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Autore: Mikhi    09/01/2011    1 recensioni
Correre. Correre. Correre.
Dovevano correre, più veloce che potevano, poco importava se la stanchezza prendeva possesso di ogni singolo centimetro del loro corpo.
Poco importava se le gambe davano l'impressione di cedere da un momento all'altro.
Poco importava se la neve, così bianca e fredda, rallentava la loro fuga.
Con un ultimo sospiro afflitto guardò il viso della piccola ed infine la poggiò in terra con dolore, ciò significava abbandonarla, ma se questo comportava la sua salvezza sarebbe stato anche disposto a consumare, a sacrificare la sua vita.
-Che questa eclissi di mezzanotte ti aiuti a vivere bambina mia e che la sua forza giovi alla tua salute ora e per sempre.-
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 3
Strani inconvenienti

















Sin da quando ero piccina avevo sempre creduto che possedere poteri magici, essere in qualche modo "speciali", fosse qualcosa di strabiliante, addirittura affascinante... Ma come si suol dire "non tutto è sempre rose e fiori" ed io lo avevo imparato a mie spese, assaporandolo sulla mia stessa pelle.
Imparare a gestire la propria magia risultava molto più complicato di quanto si possa immaginare: scuole da frequentare, lezioni da assistere e pile di libri su libri da imparare.
Io da ben quindici anni frequentavo la scuola di magia situata nella foresta, non molto distante dalla casa in cui abitavo. Anch'essa come tutte il resto delle abitazioni che popolavano il bosco era una struttura in legno abbastanza ampia, completamente ricoperta di foglie e muschio in modo tale da confonderla con il resto degli arbusti, il motivo di tutto ciò non mi era ancora stato svelato ma, in fondo, non aveva mai catturato la mia attenzione questo particolare.
Al suo interno erano presenti varie aule in cui noi apprendisti insieme al nostro metore frequentavamo i corsi di magia, un laboratorio dove preparare alcune pozioni curative ed infine una zona piuttosto vasta dove poter sperimentare il frutto di ciò che avevamo imparato durante i corsi, una specie di allenamento se così si poteva definire.
«Siamo in ritardo! E' tutta colpa tua Yuki!» mi sgridò con tono acido Fenix velocizzando il passo.
Borbottai qualcosa di incomprensibile sottovoce, questa mattina le urla di Fenix non erano state in grado di buttarmi giù dal letto, ormai era diventato il tran-tran di tutti i giorni: io mi alzavo in ritardo, lui mi rimproverava come sempre ed infine ci presentavamo in aula in disastroso ritardo.
Ormai i guardiani che si occupavano della chiusura dei cancelli avevano imparato ad avere un occhio di riguardo nei nostri confronti.
Lo detestavo quando si poneva in questi modi nei miei confronti, avrei tanto voluto rispondergli a tono, ma decisi che sarebbe stato soltanto uno spreco di parole e così mi limitai a mordemi con foza il labbro cercando di sopprimere l'ulro con un'occhiata inceneritrice.
Fenix era sempre stato così sin dal principio, lo sguardo perennemente serio e molto probabilmente mai scalfito dall'ombra di un sorriso, quelle iridi rosse capaci di incuterti timore al solo contatto, le sopracciglia aggrottate e la chioma corvina che ombreggiava leggermente il suo volto.
La carnagione chiara era messa in risalto dagli indumenti scuri che indossava, specialmente dal mantello da cui non si separava mai, era di una tonalità di blu molto scura, legato con un nastro del medesimo colore sul quale erano appoggiati degli occhiali da vista.
Raramente lo aveva visto indossarli, perlopiù li utilizzava in biblioteca quando effettuava una delle sue mille ricerche, io non la frequentavo molto, nonostante fosse un luogo tranquillo e abbastanza popolato preferivo studiare vicino al ruscello a pochi passi da casa.
Mi passai una mano fra i capelli e sbuffai mentre con poca gentilezza venivo trascinata verso l'entrata della struttura.
«Non c'è bisogno di essere così furiosi a prima mattina e poi solo io sono in ritardo, le tue lezioni iniziano l'ora successiva.» sbottai quasi in un lamento, questa mattina avrei iniziato la giornata con il laboratorio di pozioni curative.
«Cosa credi che debba occuparmi solo della vostra classe?! Ho anche altri impieghi nella scuola!» ringhiò polverizzandomi con uno dei suoi micidiali sguardi che mi fece accapponare letteralmente la pelle.
