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Autore: LyhyEllesmere    06/01/2011    7 recensioni
Rose è una ragazza dolce e solare, pronta ad aiutare il prossimo, ma anche ironica e un po' troppo saccente. Scorpius è cresciuto nell'amore dei suoi genitori, da un padre diverso, un Draco che nessuno immagina. Ma su di lui aleggia un male sconosciuto.
Una ragazza fugge dall'Europa, per dimenticare un passato che, indelebile, la fa annegare nel dolore. Molti cercano di aiutarla, ma nessuno ci riesce; perché solo un paio d'occhi verdi le permetteranno di dimenticare quelli neri impressi nella sua mente.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 18 – Bacchette
 

La mattina seguente, i raggi del sole appena sorto entrarono dalle strette finestre della Biblioteca ed illuminarono l’unica persona al suo interno. Il resto della popolazione di Hogwarts aveva preferito rimanere sotto le calde trapunte dei letti a baldacchino, alcuni a smaltire la sbornia, altri a consolarsi per l’amara sconfitta del giorno prima, altri ancora a godersi le ultime briciole d sonno.
Rose, seduta al suo tavolo preferito vicino alla finestra, si era alzata presto quella mattina ed era sgattaiolata in Biblioteca, nonostante quel tugurio di Madama Pince non fosse ancora arrivata. Ancora frastornata per la festa della sera prima, non era riuscita a dormire molto, forse anche per i dolci suoni emessi dalle sue compagne di stanza. Le ragazze, sempre così delicate…aveva pensato mentre sgattaiolava fuori dalle coperte. Julie Tryer russava così forte da rischiare di far crollare l’intero castello. Il che era tutto dire.
Rose si era riuscita a procurare un vocabolario di italiano e uno di latino, ma il volgare non era proprio il suo forte. L’ideale sarebbe stato avere un esperto a seguirla. Fino a quel momento aveva tradotto solo le prime righe. Era la leggenda di Parzival1, probabilmente, il mitico cavaliere della Tavola Rotonda alla ricerca del Santo Graal. Se solo avessi i miei appunti… La Eagle l’aveva spiegata al Primo Anno, proprio la lezione che Al e Scorpius le avevano fatto perdere.
“Sempre a studiare?” La voce la fece trasalire. Ma guarda, parli del diavolo…
“È il libro in Rune” assunse un tono distaccato, un po’ saccente per la verità, ma non doveva assolutamente distrarsi. Non doveva pensare che Scorpius era diventato terribilmente, fin troppo per la verità, alto, col sorriso sicuro, i denti brillanti, gli occhi due pozze d’incertezza, profonde come lo scibile umano contenuto nella biblioteca perduta di Alessandria d’Egitto. Mi sembra di comporre poesie… Però era vero. Gli occhi di Scorpius, di quel verde-azzurro offuscato, erano proprio così. Ti trapassavano, ti leggevano dentro. E tu non sai mai cosa potresti trovarci…
“Rose, ti sei incantata?” Il suddetto ragazzo le scosse le spalla.
“Ahi!” urlarono insieme, rischiando di svegliare sul serio Madama Pince, che dormiva in un appartamento proprio fuori la Biblioteca.
“Mi hai dato la scossa!”
“No, sei tu che sei elettrica. Sembri in fibrillazione!”
Rose non se n’era accorta, ma le tremavano le braccia.
“Stai bene?” La voce di Scorpius aveva assunto un tono apprensivo, quasi si preoccupasse davvero. Ma non prenderti in giro, Rose…
“Sì, sto bene” rispose soltanto. “Non riesco a tradurre questa frase, lo sai come sono fatta…”
“Già, non ti arrendi davanti a niente e a nessuno, dritta per la tua strada”.
“Così mi fai sembrare fredda e manipolatrice!”
“Non sei forse così?” le sorrise Scorpius, con quel sorriso che Rose avrebbe voluto cancellare dalla faccia della terra. Mosse con noncuranza la bacchetta e un ciuffo di capelli grano si staccò dalla testa del ragazzo. “Ahi!”
