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Autore: Ayleen    05/01/2011    6 recensioni
"L'amore è malvagio. L'amore è crudele. L'amore è meschino.  Sfugge al nostro controllo e noi non possiamo fare altro che piegarci alla sua volontà."
Dedicata a chi crede che l'amore sia soprattutto sofferenza ...
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ehm....leggete leggete! Le scuse le rimandiamo a dopo, ok?! XD 

CAPITOLO TRENTAQUATTRO

Lentiggini

 

 

Rap era il classico tipo la cui pazienza tendeva a vacillare per un nonnulla. Non era bravo a controllarsi e quando ci provava veniva sempre sorpreso da una fastidiosissima fitta all’altezza dello stomaco. Una volta Rock, scherzando, gli aveva detto che probabilmente era l’ulcera che si ingrossava e che era uno degli effetti collaterali del soffocare le proprie emozioni negative. Beh, se era davvero così, quel giorno Rap avrebbe vomitato sangue!
Sì, perché la sua già limitata pazienza stava venendo messa a dura prova dalla persona con la quale lui avrebbe dovuto sapersi controllare di più : Eleanor.
Erano ore che la ragazza continuava a correre avanti e indietro, ad inciampare nella miriade di vestiti da lei stessa abbandonati sul pavimento, imprecare su ogni cosa, dare di matto al minimo rumore, rispondere male ogni volta che qualcuno osava rivolgerle la parola. Era un fascio di nervi, suscettibile come non l’aveva mai vista, e spaventata da qualcosa che davvero non riusciva ad immaginare.
Non che Eleanor non fosse una che si agitava poco. Le bastava davvero un niente per farsi prendere dal panico, ma nulla di simile a quel giorno, comunque. E poi, in genere, Rock riusciva a calmarla con facilità. Solo che adesso Rock non c’era! E anche Heavy e Metal se l’erano svignata, lasciandolo solo nelle grinfie di quella squilibrata mentale!
Tutto ciò che Rap era riuscito a capire del misterioso dramma che aveva colpito Eleanor, era che lei non aveva un vestito abbastanza elegante da indossare. A cosa le servisse tuttavia, non riusciva proprio ad immaginarlo. Era sempre stato convinto che lei odiasse le cose eleganti, sebbene fosse sicuro che sarebbe stata uno schianto con qualcosa di davvero femminile indosso. Beh… più del normale. Lei era comunque uno schianto. Anche quando girava per la scuola con quelle enormi T-Shirt che rubava a Rock.
Aveva pensato di provare a calmarla, ma qualcosa gli suggeriva di starle lontano. Stare alla larga da una ragazza in crisi per mancanza di vestiti, era una regola base dell’universo maschile. Un po’ come quella di non contraddirle mai durante il ciclo!
D’un tratto però, sentì un tonfo e un lamento di Eleanor; poi silenzio. Doveva pur accertarsi che non si fosse fatta male... Magari aveva deciso di porre fine alle sue sofferenze dando una testata allo specchio. Si, era meglio controllare che fosse tutta intera… altrimenti Rock chi l’avrebbe sentito?

Bella scusa, Rap!

Fece un paio di respiri e, prendendo coraggio, si decise ad entrare in quella camera adibita ormai a campo di battaglia.
La trovò sul pavimento in una posizione poco naturale, una smorfia di dolore ad incrinarle il viso. Era scivolata sui suoi stessi vestiti e si stava massaggiando la schiena. Avrebbe anche potuto ridere e prenderla in giro, se non fosse stato per un piccolo, fondamentale dettaglio. Non c’era niente a coprirla se non la biancheria intima!
Questo gli impedì di reagire in alcun modo. Rap rimase imbambolato sulla porta, a fissare quel corpo che sembrava quasi farsi beffa di lui.

Sono qui, mi vedi? Guardami, avanti! Guardami pure, tanto appartengo ad un altro!

Sarebbe dovuto tornarsene subito in corridoio, ma invece fece la cosa più stupida di tutte. Qualcosa che giusto Heavy avrebbe potuto fare, ma non lui. Non lui! E invece la fece.
Un lungo fischio di apprezzamento raggiunse le orecchie di Eleanor che, accortasi della presenza di Rap, diede di matto. Allungò un braccio, quasi strappò via la coperta dal letto e ci si avvolse. Cominciò a lanciare i vestiti contro Rap, sbraitando e sottolineando il fatto che fosse un pervertito.
A quel punto Rap non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.

“Ti ricordi che ti ho già vista nuda, vero?!”

Inutile dire che questo fece solo accrescere la rabbia della ragazza che si alzò in piedi e cominciò a spingerlo.

“Vai fuori di qui, razza di idiota! Esci da questa stanza o mi metto ad urlare!”

“Giusto per la cronaca, stai già urlando.”

La sua voce si alzò di un altro paio di ottave, cosa che fece aumentare il divertimento di Rap, che tuttavia decise di non infierire ulteriormente. Si lasciò buttare fuori dalla stanza con facilità, felice di aver potuto godere della visione di lei mezza nuda. Il farsi etichettare come pervertito, non era nulla se confrontato al premio che aveva ottenuto.

Grazie al cielo Rock non sa leggere nel pensiero….

Con l’immagine di lei ancora ben stampata nella mente, si convinse a lasciarla ai suoi drammi personali e uscì in cortile.
Rock non tardò molto ad arrivare. Vide che in una mano stringeva una sacca. Avrebbe voluto chiedergli cosa contenesse, ma nemmeno ci provò. In quell’ultimo periodo, raramente lui ed Eleanor rispondevano alle sue domande. Qualunque cosa stessero architettando, erano due impiastri totali nel tenerla segreta.

“Grazie al cielo sei qui!” sbottò, piuttosto aspramente. “Lo chiami tu il manicomio?”

“Scusa?”