Nonostante il mio svantaggio in questo campo decisi di girare ancora un po' il dito nella piaga. 
«Ah, davvero? Che tipo di impegni?» domandai con finta curiosità, sinceramente cosa facesse Fenix oltre a gestire la nostra classe non era ancora entrato nella lista delle mie curiosità.
«Non sono affari tuoi.»
Concluse il discorso con una risposta degna di lui in persona, ormai era diventato così prevedibile che ero in grado di costruirmi botta e risposta da sola. Assumeva un comportamento così rude che all'inizio credevo mi odiasse per qualche inspiegabile motivo a me sconosciuto, con il tempo invece avevo imparato a comprendere che in realtà era soltanto un ragazzo privo di qualsiasi tipo di emozione dove il suo unico pensiero era quello di studiare, le mie opinioni su di lui non erano mai state delle migliori.
Dopo qualche altra decina di sgridate e strattoni finalmente giungemmo presso i cancelli della scuola dove un paio di guardie, anch'esse stregoni, sghignazzarono tra di loro appena entrammo nel loro campo visivo.
Conoscendo Fenix se non avessero fatto parte della struttura credo li avrebbe già azzannati, io invece potevo ritenermi fortunata visto che non avevo ancora raggiunto l'altro mondo, ogni giorno mettevo a dura prova i suoi nervi d'acciaio con le mie battutine irritanti.
«Alla buon ora Sayuki!» salutarono entrambi aprendo il cancello e sostenendo con sfida lo sguardo lugubre di Fenix.
Io mi limitai a sorridere e a sventolare la mano ignorando le dita di Fenix che mi stringevano sempre di più il braccio come a dire "Stupida! Quante volte ti ho detto di non socializzare con quegli idioti?!".
Quando arrivammo vicino l'entrata finalmente lasciò andare il mio braccio per poi imboccare il primo corridoio fino a sparire dietro l'angolo senza nemmeno rivolgermi un saluto.
Scrollai la testa e calzai la sacca sopra la mia spalla dirigendomi verso il laboratorio di pozioni curative. Il laboratorio rientrava fra le aule più grandi della scuola, la stanza era occupata perlopiù da enormi scaffali ricolmi di erbe medicinali ed altre sostanze benefiche.
Un cartello abbastanza visibile fece arrestare la mia camminata svelta e, dopo aver inspirato una buona boccata d'aria, poggiai la mano sopra la maniglia aprendo timidamente la porta dell'aula.
Lo sguardo severo della maga seduta accanto alla cattedra mi fece gelare il sangue nelle vene, tutto il corteo degli apprendisti della mia classe mi squadrava con aria divertita e dei sorrisi sfuggivano sui loro visi, ormai era come se fossi diventata il buffone di corte il cui la sola presenza bastava a scatenare le risate fragorose dei commensali.
«Mi domado se riuscirai mai ad arrivare in orario Sayuki.» mi rimproverò con tono grave fulminandomi con le sue iridi di ghiaccio.
Senza proferire alcuna parola mi trascinai verso il mio banco dove la mia compagna mi osservava quasi con compassione, odiavo questa terribile ed imbarazzante situazione.
Mi accasciai sulla sedia, gettai la borsa ai piedi della sedia e diedi un calcio a Sohra. 
«Smettila di fare così ogni volta! I rimproveri basta e avanzano!» sibilai aggrottando le sopracciglia.
Era pur sempre la mia migliore amica ma la detestavo quando cercava di fare il medico pietoso.
«Non fare così Sayu.» bisbigliò scrivendo contemporaneamente sopra un quaderno alcuni appunti che la professoressa stava dettando.
Tamburellai con le dita sul banco di legno. 
«Quella donna mi odia!» mormorai indignata.
Effettivamente non rientravo di certo fra le simpatie di tutti i professori ma ero sicura che quell'arpia non mi avesse mai sopportato sin dall'inizio: Sohra diceva che era soltanto una mia paranoia mentre Shiro, il mio migliore amico, aveva sempre sostenuto che non era ancora riuscita a digerire il fatto che abitavo nella stessa casa di Fenix. Qualche voce di corridoio assicurava che un tempo fossero una coppia ma non era del tutto sicuro e, conoscendo Fenix ed il suo carattere, avere una ragazza lo avrebbe distolto troppo dallo studio per i suoi gusti.
