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Autore: Nyappy    10/01/2011    4 recensioni
-Sono un assassino...-, le mani gli tremavano, l'arma da fuoco a terra poco lontana dalla sua figura inginocchiata.
Se Alain avesse saputo degli uomini che aveva ucciso durante le ribellioni al fronte, dei compagni che aveva ferito all'Accademia Militare...
Cosmèe, svegliata all'improvviso dallo sparo, aveva capito in una manciata di secondi quello che era successo, complici i singhiozzi dell'uomo e l'eco dei grugniti strazianti dell'animale, e si
avvicinò ad Alain con cautela, abbracciandolo.

La piccola storia di un soldato senza memoria e un'attendente innamorata.
Prima classificata al contest "E' l'ora di definire noi stessi?" indetto da LaireVe
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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-Attento a dove metti i piedi!-
Agli occhi degli altri dovevano apparire piuttosto strani, anche se in quelle campagne il tardo pomeriggio non girava nessuno.
Il soldato e l'attendente incappucciata... decisamente una coppia insolita.
-Sì, sì.-, disse Alain conciliante accarezzando le lunghe spighe di grano che rosseggiavano imporporate dal sole calante.
Quel paesaggio era così bello, gli faceva dimenticare  la fatica del viaggio, il peso del fucile e il fastidio dell'elegante uniforme blu e rossa.
-Ti viene in mente qualcosa?-, Cosmèe gli si avvicinò facendo attenzione alle possibili insidie del terreno nascoste dal grano alto.
-Nulla.-, rispose tranquillo Alain.
Possibile che avesse dimenticato tutto? Chinò sconsolata il capo, e dal cappuccio grigio uscirono delle ciocche di capelli rossi che sembravano fuoco vivo.
-Dov'è che dovevamo andare?-, Alain aspettò di essere raggiunto dalla ragazza prima di continuare a farsi strada nel campo.
-A Florelle, manca ancora poco.-, rispose Cosmèe mordendosi il labbro.

Tutto quello era frustrante, un crudele gioco di bambino.
Il ricordo di un paio di giorni prima l'assaliva ancora ogni volta che sentiva un rumore improvviso: erano sul calesse diretti a Lyonette, la città più sicura vicino al fronte, e il viaggio
si prospettava tranquillo e breve, quando... un gruppo di briganti li aveva attaccati. Loro due si erano salvati, certo, ma a che prezzo?
Martin, il cocchiere, era morto, ed era da giorni che vagavano per le campagne alla ricerca di una meta. Ma cosa più importante, Alain aveva perso la memoria. Cosmèe rabbrividì ricordando il sangue che imbrattava i lunghi capelli del padrone, e il suo stato i primi giorni dopo l'assalto: sembrava quasi drogato.
Si stupiva di tutto, imbeveva la sua mente di ogni più piccolo, insignificante particolare, e i suoi primi sforzi di parlare erano confusi e boccheggianti suoni che solo dopo pochi giorni erano diventate parole.
-Io sarei il tuo padrone? Ma sei come me, sei libera.-, le aveva detto con l'innocenza di un bambino quando Cosmèe gli aveva rivelato di non essere altro che una serva.
Ecco, era diventato un bambino, sempre affascinato da ciò che lo circondava, sempre sorpreso dalle cose più scontate.
Dov'era finito l'uomo razionale e sicuro di sé che lei tanto amava? Perché non poteva più ascoltare i lunghi discorsi di Alain sul destino, la volontà e la giustizia?
Dell'uomo che conosceva era rimasto solo il corpo.

