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Autore: everbeenmine    09/01/2011    1 recensioni
Questa storia è il frutto di miriade di sentimenti che colpiscono il cuore di un'adolscente che ama la musica e i suoi idoli. Provando una sincera ammirazione per Taylor Swift e Joe Jonas mi sono cimentata per la prima volta in una OS in cui loro sono i protagonisti.
Tengo a dire che non l'ho scritta perchè prediligo Jaylor o tutte quelle balle lì, l'ho scritta perchè amo loro e la loro musica, e ho provato ad immaginarli insieme, uniti, complici. E' un racconto surreale e romantico, nel quale ognuno può immedesimarsi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva costituito una parte importante della mia vita.
L'avevo amato molto, forse non ho mai amato nessun altro così.
E' stupido ammetterlo, dopo tutto quello che è successo.
Mi ha ferito, mi ha illusa, mi ha usata e poi mi ha buttata via, per questo l'ho persino odiato.
L'ho odiato, sì, ma non ho mai smesso di amarlo.
Solo ora mi rendo conto di quanto siano simili l'odio e l'amore, dopo averli provati entrambi per la stessa persona sono certa che l'uno non possa esistere senza l'altro.
Amavo le sue attenzioni, le sue carezze, i suoi occhi, la sua voce, la sua dolcezza, prima che mi trafiggesse il petto come un proiettile. Da un momento all'altro, senza che sentissi lo sparo, mi trovai un buco nel petto, proprio all'altezza del cuore. Il dolore che provai fu immane, indescrivibile a parole.
Ma presto il dolore si trasformò in rabbia, le lacrime in furore, l'amore in odio, il bisogno di lui divenne sete di vendetta.



Passarono circa due anni.
Non lo sentii più. Vi era forse motivo di farlo? Forse sì, forse no, ma io non ne sentii mai il bisogno, ed evidentemente, nemmeno lui.
Andai avanti, continuai la mia vita, accumulai successi, vinsi molti premi e ottenni riconoscimento per la mia musica. Fu ad essa che mi dedicai con impegno e dedizione, fu a lei che dedicai tutto l'amore che prima donavo a lui, fu su essa che scaricai la mia rabbia, fu ad essa che confessai tutti i miei segreti, senza paura.
Ma un giorno, tutto cambiò.


Mi trovavo a New York, era dicembre, e camminavo tutta imbacuccata su un viale ricoperto di neve soffice. Faceva freddo, ma vedere la neve cadere mi metteva addosso una strana felicità, che mi induceva a canticchiare a labbra socchiuse 'Back To December'. Mille ricordi assalirono la mia mente, senza suscitare rabbia repressa, ma provocando un sorriso innaturale. Cosa stava succedendo? Pensai che fosse colpa dell'aria natalizia, dell'infinito buonismo, delle lucine, dei regali e dell'atmosfera.
La neve cominciò a cadere sempre più fitta, così decisi di entrare in una caffetteria lì vicino.
Mi sedetti, sollevata dal calduccio che ridiede vita alle mie membra congelate.
Una ragazza mi si avvicinò, sorridendo, e mi chiese cordialmente cosa desiderassi prendere. Tolsi il cappotto e le risposi, dopo di che mi appoggiai allo schienale della sedia, godendo di quell'atmosfera accogliente.
Presto il mio sorriso cessò di esistere.
Fuori dalla vetrata della caffetteria lo vidi, era lui.
Ricordi indelebili mi passarono davanti agli occhi.
Cercai di scacciarli.
Era lontano dall'entrata, ma sembrava che avesse intenzione di entrare.
Incrociarlo era l'ultima cosa che volevo, non quel giorno, non il giorno del mio compleanno.
Indossai alla svelta il cappotto e chiesi alla ragazza di farmi portare via il caffè lungo.
Troppo tardi.
Feci per uscire, ma in quel preciso istante fu lui ad entrare.
Faccia a faccia.
Occhi negli occhi.