«Sei paranoica Sayu.» borbottò guardando la lavagna e senza badare ai miei commenti acidi.
Alzai gli occhi al cielo. 
«Certo che mi odia! Ma tu non puoi capire la mia situazione! Sei totalmente venerata da tutti i professori di questa scuola e non so come sei riuscita ad entrare anche nelle grazie di Fenix!» ringhiai cercando di mantenere i nervi saldi, ero sicura che fra poco mi sarei ritrovata in infermeria per un collasso emotivo.
Sohra mugugnò qualcosa con aria contrariata ed infine decise di lasciarmi perdere almeno fino alla fine dell'ora, io invece raccolsi un foglio dalla sacca ed iniziai a scarabocchiare qualche vignetta.



La pausa pranzo era appena terminata ed il mio voto in pozioni curative non aveva subito alcun miglioramento come mi aspettavo, avevo sfogato tutta la rabbia repressa nel cibo che mi aveva preparato Fenix rischiando quasi di soffocarmi.
Dopo un altro passo scalciai con violenza alcuni ciottoli sul viale incurante della persona che camminava avanti a me, il sangue ribolliva nelle mie vene ed il mio corpo necessitava di urlare a pieni polmoni, forse la lezione di addestramento avrebbe contribuito al mio sfogo personale.
«Sayu devi calmarti, lasciala perdere a quella befana. Piuttosto vediamo di finire nel migliore dei modi questo allenamento...» sospirò con tono allusivo lanciando un'occhiataccia al campo di fronte.
A Shiro non era mai andato a genio Fenix, forse perchè tutte le studentesse della scuola lo veneravano come un Dio sceso in terra, oppure perchè era geloso che Sohra gli dedicasse più attenzioni del dovuto; lei era il completo opposto, si poteva dire che adorasse le lezioni di Fenix e potevo anche ammettere che fosse la più brava della nostra classe con l'uso delle magie.
«Non sai quanto ti invidi Sayu, hai la fortuna di abitare anche nella sua stessa casa!» esclamò giosa, conoscendola non vedeva l'ora di presentarsi dinnanzi Fenix e dare sfogo al suo miglior repertorio di magie.
Soltanto Shiro, Sohra ed il preside della scuola erano a conoscenza della mia convivenza con il citato e da come continuava a sostenere il mio migliore amico secondo lui la professoressa Kheir era venuta a capo di questa faccenda odiandomi di conseguenza.
«E' soltanto una tremenda sciagura, per colpa sua i miei voti in pozioni curative sono disastrosi!» esclamai passandomi entrambe le mani fra i capelli con nervosismo.
«Concordo con te.» mi assecondò Shiro dandomi una pacca amichevole sulla spalla per consolarmi.
Sohra scrollò il capo come se avessimo appena detto la sciocchezza più grande di questo mondo. 
«Cosa darei per essere la sua ragazza.» sospirò con aria sognante, magari immaginandosi anche una scenetta con loro due seduti sulla cima di una collina con i pallidi raggi lunari a fare da sfondo.
«Beh, effettivamente saresti il tipo perfetto per Fenix: alta, snella, splendida e secchiona quanto lui.» sorrisi beccandomi una gomitata senza perdono sul fianco sinistro da Shiro, avevo toccato un tasto dolente.
Un'occhiata fulminata partì direttamente verso la mia direzione dalle iridi smeraldine di Shiro. 
«Che amica che sei Sayu! Al posto di aiutarmi elogi quel tipo?!» sussurrò al mio orecchio in modo tale che Sohra non ascoltasse la conversazione anche se, presa com'era dai suoi pensieri, non avrebbe prestato minimamente attenzione neanche se le fosse passato accanto un dinosauro.
«Come non detto, ritiro tutto.» misi le mani davanti come segno di arresa.
In effetti Sohra era davvero una bella ragazza, i capelli color mogano si intonavano perfettamente alle iridi ocra, la pelle era leggemente abbronzata e perdipiù intelligente e brillante negli studi.
Anche Shiro era un tipo carino, si poteva dire che fu la mia prima cotta un bel po' di tempo fa, la cosa che più mi piacque sin dal principio furono i suoi occhi di un verde quasi magnetico che andavano magicamente a braccetto con la chioma biondo cenere, non ebbi mai il coraggio di dichiararmi e così finì per diventare solo il mio migliore amico innamorato perdutamente di Sohra.
«Disponetevi in fila.»