“Sia chiaro che d’ora in avanti voglio essere retribuito per farle da baby sitter! Persino Heavy e Metal se la sono data a gambe!”

Rock cercò di non ridere, davanti a quella finta esasperazione di Rap. Sapeva bene che in realtà non gli era pesato affatto trascorrere il pomeriggio con lei.

“Cosa ha combinato questa volta?”

Rap lo invitò ad entrare con un gesto della mano : “Controlla tu stesso!”

Senza ulteriori indugi, Rock s’incamminò verso la stanza sua e di Eleanor. Provò a aprire la porta, ma qualcosa la bloccava. Dall’interno proveniva solo un gran fracasso.

“Eleanor?” chiamò “Sono io, fammi entrare!”

Si sentirono dei passi frettolosi, qualcosa che strisciava sul pavimento – una sedia? Pensò Rock -  e poi la porta si aprì.
Eleanor gli apparve completamente esausta. Spettinata e con gli occhi lucidi dal nervosismo, pareva essersi appena svegliata dopo una notte di baldoria.  Non sapeva quale fosse la causa che aveva scatenato tutto ciò, ma cercò comunque di restare sereno per non farla agitare ancora di più.

“Mi dici che succede?” cominciò, pazientemente “Hai fatto scappare Heavy e Metal, lo sai? E Rap è talmente stanco che sembra appena tornato dai giochi olimpici!”

La vide accennare un sorriso e se ne rallegrò. Qualunque fosse il problema, se lei aveva la forza per sorridere, non doveva essere nulla d’insormontabile.
La ragazza però, non sembrava pronta a parlare. Un velo d’imbarazzo la spinse a cambiare discorso.

“Che cosa ti ha detto Will?”

Rock non poté fare altro che assecondarla, con un sospiro rassegnato : “Che dobbiamo agire in fretta… ma con discrezione!”

Eleanor fece una smorfia contrariata e prese a camminare per la stanza con sguardo afflitto : “ …in fretta. “ mormorò, mesta.

Rock chiuse la porta e la raggiunse. La circondò con le braccia, nel tentativo di tranquillizzarla, ma lei non reagì in alcun modo. Si limitò a nascondere il viso contro la sua spalla.

“Che cosa c’è che non va ?”

La sentì scuotere il capo contro il suo petto.

“Non vuoi dirmelo?”

La sua voce le giunse attutita : “Rideresti e basta!”

“Non riderei mai di te, lo sai!”

“Stavolta si!”

“Ok, facciamo così. Se per caso riderò, sarà per una cosa che sapremo solo noi due. Non uscirà dalle pareti di questa stanza!”

Eleanor non parve molto convinta., La sua consueta timidezza l’aveva vinta di nuovo. Ma lei fu più forte e riuscì ad averne ragione!

“Lo so che è una cosa sciocca, ma ….” Abbassò lo sguardo a terra e cominciò a tormentare con le dita l’orlo della maglietta di Rock “… Non ho nulla di decente da indossare per quando andremo ad incontrare la direttrice dell’istituto! Lo sai che la prima cosa che una persona valuta durante un colloquio è l’abbigliamento? Ancora prima del carattere o del conto in banca o delle tue referenza. E’ assurdo ma è così! E io non ho nulla che mi faccia sembrare una persona seria e affidabile. Anche se è solo per un giorno….”

Un velo di tristezza calò su di lei, sostituendo la timidezza. Gli occhi le si riempirono di lacrime.

“Non sembro proprio una mamma… è solo che non è mai stato nei miei progetti diventarlo, anche se per finta.”

Rock lesse una paura incondizionata in quegli occhi blu. Paura di fallire, di giocarsi la loro unica possibilità di avere Haylie e di condannare sia lei che Rap alla solitudine.
Con un sospiro le prese le mani, staccandole dalla maglietta ormai stropicciata peggio di un foglio di carta e le sorrise rassicurante : 

“Nessuno sembra una mamma a diciannove anni. Ma, sei fortunata che ho una sorella previdente.”

Il suo sguardo si fece attento e curioso. Lo osservò mentre prendeva un vecchio zaino che aveva abbandonato sul pavimento appena arrivato. Glielo porse.

“Jules deve aver avuto i tuoi stessi timori e mi ha detto di portarti questi!”

“Cosa c’è lì dentro?” domandò Eleanor prendendolo.

“Alcuni vestiti che lei non mette più.”

Bastarono quelle parole per ridare vita al volto di Eleanor. La paura venne spazzata via in un istante, sostituita dalla stessa speranza che l’aveva alimentata fino a quel giorno.
Si gettò sul letto e si fiondò sullo zaino con una foga inverosimile.

“Tua sorella è una santa!”

“Penso che lo sappia già.” Fece Rock ridacchiando della ben nota totale mancanza di modestia di Jules.

“Dille che li tratterò con la massima cura.” Disse Eleanor mentre studiava con un’accuratezza quasi maniacale un paio di camice.

“Ha detto che puoi tenerti tutto.”

“Davvero? “

Rock annuì, appoggiandosi al muro e incrociando le braccia sul petto. “Penso non gli vadano più bene. Non lo dirò mai davanti a lei, dato che ci tengo alla mia incolumità, ma ho notato che ha messo su qualche kilo.”

Eleanor lo guardò con rimprovero : “Sai che non sei per niente carino?”

Lui rise :”Dovresti esserne felice. Questo per te significa fornitura eterna di vestiti, visti quanti ne ha…”

Ma Eleanor non lo stava ascoltando. Si voltò verso di lui stringendo in una mano un’elegante camicetta nera e dall’altra una gonna dello stesso colore :”Che ne pensi?”

“Oh, è perfetto…” dichiarò vedendola illuminarsi “… Se devi andare ad un funerale!” aggiunse poi, facendola ripiombare nel suo piccolo dramma personale.