“Così impari ad offendere…” rise Rose, soddisfatta.
“Sì, sempre così…” borbottò Scorpius, massaggiandosi la testa “Dov’è la frase che non riesci a tradurre?”
Si sporse sul tavolo. Rose trattenne il respiro. Era vicinissimo, il profumo di mela bene riconoscibile. Con un enorme sforzò di volontà indicò una frase sulla pagina ingiallita, le lettere – o meglio, i simboli – leggermente sbiaditi dal tempo. Vignette accompagnavano il testo in prosa, dai colori un tempo brillanti, ormai leggermente opachi e sbiaditi dal tempo, anche se ben comprensibili.
Scorpius chinò la testa, la fronte corrugata in un’espressione un po’ buffa, che fece sorridere Rose. Un ciuffo grano gli ricadeva sugli occhi, ma lui non ci fece caso.
E Parsifal, figluol d’Herzeloyde, essendo suo pa…che c’è scritto? Padre? Forse… essendo suo padre morto in bat-ta-glia, crebbe con la madre in foresta et lontano dal volgo.
Certo, detto da Scorpius, inglese con accento dello Yorkshire, suonava buffo. Il ragazzo inarcò un sopracciglio. “È normale che non ci capisca una mazza?”
L’espressione sconcertata, che rimandava leggermente a quelle dei bambini smarriti, fece davvero scoppiare a ridere Rose.
“Aspetta. Io cerco di aiutarti e tu ridi?”
“Scusa…ma dovresti vedere la tua faccia!”
Fece un respiro profondo. “Ok, ci sono…”
“No, e non ci sei mai stata.”
“Dettagli. Comunque, credo voglia dire” sbirciò la sua traduzione sul rotolo di pergamena “ che Parzival – sai quello della leggenda? – era figlio di questa Herzeloyde. Il padre, Gahamuret se non ricordo male, era un cavaliere morto in battaglia e la madre, per proteggerlo, lo aveva cresciuto in una foresta, isolato dal resto del mondo.”
“Ed illuminami, qual era il problema di traduzione?”
“Be’…” Rose sentì il sangue confluirle alle orecchie, ma le coprì coi capelli ramati – non avrebbe più permesso a Scorpius di chiamarla pomodorella. Fosse l’ultima cosa che faccio…
“…il problema era volgo. In tedesco è Volk, popolo. Ma non ne ero sicura”.
“Sempre la solita perfezionista?”
“Fino alla morte”.
“Che melodrammatica…” fece Scorpius.
Rose inarcò un sopracciglio.
“E a te che importa?”
Ormai erano faccia a faccia. Scorpius fece spallucce. Forse perché vorrei passare il resto della mia vita con te… Ma non era fatto per le frasi romantiche.
“Niente” disse invece “mi preoccupo per i futuri boyfriends. Poveri, li compatisco…”
Fece male. A lui, che l’aveva detto. A lei, che gli aveva creduto.
Rose fece un respiro profondo, quindi cominciò a raccogliere i libri. Non avrebbe resistito a lungo. Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo…
Scorpius si accorse d’averla ferita, quindi cercò di riparare. “Suvvia, non mi avrai mica creduto per davvero? Lo sai che scherzo!”
Rose si voltò a fronteggiarlo. Alzò lo sguardo – furioso, per esattezza – verso di lui. “Smettila di offendere, Scorpius. Apri sempre la bocca solo per dare aria. Pensa prima di parlare, ogni tanto”. In un certo senso, era sollevata. Ma altrettanto stremata. Parlare con lui, col suo migliore amico, era come stare su un’altalena. Su e giù, su e giù. Era emotivamente distruttivo. Un giorno o l’altro sarebbe davvero finita al San Mungo, a far compagnia a Gilderoy Allock.
Scorpius rimase un attimo interdetto. Aveva ragione, Rose. Ma non poteva darlo a vedere.