Un attimo, un flash, scossa lunga la colonna vertebrale.
Perchè?
Per un millesimo di secondo sembrò che mi guardasse con lo stesso sguardo di una volta.
'Impossibile' ripetevo a me stessa.
-Ciao.- disse, sorridendo.
Avrei voluto spaccargli la faccia. 'C'è qualcosa da ridere?'
-Ciao.- risposi senza entusiasmo.
Lo superai e aprii la porta per uscire.
-Ti fermi con me?- chiese, alle mie spalle.
'Stai scherzando?'
Mi fermai. -Scusa?-
-Ti siedi con me?-
-Stavo uscendo.-
-Fa' come vuoi, ma fuori fa freddo.-
-Sopravviverò.-
'*******'
Uscii, pensando a come riuscisse a tirare fuori sempre il peggio di me.
'Che faccia tosta. Per due anni finge di essere morto, poi se ne esce chiedendomi di bere qualcosa insieme'.
Decisi di far finta di non averlo mai visto, solo così avrei potuto evitare di guastarmi la giornata.
Bevvi il mio caffè sotto la neve, smettendo di pensare a quell'episodio. Spensi il telefono, quella giornata doveva essere vissuta senza l'interferenza di nessuno. Era il 13 dicembre, volevo godermelo da sola.
Ma quella voce continuò a risuonare nella mia mente.
'Ti fermi con me' 'Fa' come vuoi' 'Ciao'.
Perchè continuavo a sentirle nella testa, ripetute come un disco rotto, senza riuscire a scacciarle via.
Mi sedetti su una panchina riparata, ad osservare New York innevata, pensando che fosse stupenda.
M'immersi nei miei pensieri, confusi, ma così attraenti da non permettermi di distogliervi l'attenzione.
Cosa che presto fui costretta a fare.
-Posso?-
Mi sembrò di cadere su una lastra di vetro.
Spalancai gli occhi, lasciai cadere le braccia vedendolo occupare il posto vuoto e freddo della panchina accanto al mio.
Annuii, mentre sentii un brutto presentimento.
'Non essere scortese Taylor'.
-Fa freddo eh?-
-Già.-
'Perspicace'.
-Ti piace ancora la neve?-
Annuii.
-Io l'ho sempre odiata. Per questo amo passare il natale sotto il sole caldo di Los Angeles.-
-Allora perchè sei qui?-
-Non lo so neanche io. Avevo nostalgia di questo posto e ci sono tornato.-
Ebbi l'impressione che stessimo parlando decisamente troppo.
-Sei..solo?-
'Che domanda ho fatto?!'
-Sì, sono tutti sparsi nel mondo, ma ci ritroveremo a Natale.-
Per fortuna non aveva inteso male la domanda.
-Ashley è a Los Angeles.-
No, forse aveva compreso sin troppo bene.
Mi morsi la lingua.
Non seppi che dire, conoscevo questa 'Ashley' solo di vista, e non mi faceva né caldo né freddo a dir la verità.
-Tu? Perchè sei qui?- chiese, rendendosi conto che non mi interessava la sua vita privata.
'Domanda ovvia'.
-Ci vengo spesso in giorni come questi. E poi un natale al sole non è vero natale.- fui vaga.
-Capisco. Beh, punti di vista.-
Era vicino a me, la panchina non era molto larga così eravamo costretti a stare appiccicati.
Sentii il profumo del suo dopobarba e sorrisi notando che usava sempre lo stesso.
'Sciocca' mi ammonii.
Crebbe un silenzio imbarazzante, ma sinceramente non sentivo la necessità di intrattenerlo. Per me se ne sarebbe potuto andare senza problemi, non avevo intenzione di trattenerlo a lungo. Anzi mi resi conto che la discussione, se pur banale, stava diventando la più consistente e lunga che avessimo mai avuto in due anni.
Sorseggiai il caffè, e aspettai che se ne andasse, ma non accennò a muoversi.
