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Autore: Viki_chan    08/01/2011    1 recensioni
“Parli come San Potter dannazione” si allontanò e iniziò a misurare il corridoio a grandi passi “Non ti ho chiesto io di metterti con me, ti ho detto più di una volta che non ero quello giusto. Io non sono Potter o Weasley. Nessuno ha fiducia in me, nessuno si aspetta che io sia fedele o che mi sacrifichi per lui. Quando faccio quel genere di cose mi sforzo dieci volte di più di quei due perché non è la mia natura." (cap. XVII) .
Storia ambientata dopo la sconfitta di Voldemort. Harry, Ron e Hermione vengono riammessi ad Hogwarts per frequentare l'ultimo anno. Molte cose però sono cambiate nelle vite dei protagonisti, molte le ferite da curare.
La storia viene raccontata dal punto di vista di Hermione.
**************** EPILOGO PUBBLICATO*****************
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Il trio protagonista | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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1. Ferite Aperte



Non era stato facile tornare alla normalità. Anche se durante il nostro vagabondare alla ricerca degli Horcrux ogni tanto fantasticavo su Hogwarts, non ero preparata alla vita dopo Voldemort.
Erano già passati alcuni mesi, avevo avuto tutto il tempo di riportare i miei genitori in Inghilterra, di vivere qualche bel momento con Ron.
Quando ricevetti la lettera della professoressa McGrannit, mi resi conto di quanto erano cambiate le mie priorità nell'arco di un anno. Ricevere un'istruzione nell'anno precedente aveva perso ogni importanza, l'unico obiettivo era la distruzione di Tu-sai-chi, la sopravvivenza. Ero stata riammessa a Hogwarts, potevo frequentare l'ultimo anno e diplomarmi, senza il peso della guerra magica imminente: mi sembrava un sogno.
Harry e Ron erano con me durante il viaggio, si sedettero accanto a me durante il banchetto, seguirono lo smistamento. Capii subito che se Ron era felicemente sorpreso di quella nuova e tanto agognata normalità, Harry come me aveva ferite profonde, nascoste, ma ancora sanguinanti.
Passava tra la gente che lo guardava con ammirazione, sorrideva a tutti, stringeva mani. Poi si voltava verso di me e abbassava lo sguardo, certo che se avessi potuto guardare i suoi occhi avrei capito che per lui la guerra non era finita, dentro di lui i sensi di colpa e i ricordi ribollivano senza sosta. Sapeva mentire così bene che anche Ginny non pareva preoccupata, probabilmente accecata da quell'amore che finalmente poteva provare senza se e senza ma.
La veridicità di questi miei pensieri mi apparve qualche giorno dopo l'inizio delle lezioni, era notte fonda, non riuscivo a dormire e scesi in sala comune con Le Fiabe di Beda il Bardo, sperando di trovare un po’ di pace in quelle storie per bambini.
Trovai Harry seduto sulla sua poltrona preferita, le ginocchia al petto, lo sguardo rivolto verso al fuoco scoppiettante. Mi avvicinai a lui lentamente, sperando di non spaventarlo.

“Che ci fai ancora sveglio?” gli chiesi mettendogli una mano sulla spalla. Harry sussultò e mi guardò dopo tanto tempo negli occhi. Ebbi come l’impressione che il suo sguardo avesse assorbito un po’ del fuoco che guardava con così tanta concentrazione.

“Non riuscivo a dormire.” disse schiarendosi la voce. “Tu ti dai alla lettura?” fece un mezzo sorriso, che scomparì non appena lesse il titolo del libro che avevo in mano. Lo lasciai vagare nei ricordi qualche minuto, acciambellandomi sulla poltrona più vicina, aprendo il libro in una pagina a caso.

“E’ davvero finita?” disse ad un certo punto.

“Si, Harry. E’ finita. Voldemort è stato sconfitto.” Mi resi conto che pur avendo messo in quelle parole tutta la mia convinzione esse erano senza peso, senza senso.

“E’ tutto così immobile. Anche se siamo a Hogwarts io non mi sento a casa, è strano.” Aveva colto nel segno. Avevamo passato solo un anno lontano da quel castello, ma avevamo vissuto tante avventure che la vita sedentaria non ci si addiceva più, come se non avessimo scaricato tutta l’adrenalina che la battaglia finale ci aveva fatto circolare nel corpo.

Mi alzai, ma le gambe cedettero e mi ritrovai in ginocchio sul tappeto, a piangere. Anche Harry si inginocchiò e mi strinse forte a sé. Lo sentivo tremare contro il mio corpo e iniziai a battere una mano sulla sua spalla, dimenticandomi quasi subito chi stava consolando chi e perché.

Dopo minuti ma forse ore si allontanò da me, pulendosi gli occhiali bagnati con il pigiama.
“Sai cosa potrebbe farci stare meglio? Un viaggio. Dovremmo andare nella foresta di Dean durante le vacanze di Natale.” Disse sedendosi sul divano e ritornando a guardare il fuoco. Mi chiesi se era un’idea che nutriva da tempo, se gli era balenata subito dopo averla lasciata quella bella foresta innevata.

“I miei genitori non saranno d’accordo. Dopo quello che è successo, non penso mi lasceranno andare via a cuor leggero.” Era uno di quei momenti in cui mi pentivo di aver raccontato ai miei tutta la verità, compresa la modifica della memoria che gli avevo imposto per proteggerli. Ero certa che avrebbero voluto passare il Natale in famiglia, come i vecchi tempi.

“Potrai passare il Natale con loro, partiremo il giorno dopo. Io andrò da Andromeda e Teddy, non ho intenzione di passare le feste alla Tana, mi sentirei di troppo. Non sarà facile festeggiare senza…” la frase rimase incompiuta, il nome di Fred era sempre censurato nei nostri discorsi, come se non parlarne rendesse la sua morte una bugia.

“Si, è una bella idea. Ho voglia di partire.” dissi mettendomi a sedere accanto a lui, che appoggiò la testa sulle mie gambe e chiuse gli occhi.
“Leggimi una fiaba.” disse porgendomi il libro, un muto invito a parlare d’altro.

Sfogliai il vecchio volume consumato fino al titolo  “Baba Raba e il Ceppo Ghignante”.
“Molto tempo fa, in un lontano paese, c'era un re stolto che voleva essere l'unico a possedere il potere della magia….”




Improvvisamente non ero più sul divano della sala comune, ero su una delle vecchie sedie in legno della biblioteca. Ero talmente assorbita da quel ricordo da non capire che qualcuno chiedeva la mia attenzione, sbatacchiandomi avanti e indietro.

“Ehi, hai ancora molto con quel libro? Non sei l’unica ad avere 30 centimetri da scrivere.”

   
 
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