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Autore: Crystalya    06/01/2011    3 recensioni
Come può una ragazza come tante come me aspirare a qualcosa che le faccia capovolgere l'esistenza?
Uhm, forse dovrei presentarmi, avete ragione. Il mio nome non ve lo rivelo, però. Sappiate che mi chiamo L, e voglio narrarvi la mia storia.
Ci state?
Citiamo anche una frase dal racconto:
"Stop, il film è finito. Sta di fatto che me ne innamorai all'istante. Senza troppi petali di rosa o altri convenevoli sì, innamorarsi è facile durante l'adolescenza."
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per una settimana non ero andata a scuola.
Cosa sarebbe cambiato, intanto? La mia esistenza non avrebbe mutato niente, la mia umile presenza non avrebbe smosso il cuore di nessuno.
Stavo passando un periodo molto triste, ma le compagne di scuola non sembravano volerlo capire: Bian mi chiamava minimo tre volte al giorno mentre Isa e Sury mi tempestavano di messaggi. Insomma, non mi sembrava così difficile capire che volevo stare sola.
Sola, sì, sola. Non sentivo la necessità di avere qualcuno al mio fianco che mi consolasse; preferivo vivere pienamente il mio dolore, così da non dovermelo trascinare per troppo tempo.
Per tre giorni avevo finto febbre, per i restanti tre un forte mal di pancia. In questi giorni non avevo aperto un libro scolastico, avevo mangiato lo stretto necessario, avevo preferito passare le mie giornate in camera mia a pensare.
Già, pensare, come se mi fosse servito a qualcosa.
I miei genitori erano preoccupati per me, ma non avevano fatto domande. Erano sempre stati abbastanza comprensivi e ritenevano che l'adolescenza fosse un periodo molto difficile. Mi avevano semplicemente ricordato che perdere giorni di scuola non era un bene e che se non avessi studiato sarei rimasta indietro.
Bazzecole. Non mi interessava lo studio, non mi interessava niente di niente. Volevo solo stare sola.
 
All'alba della settimana dopo mi ero svegliata controvoglia; tornare a scuola dopo molti giorni di assenza non è di certo il massimo. Non mi ero minimamente preoccupata del mio aspetto; giusto una pettinata ai capelli, un paio di vestiti presi a caso nell'armadio e via. Avevo preferito ridurre gli incontri all'ultimo, così ero partita di casa un po' prima ed ero arrivata in classe molto in anticipo.
La solitudine in un ambiente così poco familiare mi metteva una certa inquietudine, così avevo (controvoglia) aperto il libro di latino e avevo cominciato a ripassare in vista dell'interrogazione della prima ora. La giornata non era delle migliori. 
Il latino non era una delle mie materie preferite, così ogni tanto guardavo la porta aperta della classe, in attesa di un qualunque compagno che mi rallegrasse quei pochi minuti di noia.
Improvvisamente un'ombra si stagliò davanti ai miei occhi, e subito dopo essa un ragazzo: il mio sguardo seguì il suo camminare sensuale, il suo corpo perfetto che si muoveva quasi a rallentatore. Nonostante mi avesse pesantemente rifiutato e non mi degnasse di un minimo sguardo, quel maledetto rimaneva il mio sogno e il mio incanto. 
Avevo cercato varie volte di convincermi che fosse una cottarella passeggera, di quelle sulle quali non rimurgini nemmeno così tanto sopra, ma era inutile, perchè il mio pensiero volava a lui in ogni momento delle mie giornate.
Mentre lo vedevo dirigersi verso la sua classe la ragione aveva dovuto lottare contro gli artigli del mio cuore: volevo urlare, gridargli in lacrime che l'amavo e che non mi sarei mai arresa, che era subdolo, che non aveva tatto: ma mi ero trattenuta, a causa del mio poco coraggio (e, avevo pensato dopo, della mia modesta dose di buon senso).
Quando avevo sentito dei passi che avevo identificato appartenenti a qualche compagno di classe mi ero subito voltata dall'altro lato; avevo ricacciato indietro le lacrime e mi ero asciugata gli occhi e il viso bagnato con la manica della felpa; mi ero poi nuovamente girata, sfoderando il più falso sorriso che ero riuscita a creare in quei 14 anni di esistenza.
Mi ero però sorpresa trovandomi davanti agli occhi il mio grande desiderio, la causa del mio dolore: stava entrando nella mia classe e i suoi occhi blu notte mi penetravano nel profondo.
Avevo pensato fosse tutto un sogno e, confusa da una grande quantità di emozioni contrastanti, avevo ripreso a piangere, nascondendo il volto tra le braccia. Mi vergognavo, mi vergognavo tantissimo, perchè stavo piangendo davanti a colui che avevo tanto odiato, mostrando il mio lato più debole. Mentre singhiozzavo mi chiedevo perchè ero entrata prima a scuola, perchè non ero restata a casa, perchè non mi ero affidata alle mie amiche. Troppe domande, scacciate dal rumore di una sedia spostata e di un corpo elegantemente abbandonato su essa. 
«Stai piangendo...per me?» mi aveva sussurato.
Era la prima volta che sentivo la sua voce.
Una voce calda, sensuale, ma anche in qualche modo distaccata.
Aveva veramente una bellissima voce.
Le lacrime continuavano a scendere incessanti, bagnando il mio viso e il banco sul quale ero appoggiata.
Non risposi alla sua domanda.
«Beh, sappi che non sopporto le ragazze che piangono. Lo fanno solo per attirare l'attenzione..»
Con queste parole il mio cuore si era spezzato.
Con queste parole avevo affondato ancor di più la testa nel banco.
Con queste parole avevo smarrito la forza di arrestare le mie lacrime.
  
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