La voce di Fenix rimbombava per il campo di addestramento, il suo sguardo era diretto verso una cartella azzurra che stringeva nella mano destra mentre con la penna ticchettava un ritmo inventato contro la sua gamba.
Dopo esserci disposti in una lunga fila chiamò ognuno per nome per accertarsi della nostra presenza, o quantomeno della mia dato che da più di cinque giorni non mi presentavo all'addestramento giornaliero che spettava ad ogni apprendista.
L'addestramento consisteva nel centrare il bersaglio con la propria magia di attacco, di solito consisteva nel dominare gli elementi e sfruttarli come difesa oppure in casi gravi come attacchi.
La fila iniziò pian piano a decimarsi con il passare del tempo finchè non toccò il turno di Sohra, sul suo volto era stampato un sorriso a trentadue denti e per le prossime ventiquattro ore nessuno le avrebbe toltoquel ghigno dalla faccia.
Evocò la sua arma che consisteva in due aste composte di acqua, ovvero il suo elemento.
«Water!»
Prese la mira e successivamene scagliò un'ondata d'acqua contro il bersaglio qualche metro più distante di lei, una mira ottima si poteva dire.
«Brava Sohra. Anche questa volta hai dato il meglio di te.» si complimentò appuntando il voto sopra la cartella azzurra.
Sohra si voltò raggiante verso di me e mi schiacciò il cinque per poi saltellare allegramente vicino la recinzione di legno insieme al resto della classe.
Questa volta invece toccò a Shiro, le sue armi a differenza di Sohra erano rafforzate dall'elemento opposto, l'elettricità.
«Thunder!»
Nella sua mano destra apparve una lunga spada a prima vista molto pesante che indirizzò contro lo stesso bersaglio attaccato dall'onda di Sohra.
Un fulmine partì in direzione del bersaglio provocando una leggera esplosione che alzò una leggera coltre di polvere.
«Non c'è male Shiro. Ma puoi fare di meglio.» sentenziò scrivendo un altro voto sul foglio bianco.
Shiro grugnì qualcosa in sottovoce e con un muso lungo si apprestò a raggiungere il resto degli apprendisti che già avevano mostrato le loro tecniche di combattimento.
Ok, panico. Odiavo ammetterlo ma anche la mia media nella lezione di addestramento non era delle migliori, era degenerata irrimediabilmente a causa delle mie numerose assenze e se in questa dimostrazione non avessi preso almeno il voto più altro mi sarei giocata l'apprendistato.
Lo sguardo grave di Fenix era puntato su di me e questo bastava a mettermi in completa agitazione e le incitazioni di Sohra di certo non avevano un effetto calmante sul mio umore.
«Sayuki...» sospirò piccato Fenix incrociando le braccia. «Stiamo aspettando la tua dimostrazione.»
Perchè tutta questa fretta?!  Fu l'unico pensiero che il quel momento balenò nella mia mente. Senza aspettare altri rimproveri allungai il braccio dinnanzi a me e pochi secondi dopo apparve un lungo scettro di legno che terminava con una sfera viola di normali dimensioni, avvolta un filo argentato come a luna.
«Spiritual Bolt!»
Divaricai leggermente le gambe e indirizzai la punta dello scettro contro il bersaglio.  Una grossa sfera che variava dalle tonalità del blu e del rosso si scaraventò contro il bersaglio centrandolo in pieno e provocando un'onda d'urto che per poco non mi fece cadere all'indietro.
Stropicciai gli occhi più volte a causa della grossa foschia che si era innalzata finchè non fu chiaramente visibile il manichino ridotto ad un cumulo di rovi ardenti, dove alcune fiammelle azzure bruciavano i resti ancora integri.
Non fui in grado di realizzare in modo immediato ciò che avevo appena compiuto ma i sussulti sorpresi che vibrarono fra le labbra del resto degli apprendisti bastò ad accendere la lampadina nel mio cervello in modo tale da da farmi mettere a fuoco il disastro che albergava a pochi metri da me.
Lo scettro che stringevo poco fa nella mano destra cadde terra svanendo dentro un fascio di luce mentre le mie iridi incredule si andavano pian piano a posare su Fenix che, visibilmente interdetto, sembrava che avesse appena visto un fantasma.
La penna che pochi minuti fa picchiettava sulla cartella azzurra cozzò contro il terreno e le sue palpebre spalancate osservavano al dir poco stupefatte il manichino completamente bruciato.