Alain si voltò di nuovo, fermandosi per aspettare Cosmèe.
-Sei stanca, ce la fai?-, le chiese con un filo di preoccupazione nella voce.
-Ce la faccio.-, replicò lei trattenendo gli ansimi. Non era abituata a camminare così tanto, e la fatica iniziava a farsi sentire già da un po'.
-No invece.-, Alain poggiò a terra il fucile e portò in avanti la coda fluente, chinandosi a terra, -Su, ti porto io. Ce la faccio!-, cercò di convincerla con un genuino sorriso, citandola.
Cosmèe sospirò prima di salirgli sulle spalle, vagamente imbarazzata. Tutta questa gentilezza e quel buon cuore... il vero Alain era diverso.
Avrebbe rallentato e l'avrebbe distratta parlando dell'ultimo libro del suo filosofo preferito, incitandola a non mollare, con quel suo atteggiamento quasi burbero tipico di lui.
Alain raccolse l'arma da terra e agirò i capelli contro il viso di Cosmèe ridacchiando.
-Cammini sempre dritta, si vede subito quando sei affaticata.-
-Sei stato tu ad insegnarmi a fare così.-, lei si strinse per non scivolare.
-Camminavi sempre a testa alta, orgoglioso.-, aggiunse, -E una volta mi hai detto: “Dato che ti copri sempre con quel mantello grigio devi fare in modo che la gente ti veda. Dritte quelle spalle, su quella testa!”, e da allora hai continuato a rimproverarmi finché non è diventato naturale per me camminare così.-, gli raccontò nostalgica.
-E perché hai addosso quel mantello anche adesso?-, domandò Alain senza ricevere risposta.
Aveva dimenticato anche quello?
§
Era stato un riflesso incondizionato, non aveva potuto farci nulla.
Si erano accampati in una radura nella foresta, con la certezza di aver sbagliato strada.
Il fuoco avrebbe dovuto allontanare gli animali, no?
Si stavano quasi addormentando quando degli strani rumori dai cespugli vicino avevano fatto scattare Alain vicino al fucile.
-Che succede?-, aveva chiesto con una voce non sua, aggressiva e guardinga.
E poi, aveva sparato; era solo un cinghiale, ma l'aveva ucciso.
-Sono un assassino...-, le mani gli tremavano, l'arma da fuoco a terra poco lontana dalla sua figura inginocchiata.
Se Alain avesse saputo degli uomini che aveva ucciso durante le ribellioni al fronte, dei compagni che aveva ferito all'Accademia Militare...
Cosmèe, svegliata all'improvviso dallo sparo, aveva capito in una manciata di secondi quello che era successo, complici i singhiozzi dell'uomo e l'eco dei grugniti strazianti dell'animale, e si
era avvicinata ad Alain con cautela, abbracciandolo.
Un bambino, ecco cos'era: spaventato ed inesperto.
Ma quel lampo di ricordo, quella memoria fulminea? Per colpire i bersagli a distanza ci voleva tecnica o fortuna, e la sua figura illuminata dalla luna prima di gettare via l’arma tradiva una lunga esperienza: la posizione del fianco, la guancia appoggiata alla guancia del fucile, le labbra contratte e quello sguardo affilato, da assassino... era quella stessa figura in lacrime che ora Cosmèe stava stringendo tra le braccia, completamente diversa da una manciata di minuti prima.
-Stai calmo, è tutto passato. Tranquillo..-, iniziò ad accarezzargli lentamente i capelli.
Il vero Alain le avrebbe scacciato la mano, non si sarebbe fatto abbracciare, non sarebbe crollato a terra piangendo, e sarebbe tornato a dormire con il suo consueto sangue freddo, pregando per quell’anima. Avrebbe più rivisto quell'Alain?

