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Autore: Kiriame    04/01/2011    6 recensioni
E se il sogno della tua vita si nascondesse in un treno merci?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Win... Non andare via.” La sua voce riecheggia nell’aria, o forse nella mia testa, accompagnata dalla sensazione di quel cigolio meccanico e freddo che ho sentito fin troppe volte nella mia vita, talmente tante che ormai mi è familiare quasi come il suono dei miei stessi respiri. La pelle della mia mano ancora formicola insistentemente al tocco gelido e inerte della sua mano destra, lasciandomi addosso nient’altro che un’angosciosa e avida voglia di avere un’ultima volta la sensazione del mio corpo a contatto con il suo.
Poi però…  Poi niente, diamine, mi sveglio.
 E’ solo l’ennesimo maledettissimo sogno, e questa non è certo la prima volta che mi illudo per colpa della mia fantasia che gioca anche fin troppo con i miei sentimenti.
Mi alzo… No, credevo di essermi alzata, non so perché, forse sto ancora sognando. O forse è solo lo stress. Merda, Edward, è tutta colpa tua. Non ce la faccio nemmeno ad aprire gli occhi, nonostante la testa mi stia per scoppiare; devo fare qualcosa. Non posso rimanere qui, sotto un piumone che adesso mi pesa sullo stomaco quanto un macigno, con addosso una smania tale che credo farà sì che tra un po’ le mie gambe si muovano da sole.
Suvvia, almeno gli occhi li dovrò pur aprire.
Li socchiudo quasi senza rendermene conto, e comincio a guardarmi intorno. Sta venendo l’alba ormai...  Anche se l’inverno ha la straordinaria capacità di rendere anche un momento simile cupo e spento. Sto per ritornare a dormire... Ma no, c’è troppo caldo qua sotto. Sento il viso bruciare come fosse una  griglia per arrostire la carne.
Poi sobbalzo. Una mano si è posata sulla mia fronte. Ma non è una mano umana, per un attimo non sono nemmeno sicura che sia una mano.  E’ troppo fredda, troppo... Non umana.
Ma se invece...
Il mio cuore si ferma quasi completamente. Lo sento interrompersi nel suo beato e meccanico pulsare incessante, mandando in tilt tutti i miei sensi. Scatto a sedere d’improvviso, spalancando gli occhi, cercando di abituarli alla penombra delle cinque del mattino. Ed è a quel punto che li vedo.                                                                                                                                                    Quei due occhi dorati, così semplicemente meravigliosi, capaci di riflettere bellezze che nella mia camera, tutt’intorno a lui, nemmeno ci sono, capaci da soli di oscurare tutto il resto, di assorbire qualunque luce e rifletterla.
Ma la cosa più bella, è che quegli occhi stanno guardando proprio me.
“EDWARD!” esclamo, la voce mozzata dallo shock.
“SSSH! Ma sei impazzita? Sveglierai la zia se continui ad urlare in quel modo!” i suoi meravigliosi occhi si sgranano come mai.
“Ma tu... Cioè... Sei stato tu a piombare qui... Che cosa...!” Questo era davvero un colpo basso, cogliermi così alla sprovvista dopo un sogno simile.
“Tranquilla, non è nulla di grave. Non è successo niente. Solo... Ho bisogno di un favore.”                                       Oh, idiota. So benissimo che sei qui perché ti servirà sicuramente qualche riparazione, di certo non sei venuto a trovarmi perché sentivi la mia mancanza. Il mio cervello formula questi pensieri in maniera tristemente automatica... Ma sentendo queste parole rimbombarmi nella testa, provo una grande sensazione di vuoto. Qualcosa che annienta completamente qualsivoglia gioia iniziale avessi provato nel vederlo lì, nell’intimità della mia camera, all’ombra delle tapparelle socchiuse.
“Sì, lo so, lo so... Iniziamo subito, così ci togliamo il pensiero entrambi, vuoi?”
