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Autore: Rubysage    08/01/2011    9 recensioni
(FINALMENTE CONCLUSAAAAA!!) Cosa succede quando un genietto dispettoso scambia tra loro le vite dei nostri amici? Forse impareranno ad apprezzare quello che hanno...o forse no? (Attenzione: parzialmente OOc e un pochino What if...ma proprio un pochino...)
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

 

 

 

Il campanello suonò nel bel mezzo di “Drive all night” e di un complicatissimo problema su tangenti, cotangenti e chi più ne avesse più ne mettesse.

Oh, 'fanculo, pensò Mark sbuffando.

- Mamma, vai tu? -

- No – rispose la signora Landers dalla cucina.

Mugugnando, Mark sbattè il libro sul tavolo e spense la radio. Odiava essere interrotto mentre faceva finta di studiare.

Stiracchiandosi, andò ad aprire la porta.

- Desidera...Julian?! - esclamò, preso alla sprovvista.

- Mark?! - ribattè il ragazzo, anche lui incredulo – Santo cielo, pensavo di aver sbagliato casa! Che diavolo ci fai con gli occhiali? -

Amy si portò una mano alla bocca, per soffocare una risatina.

Mark avrebbe voluto rispondergli con una battuta, ma era troppo sorpreso di trovarsi davanti i due giovani amici, felici e sorridenti e con due grossi zaini sulle spalle. Non si vedevano da due mesi, anche se in quell'arco di tempo si erano sentiti diverse volte; la distanza e l'impegno che i due ragazzi stavano mettendo nel sistemare le loro vite avevano giocato contro il loro reciproco affetto, ma non avevano comunque avuto la meglio su di esso.

- Mi servono solo per leggere – disse infine, togliendosi gli occhialetti tondi dalla montatura dorata e pulendoseli nella maglietta.

- Ti stanno molto bene! - disse Amy – Ti danno un non so che da intellettuale... -

- Più che altro sembri John Lennon! - disse Julian.

Mark rise e abbracciò l'amico.

- Come stai, tigre? - disse Julian.

- Benone – rispose Mark dando una manata sulla spalla del ragazzo e chinandosi verso Amy per baciarla sulle guance.

- Sei sempre splendida, Amy – disse. Guardò ancora un istante Julian. - E tu...beh, ti trovo da Dio! – rise, facendo entrare i due ragazzi.

In effetti quel disgraziato era riuscito a diventare ancora più bello; aveva un'espressione tranquilla e rilassata come non mai, il viso quasi abbronzato e, se l'occhio non ingannava Mark, aveva anche messo su qualche chiletto. Quanto ad Amy, era semplicemente radiosa.

- Sono davvero contento di vedervi! - disse, aiutandoli a sistemare gli zaini nell'ingresso - Che ci fate da queste parti? -

-Siamo in vacanza – disse Julian, che si era già accomodato beatamente sul divano in soggiorno. Il capitano della Mambo incrociò le mani dietro la testa e si lasciò sprofondare tra i cuscini. - La nostra prima vacanza... -

- Abbiamo fatto un giretto per tutto il Giappone – disse Amy sedendosi accanto al suo fidanzato.

- In aereo? - chiese Mark.

Julian scosse la testa. - Treno, tenda e sacco a pelo – disse.

- Sacco a pelo?! -

- E traghetto – lo corresse Amy.

- Alla faccia del mal di mare! - aggiunse Julian, strizzando l'occhio a Mark – Non è stato molto clemente stamattina! -

- Tua madre l'avrà presa benone, immagino... - disse Mark sorridendo all'idea che l'amico si stava finalmente godendo la tanto sospirata libertà con la ragazza di cui era innamorato.

- Beh, dovrà farci l'abitudine! Non ho intenzione di fermarmi qui! - ribattè Julian.