“Permalosa” disse quindi.
“Cosa?” Rose si voltò, gli occhi ancora fiammeggianti, che avrebbero incenerito persino Albus Silente. “Scorpius Malfoy…”
“Hai dimenticato Hyperion…”
“Scorpius Hyperion Malfoy, sei senza dubbio la persona più irritante di questo pianeta!”
“Ti hanno fatto mai notare che quando ti arrabbi la tua voce si alza di almeno un paio di ottave?”
“Io ti…” cominciò a prenderlo a pungi in pancia, sul serio. L’addome, purtroppo, sembrava davvero scolpito nel marmo, visto che a farsi male furono solo le mani di Rose. Ancora fumante, la ragazza fece per andarsene con fare impettito.
Non posso farla andare via così… Scorpius le afferrò la mano e la tirò verso di sé, in un abbraccio stritolatore.
C’era una sola parola per definirlo. Caldo. Come il tepore leggero del fuoco, che ti scalda nelle notti d’inverno. Non c’era nulla che avrebbe potuto allontanarla da lui in quel momento, dalle sue braccia forti, dal mento che le aveva appoggiato sulla testa.
“La Bibliotecanon è un posto per coppiette!! Se dovete scambiarvi effusioni andate nella serra numero tre, assieme alle Mandragole!!!!”
A parte Madama Pince, ovviamente, di cui avevano attirato l’attenzione coi loro litigi. Vennero quasi letteralmente buttati fuori a calci dalla Biblioteca.
“Da quando si è lasciata con Gazza, è diventata ancora più acida” borbottò Scorpius.
“Scorpius!” lo richiamò Rose, ridendo. Le faceva bene al cuore, davvero.
 
 
“Buongiorno, ragazzi”
Il professore Pool era sempre stato puntuale a lezione, mai che sforasse una volta. Rose e Scorpius erano arrivati appena in tempo e avevano velocemente preso posto. Lui accanto ad un dubbioso Al, in seconda fila, lei in fondo, con Elly.
Il professor Pool si avvicinò alla cattedra. “Come ben sapete, siamo ormai a dicembre. Vi sembrerà strano, perciò…”
“…che sia già finito il quadrimestre?” chiese qualcuno dagli ultimi banchi. La classe rise.
Anche Pool ridacchiò. “Credo che questa non sia una sorpresa, signor Ghost, visto che avete cominciato a fare il conto alla rovescia il primo giorno di scuola. No, ciò di cui sto parlando è il controllo annuale delle bacchette. Come ben sapete, eravamo soliti farlo a settembre, prima dell’inizio delle lezioni. Tuttavia, il signor Olivander ha avuto degli impegni improrogabili fino ad oggi”.
Da una porta laterale fece la sua entrata un vecchietto dall’età indefinibile, il volto solcato da profonde rughe, curvo su un bastone di legno altrettanto vecchio. Poteva sembrare un Babbano qualsiasi, se non fosse stato per i suoi occhi argento, vispi e vigili, che sembravano sondare anche l’anima.
Nessuno degli studenti si stupì più di tanto, per la verità, ormai abituati al controllo annuale.
Elly, registrò Rose con la coda dell’occhio, strinse le mani in dei pugni. Merda, imprecò mentalmente. Se n’era dimenticata, nonostante Vitious l’avesse avvertita. Non era da lei.
“Ragazzi, conoscete le regole. Vi chiamerò in ordine alfabetico, voi…”
“…porgeremo la bacchetta perché il signor Olivander la controlli” finì la classe, con tono annoiato. Ormai erano sei anni che se lo sentivano ripetere.
Olivander, intanto, si era seduto dietro la cattedra. Le mani gli tremavano leggermente, sintomo rimastogli dalla prolungata prigionia a Malfoy Manor.