Rock si sedette accanto a lei :”Senti, non che io sia un esperto di moda e cose simili, ma hai mai pensato di prendere in considerazione anche altri colori oltre il nero?”

Qualcosa si ruppe nella testa di Eleanor. La ragazza sentì distintamente il crash , come un vetro che s’infrangeva sul pavimento. Ma non si trattava di un vetro. Un ricordo era appena andato in frantumi, concretizzandosi nella realtà con un fortissimo dejà-vu.
“Non esiste solo il nero, sai?” quella voce le fece chiudere lo stomaco. Dovette portare una mano al petto e serrare forte le labbra per evitare di urlare dal dolore.

Evan …. 

Sospirò mentalmente, lottando contro l’istinto di buttare fuori quella sofferenza.

“Hei!” La mano di Rock che si posava sulla sua spalla la ridestò. Incontrò il proprio riflesso nei suoi occhi “Va tutto bene?” le domandò.

Eleanor annuì soltanto e cercò di tirare fuori la poca ironia che possedeva :”Si, è solo che… ti stai Evanizzando!”

Lui non capì :”Mi sto cosa?”

Eleanor scosse il capo, più per cancellare l’immagine di Evan dalla mente che per rispondere a Rock :

”Non importa, lascia perdere!”

Lui tuttavia non pareva molto convinto. Continuava a studiare la sua espressione alla ricerca di qualche segno che lo aiutasse ad identificare la causa di quell’improvviso cambio d’umore.
Eleanor se ne accorse e tentò di riprendersi in fretta, schiarendosi la gola e raggruppando tutti i vestiti di Jules.

“Li proverò tutti!” esclamò,  il più entusiasticamente possibile, con un sorriso tirato. “Ma non sono il tipo che fa le sfilate di moda davanti al proprio ragazzo, perciò…”

Letto tra le righe: “Voglio stare da sola!”

Sentendo lo sguardo del ragazzo su di sé, Eleanor abbassò il proprio e rimase in silenzio, concentrandosi sulle sue mani che stringevano con forza i vestiti di Jules.
Rock allungò un braccio e le poggiò una mano sulla guancia, costringendola a guardarlo. Ed eccole lì di nuovo. Lacrime trattenute con la forza dietro quel blu intenso. Gli bastò fare leggermente pressione con il pollice sulla sua guancia perché una sfuggisse.

“E’ Evan.” Capì Rock “Ho detto o fatto qualcosa che le ha ricordato lui…”

Le sue labbra di mossero da sole: “Sarebbe fiero di te…” disse, automaticamente.

Gli occhi di Eleanor gli appartennero di nuovo per qualche istante, per poi chiudersi con un sospiro. La vide sciogliersi in un sorriso quasi rassegnato e un’altra lacrima sfuggì al suo controllo, seguendo lo stesso percorso della precedente.
Rock la raccolse con le sue labbra e appoggiò la fronte su quella di Eleanor : 

“Li folgorerai tutti, vedrai. Non aver paura. E poi, se non dovessero accontentarti, Evan lancerà qualche maledizione su di loro!” Risentire la sua risata fu un vero sollievo.

Le braccia della ragazza furono subito intorno a lui. Gli circondarono il collo dolcemente, in un gesto che profumava di  gratitudine.

“… Non poteva lasciarmi in mani migliori.” Mormorò. “…Se non ci fossi tu, non so proprio come farei.”

Rock la strinse forte di rimando, immergendo il viso fra i suoi capelli. Non disse nulla, ma nella sua mente il suo unico pensiero, la sua sola speranza, nonché timore, era questo:

Dio, ti prego, fa che non la deluda mai.

Quella breve fuga dalla realtà fu destinata a terminare in pochi istanti. Il cellulare di Eleanor, abbandonato fra le lenzuola, vibrò. La ragazza si separò a malincuore da Rock, sospirando, e lesse il nome di Will sullo schermo.
Era un messaggio. Poche parole in grado di mandarla subito in panico:

Incontriamoci davanti al parco. SUBITO! Porta il tuo ragazzo.

 

***

 

“E’ uno scherzo!” Lo dissero simultaneamente e Will si mise a ridere.

“Temo di no.”  Fece l’uomo, osservando divertito la loro espressione meravigliata.

Le labbra di Eleanor tremarono un attimo prima di aprirsi :”Non puoi sul serio averlo fatto…”

“Dovevo forse chiedervi il permesso?” L’ironia di Will non accennava a diminuire. Il sorriso sul suo volto continuava ad allargarsi.

“Non so… non so neanche… cosa dire.” Biascicò Eleanor senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla grande casa davanti a sé.

Sembrava quella che disegnava da piccola quando per compito le chiedevano di raffigurare la casa dei suoi sogni.  Su due piani, i muri di mattoni e il tetto nero, le imposte verdi,  il vialetto di ghiaia fino all’ingresso, il portico, il dondolo, il giardino, la staccionata bianca e la chioma di una betulla che spuntava dal retro.

“Penso che un grazie papà, andrebbe più che bene.” Fece Rock, ironicamente.

Eleanor sussultò appena a quelle parole. SI sentì andare a fuoco la faccia mentre si voltava verso Will. Quell’uomo aveva appena comprato quella casa, affermando di voler fermarsi a vivere in quella città. Tutto normale; nessun sconvolgimento, almeno finché non aveva consegnato loro una copia delle chiavi dicendo che quella sarebbe stata anche casa loro d’ora in avanti.
Eleanor tentò davvero di ringraziarlo, ma le parole erano come bloccate nella sua gola. La sua naturale diffidenza, fomentata dagli anni trascorsi sulla strada in balia di estranei, era più forte di qualunque gratitudine. La parte più orribile di lei, le suggeriva che Will stava facendo tutto quello spinto da qualche altro fine. E questo la faceva profondamente vergognare di sé stessa.

