Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Nanas    07/01/2011    3 recensioni
" Ed alla fine, consapevole che nessuno avrebbe mai voltato lo sguardo a rimirare lui, lasciato indietro e ormai invisibile alla vista di tutti in quel grande buio nero che lo circondava, anche il piccolo Lovino aveva smesso di provare a ricercare la luce, chiudendosi in quell’oscurità, appallottolandosi e circondandosi le ginocchia mentre, accovacciato, silenziose lacrime scendevano in quegli occhi che mai, se lo giurò in quel momento, avrebbero mai nuovamente guardato con speranza quel mondo che non aveva perso tempo ad abbandonarlo ed isolarlo in un angolino, dimenticato da tutti. "
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[Introspective] [Young!Lovino] [1857 parole]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta..
C'era una volta..


Per prima cosa, un ovvio ringraziamento va alla ragazza che mi ha aiutato a scegliere il titolo, che altrimenti sarebbe stato.. beh, penso vuoto, o qualcosa del genere.

Grazie, Astrid.

La seconda cosa da dire è che ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno la – pessima – idea di leggere questa introspettiva sul piccolo Lovino, nonostante il pessimo riassunto che ho fatto.. sono davvero pessima nel scrivere riassunti, lo ammetto, e me ne scuso in anticipo..

Avevo in mente di fare una cosa del genere da molto tempo, ma tra una cosa ed un'altra ho finito per posticipare, posticipare, posticipare..

Ed infine eccomi qui, pronta ad angustiarvi. xD

Che dire, spero vivamente che questa one-shot riflessiva vi piaccia, sì?

Ovviamente, i personaggi appartengono alla serie Axis Power: Hetalia (ヘタリア ), ideata da Hidekazu Himaruya.

Che altro dire.. Buona lettura!

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Che significava essere soli?

Che significava essere immersi nel nulla, nel buio più assoluto, nell’oblio di una solitudine senza fine alcuna?

Che cosa voleva dire cadere e non trovare nessuno a sorreggerti, a offrirti un aiuto, un sostegno, una mano pronta ad aiutarti e ad illuminare quel tetro luogo dai confini indefiniti?

Cosa voleva dire urlare con tutte le proprie forze, urlare sin quando le corde vocali non gemevano per lo sforzo, sin quando la gola non chiedeva una pausa ed i polmoni non reclamavo a gran voce ossigeno, lasciando che il petto si abbassasse e rialzasse spasmodicamente riempiendo quel vuoto di ansimi veloci e sofferti?

Cosa voleva dire “far piangere” un cuore, vederlo strillare inutilmente e con lentezza corrodersi fino ad atrofizzarsi e morire nel più assoluto silenzio?

Lovino lo aveva capito presto, così presto.

Lo sguardo corre attorno a se, alla ricerca di fantasmi di persone che erano state vicino a lui, e che poi lentamente erano scomparse, morte, preferendo altre compagnie.. non trovando nulla, niente.

Solo.

E quel faccino va ad abbassarsi, quelle iridi ambrate si fermano a puntare quella che dovrebbe essere terra, ma che invece è solo un continuo di quel grande, gigantesco vuoto che lo ingloba e lo asfissia gentilmente illudendolo con i suoi limiti che si nascondevano nell’oscurità, che fuggivano dalle occhiate che Lovino lanciava attorno a se, ma che irrimediabilmente sentiva invece vicini, sempre più vicini, pronti a soffocarlo in una morsa senza via di ritorno, alla quale il piccolo italiano voleva ma non poteva scappare.

Ed allora era inutile farlo, sì.

Inutile provare a fare uscire la propria voce in un luogo dove i sensi erano inutili, dove il tatto non poteva sfiorare nessun corpo caldo al suo fianco, in cui la vista rimaneva occlusa da quel mondo senza definizione, dove l’olfatto poteva solo provare ad inalare un’aria che non sapeva di alcun profumo, fredda e secca, in un luogo dove l’udito serviva solo a contemplare l’immenso silenzio che circondava quel piccolo bambino che era stato abbandonato da tutti, in un mondo terribile, orribile, grande.

Vuoto.

E allora era inutile tentare di farsi notare, inutile cercare di portare un poco di colore in un universo che gli aveva voltato le spalle.

Perché lo aveva fatto? Aveva fatto qualcosa di male? La colpa era sua, vero?

Ecco perché tutti preferivano suo fratello, sì.. Lui.. lui era un esserino superfluo, un pezzettino innocuo ed inutile di terra che offriva solo foreste e qualche spiaggia qua e là, debole ed arretrato rispetto alla nazione gemellata che invece già era capace di compiere i primi passi da sola, che già era pronta a guardare a quel grande mondo con felicità, illuminato dalle persone che lo aveva accettato, voluto, amato.

