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Autore: baka_the_genius_mind    09/01/2011    13 recensioni
Ruki, una voce decisamente troppo potente per l'esile corpicino.
Kai, innocuo, goffo e disarmante come un coniglietto che inciampa sulle sue stesse orecchie.
Reita, fiero e sprezzante, ma con un cuore così grande e avvolgente che non riesce a nasconderlo.
Uruha, la cui esitazione nasconde una strana fragilità.
Aoi, la vita entusiasticamente votata ad amare incondizionatamente gli altri quattro.
E poi?
Poi c'è lei.
[Buon rientro a scuola a tutte.]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sorci, Mostri e “Polipate”




Un urlo di polmoni squarciò l'aria assieme ai miei sogni.

Mi alzai a sedere con un scatto secco e una coperta di cui non conoscevo la provenienza cadde sul pavimento del salotto; la guardai per qualche istante, frastornata, mentre mio figlio continuava a sgolarsi dalla culla posta in camera mia. Era uno scricciolo di moccioso, alto neanche un metro e che cascava in terra ad ogni passo, ma aveva una voce potente.

Mi passai una mano sugli occhi, gemendo, e gettai i piedi giù dal divano.

«Il sorcetto ha fame.»

Apparve Aoi con il piccolo in braccio, che si era momentaneamente calmato ed era tutto intento a ciucciarsi il colletto della camicia del suo salvatore. Fino a pochi mesi prima quest'ultimo si sarebbe ritratto schifato, ma aveva acquistato -era stato costretto ad acquistare- la pazienza necessaria a tenersi in braccio il piccolo Ruki e a cambiarsi almeno tre volte al giorno.

«Arigato.» alzai lo sguardo allo sgangherato orologio da parete «Ha anche ragione, piccino, avrebbe dovuto mangiare un'ora fa.»

Mi alzai tendendo le mani e il piccolo si incastrò fra le mie braccia prendendo d'assalto la mia maglietta.

«Mangia troppo, diventerà una piccola mongolfiera.» mormorò il maggiore, scompigliando al fratello quel ridicolo ciuffetto spelacchiato di capelli neri come la notte che aveva ereditato dal padre. Con un piccolo sospiro pensai che sarebbe diventato uguale a lui, e che quegli occhi erano solo l'ennesima prova concreta a sostegno di tale mia previsione.

Scacciai l'ondata intensa di dolore con un grosso respiro: fin da quando Ruki aveva tratto il primo, piagnucolante e rumoroso respiro, mi ero ripromessa che l'ultimo mio figlio non sarebbe cresciuto in mezzo ad un lutto doloroso e angoscioso. Avevo riversato in lui tutto l'amore che potevo dargli, relegando l'angoscia in un angolo buio e dimenticato della mia mente, e lui mi aveva ricambiato diventando una luce così potente da rischiarare e rasserenare anche quel cantuccio oscuro della mia vita.

«Tu mangiavi molto più di lui.» lo analizzai con un'unica occhiata critica «E sei secco come uno spaghetto.»

Aoi sbuffò, alzando gli occhi al cielo, con una smorfia eloquentissima che pareva deridermi per la mia costante apprensione. Ruki ridacchiò, e sporse le mani verso il fratello, il quale, sorridendo, sbuffò ancora. Arrivammo in cucina in un concerti di sbuffi e squillanti scoppi di risa.

«Il sorcio si è svegliato?»

Lanciai un'occhiataccia risentita ad Uruha, comodamente spaparanzato sulla sedia a dondolo di mia madre, i libri di scuola aperti sul tavolo e abbandonati a loro stessi.

«Non è un sorcio.» affermai indispettita, alzandolo poi fino al mio volto e facendo sfiorare i nostri nasi «È un topino!» cinguettai poi gioiosamente, provocando l'ennesima sonora risata.

«Dei, fermatela prima che si metta a tubare!»

Ignorai il secondo figlio in ordine di arrivo e cassai la risata del primo con una sdegnosa alzata di spalle.

«Andate a svegliarmi i gemelli, piuttosto.» brontolai fingendo irritazione, mentre, posizionato Ruki in bilico su di un braccio e appurato che non avesse intenzione di fare il funambolo sul mio fianco (cosa che capitava regolarmente), cominciai a riscaldargli la merenda.

Con la coda dell'occhio vidi Aoi e Uruha sparire nel corridoio.

Sorrisi, mentre “il mio topino” tendeva quelle braccine lunghe quando un mio piede verso il pentolino, sporgendosi quasi fino a caderci dentro.

