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Autore: whitevelyn    06/01/2011    4 recensioni
Una lettera che non smetterò mai di attendere. Cose a caso, o forse non poi così tanto a caso. Fate voi, interpretatela a piacimento.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.e sempre come un amuleto tengo i tuoi occhi nella tasca interna del giubbotto.

-Quando tornerai dall'estero. Le Luci Della Centrale Elettrica-




Non ti ho mai più voluta guardare, confinandoti aldilà dei margini della mia vita. Aldilà di questo circolo polare artico il cui centro nevralgico è il mio cuore fermo.
Eppure non c'è giorno in cui non preghi perchè tu intuisca come mi sento, ed il senso delle mie scelte sbagliate. Non c'è giorno in cui io non confidi nella tua capacità di percepirmi più di quanto non abbia mai saputo fare io, con me stesso. Perchè tu mi hai sempre sentito. E dai miei sbagli sei sempre riuscita ad estrarre una ragione che li rendesse più umani, meno cruenti.
Non c'è giorno in cui io non creda ancora in te, nella tua innocenza, nella tua forza estrema che io non ho davvero idea dove la vai a pescare tutt'ossa come sei, nella tua fiducia verso quel destino che sei convinta ci appartenga e ci debba appartenere a tutti i costi, nel tuo amore naif e sregolato.
Non c'è giorno in cui io non ti pensi, piccolo amore mio.
E ti sento anche da qui, mentre stringi i denti e piangi la notte allungandoti nel letto a cercare queste mie mani fredde, che non trovi più, che non ti han tenuta più.
Ti sento anche da qui, mentre cresci e i tuoi passi sono fragili come le tue ginocchia, ma hai coraggio e sei ogni giorno più bella. La mia stella polare, la mia stella cometa.
Ti sento anche da qui, mentre hai paura di morire.

Non ti ho mai più voluta cercare. La scia della tua esistenza fa male, ogni volta che come una coincidenza cruda e brutale, attraversa la mia, e allora comincio a tremare, perchè tu, solo tu, mi demolisci. Ogni volta che scorgo un dettaglio di te che non è più lo stesso, come la notte in cui quasi per caso ci siamo di nuovo parlati e mi hai detto "ho cambiato profumo" ed io sono morto sul colpo, che avrei voluto chiederti il perchè, saperne di più, se non fosse stato magari per ribellione, per crudeltà, per sopravvivenza, per non annusarti più e trovarti addosso troppo identica ai ricordi che lo sai, sono anche i miei, e allora, ho pensato, ma solo pensato, perchè il diritto di domandartelo non credevo di avercelo più, che forse tu mi avessi voluto cancellare, offuscandoti con una diversa fragranza, distruggendoti, molecola dopo molecola, rivoluzionandoti per non farti più riconoscere, nè da me, nè dagli specchi, nè dal nostro passato, e così, dicevo, ogni volta, anche quella volta, mi demolisci.
Perciò non ti ho mai più voluta ascoltare. Perciò ho serrato tutte le fessure, tutti gli spiragli, da cui la tua luce ancora filtrava e feriva, come laser bianco indelebile.
Perciò ti ho congelata, fissandoti immobile, come un fermo immagine, al centro del ricordo più caldo che ho di noi due, quello che sento sempre il bisogno di evocare, ma che invece lascio stare lì, sul fondo di tutte le nostre memorie archiviate, insieme a tutte le nostre vecchie playlist.
Ma questo è tutto ciò che se fossi capace di abbracciarti di nuovo senza finire in mille pezzi, se avessi la metà della tua splendida incoscienza e sfrontatezza, del tuo fuoco incandescente, vorrei tu sapessi, tutto ciò che vorrei dirti perdendomi ancora nei cieli sconfinati dei tuoi occhi. E i tuoi occhi, dove ho lasciato tutti i miei progetti, tutti i miei possibili futuri, tutti i miei rifugi, proprio i tuoi occhi, che son stati la mia casa, la mia pace, il mio respiro, adesso che su quel blu, ci vedo riflesse tutte le crepe dei sogni che ho infranto, come se quei cieli fossero di vetro, e li avessi incrinati, spaccati, tirati giù a terra, senza grazia, senza pietà, i tuoi occhi, non sono altro che la mia tomba e allora guardarti è come andare a seppellirmi vivo.
E ci sono notti come questa che mi fai piangere, perchè non ci sei, perchè sei sospesa senza peso nel tuo silenzio, chiusa nel segreto di una vita che giustamente adesso è solo la tua, quella che ti ho costretta a ricostruirti e che tu, piccolo amore mio, mi dicevi "ma continua a crollare tutto come un castello di carte" ed immaginavo ancora così bene il suono spezzato della tua voce lacerata dalla tristezza, come una cerniera rotta che ti attraversava tutta, dall'inizio alla fine, e tu cercavi di chiuderla, ma quella restava aperta, spalancata, e ti sentivi solo fatta di morsi e solitudine, e così, tu non lo sai, ma è come mi sono sempre sentito anche io.
E ci sono notti come questa che mi fai piangere, mi fai piangere, piangere, piangere, piangere, piangere. Notti come questa in cui continuano a venirmi in mente le tue lacrime che dalle tue guance scendevano ed erano lame sulla tua pelle e sui palmi delle mie mani che invano tentavano di raccoglierle tutte, perchè erano tagli giù, nel manto di neve sotto i nostri piedi, tagli che facevano sanguinare inspiegabilmente anche la neve. E poi sei corsa via per non crederci più, che ti avevo lasciata.
Eri così veloce, sembravi un treno nella bufera, una rondine che sfreccia via nel cielo voltato al contrario, il cielo più imbiancato e sbagliato che si fosse mai visto e te ne sei andata via come un eco, mentre cadevo in ginocchio. E non hai più visto che piangevo.