-Sai Cosmèe, mi sento quasi... stordito.-, le rivelò Alain poco dopo essere partiti.
-Stordito?-, lei era perplessa.
-Sono troppo in pace.-, parlava lentamente e sembrava esprimersi con difficoltà, -Mentre tu sembri quasi insofferente.- Sì, Cosmèe era insofferente.
L'Alain che aveva amato per anni in segreto era stato sostituito da un uomo con una personalità ancora da plasmare, affascinato dal mondo che lo circondava, che si lasciava trascinare quasi privo di volontà, ma che tuttavia non l'avrebbe mai abbandonata, se lo sentiva.
Gli doveva la vita, e anche se Alain se l’era scordato lei aveva giurato di seguirlo sempre. La sua promessa valeva ancora? Quello era un uomo appena nato, non il suo Alain.
-Non ti preoccupare.-, lo rassicurò Cosmèe, -Credo che sia naturale.-
Era naturale per gli uomini che non avevano più ricordi non ricercare il loro passato? Probabilmente si. Dopotutto, non avevano nulla da guadagnare nel tornare ad essere quello che erano.
Uomini nuovi, puri come bambini... quella situazione poteva sembrare quasi una benedizione.
§
Florelle era una cittadina tranquilla immersa del'atmosfera campagnola tipica delle regioni del sud, dal clima mite ed il terreno fertile.
-La mia città natale.-, per Cosmèe tornare lì riportava alla mente risate di bambini e corse alla fontana, gli amici morti da tempo al fronte e così tanti ricordi…
-Resteremo dai tuoi genitori?-, chiese Alain dandosi un'occhiata attorno e sorridendo, piacevolmente colpito dalla calma di quel paese.
-Sono morti tempo fa, ma c'è una locanda gestita da una vecchia amica di famiglia, proverò a parlarle.-

-Che ne dici? E' un bel posto, no?-, erano riusciti a farsi dare una camera a metà prezzo ed ora erano seduti al bancone della taverna, che condivideva l'entrata con la locanda.
-Non ho visto di meglio, quindi in definitiva sì.-, rispose Alain con tono amabile prima di poggiare con una smorfia il bicchiere colmo di liquore. E dire che era il suo preferito da sempre...
Cosmèe decise d'impiegare bene quella serata e tirò fuori un mazzo di carte dal mantello, iniziando a metterle in bilico una sopra l'altra.
-Fai un castello?-
Annuì: era uno dei suoi esercizi di pazienza preferiti, anche se preferiva usare i tarocchi e non le carte a semi.
Pescò il Mago, che rappresentava una persona eccentrica e fuori dagli schemi, e la poggiò sopra la Morte, l'inequivocabile destino di tutti.
Alain pescò per lei e le porse una carta: gli Amanti.
Cosmèe l'adagiò con malagrazia sulle altre facendo cadere il castello.
Tutto quanto le ricordava lui.
-Scusami.-, si alzò e tornò in camera di corsa senza raccogliere le carte sparse sul bancone.
Possibile che tutto le ricordasse l'Alain che non c'era più? Morto, ecco cos'era.
E anche se il suo amore era stato impossibile ed a senso unico fin dall'inizio, ora non aveva davvero più speranze.
-Alain...-, mormorò affondando il viso nel cuscino già bagnato di lacrime, -Dove sei finito?-
Doveva davvero continuare a pensarci? Odiava restare aggrappata ai ricordi, odiava quella situazione.
§
Era da un paio di settimane che Alain e Cosmèe erano arrivati a Florelle, e lei non sapeva ancora cosa fare. Riportarlo alla capitale era senz'altro la soluzione peggiore: probabilmente il giovane sarebbe stato rinnegato dal suo stesso padre e cacciato di casa, costretto a vivere nei bassifondi come un qualunque popolano, dimentico delle sue origini nobili.
Rimanere nella cittadina sembrava allettante, ed entrambi avevano trovato lavoro; anche se Alain sembrava meno stordito la memoria non sembrava aver intenzione di tornargli ed iniziava a sviluppare una personalità propria: vagamente capricciosa e terribilmente poco seria, incredibile come riuscisse a farla ridere e quasi dimenticare il vecchio Alain.
Lo doveva considerare davvero morto? Era davvero libera, era davvero pari al nuovo Alain?
Si sentiva una traditrice: quello era lo stesso uomo eppure completamente rinato.

Pioveva già da un paio di giorni, e tutte le donne di Florelle si lamentavano di continuo della lentezza con cui i panni si asciugavano.
-Maledetta pioggia!-, anche Cosmèe si ritrovò suo malgrado ad inveire contro quel tempaccio, mentre il mantello si asciugava vicino al fuoco e lei controllava che la stufa non desse problemi, a disagio.
Odiava essere così scoperta, anche in casa; si sistemò il colletto della camicia e sistemò le maniche, che coprissero bene anche le mani.