“Non serve!” esclamò Will, sereno. “Non voglio sentire nessun grazie, da nessuno di voi due! Mi serviva una casa e ho trovato questa che, guarda un po’, è abbastanza grande per noi tre, i vostri amici, se vorranno unirsi a noi e qualsiasi bambina voi vogliate adottare. “

“Beh amico, io te lo devo dire lo stesso. Non posso fare altrimenti. Grazie! Davvero. Non ho idea di come farò a ricambiare un gesto simile, ma sono certo che prima o poi l’occasione mi si presenterà.”

Will rise di gusto. Li prese entrambi per le spalle, con energia, entusiasta come un bambino la mattina di natale. 

“Fatemi un bel nipotino e siamo a posto per la vita, d’accordo?”

Sia lui che Rock risero, ma Eleanor desiderò ardentemente venire inghiottita dalla strada. Tutto ciò che riuscì ad emettere fu un mugolio nervoso, più simile ad un aborto di risata che altro…
Cercò di non pensare troppo a quella battuta – si, perché era sicuramente una battuta! Suo padre non poteva essere serio! – e concentrarsi sull’appena nato rapporto  tra lui e Rock.
Will l’aveva sempre trattato con freddezza. Non che lo odiasse, ma si capiva che tollerava a stento la sua vicinanza a Eleanor. Come qualunque padre, era geloso della figlia, anche se quest’ultima era praticamente un’estranea per lui…
Eppure, negli ultimi minuti, quel distacco che entrambi avevano sempre mantenuto, era scomparso. Questo la fece sorridere.

“Oh, finalmente un sorriso!” fece Will, guardandola. “Mi chiedevo quanto avrei dovuto aspettare prima di vederne uno.”

Eleanor si coprì istintivamente la bocca con il dorso di una mano, cosa che scatenò l’ilarità dell’uomo.

“Timida come sua madre.” Lo disse con tono scherzoso, ma c’era un velo di malinconia nel suo sguardo; qualcosa che le fece stringere il cuore. Non voleva pensare a cose tristi quel giorno. Nessuno di loro doveva farlo.

“…E ora che si fa?” domandò Rock.

Will sembrò ridestarsi da quell’attimo di amarezza e li guardò entrambi, con rinnovato entusiasmo.

“Adesso? E’ tempo di prepararsi al grande colloquio per voi due!” lasciò le loro spalle e fissò la casa davanti a loro “Ma prima, faremo a gara a chi si aggiudica la stanza da letto più bella!”

Quasi non si accorsero dello scatto di Eleanor, già quasi sulla soglia d’ingresso. Si voltò verso di loro, raggiante, ed urlò: “La matrimoniale è mia e di Rock!”

 

 ***

 

Le loro mani non si erano mai lasciate per tutto il tragitto da casa fino all’Istituto.
Will aveva detto che avrebbero dovuto agire in fretta, quindi perché rimandare? Avevano deciso di andare il giorno successivo dalla direttrice dell’Istituto. Aspettare ancora non avrebbe fatto altro che fare agitare ancora di più Eleanor, che sembrava sempre più vicina ad una crisi di nervi.
Era in preda al panico sì, ma era anche splendida con indosso quella camicetta azzurra che s’intonava così bene con i suoi occhi, e quella gonna nera dalla quale nonostante i molteplici di tentativi non erano riusciti a separarla. Si era rifiutata categoricamente di truccarsi, sostenendo che era da masochisti e da stupidi andare in giro con il viso cosparso di quella robaccia, che come al solito avrebbe pianto per qualche scemenza e le sarebbe colato tutto via, che i pori le si sarebbero ostruiti e le sarebbe uscito qualche brufolo. Nemmeno le prese in giro di Heavy erano riuscite a farle cambiare idea.
Ma non era importante, lei era bella così, al naturale. Non aveva bisogno di cosmetici per farsi notare. Su quello erano d’accordo tutti.
La cosa più problematica fu convincerla a togliersi quei maledetti anfibi. Per poco non si era messa a piangere quando non li aveva più ritrovati al loro posto, sotto la finestra. Rap glieli aveva nascosti a sua insaputa, premunendosi di dirle che li aveva buttati via, cosa del tutto falsa.
Eleanor non aveva fatto altro che incespicare tutto il giorno con le scarpe col tacco di Jules ai piedi. E dire che non era nemmeno tanto alto… Heavy aveva riso sguaiatamente della sua poca femminilità,  lei l’aveva inseguito per tutta la palestra, impugnando uno dei tacchi a mo’ di arma!
Persino Rap aveva riso davanti a quella scena.
A sera inoltrata, l’equilibrio di Eleanor si era rafforzato e lei riusciva a camminare senza essere costretta a tenere in fuori le braccia. Ogni tanto faceva una smorfia di dolore e piagnucolava qualcosa a proposito della comodità dei suoi anfibi. Dichiarò inoltre che avrebbe odiato Rap fino alla fine dei suoi giorni. Ovviamente, nessuno le credette.
La mattina successiva, aveva svegliato tutti con le sue urla di gioia, accortasi che Jules, in quello zaino, non aveva infilato solo vestiti, ma anche un arricciacapelli. Il risultato era stato eccezionale. Quei boccoli che le incorniciavano il viso le davano un’aria più adulta  ….. e terribilmente sexy ; era stato il pensiero comune di Rock e Rap.
Ma quei momenti spensierati, sembravano lontani anni luce adesso.
Immobili davanti a quel grande edificio circondato dagli schiamazzi dei bambini, cercavano uno il conforto e il coraggio nell’altro, senza successo.

“Non ce la faccio.” Ammise Eleanor, tremante

“Si che ce la fai!” tentò di spronarla, Rock.

“E… E se-“

“Non c’è nessun se!” esclamò lui, uccidendo sul nascere l’ennesimo timore  “Andrà alla grande!”