- Figlio degenere... - disse Mark con fintissimo disappunto – Allora, dovete raccontarmi tutto! Ragazzi, davvero non sapete quanto mi fa piacere che siate passati di qua! Aspettate un attimo, dico a mamma di aggiungere un paio di posti a tavola. Quanto vi fermate? -

- Non ci fermiamo – disse Julian – Mi dispiace, Mark. Dobbiamo essere a Tokyo entro stasera. -

- Un momento – disse Mark, deluso – Siete appena arrivati e già ve ne andate? -

Amy sorrise. - Julian ha un...impegno musicale. -

Mark guardò l'amico con gli occhi spalancati dallo stupore. Se avesse potuto, gli avrebbe messo in bocca le parole. - Non mi dirai che... -

- Al gruppo del cugino di Amy manca un tastierista – disse Julian, quasi emozionato – Stasera ho il provino. -

- E'...è grandioso! - disse Mark – E il sassofono? -

- L'ho rivenduto – rispose Julian con una punta di rammarico nella voce – Non faceva per me. -

- Peccato, però. Era un bello strumento. Ma, pensandoci...forse è meglio così. Complimenti! - disse Mark battendo un cinque all'amico.

- Aspetta a dirlo, non mi hanno ancora preso! -

- Lo faranno, fidati! Allora, come avete trovato Kyushu? -

- Veramente siamo appena sbarcati... – rispose Amy.

Mark spalancò gli occhi. - Un momento, come sarebbe “sbarcati”? Non ditemi che vi siete fatti il viaggio in traghetto da Honshu solo per venire a salutarmi e ripartire? -

- Più o meno – disse Julian alzandosi dal divano – Diciamo che oggi era una giornata...come dire...speciale. Non potevamo mancare. -

Il ragazzo aprì lo zaino e ne estrasse un pacchetto piatto e quadrato, accompagnato da una grossa busta bianca, che porse all'amico.

- Buon compleanno, Mark – disse – Lo so che è domani, ma domani non avremmo potuto essere qui. -

Mark arrossì fino alla radice dei capelli rigirandosi il regalo tra le mani, gli occhi lucidi per l'emozione.

- Il...il mio compleanno! - balbettò, felice – E voi siete venuti per questo?! Siete pazzi! Ma come facevate a saperlo? Me ne stavo dimenticando perfino io! -

- So molte più cose di te di quanto tu non creda – disse Julian, lanciando all'amico uno sguardo piuttosto significativo.

Mark ricambiò lo sguardo e rise. - Grazie, ragazzi. Sono davvero emozionato. Ma mi avete preso così alla sprovvista che non so cosa offrirvi...posso farvi almeno un tè? -

Julian guardò Amy e ci pensò un attimo. - Volentieri, grazie. Amy...puoi chiederlo tu alla signora Landers? Tra l'altro, so che fa degli squisiti dolcetti di riso...già che ci sei, che dici di farti spiegare un po' come si preparano? - disse Julian facendo l'occhiolino alla ragazza.

Amy fece un sorriso sornione e si alzò dal divano. - D'accordo...spettegolate quanto vi pare e chiamatemi quando mi rivolete tra voi! - disse prima di uscire dalla stanza.

- E' inutile, non riuscirai mai a fregarla - disse Mark dopo che la ragazza si fu chiusa la porta alle spalle.

Julian rise. - E' meravigliosa, Mark. Sono stato proprio un cretino a sprecare tutto quel tempo senza di lei. -

- Beh, meglio tardi che mai! - esclamò Mark – Comunque siete fuori di testa tutti e due. Sciropparsi una marea di chilometri per... -

- Aspetta. - Julian mise una mano sul braccio di Mark, che stava per scartare il pacchetto. - Aprilo quando ce ne saremo andati, ok? Tanto avrai già immaginato cos'è...-

- Beh, di sicuro non è un pallone! - rise Mark – A proposito, anch'io ho qualcosa per te. -

Tolse il cd dallo stereo, lo mise nella custodia e lo porse a Julian.