-Due anni fa, in questo giorno, abbiamo fatto l'amore per la prima volta.-
Mi cadde il caffè dalle mani, sporcando la candida neve ai miei piedi -Cazz*.-
Joe scattò -Ti è caduto addosso? Ti sei scottata?-
Non mi resi conto del mio stivale immerso nel caffè, rimasi imbambolata per non aver ancora elaborato le sue precedenti parole.
Solo dopo se ne accorse -Che c'è?-
L'ira repressa cominciò a fluire nel sangue e a spargersi in tutto il mio corpo.
-Joe cosa vuoi da me? Perchè sei venuto qui? Perchè mi..parli? Credevo che il nostro rapporto fosse chiaro.-
-Credevo che avessi smesso di odiarmi.-
-Ma io non ti odio.-
-Oh, non si direbbe!- si alzò in piedi.
-Ma si può sapere cosa vuoi? Perchè sei qui?- lo imitai.
-Per te! Sono venuto qui per te!-
Silenzio.
Sentii come se avessi preso uno frustata sull'ematoma che avevo sul petto, sentii la ferita riaprirsi, la rabbia offuscarmi il cervello.
-Hai fatto un viaggio a vuoto, Joe.-
-No Taylor, sai che non è così! Il tuo sguardo dice esattamente il contrario. Non hai mai smesso di amarmi, io lo so. Smetti di mentire a te stessa, ma soprattutto smetti di mentire a me!-
Il sonoro schiaffo che gli diedi subito dopo fece girare il suo volto di 90° netti.
-Non provo più nulla per te, e mai proverò qualcosa.-
Venni strattonata forte e così velocemente da non rendermene conto, e sentii le sue labbra sulle mie, calde, umide, tremolanti. Accadde in una frazione di secondo, forse meno. Non capii subito cosa stava succedendo tanta era la rabbia che mi pervadeva.
Lo cacciai via istintivamente.
-Non toccarmi!-
-Taylor, sono mesi che continuo a sognarti, sei diventata un'ossessione. Una vocina mi ripeteva in continuazione di venire qui, qui dove ci saresti stata anche tu. Sentivo il bisogno di vederti, parlarti, toccarti. Io..Non so cosa mi stia succedendo, so solo che ho bisogno di te.-
Avrei voluto piangere. Solo pochi mesi prima avrei dato la vita per sentire quelle parole, ma in quel momento le percepii come affilati coltelli nel petto. Provai delle fitte al cuore per ogni parola che usciva dolcemente dalla sua bocca, e dentro di me lo maledivo e lo odiavo. Avrei voluto baciarlo con foga e allo stesso tempo pestarlo a sangue. Non capivo cosa provavo, non distinguevo le emozioni tanto erano forti e confuse.
-E'..è troppo tardi.-
Ero fidanzata, lo era anche lui.
E un salto nel passato ci avrebbe solo fatto male.
-Che cosa vuol dire? Taylor ho impiegato due anni a capire di amarti, e tu mi respingi così?-
-Devo ricordarti chi mi ha respinto la prima volta?-
Tacque. Il senso di colpa lo tormentava, si vedeva dal suo sguardo.
Si morse il labbro.
-Mi..mi dispiace. Ho sbagliato ad averti lasciata, forse non basta dirti che sono pentito, davvero.-
-No Joe, non basta. E comunque non avrebbe più senso, ora io ho la mia vita e tu la tua. Andiamo avanti così, e basta.-
La mia voce tremava, la mia finta sicurezza e la mia scarsa disinvoltura avrebbero ceduto di lì a poco, ne ero certa.
-Forse ho sbagliato a venire qui, non avrei dovuto. Tanto a quanto pare tu resti ferma nella tua convinzione; vuoi fingere che tra di noi non ci sia stato mai nulla, beh, per me non è facile come lo è per te.-
Deglutii fino a consumarmi la gola pure di non piangere.
-Non importa. Dimentica la notte del 13 dicembre del 2008, dimentica me. E il 'noi' non esiste più.-
Sembrò soffrire per quelle parole.