Fu lui il primo ad oltrepassare il cancello, ed Eleanor lo seguì solo perché le loro mani erano saldamente incollate.
I bambini erano tutti in cortile a giocare. Entrambi si guardarono intorno alla ricerca di Haylie, ma la piccola non sembrava esserci.

“Forse non aveva voglia di stare fuori.” Disse Eleanor, vedendo Rock crucciarsi di preoccupazione.

“Si, forse.” Fece lui, poco convinto.

Attraversarono il cortile, salirono i cinque gradini dove lei e Evan avevano trascorso mille e più pomeriggi, ed entrarono.
Il familiare odore di tempere colorate e mangiare, le riempì le narici. Per Eleanor, quello era quanto di più vicino ci fosse al profumo di casa.
Le tempere, con sui erano stati fatti le decine e decine di disegni appesi alle pareti dell’ingresso principale, e l’odore di cibo proveniente dalla mensa, appena dietro l’angolo. E sì, c’era anche un retrogusto di detersivo per pavimenti.
Inspirò a fondo e chiuse gli occhi per un attimo. Quando li riaprì le parve di vedere i fantasmi di due bambini correre su per la scala che portava ai dormitori. Al primo battito di ciglia sparirono, ma le loro risate allegre e spensierate no. Eleanor sentì la propria risata e quella di Evan, riecheggiare nella sua mente. Si ritrovò a sorridere, senza rendersene nemmeno conto.
Odiava ammetterlo, ma in quel posto era stata felice. E, cosa più importante, al sicuro! Certo, questo fino al giorno in cui quel ragazzino più grande non aveva abusato di lei nello scantinato. Ma quella era una parte del suo passato che aveva preferito dimenticare. Non ricordava nemmeno il volto di quel tizio, o il nome. Ricordava solo che Evan l’aveva riempito di botte fino a mandarlo all’ospedale e che per questo era stato pesantemente punito. Che lei era andata a dire tutto alla direttrice e che quel ragazzino non aveva più fatto ritorno dall’ospedale. Evan aveva passato un periodo terribile, convinto di averlo ammazzato. Aveva il terrore che per questo l’avrebbero spedito in qualche carcere minorile o in riformatorio, aveva trascorso mesi a controllare chi entrava o usciva dall’Istituto, alla ricerca di qualche poliziotto in borghese. Dopo un po’, la paura era svanita e l’ipotesi che fosse stato proprio quel ragazzino ad essere stato mandato al riformatorio per ciò che era avvenuto in quello scantinato aveva fatto dimenticare ad entrambi quella brutta storia.
Ma a parte questo, Eleanor si sentiva profondamente legata a quel luogo. Una malinconia infinita le si strinse intorno al cuore, serrandole la gola.

“Posso aiutarvi?”

A parlare era stata una donna sulla mezza età, bassa e tarchiata. Eleanor la riconobbe subito.

“Signora Rendall !” esclamò, sinceramente felice di rivederla. Era stata la sua insegnante di musica, l’unica materia in cui andava bene. La sua voce le aveva permesso di avere un posto d’onore nel coro della scuola.

La donna strinse gli occhi e osservò attentamente la ragazza. Le sue rughe parvero distendersi dallo stupore : 

“Non ci posso credere!” mormorò, incredula “Eleanor, giusto?”

“Proprio io!”

La signora lanciò un urletto di gioia ed l’abbracciò con foga. Eleanor ricambiò la stretta e rise divertita da tutto quell’entusiasmo.

“Non pensavo si ricordasse di me.” Disse Eleanor, una volta che si furono separate.

“Come posso dimenticare la mia allieva più talentuosa? Il nostro coro è praticamente morto da quando sei andata via!”

Eleanor sorrise imbarazzata. “Non esageri adesso.”

“Oh non esagero affatto! So che non dovrei dirlo, ma sappi che eri la mia preferita!”

Stava per rispondere, ma Rock le sfiorò il braccio, riportandola alla realtà.
Stavano perdendo tempo! Non erano venuti fin lì per ricordare i bei tempi andati; c’erano cose più importanti a cui pensare.
Eleanor si fece seria. Da quel momento in poi sarebbe iniziata la recita:

“Signora Rendall, avrei un favore enorme da chiederle.”

“Dimmi, cara.”

“Dovremmo incontrare urgentemente la direttrice. So che bisognerebbe prendere appuntamento, ma …”

“Non c’è alcun problema!” le assicurò subito, lei.

“Davvero?” domandò Eleanor, speranzosa “Può riceverci ?”

“Certo che si, dato che ti sta già ricevendo.”

“Come?”

La signora sorrise, con un certo orgoglio: “Sono quasi quattro anni che gestisco questo posto, ormai!”

“Oh…”

Grande!

Se non era un colpo di fortuna quello? Quella donna l’adorava, non sarebbe stato complicato convincerla. Rock sembrava pensarla come lei, vista l’occhiata complice che si scambiarono.

“Aspettami nel mio ufficio. Devo prima fare una cosa. Ti ricordi dov’è vero?”

Se lo ricordava? Aveva passato ore lì dentro insieme ad Evan, in punizione.
Annuì soltanto. Prese Rock per mano e lo guidò verso la zona degli uffici degli insegnanti. Avrebbe potuto trovare la strada anche ad occhi chiusi.

“Dovrai fare la cocca della maestra ancora per oggi, temo!” la prese in giro Rock.

“Stai zitto!” sbottò lei, assestandogli una gomitata poco convinta, facendolo ridacchiare.