- Questo è tuo. Te lo dovevo... -

Julian prese il cd. - “The river”? Ma ce l'ho già... -

- Ce l'avevi – precisò Mark – Te l'ho fuso io a forza di ascoltarlo. Non te l'avevo detto? -

- Grazie a Dio! - esclamò Julian con un sospiro di sollievo – Temevo fosse lo stereo! -

- In questi due mesi hai ascoltato un solo cd?! Con tutta la roba che hai in camera?! -

- Volevo ascoltare quello quando sono uscito dall'ospedale – rispose Julian – Avevo bisogno di sentirmi di nuovo a casa. Almeno, è quello che credevo. In realtà, forse, mi sento più a casa qui che a Tokyo... -

- Lo so – disse Mark – Credo di aver provato la stessa cosa. -

- Beh, comunque poi non ho più avuto molto tempo per ascoltare musica. La mia vita sociale ha subito un'accelerazione piuttosto brusca...insomma, pare che dal momento in cui ci si fidanza non si possa più uscire con amici single... -

Mark ridacchiò. - Tu non uscivi con amici single – disse Mark, sarcastico – Tu non uscivi proprio! -

- Beh, comunque adesso non potrei nemmeno se lo volessi! Sai quante uscite a quattro (se non sei o otto) mi sono dovuto sorbire? Per stare un po' da solo con Amy mi sono dovuto dare malato! -

- Però! E chi sono i fortunati? -

- Beh, pare che Benji stia cominciando ad apprezzare la vita mondana di Tokyo...sarà anche colpa della sua nuova ragazza, ma me lo ritrovo tra i piedi quasi tutti i fine settimana! -

- Benji Price ha una ragazza?! -

- Ti stupisce? - disse Julian ridendo.

- Mi stupisce che ne abbia una sola! - disse Mark, sinceramente incredulo – Chi sarebbe la fortunata? -

- La cugina di Philip, una certa Julia. Una tipa carina, tranquilla ma determinata. Insomma, se lo rigira come un calzino...però mi sembrano davvero innamorati e fanno una bella coppia. E, ti dirò, in compagnia lui è anche piuttosto simpatico! -

- Mah, contento tu... -

- Smettila di fare il cinico. Se tu avessi visto la sua reazione quando...quando siamo stati male quel giorno non l'avresti riconosciuto. Pare abbia perfino cominciato a frequentare Holly! -

Mark strabuzzò gli occhi. - Ok, questa è da “Ai confini della realtà”. Sei sicuro che sia veramente lui e che non abbiano fatto un altro scambio...? -

- No, no, fidati, è lui! Ho visto anche Holly, tra le tante. Sai che sta uscendo piuttosto assiduamente con Patty? E quando dico “assiduamente”... -

- Vuoi dire fuori dai campi di calcio? Era ora! Questa è una notizia da prima pagina! Beh, sono contento per Patty, alla fine chi la dura la vince! -

- Aspetta a dirlo...conosci Holly, no? -

Entrambi risero, poi Mark si lasciò andare ad un sospiro di sollievo e si stravaccò beatamente nella poltrona.

- Sai...mi avevi detto che stavi bene, ma non immaginavo così bene! - disse.

- Mai stato meglio, te l'assicuro. Anche il riposo è stato importante, ma non quanto tutto il resto. Non avrei mai detto che saresti stato tu a farmi dare la svolta! -

- Me l'hai già detto un sacco di volte, lascia perdere. Hai fatto la stessa cosa anche per me, te l'ho già detto. -

- Sì, ma io non sarei mai riuscito a far licenziare Theodore! -

Il pensiero dell'infido autista fece stringere lo stomaco di Mark dal nervoso.

- Quello stronzo...spero che sia finito sotto qualche ponte... -

- Non te l'ho detto? Adesso guida scuolabus! L'ho visto girare nel mio quartiere con una strana espressione beata sulla faccia... -

- Starà sicuramente meditando un infanticidio collettivo fingendo di aver raggiunto la pace dei sensi. Nessuno può sopravvivere ai miei fratellini e continuare ad amare i bambini! Vedrai che un giorno sentiranno gridare “Banzai!” e lo vedranno schiantarsi contro una pompa di benzina... -

- Il solito esagerato! - disse Julian scuotendo il capo – Ma lasciamo perdere Theodore. Dimmi un po' di te. Come va con la matematica? Ed ti dà ancora una mano? -

- Sì, un paio di volte alla settimana. Ha la pazienza di un santo. E io non sono il più facile degli allievi...ma sono lo stesso a buon punto. Credo che me la caverò. -

- E' per questo che hai bisogno degli occhiali? Studi così tanto che ti è calata la vista? - disse con Julian con affettuosa ironia.