Non ce la faccio, semplicemente non ce la faccio a sostenere la sua presenza in questo modo.                                Essere costretta a tenere lo sguardo costantemente rivolto al soffitto (o, in alternativa, al pavimento...), non poter mai provare la gioia di abbracciarlo e sentire il suo calore, il suo profumo mentre mi stringe a sé, è troppo per me. Siamo amici da una vita, eppure è come se tra di noi ci fosse un abisso.
Se solo lui sapesse, se solo lui riuscisse a capire quante volte ho cercato di immaginarmelo lì a guardarmi durante le giornate di lavoro più stressanti e a sorridermi, e spesso sono anche arrossita pesantemente.
“Ehi, ehi, calmati! Siamo un pochino nervosette qui o sbaglio?”
MA NO, DAI? Se tu fossi reduce da un sogno simile e fossi svegliato all’improvviso dalla persona che ami di più al mondo, come ti sentiresti?! Di certo non saresti fresco come una rosa, sempre che tu riesca a provare un sentimento simile all’amore con quel cuore d’acciaio che ti ritrovi.
“No Edō, non è niente. Non ho dormito, sono solo un po’ stanca. Ma cavoli, dove ho messo  la valigetta?”             Comincio a buttare all’aria tre quarti della mia camera con la maggiore disinvoltura possibile, cercando di non pensare al fatto che il ragazzo che amo sia spuntato nella mia stanza come niente fosse trovandomi in camicia da notte e con due occhiaie dello stesso perimetro della mia faccia.
Lanciando continue e frenetiche occhiate dietro di me, noto che Ed continua a guardarmi perplesso, cercando qualcosa da dire. Che cosa combini lì impalato, brutto stupido? Almeno cerca di distinguerti dai soprammobili e di’ qualcosa! QUALUNQUE COSA!
Eccola finalmente. Ovviamente, dopo mesi di inattività (sì, io ho una valigetta con tutto l’occorrente apposta per lui), la povera martire si è inabissata giù nelle profondità del baule per il cambio di stagione, e tirarla fuori mi è costata una fatica immane. Spero che almeno alla fine mi sia servito a qualcosa... Ti prego, non andartene via subito...
Ma nell’istante in cui lo penso, mi vien quasi da ridere.  Sarebbe la prima volta che Ed ci degna della sua presenza per più di un paio di giorni, il tempo necessario per fare i suoi comodi e sparire per l’ennesima missione che mi lascia in sospeso tra la vita e la morte più di lui.
Avverto una stretta al cuore, come se qualcuno lo avesse preso a mani nude e stesse cercando di lacerarlo in tutti i modi senza riuscirci.
“Win... Senti, ho da chiederti una curiosità...” ha le guance rosse... Guardalo, com’è tenero...
UN MOMENTO, HA LE GUANCE ROSSE?
 EDWARD ELRIC NON PUO’ AVERE LE GUANCE ROSSE!
Avrò le allucinazioni.
Ma la vera domanda è... PERCHE’ HA LE GUANCE ROSSE?
“Certo, dimmi, ma fai in fretta, devo sistemare il... Cos’è che ti serviva?”
“Un automail per i climi freddi, ma non è questo il punto...-“
“CHE COSA? MA SEI IMPAZZITO? Per fare una cosa del genere mi ci vorrà ben più di un giorno! Potevi anche telefonare da Central City e avvertire un po’ prima... Oh diamine ma da dove sei entrato?”
“Dalla finestra, e comunque non ho molto tempo, Win ti prego lasciami parlare!”
“DALLA FIN- oh, idiota! Sai sempre qual è il momento peggiore per piombare da chissà dove come niente fosse... E poi, svegliarmi in quel modo...! Ti sembra una cosa intelligente da fare?”
Dico io, sarà stata anche una cosa poco intelligente, ma credo sia stato il risveglio più bello di tutta la mia vita.
“Io... Ecco... E’ solo che mi sembrava avessi la febbre. Continuavi ad ansimare e a parlare nel sonno, mormoravi chissà che cosa... Ho voluto farti rinfrescare... E ti ho tolto le coperte-“ Non ha finito nemmeno di parlare che siamo già entrambi rossi come pomodori.