Già, tutti avevano giustamente preferito lui, per quanto anche quell’inutile lembo di terra morisse dalla smania di essere preso in considerazione, il cuore lacerato dalla continua richiesta di attenzioni, mai accontentato.

E alla fine, consapevole che nessuno avrebbe mai voltato lo sguardo a rimirare lui, lasciato indietro e ormai invisibile alla vista di tutti in quel grande buio nero che lo circondava, anche il piccolo Lovino aveva smesso di provare a ricercare la luce, chiudendosi in quell’oscurità, appallottolandosi e circondandosi le ginocchia mentre, accovacciato, silenziose lacrime scendevano in quegli occhi che mai, se lo giurò in quel momento, avrebbero mai nuovamente guardato con speranza quel mondo che non aveva perso tempo ad abbandonarlo ed isolarlo in un angolino, dimenticato da tutti.

Faceva freddo, tanto freddo.

E lui era.. così solo.

Oh, come erano grandi quei goccioloni che scendevano da quegli occhietti tristi ed arrossati, ruzzolando pigramente per le morbide e rotonde guance andandosi a posare su quelle piccole ed esili ginocchia che nascondevano al piccolo la vista di quell’universo che tanto a lungo e senza un briciolo di pietà lo aveva allontanato, calciato da parte e lasciato al suo giovane ed incerto destino.

Ah, come sono piccole quelle manine che con tanta veemenza stringono le minute braccia che circondano quelle gambe magre e corte, seppur tremanti e dalle nocche leggermente bianche per lo sforzo.

Ed il nasino cola, cola senza venire toppato in qualche modo, mentre il piccolo si rifiuta di tirare su e rendere così noto alle sue stesse orecchie un rumore che gli precluda la contemplazione di quel silenzio angosciante, ma paradossalmente unico suo compagno in una situazione del genere. Poi, senza quel silenzio, chi gli rimarrebbe? L’eco di quella mossa tenderebbe a scomparire, e lui si sentirebbe così perfido ad essere pronto a lasciare il suo unico amico silenzio e a riprenderlo con egoismo una volta terminata la sua ipocrita e rumorosa azione, sì. Almeno lui.. lui non tradirà un suo amico, non lo farà mai. Gli rimarrà fedele, fino alla fine. Nh-.

Le labbrucce tremule vengono poi morse con forza, si stringono e lottano contro quei singhiozzi che solo lui potrebbe sentire, ma che come per il naso gocciolante non può assolutamente lasciar uscire, no.

E a quel bimbo, lasciato da solo in quel luogo sperduto da tutti, non resta che provare a capire da solo, l’utilità di quello che possiede, sì. Può contare solo.. su se stesso, giusto?

Ecco la funzione di quegli occhi. Dunque non servono per la vista, ma per piangere..

Ecco la funzione del tatto, per poter stringere se stessi, aiutarsi a mantenersi in piedi, abbracciarsi per scaldarsi un poco da quel freddo che permea nelle ossa, arrampicandosi per la colonna vertebrale stuzzicandola con quei suoi brividi che la percuotono a tempi irregolari.

E quale sarà la funzione di quel nasino rosso, se non lasciar che il suo pizzicore infastidisca un poco il piccolo Lovino?

E quell’udito, è davvero nato per renderlo capace di ascoltare quell’universo privo di suoni?

E la bocca, allora? E’ davvero la sua parte masochista, quella che si diverte stuzzicarsi coi canini da latte e fremere un poco mettendo in pericolo l’udito con i suoi sospiri inutili?

E del suo cuoricino, del suo cuoricino atrofizzato, chi saprebbe spiegargliene l’utilità?

E poi, nel più completo silenzio, nel buio di un universo infinito ed infinitivamente vuoto, Lovino sente una mano.

Delle dita delicate che si posano sulla sua spalla rotonda e piccina, un piccolo calore che pervade il suo corpicino ancora inutilmente scosso da singhiozzi silenziosi, un dolce profumo che monopolizza il suo olfatto, prima inutilizzato; ed ecco che quelle iridi ambrate si alzano un poco, estranee a quel contatto così a lungo negato con una.. persona, un altro essere, sembrerebbe.. Mh, sarà vero?

Un sorriso, un sorriso splende in quel buio, due occhi verdi come lo smeraldo lo fissano, guardano /solo lui/, lo studiano sereni mentre quella mano bronzea si alza dalla spalla per posarsi sulla sua testolina, scompigliandosi quella chiometta mora e riscaldando con quel gesto.. un qualcosa, sì. Un qualcosa che si trova più in basso, all’altezza del petto, tra i due polmoni che ancora reclamano un poco d’aria, muovendosi stancamente ma ricominciando leggermente a riprendere ossigeno, con più vigore, con più voglia di vivere.

Che sia il suo cuore? È ancora lì il suo piccolo muscolo ibernato, solo ed inutilizzato per così tanto tempo?