- Me li porto dietro dalle elementari – precisò Mark -Anche se, in effetti, in questi ultimi tempi mi sono serviti più del solito. Davvero trovi che mi facciano assomigliare a John Lennon? -

- Uhm...se ti sbianchi un po' la faccia decisamente sì! -

- Beh, allora dev'essere un segno...devo mostrarti una cosa. -

Prese il libro di trigonometria dal tavolo e ne tolse un depliant pubblicitario, ficcato in mezzo alle pagine a mo' di segnalibro.

- Guarda un po' qua...che ne dici? - disse, porgendo il depliant a Julian.

Il ragazzo spiegò il pezzo di carta e, dopo aver letto cosa riportava, spalancò gli occhi, incredulo. Guardò Mark, poi il depliant, poi di nuovo Mark.

- Lezioni di piano?! Stai scherzando?! -

- Mai stato così serio. So che ci vorrà una vita, ma non posso continuare a reggere per sempre la messinscena della mano. -

- Già, dimenticavo... - Julian osservò le cicatrici che solcavano il dorso della mano di Mark, fino al polso. Sapeva che Mark l'aveva usata come scusa sia con Maki che con il proprietario del “Red Rose Speedway” per smettere di suonare (cosa che a tutti gli effetti non aveva mai fatto), azzardando la rottura di un tendine.

- Insomma, Maki sta diventando piuttosto insistente. E anche il tuo amico, il signor Olson, continua a chiamarmi per chiedermi quando potrò tornare al locale. Sembra un tipo simpatico! -

- E' una brava persona – rispose Julian, con un accenno di nostalgia nella voce – E il posto non è così male come credi. A Maki piaceva. Portacela, qualche volta. -

Mark sbuffò. - Ce la porto tutti i venerdì, Julian...c'è un altro tizio che suona, così non sono costretto ad improvvisare niente. Ma ne ho le palle piene di cocktail con gli ombrellini ed Elton John, quindi... -

Julian rise. - Quindi hai deciso di diventare un pianista vero! Non ci avrei mai creduto! Ti avverto, Mark, è una cosa lunga e noiosa... -

- Lo so, ma non posso farne a meno! E poi, finalmente, potrò permettermi le lezioni. Tanto le pagherà quel bastardo del signor Simmons, grazie a tuo padre. Ha sborsato tutto giusto giusto la settimana scorsa. -

- Questa è una grande notizia! - disse Julian – Comunque mi dispiace solo di essere troppo lontano, altrimenti le lezioni avrei potuto dartele io, e gratis. -

- Sarebbe stato più divertente, questo sì – disse Mark – Ma non preoccuparti, ti farò sentire tutti i miei progressi! Lo devo un po' al mio orgoglio, sai...tu ti sei dimostrato capace di fare tutto quello che faccio io. Ora vorrei essere io a poter fare quello che fai tu. Insomma, almeno un po'. Credi che ne sarò capace? -

- Sicuro – rispose Julian dando all'amico un'affettuosa pacca sulla spalla – Sicuro che ne sarai capace. -

- Ti devo tantissimo, Julian. -

- Me l'hai già detto, e io ti ho già detto che anche tu hai fatto molto per me. Facciamo che siamo pari, ok? -

- La prossima volta vi fermate a pranzo, però. -

- Promesso. -

- Altrimenti mi offendo. -

- Non sia mai! E comunque anch'io devo mostrarti una cosa. -

Julian andò ad aprire lo zaino e prese una cartellina di plastica arancione.