 

***

 

Rap assisteva impotente. Non poteva fare altro che restare a guardare la sua vita, così come la conosceva lui, sparire, scivolare via, mutare inevitabilmente.
Erano passate già due settimane da quando Rock ed Eleanor avevano parlato della casa che Will aveva acquistato e della loro intenzione di trasferirsi lì. Avevano chiesto a lui, a Heavy e Metal di andare con loro, e mentre i due gemelli sembravano prendere seriamente la cosa, lui non riusciva nemmeno a prenderla in considerazione.
Quella scuola era la sua casa. Cadeva a pezzi, era buia, umida e cigolante in ogni sua parte, ma quelle mura erano impregnate delle risate di Marika. Lei era stata felice in quel luogo e, di conseguenza, anche lui.
E poi, c’era quella stanzetta nel seminterrato. Quella cameretta per la bambina che Marika non era riuscita a conoscere. Aveva dato l’anima per arredarla e metterla a posto, era stata lì dentro l’ultima volta che aveva riso.
Perché Rock e Eleanor gli stavano facendo questo? Come potevano chiedergli di separarsi per sempre da quel piccolo rifugio? Cos’è che avevano combinato in quegli ultimi giorni? Perché Eleanor continuava a badare così tanto al proprio abbigliamento ed era sempre così nervosa, come se stesse andando a fare un provino? E perché non si facevano più vedere? Erano spariti, come se si fossero già trasferiti. Eleanor riusciva a vederla solo al locale di Amber, e Rock solo la sera molto tardi. Non aveva idea di cosa stessero combinando.
Era cominciato tutto con l’arrivo di Will. Rap sentì di odiare quell’uomo. Stava rovinando tutto.
Strinse i pugni e si ricordò solo in quel momento di avere un giornale in mano. Sospirò. No, non poteva dare la colpa a Will se la sua vita sarebbe cambiata radicalmente di lì a poco.
Si abbandonò su una delle panchine del parco e gettò lontano quel maledetto giornale che gli aveva indiscutibilmente rovinato la giornata. Su un articolo era scritto che presto quella scuola che lui chiamava casa, sarebbe stata demolita, ricostruita e riaperta. La decisione era già stata presa all’unanimità dal Sindaco della città e dai suoi collaboratori. Presto, la palestra dove lui e gli altri avevano giocato a basket, dove Marika aveva ballato con la musica sparata nelle orecchie, dove lui aveva baciato Eleanor la prima volta, la mensa dove spesso e volentieri tutti loro avevano litigato e riso, dove lui aveva osato prendersi Eleanor, le loro aule adibite a camere da letto, l’altalena dove tutti andavano a dondolarsi se tristi o preoccupati,   la stanzetta di Haylie…  tutto quello non sarebbe stato altro che un cumulo di macerie.
Gli altri non sapevano ancora nulla. Rap aveva appreso da appena un paio d’ore questa notizia. Eppure, era convinto che nessuno di loro sarebbe stato triste quanto lo era lui. Sembravano così ansiosi di andarsene da lì, di vivere in una casa vera!
Rap odiava i cambiamenti. Lo terrorizzavano. E ora era terrorizzato. Si sentiva perso, disperato e immensamente solo. Nessuno dei suoi amici avrebbe mai lottato per quel piccolo mondo. Era solo lui a sentirlo suo.
Qualcosa si mosse davanti a lui. Rap alzò stancamente gli occhi e si ritrovò a fissare lo stesso giornale che aveva gettato per terra poco prima. Qualcuno glielo stava facendo dondolare davanti alla faccia. Una bambina lo fissava timidamente, da dietro il giornale. Il suo visetto era appena visibile dietro la sciarpa bianca e sotto la protezione del cappuccio del cappotto bordeaux che indossava.
Era piuttosto piccola, non le dava più di cinque anni. Sul suo naso, una spruzzata di lentiggini. Rap si trovò a pensare che un giorno, quando sarebbe stata più grande, le avrebbe odiate. Marika odiava le sue. Cercava in ogni modo di nasconderle sotto strati di trucco, senza rendersi conto di quanto lui invece le trovasse adorabili.

“Puoi buttarlo!” fece Rap, piuttosto apaticamente “Non lo voglio!”

La bambina osservò il giornale per qualche istante, un po’ corrucciata. Poi si guardò intorno, individuò un cestino per i rifiuti e lo raggiunse di corsa. A causa dell’improvviso spostamento d’aria, il cappuccio le scivolò giù e Rap si trovò ad osservare una cascata di boccoli rossi ondeggiarle contro le spalle. Un’orrenda sensazione di dejà-vu lo colpì. Succedeva ogni volta che vedeva una ragazza, una donna e , sì, persino una bambina con i capelli come quelli che aveva Marika.
Sospirò esausto, e si abbandonò completamente contro lo schienale della panchina, fissando il cielo sopra di sé, quel giorno azzurro e limpido come non era da giorni.
Un rumore di passi lo distrasse, costringendolo a riportare lo sguardo a terra. La bambina era di nuovo davanti a lui, il cappuccio di nuovo al suo posto , e lo fissava timida, ma con una certa curiosità. Rap lasciò vagare gli occhi un po’ intorno, alla ricerca di un possibile genitore, ma in quella zona del parco non c’era nessuno. Soltanto loro due.

“Ti sei persa?” chiese, con distacco.

La bambina fece di no con il capo, senza staccargli gli occhi di dosso.

Rap sospirò, poi, senza rendersene nemmeno conto, disse : “….Io si invece.”

La vide corrucciarsi di confusione. Le sue labbra si schiusero leggermente fino a formare una piccola "o" di sorpresa.

“Già, sconvolgente vero?” sbottò Rap. “Anche gli adulti si perdono, a volte!”

La bambina continuava a fissarlo, immobile, senza battere ciglio. Nonostante si fosse persa, non sembrava spaventata, come sarebbe stato qualunque altro bambino. Lei sembrava perfettamente a suo agio. Quel suo bizzarro comportamento, scatenò la simpatia di Rap.

“Non dovresti stare qui. Tua madre non ti ha mai detto che non si parla agli sconosciuti?” 