“Ciao..”

Un sussurro esce da quelle labbra socchiuse in un sorriso, mentre l’estraneo si abbassa, portandosi accovacciato come il piccolo e continuando a guardarlo con un’emozione che il bambino non ricorda più ormai..

Aff-… Aff-… Nh-, aff..etto? Che sia quella la parolina magica?

Nh-. Non è che si fidi tanto degli sconosciuti, a dirla tutta..

… Non che si fidi tanto degli altri in generale, in effetti. Dopo tutto, per lui sono tutti degli sconosciuti.

“Soy Antonio y represento a España. D’ora in poi ci penserò io a te, d’accordo?”

Strano, molto strano.

No, non si fida affatto questo piccoletto dal cuore atrofizzato.. non di un tipo del genere.

Storce il nasetto, si volta dall’altra parte, ed ecco uno sbuffo uscire da quella bocca piena e rossa, mentre il labbruccio inferiore si pone avanti all’altro, come a voler rendere noto alla strana compagnia tutto il suo scetticismo a riguardo.

Non lo voleva nessuno, perché quello “Spagna” avrebbe dovuto fare eccezione?

“Mhpf, non ci credo..”

Mormora infine, quasi meravigliato della sua stessa voce. Oh, da quanto tempo non la sentiva..

Aveva parlato. Lui. Ma prima di tutto aveva parlato quel tipo strano..! Era… era colpa di quello stupido ragazzo, aveva allontanato il suo silenzio, lo aveva portato a tradire l’unico amico che aveva!

Lo avrebbe… odiato per l’eternità, sì. In quel momento decise che era una promessa solenne quella che stava facendo, e con quella convinzione tornò a fissare l’altro, le sopracciglia corrucciate e le guance gonfie per il disaccordo.

Odio. Sì, non poteva permettersi altro, quel cuoricino così a lungo lasciato al suo destino solitario, non poteva /sperare/, non più.. e non lo avrebbe fatto.

Ed ecco un’altra risata ingiustificata, mentre lo spagnolo avvicina lentamente la mani al piccolo, prendendolo da sotto le ascelle e alzandolo assieme a lui, prendendolo in braccio.

Oh, calore.. allora poteva darlo anche un altro corpo, oltre che il suo?

“Ma che-.. lasciami, lasciami!”

Ed ecco, dopo i primi secondi di smarrimenti in cui Lovino trattiene un poco il fiato nel sentire tutt’a un tratto la terra sotto i piedi mancare, dei piccoli calcetti colpiscono infine il corpo dello sconosciuto, mentre questo lo porta ancora più vicino a se continuando a ridere tranquillo e iniziando a fare qualche passo verso una luce lontanissima, davvero… ma non irraggiungibile, probabilmente.

Nh-, si stancherà prima di raggiungerla, o riuscirà a portare anche il piccolo italiano lontano da quel buio che ora, avendo capito di avere effettivamente una scelta a quel nero pece,avendo assaggiato un po’ di quel colore che il mondo gli potrebbe offrire, gli incute un poco di terrore?

Il terrore di ritrovarsi da solo, di nuovo, laggiù, dimenticato da tutti dopo aver assaporato un poco di quella lucentezza di cui ignorava l’esistenza.

“Dai, dai, non fare tante storie, prima arriviamo a casa e prima potremmo mangiare dei deliziosi churros, sì? E poi ti farò vedere i miei campi, son realmente hermosos! Vedrai, ti divertirai, potrai giocare tutto il tempo che vorrai!”

E Lovino non risponde, abbassando lo sguardo a fissare il terreno che l’altro si lascia dietro.

Sta diventando un poco più chiaro, quel mondo prima monocromatico… Ad ogni passo Antonio lascia qualche colore qua e là, si diletta nel pitturare un ciottolo lì, uno spruzzo di verde erba là, un pezzettino di cielo più in su.

E mentre il piccolo italiano boforchia qualcosa contro quello sconosciuto dalle libertà così ingiustificate, le manine vanno un poco a stringere quella stoffa insopportabilmente calda, il viso quasi a nascondersi nell’incavo delle spalle dell’altro, il piccolo petto che si tranquillizza un poco, lasciando che il suo battito si uniformi con quello lento e tranquillo di.. come aveva detto di chiamarsi? Antonello?

..Mh-, magari.. magari glielo avrebbe chiesto dopo, sì.

Prima.. prima gli avrebbe dato una possibilità, forse.

La possibilità di guidarlo fino a quella luce così accattivante, lontano da quel tenebroso mondo in cui qualcuno era finalmente riuscito ad penetrare, per portarlo fuori di lì.

Ma sì, diamogli pure un’opportunità a quel ragazzo insopportabilmente allegro.

Tanto, lo odierà per l’eternità in ogni caso.

  
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