Nemmeno la Siberia è più bianca e più fredda, del ricordo che ho di quel giorno.
Il giorno più doloroso, l'ultimo in cui sei stata mia, prima di quella corsa, prima che mi fischiassero forte le orecchie.
E adesso che ho saputo qualche cane ti ha già messa al corrente di lei, di quella che qualche sera dorme nel mio letto, e che studia in un'altra città, eppure, la vedo così tanto più spesso di te, che a volte mi chiedo chissà dove sei andata a nasconderti, e che a volte salgo su un treno per andarla a trovare, adesso che so che lo sai, mi chiedo anche chissà a cosa pensi.
Chissà se lo sai ancora, se te lo ricordi ancora, che nessuna, sarà mai come te. Che nessuna saprà mai chi sono perchè io non mi so dare, nè raccontare, senza di te che sei la mia chiave. Senza di te. Che mi son trasformato in ghiaccio.
Senza di te che ci sono giorni in cui invece ti metti al computer, e dopo sette mesi mi scrivi ancora una lettera ed io riesco solo ad aver male alle mani, informicolite dal freddo che un po' mi abbandona alla lettura di quelle parole che sulla tua tastiera hai digitato, lo so bene, troppo in fretta, posseduta da quell'ispirazione che non capivo mai da che direzione provenisse, e quale viaggio compiesse dentro di te, da dove passasse, quali tunnel scavasse, per giungere fino alla punta di spillo delle tue dita leggiadre, mentre le mie, anche dopo aver finito di leggere, restano inermi, sfinite dal lontano ribollire di un sangue secco e stantio, che a circolare a vuoto nelle vene, non riesce più a ritrovare la strada verso il cuore.
C'è solo il frastuono della neve in questo spazio vuoto dove un tempo albergava il nostro amore. C'è il disordine di tutti i nostri baci, la serenità e l'estasi delle tue palpebre scese.
C'è solo un sospiro, quando penso te, che ti ho mandata via, e a nessuno so spiegare cosa ci sia successo.

Per questo poi di te non ho più voluto parlare.
E non ho più voluto pensare, non mi son più voluto fermare.
Solo scappare, scappare, scappare, fino a scomparire, fino a qui. Dove tu non ci sei più. Dove la tua voce non arriva.
E però allora io mi domando, maledizione, il perchè, di notti, ancora, come questa. Che non ho bisogno di pensarti, nè toccarti, per sentirti.
Per immaginare il tuo sorriso buono come il latte col riso soffiato, buono come te, buono come eravamo io e te.
Per immaginarti seduta qui per terra con le gambe nude, sottili ed incrociate, con i capelli lunghi e spettinati, la faccia di chi ha il sangue pulito e che non ha bugie da farsi perdonare, nè peccati da nascondere sotto al tappeto, la canottiera ancora di quando era ragazzina, col pizzo un po' scucito ed il seno disegnato da Giotto.
Per immaginarti seduta qui mentre stai per dirmi qualcosa, e come al solito, io non so prevedere che cosa, ma so che di sicuro mi farai ridere e mi lascerai stordito, e mentre poi ti addormenterai perfetta, trasparente, ed in armonia con la vita e tutto l'universo, io avrò ancora voglia di guardarti e di riflettere su tutte le cose che di te ancora non so.
Ma poi avrò sonno anche io.
Ed immaginarti con la schiena nuda in controluce.
Immaginarti in tutti quei giorni che avrei ancora voluto vederti vivere dentro la mia vita, che adesso è solo una cornice senza più fotografie.