Aoi si era auto-proclamato mia personale guardia del corpo, nonché deterrente umano di ogni mio spasimante e baby-sitter a tempo pieno della restante prole (che all'epoca era costituita da Uruha solo) da quanto il mio primo marito ci aveva abbandonati; era rimasto così deluso e amareggiato dal tradimento di quello che era in assoluto il suo eroe, che aveva relegato tutto al secondo posto, lasciando la cima del podio alla sua famiglia.

Era stato un fedele guardiano e ancora oggi penso che sia stato, assieme al fratello che allora non aveva ancora compiuto cinque anni e che di certo non poteva capire il motivo dell'improvvisa assenza del padre, l'unico appiglio che mi abbia permesso di tornare alla vita dopo una disperazione di tale entità.

Quando poi erano nati i gemelli, aveva semplicemente perso la testa.

Innamorato cotto, di un amore fraterno così insormontabile ed intenso che raramente riuscivo a tenerli in braccio senza che lui pretendesse di coccolarsene uno. Li guardava come se fossero figli suoi, con una devozione tale che riservava solo a loro e ad Uruha, che però era decisamente troppo grande per essere preso in collo e spupazzato.

«...e c'era un mostro.» asserì seriosamente Reita entrando in cucina, la fronte corrugata e una manina stretta attorno allo stesso colletto che Ruki aveva ciuccato pochi minuti prima, seduto comodamente su un braccio di Aoi.

«E tu che hai fatto?» gli domandò questi con interesse.

«L'ho ucciso, ovvio.» dichiarò pomposamente quel nanetto di bambino con una smorfia sprezzante sul viso «E Kai mi ha dato una mano.» aggiunse poi, sporgendosi dalle braccia del fratello per assicurarsi che il gemello li stesse seguendo, come effettivamente stava facendo, dormendo, in collo ad Uruha.

«Vedi?» proseguì poi, ritornando ad accomodarsi in braccio ad Aoi «Dorme perchè abbiamo fatto tanta fatica.»

Sporse le labbra in un'espressione pensosa.

«Era un mostro molto grande.» considerò poco dopo, mentre il maggiore lo sistemava sulla sua sedia e gli metteva davanti una ciotola enorme di cereali. Ma lui non li degnò di un solo sguardo.

Si accorse di Ruki e in quel preciso istante il mondo perse tutta la sua attenzione.

Scivolò a terra e mi raggiunse, guardando il piccoletto dal basso, il quale, appena si accorse dello sguardo adorante di Reita, lanciò uno strillo, scalciando ed esigendo si stare in braccio a lui.

Lo stesso amore reverenziale che Aoi provava nei suoi confronti, lui lo dava tutto a quello scricciolo urlante.

È la cosa più preziosa, mi aveva confidato un giorno guardandolo dormire sul divano, seduto scomodamente sul tappeto solo per permettere al piccolo di continuare a stringerli l'indice che gli aveva afferrato prima di cadere addormentato.

Aveva quattro anni e ancora la spiacevole abitudine di succhiarsi il pollice, il giorno in cui Ruki aveva aperto per la prima volta quegli occhi enormi trovandosi lui davanti al naso.

Quel che si dice, amore a prima vista. E del tutto reciproco.

Tanto Reita lo trattava come fosse una statua di cristallo da venerare, tanto Ruki lo premiava e ricambiava coi suoi sorrisi più splendenti e coi suoi baci appassionati.

Temevo che, con la nascita del piccino, sarebbero sorte gelosie, che io ricordavo come appuntamenti quotidiani con mio fratello, ma era stato subito palese che Reita lo avrebbe protetto fino all'ultimo respiro.

Kai, dal suo canto, era innamorato del mondo e non sarebbe stato capace di far male ad una mosca; se giocando Ruki gli rubava una macchinina, lui gli sorrideva amabilmente (e dava mostra di quelle paffute fossette che tutti dovevano ancora capire da chi avesse preso) e dedicava la sua attenzione alle costruzioni e se il piccolo gli rubava anche quelle lui passava ai peluches, non senza un altro, grandissimo sorriso.

E se non era intento ad ammirare ciò che lo circondava con gli occhi spalancati e la risata sempre pronta, dormiva.

Al tempo la pediatra del policlinico si era allarmata dal fatto che saltasse il pasto della notte, ma io ero così contenta che almeno lui dormisse tranquillamente nonostante il gemello si prodigasse in acutissimi gorgheggi spaccatimpani, che non avevo neanche preso in considerazione l'ipotesi di svegliarlo per dargli da mangiare.

«Posso avere Ruki, kudasai?»

Feci un cenno ad Aoi e lui sollevò Reita, permettendogli di sedersi sopra il tavolo.

Diventava un piccolo gentiluomo quando voleva qualcosa; non avevo dubbi sul fatto che da grande avrebbe avuto un successo strepitoso con le ragazze: quei sorrisoni a metà fra il colpevole e il malizioso riuscivano già allora a sciogliere donne navigate e esperte come mia madre.