- L'ho finito, sai? - disse, togliendo dalla cartellina un foglio che Mark riconobbe al volo – Che ne dici? -

Mark prese il ritratto di Amy e lo guardò con attenzione. Non era troppo diverso da quando l'aveva visto quel giorno, nel capanno degli attrezzi; era rimasto a matita, ma Julian aveva aggiunto i dettagli che mancavano. Qualche capello svolazzante, una piccola ruga di espressione, la sfumatura sulle labbra.

- Allora? - lo incalzò Julian, curioso.

Mark rimirò quel disegno ancora per qualche istante.

Era bellissimo, ma ovviamente non poteva dirglielo così.

- Gli occhi sono un po' troppo vicini. Uhm. E le guance, avresti potuto...riempirle un po' di più, così sono un po' piatte. A parte questo...beh, è stupendo. -

Julian si illuminò. - Lo pensi davvero? -

- Te lo direi, altrimenti? -

- No, conoscendoti, no di sicuro! -

- Glie l'hai mostrato? -

- Non ancora. Ci ho lavorato sopra queste sere, mentre dormiva. Non l'avevo mai vista dormire. Era come se la matita volasse via da sola. Oh, accidenti, non prendermi per un esaltato, ma...era troppo bella! Avrei voluto intrappolare ogni espressione, e invece mi perdevo a guardarla. Così sono riuscito ad aggiungere solo qualche dettaglio...Credi che dovrei aggiungerci qualcosa? -

Mark scosse la testa e porse a Julian il disegno. - Lascialo così. Finiresti solo per rovinarlo. Qui c'è già tutto il tuo amore, non devi aggiungerci proprio un bel niente. -

- Grazie – disse Julian con un sorriso, sistemando con cura il foglio nella cartellina – Avevo...avevo bisogno di un parere sincero! -

Mark sorrise a sua volta. - Se vuoi che ti faccia da critico non hai che da chiederlo! -

Un lampo di malinconia guizzò negli occhi di Julian, che rimase un istante a fissare il vuoto.

- Sai...mi sono sentito perso, quando sono tornato a casa. All'inizio ho pensato che mi stavo abituando troppo a vivere la tua vita, tanto che mi ero dimenticato com'era la mia. Poi invece ho capito. Che mi mancavi tu. Mi mancava quando litigavamo al telefono, mi mancava il non potermi sfogare con te, mi mancavano i tuoi rimproveri, il fatto che non mi dessi corda per quieto vivere come facevano tutti. Mi mancava un vero amico. Dannazione, credi che sarebbe la stessa cosa se fossimo più vicini? -

- No. Altrimenti ci manderemmo a quel paese ogni cinque minuti. - disse Mark sfregandosi il naso. Era commosso, ma non voleva darlo a vedere.

Julian tacque, sospirando. - Già. Forse hai ragione. -

- Però... -

- Però...? - ripetè Julian aggrottando le sopracciglia.

- Però, se dovessi venire a Tokyo per qualsiasi motivo...potrei passare a salutarti? -

Julian sorrise. - Quando vuoi. -

- Magari ti chiamo prima, così leghi i cani. -

Julian annuì e tese una mano all'amico. Mark l'afferrò e la strinse forte, poi tirò Julian verso di sé e lo abbracciò forte, battendogli una mano dietro la schiena.

- Scommetto che ti si stanno appannando gli occhiali – disse Julian asciugandosi una lacrimuccia malandrina.

Mark tirò su col naso. - Certo che no, idiota. Cosa te lo fa pensare? -

I due si separarono e, facendo finta di niente, si soffiarono rumorosamente il naso.

- Cosa c'è, un'epidemia di raffreddore? -

Amy stava sulla soglia del soggiorno, tenendo tra le mani una scatola rettangolare avvolta in un pezzo di tessuto. Accanto a lei c'era la madre di Mark.

- Buongiorno, signora Landers – disse Julian alzandosi in piedi.

