiedono goffamente alle persone di prendere un bicchiere di vino insieme senza reali ragioni e nel bel mezzo della giornata. Chiedono di discutere di un caso, o di rilassarsi davanti a una meritata pinta dopo un appostamento, non semplicemente di tenersi compagnia a vicenda. O almeno non è così che gli elefanti viola normalmente si comportano.
"Avrei un rapporto da…"
"Che il suo rapporto vada a farsi fottere" scandì con chiarezza il signor Holmes*
Be', era lui l'esperto su quel fronte.
"Perché sta sorridendo in modo così strano?"
Menti, Geoffrey. Farai meglio ad abituarti a mentire. O a dire di nuovo la verità. Aveva funzionato sorprendentemente bene.
"Signor Holmes, la potrei scambiare per uno scaricatore di porto se non la conoscessi bene" gli feci notare sorridendo.
Stava lì in piedi, a suo agio e compiaciuto come un gatto davanti a una scatola di sardine. "È quello che mi ripete sempre mio fratello, ma il fatto che se ne lamenti non ha mai migliorato la situazione. Allora viene?".
Guardai ancora l'orologio.
Sperai, per la prima volta in vita mia, di essere confuso a proposito di qualcosa. Qualcosa di criminale. Prima ero sempre irritato quando un caso mi era del tutto oscuro. Ed era sempre umiliante farsi ridicolizzare da un dilettante dalle gambe magre come quelle di un ragno, senza nessun tipo di formazione convenzionale e occhi grigi compiaciuti. Odiavo non sentirmi all'altezza di risolvere un caso da solo. Non mi importava quanto il signor Holmes potesse essermi utile, e lui è una delle persone più utili di questo pianeta, quando si trattava del mio caso volevo essere io a risolverlo, mille grazie. Ma quel giorno, per la prima volta, avrei voluto essere confuso. Volevo avere qualcosa da dare al signor Holmes per distrarlo. Gli ci erano voluti cinque anni della sua vita solo per capire che non gli avrei negato la mia compagnia per un bicchiere di vino e un piatto di cacciagione fredda. E se poi si fosse sentito un po' meglio, un po' meno perso, la cosa avrebbe fatto piacere al dottore. Camminerei sui carboni ardenti per il dottor Watson. Non perché io lo conosca bene fino a quel punto, ma perché lui camminerebbe sui carboni ardenti per me, penso, e senza una valida ragione. È quel tipo di uomo. Se fossi uno a cui piace l'idea di due uomini che vanno a letto insieme credo che l'avrei amato anche io. Non sembra affatto una cosa difficile.
"Sono leggermente al verde questo mese" confessai onestamente.
"Offro io" gettò il mozzicone di sigaretta nel mio cestino della carta straccia dopo averla spenta con attenzione sul fianco di esso "Sono tremendamente ricco in questo periodo. Le racconterò tutto a proposito di questa faccenda".
"Allora andiamo" dissi afferrando il mio cappello.
Forse la settimana prossima succederà qualcosa che non capirò. Un omicidio o una rapina, un rapimento o un'appropriazione indebita. E io andrò dritto dal signor Holmes per vederci chiaro, perché adesso so che non se la passa molto bene quando il dottore sta poco bene. Forse non dovrebbe importarmene così tanto, ma per qualche ragione non mi va di vedere un uomo come lui incupirsi a tal punto. Non mi va di vedere l'angolazione dolorosa in cui si posiziona la sua mascella e il modo in cui i suoi occhi sbiadiscono fino a quel colore cinereo. È già abbastanza intollerabile quando è felice, per l'amor di Dio. Il signor Holmes, quando il dottore se la passa male, dà l'impressione di uno che darebbe tutto l'oro del tempio di Salomone per scambiare posto con lui. Un uomo così merita il meglio che il presente possa offrire. Così le vittime del crimine saranno soddisfatte. E io sarò soddisfatto a mia volta, se mi permetterà di condividere il merito con lui. E lo fa sempre. In questo è molto buono.
Spero che qualcosa presto mi confonda, e nel frattempo vedo cosa posso farmi offrire da lui a mia volta. E il signor Holmes aveva ragione. Era la miglior beccaccia fredda che avessi mai mangiato.




* Qui in realtà la battuta sarebbe stata più fine, anche se forse più volgare… "Che il suo rapporto vada a farsi sodomizzare" letteralmente. Ecco il perché della considerazione di Lestrade che segue
** L'avventura della faccia gialla
*** L'avventura dei cinque semi d'arancia

 

Grazie a tutti e alla prossima!!!!

Melina ^^

   
 
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