La piccola s’incupì e per la prima volta da quando era comparsa, abbassò lo sguardo a terra. Lentamente alzò un braccio e indicò il cielo. Rap guardò in alto, ma non c’era nulla. La guardò senza capire e prima di poterle chiedere cosa stesse indicando, lei era già seduta al suo fianco. D’un tratto sembrava timorosa. Fissava il vuoto e si torturava le mani .

“Sicura di non esseri persa?” domandò di nuovo Rap, dubbioso.

La bambina scosse un’altra volta il capo, stavolta più energicamente. Rap iniziò a sentirsi piuttosto in imbarazzo. Non era abituato ad avere a che fare con i bambini. Non aveva MAI avuto a che fare con i bambini, a dir la verità. E doveva ammettere che un po’ lo intimidivano. Bisognava sempre misurare le parole con loro, un limite che lui non s’imponeva mai.
Restarono in silenzio per un bel po’, Rap quasi si dimenticò della sua presenza, perso fra i suoi mille pensieri, finché con la coda dell’occhio non la vide alzare il volto al cielo. Sembrava impegnata a guardare qualcosa che solo lei riusciva a vedere. Probabilmente la stessa cosa che aveva indicato poco prima.

“Che stai guardando?” chiese Rap, sinceramente curioso.

Le labbra della piccola si schiusero leggermente e si mossero appena, indecise se far uscire qualche suono o no. Poi, dopo quella che sembrò una dura battaglia con sé stessa, la bambina parlò per la prima volta. Una parola. Solo una parola, pronunciata con un’incertezza quasi commovente, e velata da una tristezza ben percepibile:

“…. Mamma.”

L’attenzione di Rap fu tutta per lei, a quel punto. E anche la sua pietà. Odiava impietosirsi, perché detestava quando le persone s’impietosivano per lui, ma davvero non potè fare altro. Vedere gli occhi lucidi di quella bambina così piccola rivolti al cielo alla ricerca della madre, evidentemente morta, era qualcosa di straziante. Sentì l’improvviso impulso di farla ridere, tirarle su il morale in qualche modo, pur essendo cosciente di essere una frana nel far divertire le persone. Tentò con un’altra strada, allora:

“Anche la mia è lassù.”

La bimba lo guardò, i suoi occhi scuri spalancati in lui, accesi di curiosità. Vedendola così interessata, continuò a parlare:

“Magari conosce la tua. Forse sono amiche e se ne stanno lassù a spettegolare su quello che facciamo qui. E sicuramente passano ore ed ore a litigare su chi abbia il figlio migliore.” La osservò di sottecchi, per verificare il suo stato d’animo. La tristezza era scomparsa dal suo visetto. Un accenno di sorriso le incurvava le labbra. “E mi spiace dirlo, ma vinco io!”

La sua risata gli si propagò fin dentro all’anima. Non seppe spiegare il motivo, ma sentirla ridere lo fece stare bene ….felice. Trovava assurda quella strana emozione, eppure non se la sentì di soffocarla. Erano giorni che non si sentiva così rilassato. Quel peso che aveva sul cuore, parve farsi più leggero mentre la sua mente registrava l’immagine del sorriso di quella strana bambina, comparsa dal nulla come un fantasma a rischiarare un po’ quella giornata da dimenticare.
Poi, accadde qualcosa d’insolito. Un pensiero veloce e quasi impercettibile, una voce, un’eco che risuonò dentro di lui, lasciandolo interdetto :

E’ lei.

Non seppe spiegare il perché avesse pensato ciò. Erano parole senza senso. Lei, chi? Cos’è che il suo subconscio gli stava suggerendo?
E fu proprio Lei, a ridestarlo. La bambina gli aveva afferrato il polso e stava guardando il suo orologio. Fissava le lancette corrucciata e piuttosto confusa. Era sicuramente troppo piccola per saper leggere l’ora, ma non cercò di aiutarla. La osservò toccare con l’indice ogni numero sul quadrante dell’orologio, e contare silenziosamente con l’altra mano. Era davvero troppo impegnata ed assorta per poterla interrompere.
Rap si sorprese a fare il tifo per lei!
La bimba alzò finalmente lo sguardo su di lui, trionfante e le mostrò entusiasta le cinque dita della sua mano :

”Sono le cinque!” esclamò sorridente.

Si sentì uno stupido a sorridere di rimando, ma non riuscì a farne a meno. La sua gioia era così contagiosa! Terapeutica, quasi. I suoi problemi, le sue paure, la sua rabbia si erano dissolte nel nulla con l’arrivo di quella piccola e innocente creaturina.
La bimba saltò giù dalla panchina e a Rap si strinse inspiegabilmente il cuore nel realizzare che stava per andare via. Si voltò sorridente verso di lui e lo salutò con la mano, prima di sgambettare via. Rap non aveva fatto in tempo a ricambiare il saluto, ma la seguì con lo sguardo fin dove gli fu consentito. E nel momento in cui scomparve alla fine del sentiero, tutte le sue ombre tornarono a braccarlo. Non le aveva nemmeno chiesto come si chiamasse. Nemmeno il nome sapeva di quel piccolo angelo con le lentiggini che, anche se per una manciata di minuti, l’aveva protetto dai proprio tormenti.
Era stato certo l’incontro più assurdo che avesse mai avuto, e sentiva da qualche parte dentro di sé, forse suggerito dalla stessa voce che aveva sentito poco prima, che non sarebbe stato l’ultimo. L’avrebbe rivista.
Sbuffò, nervosamente, si alzò e s’incamminò verso casa.

Stai uscendo di testa, Rap!

 

 ***

Haylie gli si buttò tra le braccia con una tale foga che per poco non cadde all’indietro!

“Hei, vacci piano principessa!” esclamò ridendo Rock.

“Gli ho parlato! Gli ho parlato!” urlò lei, felice come mai lui l’aveva vista. “Ho parlato con il mio papà!”