Mark guardò le due donne piegando la testa di lato. - E il tè? -

- Niente tè – rispose la madre di Mark – Abbiamo preparato i famosi dolcetti di riso... -

- Non credo che sarò mai in grado di ripeterli, Julian, così la signora me ne ha dati un po' da portare a casa – disse Amy.

Julian ringraziò la signora Landers con un inchino. - Lei è troppo gentile, signora, ma non vorrei averle creato disturbo... -

La donna sorrise e mise una mano sulla spalla di Julian. - Niente è mai troppo per te, figliolo. Per ripagare quello che hai fatto per noi dovrei prepararvi dolcetti di riso per tutta la vita! -

Julian guardò Mark di sottecchi; i due si scambiarono un sorriso furbetto. - In questo caso vorrà dire che me ne ricorderò! - disse in tono scherzoso.

Amy sistemò la scatola nel suo zaino e se lo issò in spalla. - Julian, ora dobbiamo davvero andare, altrimenti perdiamo il traghetto. -

Il ragazzo annuì e si mise lo zaino in spalla, dopo aver abbracciato la madre di Mark. - Non crediate di essere in debito con noi – sussurrò all'orecchio della donna – Io sarò per sempre in debito con suo figlio. E' il cielo che vi ha mandato, signora. -

La signora Landers non disse nulla, ma i suoi occhi si illuminarono.

- Allora...buon viaggio – disse Mark accompagnando i due ragazzi alla porta – E in bocca al lupo per il provino, “professor”*. Chiamami per dirmi com'è andata! -

- Non mancherò – rispose Julian – E tu fammi sapere dell'esame, ok? -

- Ciao Mark, di nuovo grazie di tutto! - disse Amy.

- Grazie a voi per la visita. Spero di vedervi presto! - rispose Mark salutando gli amici che si erano incamminati lungo il vialetto.

- Ah, Mark... - disse Julian voltandosi all'improvviso – Occhio ai biglietti d'auguri. Possono riservare qualche sorpresa! -

Mark fece finta di cogliere la battuta e agitò la mano in segno di saluto. Restò sulla porta fino a quando Amy e Julian furono scomparsi lungo la strada, poi rientrò in casa e tornò a buttarsi sul divano.

Ripensò a quello che Julian gli aveva detto poco prima, e ringraziò il cielo che l'avesse fatto.

Perchè erano esattamente le stesse cose che pensava anche lui. Solo che Mark non avrebbe mai trovato il coraggio di parlare in quel modo.

Sorridendo, guardò il pacchetto quadrato che lo aspettava sul tavolo.

Occhio ai biglietti d'auguri.

A quello ci avrebbe pensato dopo. Non aveva voglia di commuoversi subito.

Lasciata la busta sul tavolo, prese il pacchetto e lo scartò.

- Quel cretino – esclamò con una risata dopo aver visto che dalla carta da regalo era spuntata la copertina del cd di “Born to run”. Ma Mark non si riferiva a quel disco, che peraltro era uno dei suoi preferiti, ma alla copertina vera e propria.

Quell'artista di Julian aveva incollato al posto della faccia di Bruce un disegno della sua faccia, con la stessa espressione divertita del Boss in quella fotografia. Sul retro, aveva fatto la stessa cosa con la faccia di Clarence Clemons, il gigantesco sassofonista nero, che invece portava il viso di Mark, con tanto di sassofono. Pensò che forse sarebbe stato meglio il contrario, viste le aspirazioni musicali di Julian, ma era lo stesso bello così.

Bruce e Clarence erano amici per la pelle.

Loro due anche.

Mark aprì il cd e lo mise nel lettore, selezionando “Jungleland”.

- Questa è per noi, fratello – disse, con la voce piena di nostalgia – Ce la meritiamo, questa meraviglia. -

Mentre il suono leggero del pianoforte riempiva la stanza, Mark si ricordò della busta che aveva lasciato sul tavolo.

Forza, scarichiamo i dotti lacrimali, si disse, immaginando cosa poteva essere scritto su quel dannato biglietto.

E invece Mark non riuscì a credere ai suoi occhi.