Mi volto verso il muro per non incontrare il suo sguardo ancora una volta.
Mormoravo il TUO NOME, BRUTTO STUPIDO COCCIUTO! Ma è mai possibile che tu non te ne accorga? Io TI AMO PORCA PUTTANA, TI AMO! Credo che ormai l’abbia capito il mondo intero. E tu ancora no.
“Va bene, lasciamo stare quest’argomento. Allora, quanto tempo abbiamo a disposizione?”
“Win, io... Devo partire domani per Briggs.”
Ed è qui che affondo la faccia nel palmo della mia mano, con un sonoro schiaffo che ovviamente rende il tutto più enfatico.
Calmati, Win... Non puoi rovinarti la giornata per questo... L’unica giornata fino ad adesso in tutto l’anno che puoi passare con lui... Devi solo calmarti.
Ma è ovvio. Visto che lui mi costringe... Non può certo affrontare Briggs da solo, con quell’automail così debole, e visto che il suo treno parte proprio domani...
Mi spiace, nonna, ma non mi vedrai per alcuni giorni.


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Ma chi me l’ha fatto fare?
Fossi una persona normale, adesso sarei a tavola, a cenare con mia nonna alla luce della piccola lampadina a gas che  pende a qualche centimetro dal tavolo in legno d’acero (tanto che spesso da bambina ho fantasticato su come dovesse ad ogni costo cadere proprio nel mio piatto facendo schizzareporridge su tutte le pareti), ma no.
Ovviamente io devo essere rinchiusa per forza nell’ultimo vagone di un treno merci che trasporta carbone ad aspettare che una patina di ghiaccio mi ricopra completamente penetrando fin sotto i vestiti.
Chissà che ore si sono fatte...
Sono stanca. Anzi, che dico, distrutta. Ho passato l’intero pomeriggio in giro per i paesi vicini a raccattare materiale di qualunque tipo e a preparare l’occorrente per il viaggio, e adesso non posso concedermi neanche un po’ di riposo.
 
Cerco una posizione, una qualsiasi posizione che sia un po’ meno scomoda di quella attuale, e decido di rannicchiarmi con le ginocchia al petto contro la parete del vagone, sballottata qua e là come in un frullatore dai continui sobbalzi del treno che è incapace di mantenere una traiettoria stabile.
Cerco di non pensare al fatto che quel ragazzo splendido dagli occhi d’oro si trovi nel mio stesso treno, probabilmente a decine di vagoni da me, stravaccato su più sedili a ronfare beatamente con la sua solita espressione che lo fa tanto assomigliare ad un bambino.
 
Mentre io, casualmente, non sono riuscita a distogliere la mente da lui nemmeno per un secondo.
E, guarda un po’, mi sono dannata per tutto il pomeriggio di averlo finalmente così vicino e non essere riuscita a stargli accanto nemmeno per un istante.
Non riesco nemmeno più a pensare lucidamente... Il sonno è troppo, e il dolore lo è ancora di più. Ma tra i due vince il primo, con mio grandissimo sollievo, e alla fine mi addormento.
Un sonno troppo leggero, evidentemente, perché non passano nemmeno quindici minuti e avverto un lieve rumore. Ancora in dormiveglia, senza riuscire ad aprire gli occhi come fossero persiane bloccate, resto in ascolto mentre un flebile rumore di passi, uno umano e l’altro meccanico, si avvicinano sempre di più.
La porta si apre con uno scatto, e automaticamente i miei occhi si serrano ancor più stretti.
Sento il suo respiro... Sento il suo profumo, i suoi movimenti così familiari, che si stanno facendo sempre più vicini.
Lo sento chinarsi in ginocchio davanti a me...
Ma sono io, oppure mi sta osservando da un’eternità di tempo?
O magari è tutto frutto della mia immaginazione alterata dal sonno e dal desiderio di lui?
Socchiudo gli occhi, tentando in tutti i modi di non darlo a vedere, e nell’ombra riesco a scorgere con chiarezza il suo sorriso, che istantaneamente riduce il mio cuore a una poltiglia sciolta per il surriscaldamento.