-Eccomi a casa!-, Alain entrò in casa bagnato fradicio e con i capelli appiccicati al viso, e sgranò gli occhi nel vederla per la prima volta senza il mantello.
-Oh.-, fu l’unica cosa che riuscì a dire: Cosmèe era bella, e il viso rotondo dai dolci tratti aveva un’espressione quasi incerta. -Oh?-, gli fece eco lei dandogli le spalle e fissando le fiamme calde.
-Non ti ho mai vista senza mantello, ecco.-, Alain le si sedette vicino e chiuse subito gli occhi per il calore del fuoco.
-Ah! Non ti fanno male?-, chiese strizzandoli e voltando il viso per guardarla.
-Non ti ricordi proprio.-, sospirò lei con un sorriso amaro.
Alain si aspettava in un certo senso di essere richiamato, ma cercò di farsi perdonare: -E allora fammi ricordare.-, le chiese con reale interesse.
-Non è una bella storia, sai?-, l’avvertì Cosmèe prima d’iniziare.
-Mi ero trasferita da poco nella capitale, i miei erano morti e avevo lasciato Florelle per cercare lavoro. Elleanore era la sorella di una mia amica e mi aveva fatto un piacere ospitandomi da lei finchè non avessi trovato un appartamento mio. Quello che non sapevo era che lei lavorava come cameriera per una famiglia nobile, e il figlio del padrone si era interessato a lei promettendole di sposarla… ma Elle era solo una povera, ignorante campagnola. Ci era cascata, e non appena aveva scoperto di essere incinta era corsa ad annunciarlo al nobile.-, si fermò un attimo, fissando con astio il fuoco, prima di continuare.
-Elle non sapeva nemmeno di essere il giocattolo di quel ragazzo, e che era giunta l’ora di essere buttata via. Quella sera stessa la sua casa arse in fiamme, ed Elle morì assieme alla vita che portava in grembo.-, Cosmèe strinse i pugni, deglutendo. Doveva andare avanti, doveva.
-Io no, mi salvai. Per caso mi trovavo in cucina, vicino alla porta, ma una trave mi era caduta addosso ed ero stesa a terra. Urlavo di dolore, pensavo di morire, e invece vidi una macchia scura che mi si avvicinava e persi conoscenza. Quando mi risvegliai ero viva: immobile, con il corpo fasciato e dolorante, ma viva. Un giovane soldato mi aveva tratta in salvo attirato dalle mie urla.-
Era lui, era Alain? L’aveva davvero salvata?
-Facemmo un patto. Io dovevo la vita a quel soldato nobile, e così decisi di mettermi al suo servizio.
Non volevo nulla in cambio, solo il minimo indispensabile: un letto, due pasti al giorno… e un’istruzione.-, Cosmèe non voleva ripetere gli errori di Elle, non voleva che la sua morte fosse stata invano: se anche solo il suo ricordo avesse potuto salvare un’altra vita, quello sarebbe stato abbastanza.
-Dovresti aver paura del fuoco.-, Alain le credeva, si. Era certo che Cosmèe gli avesse raccontato la verità, eppure… aveva davvero fatto quello? Era davvero un tale eroe? Lui?
-Mi hai insegnato a non temerlo.-, rispose lei.
-Ma non ti vedo convinto.-, aggiunse, ricevendo conferma dall’espressione di Alain.
Con un sorriso a labbra strette Cosmèe scostò appena il colletto della camicia, rivelando una brutta ferita scura che le deturpava la pelle bianca e che Alain poteva intravedere anche sul palmo sinistro, e sulle ginocchia, dove le calze si erano abbassate.
Era senza parole, semplicemente.
-Capisci ora perché ho sempre il mantello addosso?-, con una mano Cosmèe accarezzò la stoffa grigia ancora umida, una smorfia che le increspava le labbra.
E poi sentì due braccia familiari cingerle le spalle, forte: un abbraccio imbarazzato ma spontaneo di un Alain partecipe, comprensivo…
-Guarda che ora sto bene.-, cercò di rassicurarlo, ma lui non la mollava, continuando a stringerla.