E lo sai ci sono tante cose che non ti ho mai detto. Tante cose che avrei voluto dire a qualcuno prima di morire, ma ora, dopo che ci sei stata tu, lo so, ho bruciato i giorni migliori, il me stesso migliore, i pensieri migliori, le sensazioni migliori, e non ho più voglia di aprire la finestra quando mi dicono "guarda, fuori è spuntato l'arcobaleno", che se ne stesse pur lì quel fottuto arcobaleno, a marcire sotto gli occhi di chi pensa ancora, in un arcobaleno ci sia qualcosa di poetico. Per me le poesie hanno smesso di avere un significato da quando non ci sei più stata tu svestita all'alba, a cantarmi "Yesterday" dei Beatles, solo perchè forse sapevi già che ci sarebbero state notti come questa, in cui la parola rimpianto è l'unica che suoni sensata nella testa, o forse invece, tu non sapevi proprio niente, e come avresti potuto, ed eri soltanto la mia ragazza innamorata e malinconica, con un vuoto gigante nello stomaco, quando mi guardava negli occhi e pensava che un amore più grande, di certo no, non l'avremmo mai più vissuto.
Invece ora, che cosa mai potrei dirti. Dopo averti spezzato il cuore.
Che occhi avresti questa notte per me.
Avrei paura di scoprirne il colore, tutte le nuove sfaccettature di una realtà che lontana da me ti ha sicuramente resa diversa, più cinica, più arida, più scaltra, o forse solo più calda e divina. Qualsiasi cosa ci vedrei, non potrebbe appartenermi più in alcun modo, non dopo tutte le albe che ci han divisi e che tu, chi lo sa, con chi hai trascorso.
Solo non cantarla più a nessuno "Yesterday" dei Beatles.
E non odiarmi, piccolo amore mio.
Cerca le stelle, cerca sempre le stelle.
Vivi sempre come se qui fossimo in un quadro stellato di Van Gogh. Conserva i tuoi occhi, conserva la tua grazia.
Conserva tutta l'arte che ti scorre nelle vene, non sprecarla, non venderla, falla esplodere, falli esplodere.
Non farti prendere. Non ti arrendere. Non ti spegnere. Amami sempre.
Amami sempre, ma non sanguinare.
Trasforma il sangue nella neve di quel giorno, la neve di tutti i miei ricordi e della tua corsa.
Voglio la neve nelle tue vene. Saperti glaciale ed immune al bruciare delle ferite.
Resta innocente. Non invecchiare.
Guarda il cielo più che puoi.
Ubriacati più che puoi, ma stai attenta e non dare confidenza.
Pensami, tu che ce la fai e che sei più resistente.
Non parlare agli altri di me.
Chiudimi in uno scrigno.
Dimenticami a volte.
Sbaglia.
Strilla.
Piangi.
Ma poi ti prego sorridi, solo non dirmi a chi.
Viaggia, fai più viaggi che puoi. Scrivimi una cartolina su cui non incollerai mai un francobollo.
Raccimola emozioni, scatta milioni di fotografie. Magari pensando che un giorno me le mostrerai, anche se poi non sarà così.
Annota sul tuo diario tutto quello che mi vorresti raccontare, e poi brucia subito quelle pagine, lasciale in consegna al vento.
Riposa.
Sognami, ma senza lacrime al risveglio.
E poi quando potrai morire, allora, te lo giuro, lo faremo insieme, piccolo amore mio.



ANGOLINO DELL'AUTRICE
Mmm, non so che dire.
Mi commento da sola, sto sfiorando livelli davvero bassissimi.
So solo che volevo scrivere, ed è venuta fuori questa roba qui senza un verso.
Forse è solo quello che un giorno vorrei sentirmi dire.
O forse è la storia di due estranei che magari qualcuno di voi invece ha conosciuto.
Adesso potete correre nelle vostre cucine ed armarvi di pomodori e sedani da lanciarmi.
  
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