Scorpius non poteva evitare di sentirsi in colpa ogni volta che lo vedeva, anche se non aveva fatto nulla, se al tempo era un ovuletto nel ventre di sua madre. Conosceva suo padre, lo amava. Era sicuramente cambiato, da quando aveva sedici anni. Ma non poteva evitare di pensare che, se i Malfoy non si fossero alleati con Voldemort, in quel momento Olivander non avrebbe voluto il Parkinson.
Ricordava ancora distintamente quel giorno a Diagon Alley. Il giorno in cui aveva incontrato la sua bacchetta.
 
Il campanello tintinnò quando la famiglia entrò. Olivander era sempre lo stesso vecchietto raggrinzito, anche se le mani gli tremavano di meno. I suoi occhi, poi, praticamente delle palline d’argento, a Scorpius ricordavano Dlot. Potrebbero guidare le persone come dei fanali nella notte.
Quando li aveva visti, il sorriso cortese di Olivander si era trasformato in una smorfia.
“Non vendo bacchette a chi non le sa usare” aveva detto con voce secca.
Draco non poteva dire di non aspettarselo. “Non è per me” replicò quindi pacato.
“Non ha alcuna importanza” La voce del vecchio era tranquilla, ma, Scorpius ne era sicuro, celava un profondo dolore.
“Io sono io, signor Olivander. Non faccia pagare ai figli le colpe dei genitori. Sono disposto a ridarle la mia bacchetta”. Gli porse la bacchetta di Biancospino – che Harry gli aveva restituito dopo la battaglia. Olivander si avvicinò, gli occhi d’argento enigmatici. Allungò il braccio, come per prenderla. Invece afferrò il metro sul tavolo accanto a Draco.
“Quanti anni hai?” chiese.
Scorpius si voltò, facendo trattenere il respiro al vecchio, e sorrise.
“Undici, signore” Ma i suoi occhi, verde-azzurri indefinibili, ne dimostravano molti di più. Contenevano saggezza e – Olivander ne rimase sorpreso – consapevolezza.
“Molto bene” Olivander fece schioccare le dita e il metro cominciò a misurarlo.
Gli aveva fatto provare svariate bacchette, ginestra, acacia, azalea, addirittura biancospino. Ma nessuna andava bene. E poi la trovò.
“Grazie, signore” aveva sorriso nuovamente Scorpius, prima di uscire.
“Curioso” fu l’unica cosa che disse il vecchio “davvero curioso”.
 
Charisma Birmingham si avvicinò ad Olivander con un sorriso mesto.
“Salve, signorina Birmingham”
Prese la bacchetta tra le mani tremanti. “Rosa e corda di cuore di drago, nove pollici, abbastanza flessibile.” Se la rigirò tra le dita e la scosse: dalla cattedra crebbe un cespuglio di rose. “Perfetta” declamò.
Le ore di controllo delle bacchette erano sempre un po’ noiose, ma davano la possibilità agli studenti furbi di ripassare per quelle successive. Rose, ad esempio, stava ricontrollando il tema di Incantesimi, alla ricerca di eventuali imprecisioni. Scorpius scribacchiava distratto, lo sguardo fisso nel vuoto. Al osservava Elly, che stava leggendo un libro. Come facesse poi, con la frangia in mezzo, era un mistero.
Olivander controllò Lucas Corner, Cacciatore di Corvonero, David Elyant, compagno di stanza di Al e Scorpius, Kostantin Ghost e Serenah Helper. Come si era già capito, i Grifondoro condividevano Difesa contro le Arti Oscure – e diverse altre materie – con i Corvonero.
“Scorpius Malfoy” Il ragazzo si avvicinò tranquillamente alla cattedra. Olivander prese la bacchetta in mano, in viso l’accenno di un sorriso. “Me la ricordo bene. Felce e crine d’unicorno, dodici pollici, flessibile.” La agitò e fece apparire un paio d’occhiali. “In condizioni ottime. Tenga” La restituì con un sorriso.
Nell’angolo, Elly represse una smorfia. Felce?
Dopo Eleanor Marshall, Pool chiamò“Albus Severus Potter”
“Odio quando dicono il mio nome per intero” borbottò Al, scuotendo la testa. “Mi sembra d’essere il deputato di un processo”.