-Sono contento che ti… di averti salvata.-, mormorò.
§
Col tempo iniziavano a tornare alcuni tratti caratteristici del vecchio Alain, come quella passione per i ragionamenti complessi o la cura quasi maniacale per i capelli, ed era solo da poco che Cosmèe riusciva a non spendere più lacrime la sera per il suo amore.
-Dove sei?-, mormorò soffocando un sospiro, il viso affondato nel cuscino.
Odiava quei pensieri inerti, odiava non riuscire a rendersi indipendente, odiava sentirsi così debole.
Si stava quasi addormentando quando sentì la porta aprirsi e lo scricchiolare delle assi del pavimento. Era Alain? Si, non poteva essere altri che lui, erano soli in quella piccola casa.
Cosa ci faceva nella sua camera nel pieno della notte? Decise di fingere di dormire, non senza un po' di agitazione, e sentì le dita affusolate dell'uomo scorrerle trai capelli, come lei aveva fatto settimane prima.
-Perché ogni sera sembra che mi chiami?-, mormorò lui sedendosi sul letto.
Era divisa tra la voglia di scrollarsi di dosso la sua mano e quella di abbracciarlo tanto forte da sentirlo vivo, sentire il suo cuore battere.
-Vuoi me o lui?-
Ecco, questo era il problema. Cosmèe era divisa, lacerata in due.
Aveva amato il vecchio Alain, e ora sentiva di amare quello nuovo. Lo stava tradendo con sé stesso, era una persona orribile.
-Non lo so.-, bisbigliò in risposta.
-Non è detto che il passato torni o faccia sentire meglio. Il problema è che il presente non esiste e siamo proiettati verso un futuro che sa già di stantio.-, ecco, questo era un tipico discorso dei due Alain.
-Ciò risolve molte cose.-, commentò lei schiudendo gli occhi.
-Affatto. Ma tu sei così viva, e soffochi nel lavoro quello che provi. Vedo la tua insofferenza, la sento, ma ti permetti di farla uscire solo la sera, e... se sceglierai lui, ti capirò.-, buffo come si riferisse al suo passato come se si trattasse di un estraneo, di un rivale.
Si alzò e fece per andarsene quando la piccola mano di Cosmèe lo trattenne per il polso.
-Lo vedi come sono?-, alzò la mano destra e la luce della luna illuminò la pelle scoperta del braccio, deturpata da ferite ancora scure, ferite che lui aveva solo spiato sul collo.
-Sei bellissima.-, Alain le baciò con garbo la mano, e non c'era ironia o malizia nella sua voce, solo tanta innocenza.
Era innocente, Alain, era vero.
Alzò lentamente gli occhi per incontrare quelli già lucidi della ragazza.
-Non c'è nulla da piangere, sai?-, le sorrise avvicinandosi al suo viso.
-Parla per te.-, ribatté lei chiudendo gli occhi.
Alain non sarebbe mai cambiato...

Storia prima classificata al contest "E' l'ora di definire noi stessi?" indetto da LarieVe sul forum di EFP

One-shot ad ambientazione pseudo-francese scritta durante le ore di storia e filosofia xD ho stravolto completamente il progetto iniziale, analizzando l'amnesia anormale di Alain dal punto di vista di una Cosmèe lacerata dal dubbio che cerca di farsi forza e da fuori non lascia trasparire i suoi pensieri, nonostante siano quasi un chiodo fisso. Alla fine fa una scelta quasi ovvia ma che per lei è davvero spinosa, e proprio alla fine ho deciso di non
descrivere il loro bacio ma conceder loro un po' di "privacy". Simbolicamente. Si, lo so, mi faccio un mucchio di problemi per nulla xD
Mmm, il nome Cosmèe è l'unione di Cosme, un vecchio nome italiano maschile, e Desirèe :) il titolo è un link: ho fatto una sorta d'illustrazione per la storia, quel link porta al disegno su deviantART :)
Spero vi sia piaciuta, mi piacerebbe sapere che ne pensate! Baci!
Nyappy
   
 
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