Richiudo gli occhi, tentando di convincermi che sia tutto un sogno.
Si siede di fianco a me, immobile per alcuni istanti. Poi... Ma cosa sta facendo? Perché giocherella con i miei capelli? Questo ragazzo è strano...
Comunque, credo che un momento così non lo scambierei con niente al mondo.
La sua mano umana... Sta stringendo la mia. Sento il suo calore, la sento quasi tremare a contatto con la mia pelle, e per un momento credo di essere sul punto di aprire gli occhi, voltarmi e fissarlo sbigottita.
Ma mi trattengo, quando sento che sta prendendo un respiro che sembra infinito, come stesse per parlare.
...
... “Tu sei... Stupenda. Lo sei sempre stata. E io sono un’idiota.” Pronuncia queste parole in un flebile sussurro, quasi un soffio.
Mi si ferma il cuore. Letteralmente. Lo sento smettere di pulsare, sento il sangue nelle vene che smette di fluire per qualche istante e sono sicura di essere sbiancata, per quanto già io non possa essere pallida.
Così. Voglio rimanere così per sempre.
Improvvisamente mi chiedo se ho sentito realmente quello che ho creduto di sentire. Che sia stata una mia fantasia?
Ed inoltre un altro dubbio mi sorge spontaneo, ossia... Lui sa che sono sveglia?
Di colpo decido... E faccio qualcosa che non credevo avrei mai potuto avere il coraggio di fare.
Senza aprire gli occhi, senza quasi effettivamente averne la forza, stringo la mia mano nella sua.
“Davvero credi sia così?”
Lui molla la presa per un istante. I suoi splendidi occhi così pieni di tutto stavolta sono pieni di imbarazzo e quasi umiliazione, le sue pupille si sono ristrette a tal punto da sembrare due punte di spillo e il suo viso è diventato tanto rosso da essere facilmente confondibile con quel suo mantello lucido che vede ormai come un prolungamento di sé stesso, come d’altronde vale per Al.
È come se fossero una cosa sola, una stessa anima.
E per un attimo mi pare quasi di intravederlo, da qualche parte nel suo sguardo, in mezzo alle miriadi di emozioni, sorridente come quand’era bambino. Come quando era ancora umano.
Si volta di scatto verso il muro, ma non fa nemmeno in tempo a scorgere le scrostature sull’altra parete perché subito ritorna a guardarmi in faccia.
“Io penso che tu sia non solo stupenda, ma anche la ragazza più speciale e unica che io possa mai desiderare. E, detto questo-“
“Detto questo,  adesso ti metterai a ridere e dirai che è tutto uno scherzo e che ci sono cascata come una stupida, giusto?”
“No, detto questo posso anche andarmene, visto che ho fatto la peggiore figuraccia della mia intera esistenza.”
Sembra estremamente a disagio, e sentire quelle parole mi riporta bruscamente alla realtà.
Per un attimo mi ero illusa che Ed, il mio Ed, avesse cominciato a dare di matto o fosse un po’ ubriaco, ma non so perché.
D’altronde è il momento che ho desiderato fin da quando ho visto le sue spalle allontanarsi dalla mia vista su quel treno che mi avrebbe riportata a Resembool, spalle a cui non avevo mai rivolto il mio sguardo prima d’ora e che sembrano così forti, come quelle di un adulto.
E allora, perché adesso lo temo tanto?
Forse ho paura di quello che verrà. Ma ormai sono in ballo e devo ballare, anche se non sono mai stata brava a farlo.
“Ma, prima di farlo...”
Sgrano ancor di più gli occhi, per quanto sia possibile, fino al punto che iniziano a bruciarmi.
Sento come avessi dei grossi granelli di polvere che danzano sotto le mie palpebre, provocandomi, con lo scopo di farmi abbassare lo sguardo e socchiudere gli occhi, ma non cederò.
Non smetterò di fissarlo e di ammirarlo in tutta la sua stupenda completezza, per quanto io riesca a vedere nella penombra della mezza luna che filtra dalla fessura dello sportello di un vagone per le merci.
