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Autore: BlueSmoke    02/01/2011    29 recensioni
Anno 1914. La magia di un giardino d'aranci, l'amore di Tristano e Octave.
Missing moment dalla mia storia "Due sotto il tetto" dedicato ai due personaggi della vecchia fotografia di Leonora.
Spoiler sul capitolo 26 e sulla parte finale della storia principale.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Due sotto il tetto'
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giardino d'aranci
Un giardino d'aranci.
Tristano e Octave


di Blue Smoke




Per chi non ricordasse Due sotto il tetto,
la scena si svolge nella primavera tarda del 1914






Stai fermo! Se ti muovi come faccio?”
Quando Octave sorride, il respiro di un angelo gli accarezza la nuca. È un tocco fresco che accende un brivido all'attaccatura dei capelli, e il brivido rotola giù, nelle diramazioni del corpo, si allarga, lo avvolge, quasi lo abbraccia, e Tristano deve chiudere gli occhi per il capogiro, anche se spera che duri per sempre.
Ma c'è un'ape che mi ronza intorno!”
È bella l'ironia nella sua voce. A volte Octave, quando vuole comunicargli che trova comico qualcosa o qualcuno, strizza gli occhi, riuscendo a sorridere solo con quelli. La bocca sta ferma, ma Tristano si accorge di quella segreta piega scherzosa. Capita spesso quando sono a tavola con la sua famiglia, nel salone della vecchia villa dei Malaspina. Tristano, leggendo nel pensiero di Octave, vorrebbe scoppiare a ridere, quasi lo odia perché con quell'impercettibile sorriso cerca di metterlo in imbarazzo davanti a tutti, camerieri compresi. Si vendica più tardi, quando Octave lo riaccompagna a casa, e sul letto nella mansarda lo tortura col solletico.
Ridono, lottano, fanno l'amore, e dopo rimangono come annullati dalla grandezza del loro sentimento, guardano il cielo oltre la finestra nel tetto parlandosi solo con le mani unite e il respiro sereno della loro felicità.
Tristano ha un album da disegno sulle ginocchia. Con la matita schizza in rapidi tratti bruni le linee del viso di Octave. Lo ha costretto a mettersi in posa sul prato del giardino d'aranci, girato su un fianco e appoggiato al gomito, una gamba distesa, l'altra piegata. Una tortura dopo dieci minuti, ma Octave sta buono, anche se scomodissimo, e senza protestare aspetta che lui gli dica di riposarsi.
Il viso di Octave ha qualcosa di morbido. Non sono solo i gentili tratti francesi, le linee del naso, diritto, sottile, e delle labbra. La sua guancia è armoniosa. Il suo sguardo azzurro, nella forma grande dell'occhio, è soffice e curioso, come quello di un bambino. Viene spontaneo affidargli la vita. Con lui nulla di male può succedere. Basta che ti prenda la mano e sorrida: è già una promessa di felicità.
Si passa le dita sulla fronte, perché una ciocca dei capelli neri è scivolata in basso, come volesse accarezzare la bellezza buona del suo viso.
Fermare quell'attimo nel disegno sarebbe come afferrare la sua essenza, perché nel modo in cui sfiora quei capelli, come se ammettesse il diritto della ciocca a un'esplorazione individuale della fronte, si concentra l'intima gentilezza del ragazzo. Octave gli sorride un'altra volta, quasi scusandosi di aver mosso la mano senza permesso.
La tortura è finita” annuncia Tristano.
Octave si stiracchia sul prato, per riportare il sangue negli arti obbligati all'immobilità. Cammina verso di lui. “Posso vedere?”
E Tristano, timidamente, gli esibisce la sua opera. Ha messo tutto il suo amore in quel disegno. Tratteggiare le sue labbra è stato come baciarle, definire il suo corpo è stato come abbracciarlo. Se ne accorgerà Octave? Vedrà quell'amore nelle linee brune seminate dalla sua matita?
Octave osserva con attenzione. Intanto porta una mano sulla sua nuca, la accarezza, come fa spesso, pensosamente, unendo il cammino astratto della mente al percorso fisico delle dita sulla pelle di Tristano. E i suoi occhi brillano d'amore. Un guizzo, ma tenero, come il battito d'ali di una colomba bianca. Ha visto! Ha trovato la traccia netta dell'amore.
E siccome nessuna parola può comunicare quella sensazione al tempo stesso eterea e carnale, non dice nulla. Con un movimento della mano invita Tristano a sollevare il viso. Lui, al contrario, piega la schiena, e a metà strada le loro labbra s'incontrano e si fondono. Il bacio comincia come un incastro di morbidezze. Poi Tristano apre la bocca e con la punta della lingua blandisce il labbro superiore di Octave. Le lingue si scambiano carezze dolcissime, e intanto, mentre il desiderio cresce, le dita di Octave si avvinghiano alla nuca di Tristano nell'istinto di legarlo per sempre.
Dopo, si sorridono un po' storditi un po' scherzosi, perché ancora una volta, tra i muri di quel giardino, hanno rubato un pezzo di amore fisico – l'indecente amore fisico tra due uomini – al mondo esterno.