Il mio corpo in cuor suo desiderava scappare al più presto da quel luogo ma i miei piedi davano l'impressione di aver impiantato delle radici nel terreno che impedivano anche il più piccolo movimento, ero al dir poco spaventata da ciò che avevo compiuto, di solito la mia magia di attacco si basava sull'elemento primario, il fuoco. Quello che avevo creato oggi era del tutto differente, il bersaglio presente nel campo di allenamento aveva resistito ad ogni sorta di attacchi da molti, moltissimi anni conservando la sua forma integra mentre ora le fiamme azzurre avevano consumato anche il più piccolo frammento.
«E' ora di rientrare in aula. Iniziate a percorrere la strada del ritorno.» ordinò Fenix indicando il viale che conduceva verso l'entrata principale della struttura.
Il resto degli apprendisti obbedì alle sue parole percorrendo la strada del ritorno in un religioso silenzio mentre Fenix dopo aver riacquistato l'autocontrollo perduto si avvicinò con molta calma alla sottoscritta.
Non mi azzardai a proferire parola finchè non fui sicura che tutti gli studenti fossero abbastanza lontani e che Fenix non si fosse avvicinato a me. 
«Che cos'è successo?»
Lo vidi passarsi una mano fra i capelli mentre un lungo sospiro afflitto sembrò spaccare i miei timpani. «Questo dovrei chiederlo a te.»
Mi voltai di scatto armandomi del peggior sguardo assassino che avessi mai mostrato in vita mia. «Credi che io lo sappia?!» urlai finalmente con tutto il fiato a disposizione liberandomi di quella sensazione sgradevole che opprimeva il mio stomaco.
Molto probabilmente sarei scoppiata a piangere da un momento all'altro per tutta la rabbia che scorreva nel mio sangue, ma sapevo anche che sarebbe stato del tutto inutile. Eppure perchè dovevo essere l'unica apprendista che possedesse un paio di iridi viola, cosa c'era che non andava in me? Da quando ero piccola questo particolare mi contraddistingueva dal resto degli studenti della scuola, all'età di dieci anni non ero stata in grado di trovarmi degli amici, alcuni mi evitavano, altri fuggivano terrorizzati mentre altri ancora mi definivano diversa.
Soltanto Shiro e Sohra mi ritenevano in qualche modo speciale, a loro non importava se avessi gli occhi viola oppure qualche altra stranezza che mi differenziava dal resto degli apprendisti.
«Perchè piangi?» domandò calpestando con la suola delle scarpe avanti e indietro sempre lo stesso pezzo di terra.
Non riuscivo a decifrare correttamente il suo sguardo, forse perchè le lacrime mi appannavano pian piano la vista oppure perchè il mio cuore si rifiutava di interpretarlo.
Con il dorso della mano cercai di asciugarmi come meglio potevo le guance completamente inzuppate e con la poca lucidità e forza che mi permetteva ancora di reggermi in piedi gli risposi.
«Perchè per una buona volta non la pianti di fare domande stupide?» chiesi con innaturale calma da lasciar spiazzata prima me stessa che Fenix.
Per un breve istante lo vidi sbloccarsi a metà passo e girarsi verso la mia direzione mentre un paio di mani si andavano a poggiare sulle mia spalle, si abbassò in modo tale da raggiungere la mia altezza e far incrociare definitivamente le nostre iridi.
«Perchè piangi?» mi ripetè ancora una volta scandendo attentamente ogni singola parola, come se stesse parlando ad una bambina.
Tirai su con il naso continuando a singhiozzare silenziosamento. 
«Anche tu mi consideri un mostro come tutti gli altri.»
Fenix sbattè un paio di volte le palpebre ed iniziò a scrollarmi vigorosamente come una bambola nella speranza che non fossi del tutto uscita fuori di testa. «Yuki stai scherzando?!» mi urlò in faccia aggrottando le sopracciglia.
Con uno schiaffo scacciai entrambe le braccia di Fenix e mugugnai un flebile "mi fai male" per poi guardarlo in cagnesco.
«Adesso non solo mi eviteranno per il colore dei miei occhi ma mi riterranno anche un pericolo pubblico! Che cos'altro potranno mai farmi? Espellermi dalla scuola?» esclamai con rabbia raccogliendo le ultime lacrime che inumidivano le ciglia con il dito mentre Fenix si mordicchiò il labbro trattenendo a stento quella che sembrava una fragorosa risata.