“Ah, questa me la ricordo perfettamente, per lavorare il legno avevo impiegato diversi giorni” disse Olivander. “Olivo e piuma di fenice, undici pollici e mezzo, molto flessibile” Emise delle scintille rosse. “Avanti il prossimo”.
“Costance Pubblemore” Il nonno della ragazza era il fondatore del Pubblemore United.
“Christopher Qwaster” Era il Capitano della squadra di Quidditch di Corvonero, oltre che il ragazzo perfetto, con la P maiuscola. Non era solo bello, alto, capelli castani, occhi blu scuro, sinceri e puliti. Era intelligente, brillante, simpatico, dolce e premuroso. Un principe azzurro, il sogno di ogni ragazza in pratica. Alzandosi dal banco, rivolse un sorriso all’ultima bancata – a Rose, in particolare. Erano usciti insieme qualche volta, l’anno prima. Ma Rose preferiva di gran lunga Scorpius, forse perché al bel Corvonero mancava l’elemento mistero. Era come il succo di mela appena distillato, come i mari Caraibici: cristallino.
“Madeleine Scharim” La ragazza si avvicinò al vecchio fabbricante e gli porse la sua bacchetta di frassino. Quel giorno indossava una cravatta con disegnati dei corni di Erumpent e canticchiava un motivetto alla Wait for Sleep2.
“Angel Ship” Era l’unica ragazza del castello ad avere i capelli corti a spazzola ed una cresta blu elettrico.
“Justin Thomas” L’ultimo Grifondoro, il figlio di Dean.
Dopo Julie Tryer e Peter Vasquez, fu finalmente il turno di Rose. Si alzò – stava ancora ripetendo la Legge di Gamp – e si avvicinò noncurante alla cattedra.
“Lavanda e corde di cuore di drago, undici pollici e un quarto, sufficientemente flessibile” disse Olivander, ancora prima di prenderla in mano. “Estremamente difficile da fabbricare” La agitò con noncuranza, quasi ci stesse facendo la spesa. Gli occhi argentei brillarono quando fece apparire un mazzo di fiori di campo.
Rose tornò al suo posto, soddisfatta. Le era sempre piaciuto Olivander, col suo comportamento inquietante e al contempo estremamente rasserenante.
“Bene” il professor Pool batté le mani. “Direi che abbiamo terminato”. Elly, appoggiata al muro, tirò un sospiro di sollievo. Per fortuna ho seguito poche lezioni di Difesa.
Olivander però non sembrava convinto. Nonostante la vecchiaia e l’aspetto da rimbambito, era ancora piuttosto arzillo.
“Non ho controllato la ragazza nell’angolo” disse infatti pacatamente. Elly alzò il viso e incontrò lo sguardo enigmatico del vecchio. Dovevo sospettarlo. È sempre stato curioso.
Si alzò di scatto, non senza una certa grazia, accompagnata dal brusio dei compagni ficcanaso e lo sguardo incoraggiante di Al. Pool sembrava teso, ma sapeva camuffare bene l’esitazione. Quando Elly si fermò di fronte alla cattedra, Olivander mosse la testa, interessato. Squadrò la strana ragazza da capo a piedi. La schiena dritta, il portamento rigido, anche se flessuoso, gli dava l’impressione fosse un soldato, una guerriera. Inoltre l’ho già vista da qualche parte. Non dimentico mai un volto.
Elly gli porse la bacchetta, stringendo i denti. Fa’ che non la riconosca, fa’ che non la riconosca…
Il vecchio la prese in mano con cautela e cominciò a rigirarla. “Come ti chiami?” le chiese.
“Elly. Elly Ryan”
“Interessante. Non è certo una delle mie. Giusto?” Alzò la testa, le rughe tese.
“No”.
“Mmmh… salice piangente…legno molto particolare. Io non lo uso, è un po’…capriccioso. Dieci pollici e tre quarti, abbastanza flessibile. L’anima è un po’ particolare… da dove hai detto di venire?”