-Non dirai sul serio. Sai che non è possibile!-
-Vattene Joe.-
Mi lanciò uno sguardo così truce che sembrò spogliarmi delle mie vulnerabili difese e sparì per i vialetti di New York City.
Le lacrime irruppero, e scoppiai in un pianto disperato, mettendomi a sedere nuovamente sulla panchina. In quel momento provai soprattutto odio per me stessa. Mi detestai con tutto il cuore per il finto menefreghismo che avevo mostrato, e paradossalmente odiai lui per avermi abbandonata di nuovo.
Non riuscii a pensare a nulla, se non al suo volto mentre pronunciava quelle maledette parole.
Aveva riaperto una ferita e aveva risvegliato quell'ira repressa, aveva toccato un tasto dolente, avevo cercato di tornare sui suoi passi, senza pensare a quello che avrei potuto provare.
L'egoismo spaventoso di quel meraviglioso ragazzo mi corrosero l'anima, di nuovo, come pochi mesi prima.

Arrivò sera.
Smisi di piangere, perdendo qualsiasi speranza o rimpianto. Mi resi conto di averlo perso per sempre, e pensai che forse sarebbe stato meglio così. Non avevo idea di come avrei concluso quella giornata che sarebbe dovuta essere una delle più belle della mia vita; probabilmente l'avrei passato in qualche pub, o in giro per quella magnifica città.
Era buio, ma le luci natalizie illuminavano la città quasi come fosse giorno.
Camminavo fissando il cellulare che appena riacceso ricevette una raffica di messaggi di auguri dalle persone più impensabili. Li lessi tutti, uno ad uno, ma non risposi.
In un attimo mi ritrovai a terra, dopo uno scontro frontale abbastanza forte.
Un ragazzo si trovò nelle mie stesse condizioni, spiaccicato sulla strada ghiacciata e la schiena ammaccata.
-Caz*o.- disse a denti stretti.
-Puoi stare attento a dove vai?- dissi.
-Veramente sei tu che mi sei venuta addosso.-
Tentai di rialzarmi e cercai il cellulare che avevo un attimo prima tra le mani.
-Hai perso qualcosa?- chiese l'altro, già in piedi.
-Il..il cellulare.-
-Questo?- lo teneva tra le mani come fosse un oggetto fragilissimo -'auguri''auguri''buon compleanno''ti voglio bene''sei speciale''auguri', giornata importannte eh?- esclamò leggendo, mentre con l'altra mano mi aiutò ad alzarmi.
Glielo strappai via fissandolo in cagnesco.
-Affari miei.-
-Tatatatatataaatatatatatataaaa- canticchiò la canzoncina di auguri.
-Grazie per avermi buttato a terra e avermi letto i messaggi, adesso è meglio che vada. Tagliai corto.-
-Aspetta!-
-Sì?-
Solo in quel momento riuscii a guardarlo attentamente. Alto, biondo, occhi scuri, voce suadente.
-Sei sola?-
-Mi vedi con qualcun' altro?-
-Che ne dici di venire con me?-
-Non mi sembra il caso.-
-Secondo te voglio rimorchiare una star strasupermegafamosa la sera del suo compleanno?-
-Spererei di noi.-
-Esatto. Vieni con me?-
-Dove?-
-Vado ad una festa. Tranquilla, ci saranno tante di quelle persone che nessuno si accorgerà della tua presenza.-
-Ah grazie.-
-Non fraintendermi, lo dico perchè così sei sicura di non essere riconosciuta e poterti divertire in pace.-
-Non mi piacciono le feste piene d'alcol e maniaci.-
-Ti sembro un maniaco? E comunque ci saranno anche bibite analcoliche.-
Lo guardai da testa a piedi. Sembrava uno studente con poca voglia di studiare, un comico fancazzis*a che non ha la minima idea di cosa vuole fare nella vita e passa le serate ad ubriacarsi. Sembrava uno pieno di amici, simpatico e intraprendente. Pensai che somigliasse ad un cantante emergente.