D’improvviso la sua espressione cambia... E lui ritorna l’Ed di sempre, deciso e senza vergogna, sicuro di essere spinto da motivi sinceri.
“... Prima di farlo, tanto per rincarare la dose e peggiorare la mia figuraccia di stanotte, ti dirò che ti amo. E che ti ho sempre amata, fin da quando piangesti quella sera in cui io e Al bruciammo la nostra casa. Fin da quando cercasti di essere forte al momento della nostra partenza, e ti amo ogni momento di più quando mi supplichi di non morire. Ti amo quando piangi, anche se mi fai sentire come se mi mancasse la forza di continuare a vivere e respirare; ti amo quando ridi, oh, non sai QUANTO ti amo quando ridi. Ti amo anche... Anche quando mi minacci con quella cavolo di chiave inglese che ti porti dietro da chissà quanto.”
Dicendo questo si porta la mano umana alla testa e si massaggia i capelli del color del sole, come se lo avessi appena colpito in pieno causandogli l’ennesimo bernoccolo.
Dopo aver preso fiato per un tempo che sembra essere estremamente lungo (ad un certo punto mi chiedo effettivamente quanto fiato possano contenere i suoi polmoni) riprende a parlare, con quella sua voce che mi ha sempre fatto sciogliere il cuore: “ADESSO posso benissimo andarmene.”
Si alza bruscamente e fa per imboccare l’uscita a tutta velocità, ma io non glielo permetto.
Non ora che ho ottenuto quello che cercavo da anni senza quasi più speranze.
Senza la forza di alzarmi da terra, mi inginocchio e afferro prontamente un lembo del suo mantello porpora, che una volta era stato anche sulle mie spalle e che io avevo stretto tanto  forte a me da rimanere impregnata da quel sentore così forte e buono di lui.
Il ricordo di quel giorno mi fa ancora male come un’ustione, ed io sto ancora cercando di curarne i dolori più strazianti che ogni tanto tornano a farmi visita durante la notte, quando lui non c’è, e non ci sono nemmeno mamma e papà.
Ma lui adesso è qui, per ME, e io non lo lascerò andare via.
“Ma, e se invece ti chiedessi di non andartene? Di restare qui, accanto a me?”
Devo proprio dirlo, non sembra che abbia esitato più di tanto.
Mi tende la mano, quella meccanica, quella che sono stata io a fabbricargli assieme a nonna, permettendogli di ritornare a vivere e di incominciare il suo viaggio.
Quando stringe la mia sento lo stridio dei cuscinetti del suo palmo meccanico tra le dita.
Mi tira su e... Cavolo, mi prende per i fianchi? Sì, questo ragazzo è decisamente molto strano.
Ed è per questo che lo amo.
La sua mano, quella vera, è fredda. Anzi, gelida... Quasi quanto l’automail, tanto che a stento distinguo l’una dall’altra. Un brivido mi serpeggia lungo la schiena per un attimo quando prende il mio viso tra le mani e lo avvicina al suo, e quando sento il suo respiro sulle mie labbra per un istante quasi mi dimentico dove mi trovo, chi sono, se sono ancora viva.
Sono sicura che, proprio adesso che le sue labbra si incastrano perfettamente alle mie come due pezzi di un puzzle, tutto il mondo si sia fermato proprio per aspettare noi. E non posso nascondere qualche lacrima che mi riga le guance per pochi istanti, lui se n’è accorto; ma non m’importa.
Il mondo potrebbe anche finire adesso, non penso che me ne accorgerei. Il mio mondo è lui, e solo assieme a lui questo piccolo puntino nell’Universo lo si può chiamare mondo.


Bene bene, e con questo posso ritenermi soddisfatta, o almeno credo XD Abbiate pietà, è la mia prima fanfiction... So bene che non è il massimo, e non è nemmeno così corta da essere una oneshot, ma che dire, io c'ho provato eh XD. Io in ogni caso sto sempre nascosta dietro questo monitor, per ogni evenienza u.u'
   
 
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