«Che cosa c'è di divertente?» mi lamentai incrociando le braccia e fulminandolo con lo sguardo.
Fenix scosse la testa. 
«Sei una stupida Yuki. Credi davvero che io ti consideri un mostro?»
«Uhm. Forse.»
«Probabilmente hai ragione, assomigli molto ad un cactus alieno.» replicò iniziando a ridere come non aveva mai fatto in vita sua, restai di stucco a vedere il corpo di Fenix contorcersi in una risata.
Da quando abitava in casa sua non avevo mai visto stendere le sue labbra in sorriso mentre adesso per poco non gli uscivano le lacrime dagli occhi. Effettivamente era così buffa e coinvolgente che ne scappò una anche a me.
«Cactus alieno?» domandai alzando un sopracciglio.
«Si. Sei sempre sulla difensiva, pronta ad attaccare con quella tua lingua troppo lunga, cactus.» ridacchiò ricomponendosi e raccogliendo la cartella azzurra e la penna che aveva lasciato cadere prima.
Sbattei un paio di volte le palpebre ed infine decisi di lasciar perdere quel discorso senza senso, la cosa più importante che adesso occupava i miei pensieri era quella strana magia che avevo lanciato contro il bersaglio.
«Comunque... Adesso cosa si fa?» chiesi un po' perplessa guardando con aria spaesata il campo di allenamento.
Fenix fece spallucce. 
«Per ora andrò a parlare con il preside, poi vedremo cosa fare.»
Increspai leggermente le labbra, ero sicura che l'indomani sarei diventata il nuovo fenomeno da baraccone della scuola portandomi la nominata della "ragazza strana e pericolosa" almeno fino alla fine dell'apprendistato, poi finalmente avrei abbandonato quello stupido edificio.
«Ok, facciamo il resoconto della situazione. Ho gli occhi viola, ho distrutto il manichino del campo che resisteva quasi da secoli e molto probabilmente ho anche un'arma difettata! Adesso ci manca solo che mi trasformi in un mostro oppure che creino una sezione apposta per me.» bofonchiai agitando le braccia in aria.
«Non preoccuparti piccolo cactus alieno, troverò la soluzione. E' una promessa.» sorrise battendomi il palmo della mano in testa compatendomi per l'ennesima volta anche lui. Stavo iniziando a credere che lui e Sohra mi avvessero scambiato per un cane abbandonato.
Sospirai. 
«Beh... Uhm... Grazie?»
Fenix si girò verso di me e con tutto lo stupore di questo mondo mi abbracciò. «Per te questo e altro.»
Wow fu l'unica cosa che passò attraverso l'anticamera del mio cervello, troppe emozioni contemporaneamente, il mio cuore non ce l'avrebbe fatta ad un altro colpo basso come questo.
«F-Fenix che stai facendo?» la mia voce tremava così tanto da assomigliare al belare di una pecora.
Sembrava che il mio corpo si fosse così fossilizzato che per qualche minuto pensai di aver perso anche le capacità motorie, Fenix che abbracciasse qualsiasi tipo di essere con un paio di gambe e braccia era l'evento più raro del mondo intero, umanamente impossibile, così inconcepibile che non ebbi nemmeno il coraggio di ricambiarlo.
«Ti abbraccio.» rispose tranquillamente.
«No. Non c'ero arrivata.» ironizzai pizzicandogli il fianco destro.
Lui scrollò il capo. 
«Domanda stupida risposta stupida.»
«Sai che questo non farà piacere alla professoressa Kheir?» sorrisi.
Fenix si staccò da me e sbattè la cartella azzurra contro la mia testa. 
«Questo non fa testo.» asserì aprendo il cancello del campo di addestramento e uscendo.
Adesso potevo anche ammettere di sentirmi meglio, il mio umore era del tutto migliorato senza dubbio. Chiusi il cancello alle mie spalle ed infine raggiunsi Fenix. 
«L'ultima cosa che pensavo è che tu avessi un lato buono, di solito sei sempre così burbero, antipatico, insopportabile e molte, moltissime volte anche orribilmente irritante.»
«Tu hai una lingua troppo lunga per i miei gusti Yuki.»
«Grazie.»
«Cosa?»
«Grazie.» ripetei.
«Di niente stupido cactus.»
Lato buono o no, Fenix restava sempre un gran pezzo di imbecille.
 








                                                                                            

   
 
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