-Ok, ma non osare toccarmi con un dito.-
-Ahahah, affare fatto.-

Il ragazzo si rivelò più simpatico di quanto pensassi. Mi fece ridere, cosa che dal quel mattino mi era stato impossibile fare.
-E così..sei a New York per festeggiare il compleanno.-
-Mmh, già.-
-Da sola?-
-Sì, ma è stata una mia scelta.-
-Non stento a crederlo!- scoppiò a ridere.
Gli feci la linguaccia.
-Dove mi stai portando?-
-Ad una festicciola informale in un locale vicino, ci siamo quasi.-

Entrai in una nuvola di fumo, in un intreccio di luci artificiali, in un ammasso di anime.
Era vero, nessuno lì dentro si sarebbe accorto della mia presenza.
-Ti piace?-
-Per il momento..sì, non male.-
Tolsi il cappotto e, trovandomi un po' spaesata, andai a prendere da bere.
La serata continuò, tranquillamente. Ballai con disinvoltura, conobbi alcuni amici di quel ragazzo tanto simpatico che mi disse di chiamarsi Jared, cantai persino una canzone al karaoke. Malgrado quella giornata fosse iniziata nel peggiore dei modi, sembrava che si stesse concludendo davvero bene. Pensai che fosse stato il destino a volermi ripagare del loro che avevo provato, pensai che incontrare Jared fosse scritto dal fato per un qualche strano motivo che solo lui poteva comprendere.
Proprio mentre parlavo con lui, una ragazza ci si avvicinò -Vi dispiacerebbe darci una mano? Avremmo bisogno di rifornimenti! Il nutrimento sta al piano di sopra!- disse scherzando. Evidentemente si trattava di una festa privata.
-Certo!- rispose Jared -Vieni?- mi chiese.
Annuii, pensando che avremmo fatto in fretta.
Così mi prese per mano e mi portò su per le scale, correndo come un matto.
-Sai dove dovrebbero essere queste cose?-
-In realtà no..mmh..rovistiamo in giro finchè non troviamo qualcosa!-
Quel piano sembrava un appartamento, c'erano stanze minuscole come ripostigli ovunque. Entrammo in quasi tutte, assistendo a scene di ogni tipo.
-Mi chiedo perchè queste cose non le facciano a casa loro.- dissi.
-C'è gente che viene alle feste solamente per quello!- rispose Jared, che quella sera aveva dimostrato di essere tutt'altro che un 'maniaco'.
Proprio nel bel mezzo del discorso, ci trovammo circondati dal buio.
Tutte le luci si spensero, la musica cessò di rimbombare in tutto l'edificio e tutti gli invitati cominciarono ad urlare spaventati.
Mi aggrappai istintivamente a Jared.
-Che succede?- chiesi.
-Non saprei. Hai paura del buio?-
-Mmh, non mi è mai piaciuto il buio!-
-Va bene, aspetta mi qui, vado di sotto a vedere cosa è successo.-
-Non vorrai lasciarmi qui da sola!-
-Dai, ci metto un attimo! Ci sarà un blackout. Prendo la torcia e vengo a prenderti. Ok?-
-Ok, ma fa' presto.-
-Sì, fifona.-
Lo lasciai andare e sentii cigolare la porta mentre usciva dalla stanza.
Rimasi incollata al muro, immobile e terrorizzata.
Sembravo una bambina, per poco non risi di me stessa.
Eppure mi trovavo in una stanza di un edificio sconosciuto, quindi la mia paura era più che giustificata.
Attorno a me avevo buio e silenzio così opprimenti che quasi mi tolsero il respiro.
Sentii uno scricchiolio, leggero, quasi impercettibile.
-Chi è?- gridai.
Nessuna risposta.
Lo sentii ancora.
Che ci fosse qualcuno in quella stanza? Una coppietta, un topo, una mosca, una persona?