“Non l’ho detto, signore”.
Olivander rise sotto i baffi. “Ho recepito il messaggio. Non hai intenzione di collaborare”
Se lo urlasse ai quattro venti farebbe prima. Elly strinse i pugni.
“Tecnica molto particolare.  L’anima… sono piume di Ippogrifo Nero, giusto?”
La ragazza annuì.
“Ma c’è qualcos’altro…” borbottò Olivander, quasi parlando tra sé e sé.
“Non credo proprio”  sibilò Elly, a voce così bassa che solo il vecchio riuscì a sentirla.
“Molto bene” Olivander agitò infine la bacchetta, da cui uscirono delle scintille violette. Forse un po’ più prepotentemente del normale.
La restituì a Elly, una luce luminosa negli occhi argentei. “È in buone condizioni” disse. “Una tecnica un po’ diversa dalla mia, certo… un po’ più rischiosa. Dev’essere un buon fabbricante”
“Già”.
“È simile alla tecnica francese. Ne avevo vista una simile al Torneo Tremaghi. Ma non credo sia lo stesso fabbricante…” Cominciò a battere le dita sulle labbra, con fare pensieroso.
“L’equilibrio è perfetto, non può essere Sanchez…” blaterava tra sé e sé. Elly cominciava a sentirsi a disagio, se l’avesse capito…
Driin.
Fu salvata in corner dalla campanella, come nei vecchi telefilm statunitensi. Represse un sospiro di sollievo.
“Arrivederci, signor Olivander” Cercava di mantenere un tono di voce neutro, lo sguardo fisso sulla finestra gotica intarsiata dietro la cattedra.
“Spero di rivederla, signorina Ryan”  Olivander le strinse la mano e lentamente, così com’era venuto, sparì dietro la porta laterale.
“Sa essere inquietante, quando vuole” le sussurrò Al.
Elly non rispose.
 
 
“Eleanor!”
Eleanor Marshall era la seconda migliore studentessa del Sesto Anno, ma non era competitiva come Rose. Aveva capelli castano scuro, lucenti, lunghi alle spalle e scalati. I grandi occhi marroni accompagnavano un sorriso dolce e timido. Si sentiva poco, in classe – rispondeva solo se interpellata – ma era brillante. Le piaceva aiutare i ragazzi in difficoltà, perciò dava ripetizioni a quelli del Primo e Secondo Anno. Era una Corvonero fino al midollo.
La ragazza si voltò stupita – era perlopiù una solitaria. Aveva una borsa dalla lunga tracolla sulla spalla destra, un po’ distrutta dal tempo e dai troppi libri.
“Dimmi, Rose” sorrise. Era sempre molto disponibile.
“Ciao” Rose sorrise di riflesso. Era impossibile NON essere gentili con Eleanor, ci si sarebbe sentiti in colpa. Svoltarono al primo corridoio a destra, dirette a Storia della Magia.
“Come va?” le chiese la Corvonero.
“Oh, tutto bene. Te?” Rose si arrotolò un ciuffo di capelli attorno al mignolo, non si era ancora liberata da vizio.   
“Va. Cosa volevi dirmi?” E andava sempre al sodo.
“Be’, ecco…” Rose non sapeva come chiederglielo. “Ti ricordi quella lezione di Antiche Rune al Primo Anno in cui la Eagle aveva messo in punizione me, Al e Scorpius?”
Eleanor represse una risata. “Già. La Eagle è sempre stata un po’… suscettibile”.
Rose ghignò. “Dimenticavo che tu sei la strega degli eufemismi…”
“Eh, già”. Si guardarono negli occhi – marrone su blu – prima di scoppiare a ridere.
“Be’, dicevi?” le chiese Eleanor quando si furono riprese.
“Oh, si… hai ancora quegli appunti?”  Di’ di sì, di’ di sì…
“Credo di…”
“Marsh!” Una voce le interruppe. Christopher Qwaster, i capelli scompigliati e la cravatta allentata, si avvicinò loro.