Quando assisteva a scene simili, storceva il naso brontolando qualcosa riguardo l'igiene, ma io preferivo quella situazione a pericolose ed instabili arrampicate di fortuna sulle sedie. E dopotutto Aoi era sempre lì, vigile come una sentinella.

E, al limite, Reita riusciva a fregarla con un solo sorrisetto, qualche kudasai smieloso e sbattimenti vari di ciglia.

Poggiai accanto a loro la ciotolina col frullato di frutta e posi Ruki in braccio al fratello, il quale si premurò di farlo sedere sulle sue gambe incrociate, passando una mano dietro la sua schiena per sostenerlo.

«Cucchiaini piccoli, Rei, miraccomando.»

Lui annuì tutto concentrato e lasciò di buon grado che Ruki gli tirasse i capelli.

Gli diedi le spalle con tranquillità.

Kai sonnecchiava abbarbicato al collo di Uruha il quale me lo passò con un sorriso.

«Kai-chan? Chibikko?»

«C'è un mostro...» miagolò assonnato, stringendomi e nascondendo il volto nel mio collo.

«Ma come? Tu e Reita non l'avete ucciso?»

Dopo un mmmmhh sonnacchioso, si allontanò di poco, strofinandosi un occhio con la manina chiusa a pugno, in un gesto che ogni sacrosanta volta mi scioglieva il cuore. Perchè se ormai ero immune ai bronci astuti di Reita, non avevo ancora imparato a difendermi dalla dolcezza disarmante del fratello.

«L'abbiamo ucciso?» domandò confuso.

Gli sorrisi, cercando di pettinargli l'ingestibile chioma di capelli arruffati.

«Kai non ti ricordi?» intervenne Reita, mentre io faceva sedere il mio addormentatissimo figlio sulla sua seggiola; questo guardò il fratello gemello come se non lo avesse visto per secoli e secoli, svegliandosi di botto, e gli regalò un sorriso enorme colmo di ammirazione. Reita era sempre stato il più scalmanato, il più vivace, il più testardo e il più casinista, praticamente l'opposto di Kai, il quale da parte sua covava un'adorazione pressoché sconfinata verso di lui.

«Quando tu lo tenevi per le antenne io l'ho intrappolato e ucciso! Così!» berciò infervorato, brandendo il cucchiaino pieni di frullato come se fosse una sciabola; Ruki seguì quelle rotazioni con la boccuccia spalancata finchè Aoi non ebbe cuore di lui (e della cucina) e si decise a togliere il cucchiaino dalle manine di Reita (il quale continuò incurante a gesticolare come una piovra impazzita) e a infilarlo in bocca al piccolo, che lo ringraziò ingoiando con gratitudine e ridacchiando.

Uruha fissò la scena con un sopracciglio incollato all'attaccatura dei capelli, ma sbuffò una risatina rassegnata.

Ad un'occhiata esterna si poteva pensare che considerasse un peso l'asilo nido che gli si attaccava alle gambe ad ogni passo; perchè se Aoi era considerato alla stregua di un papà molto giovane (e nulla avrebbe potuto renderlo più felice di questo), lui era visto come il maturo fratello maggiore, che meritava tutta la stima e il rispetto che quei tre piccoli mocciosetti potevano avere.

Lui rispondeva tiepidamente a tutto quell'affetto, in modo goffo, quasi maldestro.

Chi non lo conosceva bene scambiava il terrore folle di deluderli come indifferenza, o anche fastidio o disprezzo.

«Rrrrrruaah!»

Soffocai una risatina nel vederlo sobbalzare come se gli avessero infilato un cubetto di ghiaccio nella felpa. Indirizzò lo sguardo verso Ruki, il quale sghignazzò felice, beandosi della sua attenzione, prima di venir distratto dai movimenti di Aoi.

«Io come mi chiamo, pidocchio?»

Storsi il naso di fronte al nuovo nomignolo. Dovevo ancora scendere a patti con “sorcetto” e “pulce”.

«Iiiiii!» rispose estasiato Ruki, tendendo le braccine verso il “papà”, il quale lo prese in braccio volentieri, permettendogli di buon grado di mordergli una guancia.

«Fai progressi pulce, ti mancano solo due vocali.» commentò acidamente, anche se con quel sorriso smisurato in volto dubitavo che qualcuno gli avrebbe creduto.

«Io ti consiglierei di stare attento, nii-san... non vorresti mai ricevere un bacio con la lingua al sapore di frullato di pera come quello che mi ha dato ieri il sorcio.» mormorò Uruha, fingendo di rabbrividire dal disgusto.

«Mmmmaaaa!» esclamò tutt'un tratto il piccolo, fissandomi con curiosità.