-C'è qualcuno?-
A tentoni cercai di avanzare verso la porta, ma andai a sbattere contro il muro. A quanto apre mi trovavo dalla parte opposta della stanza e non mi era possibile muovermi.
Gli scricchiolii sul parquet divennero sempre più numerosi e frequenti.
C'era qualcuno in quella stanza.
Corsi sbandando ovunque, dovevo uscire da quel buco.
Mi sentivo come un topo pazzo in una gabbia chiusa, senza via d'uscita.
Quando sarebbe arrivato Jared?
-JARED!- cominciai ad urlare.
Ma niente. Sentivo solo gli invitati di sotto parlare ad alta voce.
Non sapevo come muovermi, dove andare.
Mi girava la testa. Non avevo bevuto praticamente nulla, ma non essendo abituata mi sentii un po' su di giri.
-Taylor..- un voce fioca giunse al mio orecchio.
Pelle d'oca.
'Oh caz*o.'
Non risposi.
Questa volta era chiaro. C'era qualcuno nella stanza. E si stava avvicinando. Sentivo la sua prensenza.
E mi conosceva. Aveva pronunciato il mio nome.
-Taylor..- ancora.
Un sussurro soave. Credevo di averlo già sentito.
Ma non connessi.
Sentii la presenza avvicinarmisi.
Qualcosa mi toccò la guancia.
Sentii il respiro della persona sull'orecchio.
-Ti amo, Taylor.-
Era chiaro.
Colpo al cuore. L'ennesimo. Il profumo del dopobarba che mie era tanto familiare entrò con forza dalla narici e mi saturò i polmoni. Sentii la barba corta sfiorarmi l'orecchio.
Non riuscivo a muovermi.
Subito dopo sentii quelle labbra, docili, leggere, sulle mie.
Non lo respinsi, non questa volta.
Non ne avevo la forza.
Mi baciò con più foga, dopo.
Il tempo sembrò fermarsi di colpo. Mi sembrò che la terra avesse smesso di ruotare su se stessa e intorno al sole, mi sembrò che tutto al di fuori di noi si fosse bloccato.
Sapevo che era lui, ma lo assecondai.
Quel bacio parve cancellare tutto il rancore, l'odio, la sofferenza, le lacrime, il dolore. Era surreale.
Non riuscivo a credere che tutta la mia rabbia stava sparendo. Mi pareva un sogno, una nuvola fragile, una leggera bolla di sapone. Tutti i ricordi più belli riaffiorarono vivi nella mia mente, provocando un sorriso spontaneo.
Dopo mi staccai -Cosa ci fai qui?-
-Potrei farti la stessa domanda.-
-Volevo dimenticare l'episodio di stamattina. Joe, perchè mi hai baciato, perchè complichi le cose?-
-Perchè farlo è il mio mestiere. Taylor, io ti amo, nel caso non l'avessi capito.-
-L'hai già detto.- risi.
-Non posso vederti, ma immagino il tuo sorriso. Immagino quanto sia stupendo. Potrai mai perdonarmi per quello che ho fatto?-
-Non lo so Joe, ho sofferto tanto..-
-Ssh. Tranquilla. Aspetterò.-
-E..quella..- non mi venne il nome.
-L'ho chiamata oggi, le ho detto la verità.-
Era tutto troppo surreale.
-L'hai..lasciata?-
-Sì. Non meritava ancora bugie.-
-Joe, io..-
-Ssh. Ricordi cosa accadde due anni fa? Che sciocco a rendermi conto solo ora del fatto che ti amo tanto quanto allora, se non di più.-
-Io..non l'ho mai scordata.- ammisi, infine.
Un altro dolce bacio annullò tutto quello che successe dopo; la luce tornò, Jared mi trovò tra le braccia di Joe, io e lui passammo la notte più bella della nostra vita e due giorni dopo i giornali lanciarono un nuovo scoop da milioni di dollari.
Non m'importò nulla, avevo di nuovo lui, cosa che, in fondo, avevo sempre bramato.


___

The end.
  
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