“Oh, ciao Rose, come va?” chiese gentilmente.
“Tutto bene, Chris. Te?” rispose Rose, mascherando abilmente l’imbarazzo.
“Perfettamente.” Il sorriso rischiava sul serio di sfondargli la faccia.
“Ehm, Ster?” fece Eleanor, schioccandogli le dita davanti agli occhi, visto che si era imbambolato.
“Oh, scusa Marsh. Senti, dopo mi puoi aiutare con Aritmanzia? Lo sai che non ci capisco niente” Si scompigliò i capelli, come a disagio.
“Certo, non c’è problema” rispose tranquillamente lei. “Fammi pensare un secondo… va bene alle sei in Sala Comune? Così dopo scendiamo a cena e puoi andare direttamente al campo per gli allenamenti”.
È un computer, si ritrovò a pensare Rose.
“Perfetto. Grazie Marsh” Le sorrise dolcemente.
“Si, si. Ora muoviti, o farai tardi. E ricordati che mi devi un gelato da Fortebraccio!” gli urlò. Christopher, che stava correndo lungo il corridoio, fece segno di mandarle un bacio.
Appena il ragazzo se ne fu andato, Eleanor riprese: “Ti dicevo… sì, dovrei ancora avere il raccoglitore di Prima” (Eleanor era di origini Babbane) “ma è a casa. Va bene se te lo porto dopo Natale, quando torniamo dalle vacanze?”
“Ok, grazie mille, mi hai salvato la vita” Quella ragazza era un vero tesoro.
“Oh, Eleanor?”
Quella si girò. “Sì?”
“Tu e Chris state insieme?”
Assunse una faccia stranita. “No” disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Oh, scusa” disse Rose, imbarazzata.
Eleanor aveva un sorrisetto divertito. “Cosa te lo fa pensare?”
“Be’, avete i vostri nomignoli. Marsh. Ster. E avete una bella intesa”.
Lei fece spallucce. “Siamo amici da…da una vita. Non ricordo nemmeno un giorno in cui non l’abbia visto” assunse un’espressione pensosa. “A parte quando si è beccato il morbillo, i nostri genitori ci avevano proibito di vederci. Eravamo nella stessa classe alle elementari e a casa, abitiamo ad un isolato di distanza. Abbiamo ricevuto la lettera da Hogwarts lo stesso giorno, abbiamo condiviso tutta questa avventura insieme. È praticamente un fratello, lo capisco al volo”.
“E la storia del Marsh?”
Eleanor ridacchiò. “Questo perché sono l’unica che lo fa stare in riga. Avanti, marsh, hai presente?”
“E Ster da dove è saltato fuori?”
Fece di nuovo spallucce. “S’incaponiva a storpiarmi il cognome, così ho fatto lo stesso col suo”.
Forse Rose non le sembrò molto convinta, perché continuò: “Sono l’unica della scuola che non se lo fila, come dice lui”. Rise.
Rose sembrava sconcertata e un po’ offesa allo stesso tempo. “Ma io non gli vado dietro!”
Eleanor cominciò a ridere più forte, forse perché Rose – che aveva una memoria portentosa per ricordare tutte le eccezioni della Trasfigurazione umana – aveva dimenticato un minuscolo particolare.
“Che c’è?”
“Be’, siete usciti insieme l’anno scorso, no?”
“Oh” L’alzheimer fa brutti scherzi… “Me n’ero dimenticata” Rose scosse la testa. “Comunque, secondo me stareste bene insieme. Non ti piace proprio?”
L’altra sembrava esitante. “Non… lo so. Non mi sono mai posta il problema… Ster è Ster. È una parte della mia vita, il mio migliore amico, punto e basta. Pensa che mi racconta tutti i suoi appuntamenti, nelle nostre serate. Saprei dirti tutto quello che avete fatto ai Manici di Scopa l’anno scorso.”