Aoi e Uruha finsero con gran discrezione di notare l'unica lacrima che mi aveva solcato la guancia. Ma lo stesso non si potè dire di quella sottospecie di... budino affettuoso di Kai.

«Perchè piangi?» mi domandò con gli angoli della boccuccia inclinati verso il basso in un comico sblack.

«Era preoccupata per voi, gemelli. Un mostro così grande è molto pericoloso, temeva che vi avrebbe fatto male.» dichiarò convinto Aoi porgendomi Ruki, il quale era ben felice di passare di braccio in braccio come un sacco di patate.

Reita rimase con una mano inchiodata all'aria, improvvisamente rabbuiato.

«Non volevamo farti paura... vero Kai che non volevamo?»

Il fratello scosse la testa con così impegno e foga che rischiò di cadere dalla sedia.

«È tutto a posto, pulcini. Non vi preoccupate.» mormorai con un sorriso, reprimendo a forza la voglia di scoppiare in lacrime. Se di commozione di fronte a cinque perfette parti della mia anima o di malinconia per il padre che non era riuscito a prendersene cura, non lo sapevo.

Uruha si grattò il mento con fare indifferente. «Io direi che può starci una polipata alla mamma.»

Sbarrai gli occhi, terrorizzata.

La temibile polipata era stata un'invenzione del mio secondo marito. In teoria era un abbraccio generale, ma in pratica risultava essere un groviglio di gambe, braccia e appendici varie di difficile snodamento.

Non ebbi tempo di mettermi al riparo; alzai sopra la testa Ruki per evitare che venisse coinvolto dentro la morsa e chiusi gli occhi, preparandomi al peggio. Kai e Reita mi si attaccarono uno per gambe, rendendomi impossibile ogni movimento, Aoi mi placcò da dietro, assumendo il compito di barriera contenitiva nel caso che un topino a caso cadesse dalla presa e Uruha mi saltò al collo.

«Polipataaaaaaaaa!» gridavano i gemelli da qualche parte attorno alle mie ginocchia, mentre io sentivo il mio solido baricentro spostarsi sinistramente all'indietro e la risata di Aoi dentro l'orecchio.

«Sto cadendo...» mormorai soffocata dall'abbraccio del secondogenito.

Fu cosa di pochi istanti. Piombai caduta a sedere, praticamente trascinata in terra da Aoi, il quale si premurò di coprire col proprio corpo qualsiasi superficie dura o aguzza contro cui Ruki avrebbe potuto ferirsi. Questi rimbalzò dolcemente contro il torace del fratello maggiore, appendendosi poi ai miei capelli come ad una liana.

Controllai in pochi istanti che fossimo tutti interi prima di scoppiare a ridere.

Kai e Reita, non trovando ginocchia disponibili a cui attaccarsi, optarono per cingermi i fianchi.

«Mamma?»

Non sentivo molto spesso Aoi chiamarmi 'mamma'. Una volta smesso di chiedersi quando il suo papà sarebbe ritornato, aveva smesso anche di usare quegli appellativi per chiamare i genitori, sia me che il padre adottivo.

«Dimmi...» mormorai contro il suo collo, mentre Kai, Reita e Uruha discutevano sulle effettiva dimensioni del mostro, anche se è meglio dire che Uruha stuzzicava Reita sostenendo che il mostro fosse grande appena quanto un micino e Reita si infiammava come la benzina.

«Ti voglio bene.»




















N/A:


Okay, non sono in cerca di giustificazioni per la mia follia dilagante (ultimamente si è scoperto pure che è contagiosa... che hide-sama ve ne scampi e liberi), ma volevo mostrarvi da dove ho preso spunto per sta... cosa xD

In un'intervista di Kai a Jrock Revolution (non so di che anno sia, ma parlano del PULSE WRIGGLING TO BLACK Tour e di Stacked Rubbish, quindi più o meno è di quel periodo) ad argomento vario.

Ed ecco una delle perle (una fra tante, quell'intervista mi fa morire dal ridere xD):


Ci sono state delle lettere che ti hanno davvero colpito?
KAI:
[...] Ovviamente ci sono state anche molte lettere allegre, come quella di una fan che ci ha detto che, visto che aveva cinque figli, li aveva chiamati con i nostri nomi. I due che aveva chiamato KAI e REITA erano gemelli. Gli altri erano RUKI, URUHA e AOI. *ride*



Rileggendola ora ho notato che è più smielosa di quel che avevo previsto, ma oh, così è venuta e così rimane. Non sarò certo io a mettere in dubbio i rari colpi d'ispirazione che ultimamente mi vengono.




Esattamente un anno fa postavo Watch me bleed.

Secondo il mio modesto parere almeno a livello di umore, direi che le cose sono migliorate.

  
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