“Sei stata bravissima.” Le disse Rock, accarezzandole il capo. “E domani gli parlerai ancora. E anche dopodomani e fra tre giorni e così via, fino a che non capirà chi sei!”

Il sorriso di Haylie divenne immenso. La bimba saltellò dalla felicità e si appese con forza al collo di Rock che la sollevò da terra. 

“Andiamo a raccontare tutto ad Eleanor, ok?”

Lei annuì con energia e abbandonò la testa sulla sua spalla.

“Domani verrà anche lei.” Le assicurò lui “E’ il suo giorno libero e non deve lavorare!” 

La sentì rafforzare la presa attorno al suo collo, segno che aveva capito e che ne era felice. Haylie parlava poco e comunicava perlopiù a gesti. Interpretarli era diventato un gioco per Rock.

“Il mio papà…. Ho parlato con il mio papà…” continuò a ripetere Haylie, sottovoce, come per autoconvincersi che fosse successo per davvero “…il papà numero uno!”

*** 

 

Quando Rap entrò nel locale di Amber, trovò parecchio trambusto. Nicole era insieme a Heavy e Metal e stavano giocando ad una specie di hockey improvvisato con le scope e un sottobicchiere. Urlavano, s’’insultavano e sghignazzavano come dei ragazzini. Amber stava dietro al bancone a lucidare bicchieri con aria svogliata assieme ad Eleanor, la radio sparava musica altissima e le due ragazze cantavano a squarciagola. Inutile dire che la voce di sua sorella stava rovinando tutto. Grazie al cielo non c’erano clienti in quel momento.
Rap varcò la soglia un po’ stralunato. Gli sembrava di essere all’asilo.

“Ok, chi ha infilato della droga nell’impianto di areazione?” domandò appena entrato.

Amber lo salutò con un sorriso, senza smettere di cantare, Eleanor si limitò ad un cenno della testa, gli altri tre nemmeno si erano accorti del suo arrivo. Erano troppo presi dal darsele di santa ragione con le scope.
Rap andò a sedersi di fronte alla sorella che, finalmente, smise si cantare lasciando alla voce di Eleanor l’onore di riempire il locale.

“Dov’è Rock?” chiese Rap, notando subito la sua assenza.

“E’ con Will!” rispose Eleanor elusiva, allungando una mano per spegnere la radio. Appena la musica cessò, le risate e le urla di Nicole, Heavy e Metal sembrarono farsi decisamente più fastidiose.

“Con Will?” sbottò, confuso “Scusa, ma quei due non si odiavano?”

Eleanor fece spallucce e non disse nulla. Nulla di troppo strano per lei, in quell’ultimo periodo.
Rap sospirò rassegnato e rinunciò ad ottenere una risposta esauriente. Qualche istante dopo, Amber richiamò all’ordine Nicole e gli altri due, prima di scomparire in cucina. Nicole la sostituì dietro il bancone, era rossa in viso, aveva il fiatone e stava ancora ridendo, ma non appena vide Rap si fece seria e studiò il suo viso.

“Non mi dire!” esclamò poi, riacquistando il sorriso.

Rap la fissò senza capire. “Che?”

“Te lo leggo in faccia. Non mi puoi mentire, sono un genio nel leggere le persone!”

“Di che parli, genio?!”

“Sei…diverso, oggi.”

Rap inarcò le sopracciglia, fingendosi impressionato: “Oh davvero?”

Nicole annuì : “Sembri… non so, felice.”

Heavy, seduto col fratello ad uno dei tavoli, sghignazzò : “Lui? L’eterno depresso? Nicole, continua a fare la barista che è meglio!”

La ragazza bionda, afferrò nuovamente la scopa e gli si avvicinò minacciosamente. Rap si ritrovò suo malgrado a ridere leggermente vedendo i due inseguirsi per il locale.
In effetti Nicole aveva ragione. In quel momento sentiva di essere di buonumore e gli capitava così di rado che era del tutto impreparato a domare quelle sensazioni positive.

“Che succede, Rap?” gli domandò Eleanor. Stava sorridendo, come se comprendesse appieno il suo stato d’animo “Hai per caso incontrato una bella ragazza mentre eri fuori?”

Il sorriso di Rap si allargò e soffoco una risatina, abbassando lo sguardo sul bancone : “…Più o meno!”

***

Viva! Incredibile ma vero, sono ancora viva!
L'ispirazione non mi è stata per niente amica in questi ultimi mesi. Andava e veniva come pareva a lei. Non avete idea di quante versioni io abbia scritto di questo capitolo! Alla fine sono riuscita a decidermi a non cambiarlo più!
Ma c'è ancora poco da resistere, gente!
Il prossimo sarà l'ultimo! Non ho ancora deciso se fare l'epilogo attaccato al capitolo e se lasciarlo a parte. Boh, dipende quanto verrà lungo! Ho tutto in testa, la scena finale, l'ultima battuta ...tutto! E' l'arrivarci il problema ^^.

Comunque, cavolo! Entro su EFP e trovo tutta la grafica cambiata! XD Mi sono sinceramente spaventata!!!! Però mi piace!
Grazie mille alle irreducibili che hanno recensito! ^__^
A proposito ho visto che ora si può cambiare Nick, e ho notato che qualcuna di voi ha cambiato nick. Questo mi ha mandato in confusione, sappiatelo ù.ù . XD

Ok, sapete che vi dico? Mi metto subito all'opera per il prossimo capitolo (già piango al pensiero che siamo alla fine ç.ç), bisogna approfittarne finchè la mente è lucida e l'ispirazione alta, no!?

Fatemi sapere, vi prego!!! Scrivete scrivete scrivete i vostri pareri su questo pastrocchio di capitolo!  T.T

Spero che la prox volta arrivi presto, ma non faccio previsioni che è meglio :p

Alla prossima

Ayleen
   
 
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