Octave si siede per terra e adagia la testa sulle sue cosce. Nel movimento e poi nella posa, Tristano, istintivamente, si trova come mille volte ad ammirare il suo corpo forte, le gambe muscolose che riempiono i pantaloni, le braccia che escono scoperte dalle maniche arrotolate della camicia, le spalle solide, il collo dalla bellezza maschile talmente erotica che non dovrebbe mai essere intrappolato da una cravatta. E infatti il colletto è aperto e Tristano gli accarezza una clavicola coi polpastrelli, insinua la mano sottile sotto la stoffa bianca – perché è tutto vestito di bianco, la camicia, i pantaloni, le bretelle, e da qualche parte giace una giacca di lino che ha gettato via per il caldo – segue la forma dei pettorali, finché con la punta del dito trova e sfida la durezza di un capezzolo. I muscoli di Octave si contraggono, come provasse un'eccitazione troppo intensa, simile al dolore; poi si rilassa e chiude gli occhi. “Andiamo a casa” dice in un sospiro.
A casa. Tristano non dimenticherà mai la prima volta che glielo ha chiesto.
Erano stati male per giorni, senza riuscire a parlarsi per quello che era successo un pomeriggio nella casa di suo padre.
Aveva piovuto e Octave era stato colto dall'acquazzone sulla via, mentre andava in visita dai Malaspina. Tristano lo aveva invitato a cercare un ricambio di vestiti nella sua stanza. Nessuno di loro due aveva seconde intenzioni. Tempo prima c'era stato un bacio, che li aveva gettati nel terrore, oltre che nell'imbarazzo. Da allora avevano evitato di rimanere da soli. Ma quel pomeriggio erano entrati nella stanza ridendo, Tristano aveva cominciato a rivoltare l'armadio senza trovare niente che potesse essere della taglia di Octave, perché lui era più magro. Nel pieno di una risata, Octave aveva chiuso la bocca di Tristano con un bacio appassionato. E il bacio era diventato un toccarsi frenetico, le camicie spalancate nel bisogno di sentire la pelle, di morderla, i pantaloni aperti per sfogare l'eccitazione incontrollabile. Era stato sesso veloce, senza penetrazione, e li aveva sconvolti.
Si erano torturati per settimane, dopo quel pomeriggio.
Octave aveva perso il sonno, Tristano si era rintanato in uno struggimento muto. A volte avevano cercato di parlare, fingendo che non fosse accaduto, ma erano scivolati sempre nel litigio e nella recriminazione. Si erano accusati di non volere il bene l'uno dell'altro, di essere pazzi. Si erano feriti, ma ognuno di loro due, insultando l'altro, intendeva ferire se stesso. Si erano colpiti per colpire il proprio stesso desiderio. E non era servito a niente. Il desiderio li aveva torturati ogni giorno più crudelmente. Il respiro, il battito del tempo, si erano trasformati in una lotta, ma non riuscivano a respingersi, più combattevano più continuavano ad avvicinarsi.
E poi, dopo molti giorni, Octave si era arreso. Per lui, rivedere per caso, dopo giorni di allontanamento forzato, gli occhi di Tristano era stato come superare definitivamente una soglia. Un pomeriggio, mentre Tristano lo accompagnava al cancello della villa di suo padre, Octave, con la voce che tremava di emozione e un accento francese del tutto fuori controllo, gli ha detto semplicemente: “Andiamo a casa.”
E in quell'attimo, con quelle tre parole, la mansarda in cui Tristano si rifugia per dipingere e dimenticare il futuro, è diventata la loro casa. In silenzio hanno camminato fino al vecchio edificio medievale e salito tutti i gradini. La porta si è chiusa, una nuova vita si è spalancata. Su quel letto il loro amore – l'amore fisico che il resto del mondo giudicava immondo e bestiale – è sbocciato nella sua verità cristallina.
Lo sai che cosa faccio adesso?” chiede Tristano. “Finisco la piccola tela del giardino.”
Il giardino d'aranci... Sembra fatto apposta. Sembra una vecchia fiaba e invece è reale, è qui intorno a noi.”
Nel Medioevo il giardino d'aranci era un simbolo dell'amor cortese. Una siepe d'aranci circonda e protegge la brigata di nobili e dame nell'affresco del Trionfo della Morte, a Pisa, e anche Boccaccio, nel Decameron...”
Octave lo ammutolisce con un altro bacio. “Lo finisci domani il dipinto, adesso no. Perfido, mi hai fatto aspettare tutto il giorno.”
Tristano gli accarezza il viso. Lo vede perdersi, come tutte le volte che lo guarda negli occhi. Octave sostiene che anche quella è la prova che è un mago e l'ha stregato, quegli occhi verdi rubati al più segreto dei sogni.
Se sei un mago, fa' che duri per sempre. Un incantesimo, noi due qui, per sempre, in questo giardino.”
Tristano pizzica il suo labbro inferiore con i denti. “Così sia. Per sempre. Amore...”






.........

Forse ho fatto male a pubblicare questo breve quadro sulla vita di Tristano e Octave.
La loro è una storia magica, spero di non averla rovinata con questo quadro più quotidiano.
Per chi si trova a leggere per la prima volta, si tratta di due personaggi che nella mia storia "Due sotto il tetto" rimangono nell'ombra, come uno specchio nascosto su cui si proietta la storia dei protagonisti Demian e Mattia. Tristano e Octave avranno un destino molto tragico, che ho raccontato nel capitolo 26 della storia principale.
Non amo raccontare col tempo verbale al presente, ma qui l'ho scelto per distinguere questa storia dalla principale e collocarla fuori dal tempo; poi, siccome la scena si svolge cento anni fa, è surreale che sia questa raccontata al presente, mentre "Due sotto il tetto", che si svolge oggi, ha i verbi al passato. Se stona con la storia, fatemi sapere.
Ancora una grazie a tutti coloro che hanno letto, amato e recensito "Due sotto il tetto". Un grazie di cuore in anticipo a chi leggerà e commenterà questa.


   
 
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