Perchè dalla busta scivolarono fuori due pezzi di carta colorata; e quei pezzi di carta colorata non erano altro che due biglietti per il concerto di Bruce Springsteen che si sarebbe tenuto allo stadio di Tokyo di lì a qualche settimana. Zona prato.

Esterrefatto, Mark frugò nella busta alla ricerca di qualche spiegazione e vi trovò una breve lettera che diceva:

 

Pare che, per il sessantesimo compleanno di suo padre, Paul McCartney gli avesse regalato la fotografia, incorniciata, di un cavallo.

Bello” disse il padre dopo aver aperto il pacchetto, ma tra sé e sé pensò: “Che me ne faccio di una foto?”

Allora Paul, intuendo i pensieri del padre, gli disse: “Non preoccuparti, papà, ti ho comprato anche il dannato cavallo”.

Ecco, questa dovrebbe essere una cosa del genere.

Più o meno.

Insomma, i cancelli aprono alle otto. Noi vi aspettiamo lì fuori alle sette.

Del mattino.

Non vorrai mica perderti il posto davanti al palco, pantofolaio che non sei altro?

Ricordati che quelli come noi, baby, sono nati per correre!

Buon compleanno, con affetto

Amy e Julian

 

Con gli occhi lucidi, Mark si immaginò per un attimo sotto il palco, con Julian, Amy e Maki, a cantare a squarciagola, mentre, nelle sue orecchie, esplodeva l'assolo di sax.

Poi si disse che Julian avrebbe fatto meglio a portare con sé una boccettina di quella dannata furosemide, sempre che la security gli avesse fatto passare la siringa senza prenderlo per un drogato.

Insomma, l'emozione poteva giocare brutti scherzi.

Nati per correre, pensò Mark. Sì, per correre in bagno...

A questo pensiero si mise a sghignazzare in modo quasi isterico.

Rilesse la lettera, poi guardò il cd, infine i biglietti. E, in un lampo, quel breve, assurdo periodo in cui lui era stato una persona che odiava e a cui ora voleva un bene dell'anima gli passò davanti agli occhi.
Respirando profondamente diede un'ultima occhiata al biglietto d'auguri, quasi per paura di essersi perso qualcosa di importante.

-Che cazzata – disse, con una risatina – Che immensa cazzata... -

Poi trasse un profondo respiro, si sedette pesantemente sul divano e pianse di gioia.

 

 

 

FINE

 

 

 

 

Adesso piango di gioia anch'io. Un, due, tre, lacrime. E invece niente. Perchè? Eppure sto ascoltando davvero “Jungleland”, e io son una che si commuove con qualsiasi cretinata, figurati con quelle che scrivo.

Avrei tante cose da dire che non so nemmeno da che parte cominciare.

Holly: Se vuoi comincio io...

Ruby: E tu da dove salti fuori?!

H.: Senti, sono sette anni che mi tormenti facendomi fare la figura del deficiente. Speravo di essermi guadagnato un pochino di considerazione in più in queste pagine e invece niente...

R.: Ma se ti ho fatto fare la pace con Benji!

Benji: Appunto. Quando mai avevamo litigato?

R.: Eccone un altro...

H.: Insomma, ammettilo, non ci hai trattati molto bene in questa storia.

R.: (sbuffando) Ammetto solo che non mi siete mai stati molto simpatici.

H.: Ma se all'inizio di tutta la manfrina eri perfino innamorata di questo qua!

R.: Ero alle elementari! Credevo ancora negli eroi, anzi, nei supereroi, visto che è quello che sei. Non amo i perfettini, mi dispiace.

B.: Lo sai che un sacco di lettori ti odiano per questo?

R.: Eh, lo so, mi dispiace...ma doveva essere una storia comica, quindi era ovvio che i personaggi andassero un po' alla deriva.

H.: Di comico, alla fine, c'è stato poco, però.

R.: Vorrei vedere se avessi voglia tu di fare sempre il buffone in sette anni! Lo so, questi ultimi capitoli sono stati delle schifezze...