Rose inarcò un sopracciglio. “Seriamente?”
Eleanor rise. “Già. Io sono il suo diario e lui è il mio. Per il resto, le nostre vite sono separate. Un po’ come i vasi comunicanti, per la verità…”
Questa sì che è amicizia, si ritrovò a pensare Rose. “Quindi non l’hai mai baciato?”
“Sulla guancia sì, è normale. Per il resto…non ci ho neanche mai pensato, in realtà. Ma tu gli piaci” aggiunse, con voce sicura.
“Lo immaginavo” sospirò Rose.
“Non ricambi, vero?”
“Ecco…” Rose sentì il sangue confluirle alle guance.
Eleanor sospirò. “Spero che Scorpius sappia che cos’ha tra le mani, Rose”.
La ragazza si voltò, in viso un’espressione confusa. È così facile…? “Cosa intendi?” chiese invece.
“Ster è un ragazzo d’oro, Rose. E ci tiene sul serio a te, anche se per lui è difficile ammetterlo. Spero tu sappia cosa ti stai perdendo”.
“E tre. Perché credete tutti che io sia innamorata di…”
“Scorpius?” completò l’altra. “Perché è la verità.”
“Se lo dici tu…”
Eleanor ridacchiò. “Arriverà il giorno in cui te ne accorgerai, Rose”
Forse quel giorno è già arrivato, Marsh.
“Anche per te, allora”
“Forse. Ma per quanto mi riguarda, non è ancora arrivato. Fino ad allora, mi godrò il mio migliore amico fino in fondo. Anzi, oltre al gelato mi deve anche il regalo di Natale, per l’ennesima ripetizione di Aritmanzia. È un capoccione, mi porta sempre via un sacco di tempo”.
Rose, per un momento, desiderò essere decisa come Eleanor, che si godeva la vita attimo dopo attimo. Non così confusa, come nelle ultime settimane. Comunque era contenta di aver parlato con qualcuno. Eleanor Marshall sapeva essere una persona affidabile.
“Dici che Rüf si sarà accorto del nostro ritardo?” le chiese.
“Nah, non sa neanche che esistiamo…”
“Hai ragione”. Entrarono in classe.
Verity Fever attraversò il corridoio, in viso stampato un ghigno piuttosto preoccupante.
 

A Eleanor Marshall,
il mio secondo personaggio preferito.

 
1 – Parzival: all’italiana Parsifal o all’inglese Percival, è una delle tante ballate sui cavalieri della tavola rotonda. Qui per ulteriori informazioni.
2Wait for Sleep è una canzone dei Dream Theater. Ascoltatela, la adoro.
 
Buona Befana, care lettrici!! Vi auguro anche buon Natale e felice nuovo anno in ritardo =D Ok, sono in ritardo, però sapete come sono le feste… per la verità avevo perso la chiavetta che conteneva questo capitolo, e non avevo nessuna voglia di riscriverlo. Come vi è sembrato? Non sono molto convinta, per la verità. Inizialmente doveva essere un tutt’uno con il prossimo capitolo, Invito, ma sarebbe venuto troppo lungo. Lì spiegherò perché ho fatto tutta la pappa delle bacchette. il prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare abbastanza presto, comunque. oh, dimenticavo. C’è qualcuno di voi che conosce bene il francese? Se sì, contattatemi. Io purtroppo ho come seconda lingua il tedesco e non mi fico granché delle traduzioni di Google Traduttore. Se siete in più di uno, meglio, perché potrei dare una frase ciascuno – non sono molte – e vi terreste la sorpresa dei prossimi capitoli. Oh, è un anno che scrivo su efp, ormai!!! Per favore, lasciate una recensione, per questo capitolo mi servirebbero davvero dei commenti costruttivi… vorrei ringraziare in modo particolare le 5 meravigliose persone che mi hanno recensito Partita, che non sembra purtroppo aver avuto molto successo. Pazienza XD Alla prossima!!

   
 
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