B.: Pieni di errori, oltreutto.

H.: Pure cronologici. Grossi, eh?

R.: Sigh...ok, quando avrò un po' più di tempo risistemerò tutta la storia, promesso. Ma vi rendete conto che E' FINITA???

H. e B.: Grazie al cielo!

R.: Non mi sembra vero. Non vedevo l'ora, e invece adesso è come se mi mancasse qualcosa...

B.: Sì, il tempo di cazzeggiare!

R.: Sai che sei simpatico proprio come ti immaginavo?

B.: Grazie.

R.: Non era un complimento.

B.: Lo so. Non me ne aspetto, da te...

R.: Va bene, va bene, scusatemi! Prometto che d'ora in poi vi lascerò in pace!

H.: Allora io posso anche andare...

R.:Vai, vai...comunque grazie. E...scusami, dai. Si scherzava. Senza rancore?

B: Ruby...

R.: Eh?

B.: E' già andato via...

R.: Ah, vabbè. Tu, piuttosto, mi servi ancora.

B.: Cosa?!

R.: Non preoccuparti, ti tratterò bene. Ho in mente un'altra ff comica che...

B.:Non dirmelo, non voglio saperlo. Niente più parolacce, però, va bene?

R.: Va bene...ammetti però che non erano del tutto fuori luogo...

B. Beh, nei momenti di rabbia o sconforto ci potevano anche stare...però con me hai esagerato un po'.

R.: Ok, scusa, niente più parolacce. Però ricordati che mi servi ancora.

B.: Va bene, va bene. Posso sapere una cosa, piuttosto?

R.: Spara.

B.: Chi diavolo è Julia??

R.: Julia è una mia cara amica, follemente innamorata di te, che mi aveva chiesto un piccolo cameo nella storia. Spero, se mai la leggerà, che sia contenta del finale...

B.: E' davvero carina come l'hai descritta?

R.: Sì, molto.

B.: Ok, allora va bene.

R.: Altro da aggiungere?

B.: Io no. Dovrebbe essere il momento dei ringraziamenti, credo. Lo so che l'hai tirata per le lunghe apposta per evitarlo, ma è il tuo dovere...

Ok, adesso tocca davvero a me. E, di nuovo, non so da che parte cominciare, così andrò un po' alla rinfusa. Non sono mai stata brava con i ringraziamenti.

Grazie a Erika e a tutta l'amministrazione dell'EFP per aver portato pazienza nei lunghi anni in cui non ho aggiornato niente e per non aver cancellato questa storia come forse avrebbero dovuto.

Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito con altrettanta pazienza (nomi? Melanto, 4Haley4, Maki, Benji79 e tutti quelli che ho dimenticato. Voi lo sapete. Grazie.).

Grazie a chi ha lasciato recensioni negative, che mi hanno stimolato a cambiare rotta e a non mollare.

Grazie a mio marito, il mio Julian, che non leggerà mai queste storie ma che tenta sempre di sbirciare sopra la mia spalla mentre scrivo.

Grazie a Giulia, la mia Julia...non ti dimentico!

Grazie a CowgirlSara, compagna di tante avventure sulla carta. Non ho dimenticato nemmeno te!

Grazie a Bruce Springsteen, Billy Bragg, i Queen e tutti i musicisti che mi hanno aiutato a trovare l'ispirazione.

Ma, per la prima e unica volta nella mia vita, dico grazie a me.

Per essere riuscita, dopo 7 anni, malgrado abbia disimparato a scrivere, a buttar giù un finale come lo volevo io.

Con l'assolo di sax di Jungleland. Ascoltatela, mentre leggete, merita (la canzone, non il capitolo), e provate ad immaginarvi Mark e Julian che si sgolano al concerto di Bruce Springsteen.

Grazie di nuovo a tutti, di cuore.

Ruby 8-01-2011

 

*“The Professor” è il soprannome di Roy Bittan, pianista della E-Street Band di Bruce Springsteen.

  
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