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Autore: niebo    10/01/2011    4 recensioni
Max è un ragazzo fuori dal mondo.
Letteralmente fuori dal mondo.
Ma ogni cosa ha il suo perchè...
Dedicata a tutti quelli che ogni tanto si sentono inverosimilmente come Max.
Me compresa... ^-^
senza troppe pretese...
Buona lettura!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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mi chiamo max Mi chiamo Max.
Ho diciassette anni.
E da un anno vivo da solo.
Abito in una casa di campagna nella periferia di una città.
Avevo anche un giardino.
L’ho cementato.
Odio il sole e non esco mai allo scoperto.
Nonostante ciò ho inspiegabilmente due occhiaie permanenti.
Non amo parlare.
Di solito mugugno.
Sono molto sintetico.
Si vede.
Ho un nome da cane.
Non solo.
Anche i capelli.
Marroni.
Corti.
Arruffati.
No, non ho le pulci.
Mi piace l’insalata.
Senza condimento.
Tendo a guardarmi spesso i piedi.
Li trovo molto interessanti.
Non rido e non scherzo.
Evito.
Sono sciatto nel vestire.
Pigro.
Dormo quando sono sveglio.
E sono sveglio quando dormo.
Sono favorevole all’isolamento
In sostituzione alla pena di morte.
Spero anch’io che i panda si riproducano.
In isolamento.
Non guardo la televisione.
Sono convinto che la televisione guardi me.
Non sono idoneo a nessuna forma di vita sociale.
E per questo non voglio che la vita sociale si introduca a casa mia.
Odio il suono del campanel…


Drrrrrriiiiiinnnnn…..

Max appoggiò la matita, si alzò dal piccolo tavolo in legno su cui stava scrivendo il proprio testamento, e ciabbattò con calma verso la porta d’ingresso.
Giunto di fronte all’entrata, alzò lentamente il braccio per spostare lo spioncino.
Ci sbirciò dentro.
Si appoggiò al muro e, con la mano con cui prima aveva scostato lo spioncino, aprì leggermente la porta, ancora ancorata al chiavistello.
“SalvesonoLouisBeckmandellaGrass&WaterCorporation!Sonovenutoperfarleunpiccoloaccennopubblicitarioinmeritoalgiardinaggiolavarietàdellepiantepiùamatedaiclientiglistrumentidalavoropiùpraticiesicurilenuoveproposteinmeritoallepiantagionipiùallamodacheviinvideràl’interovicinato!Sperodinonrubarledeltempopreziosomaleassicurochecimetteròmenodiunminuto!Nonsiamomicaquiapettinarelebamboleancheperchènonèilmiosettore!Sepuògentilmenteaprirmilaportalemostreròl’interocatalogoepotremoiniziareaparlaredinaturadatocheilprologodiproceduraèfinito!”
Max lo guardò.
Non aggiungo aggettivi perché Max non aveva una vasta gamma di espressioni.
Ne aveva una.
E si chiamava…
“Zero voglia di vivere.”
In realtà c’era anche l’espressione “Che cazzo vuoi.”, ma erano talmente simili che si potevano confondere molto facilmente.
Però si era impegnato molto per creare quella variante.
In questo caso riuscì a farle entrambe simultaneamente.
Si guardò l’orologio.
Meno di un minuto....
“Via.” gli disse poi apatico.
“Comescusi?Nonhosentitobeneforsedovrebbeaprirelaportacosìnondeveurlareperfarsicapir…”
“Vada via.”
Aggiunse il verbo alla frase.
Ed era un caso raro perché solitamente bastava il suo sguardo omicida a far andare via tutti i pubblicitari e i venditori porta a porta. Ma quel biondino logorroico in giacca e cravatta sembrava una mosca dura da far fuori…
“Nonhocapitodinuovo!” disse Louis avvicinando l’orecchio alla porta “Scusidev’essereilfattochestamattinamisonosvegliatoallecinqueedevoessereparecchiorintontitomaripetochesemiaprisselaportaio…”
“Vada via se ci tiene alla propria vita.”
Aveva arricchito il periodo.
E sembrava avesse davvero una gran voglia di ucciderlo. Come se di fronte a sé avesse avuto una grande coppa di gelato che non vedeva l’ora di assaggiare.
Anzi.
Di prendere a morsi.
Ovviamente tutto ciò era impercettibile, perché racchiuso nell’unica espressione facciale di cui era dotato.
Quella standard.
“Zero voglia di vivere”.
Max guardò di nuovo l’orologio.
Il vecchio orologio da polso del nonno.
Ma il signor LouisBeckman (tutto attaccato) sembrava non aver voglia di smuoversi. Anzi, più Max lo guardava, più gli ricordava un cane in attesa che il padrone gli lanciasse il bastone.
E in questo caso il padrone era lui.
Anche se aveva un nome da cane.
“Senta, signor Beckman, le consiglio vivamente….”
“Su, giovane, togliamoci ogni formalità!!!Avremo più o meno la stessa età, io non voglio esserti d’impiccio ma capiscimi, è il mio lavoro, devo comprarmi lo skate nuovo, la tavola si è spaccata in due come un uovo la settimana scorsa, e più faccio pubblicità più vengo pagato, e più vengo pagato più guadagno, e più guadagno più…”
Max entrò in modalità insonorizzata.
Smise di ascoltarlo.
Il ragazzo pubblicitario aveva sì messo finalmente qualche pausa tra una parola e l’altra, ma ciò non cambiava comunque la situazione.
Guardò di nuovo l’orologio da polso.
Sospirò, alzando le spalle.
Tanto ormai….
Tolse il chiavistello alla porta e, prima che potesse aprirla completamente, il signor LouisBeckman sfrecciò dentro la casa inneggiando un “Grazieeee!”, il tutto alla velocità della luce.
Luce.
Che brutta cosa.
Richiuse pian piano la porta, abbassando la maniglia e richiudendo il chiavistello.
Poi si diresse, ciabattando, verso il divano e la poltrona, posti al centro della stanza.
E sui quali ovviamente il signor LouisBeckman si era già allegramente accomodato.
Si sedette sulla poltrona aggrappandosi ai due bracci laterali e abbassandosi lentamente, come fanno gli anziani divorati dall’artrite.
Chiuse per un attimo gli occhi.
Quando li riaprì il signor LouisBeckman  era già a metà del suo sermone…
“…perchèvedeutilizzandoquestotipoditagliaerbaconilparentalcontroldiminuisceilrischiocheibambinivenganoinvestitidaunadecinadilamerotantiesenecompradueentrolaprossimaestateilterzolopagalametàeleregaliamoancheuncespugliodibiancospinoinvistadelNatalesuccessivo!Nonlesembraunacosamagnifica?”
-Non-le-sembra-una-cosa-magnifica-?-
Dopo che il suo cervello in un paio di secondi ebbe scomposto la frase, capì che si trattava di una domanda, e potè quindi dare la propria risposta.
“Sì.” disse alzando lo sguardo dai propri piedi al signor LouisBeckman.
Ma comunque non del tutto convinto della propria risposta.
“Magniiificoooo!!!!!Alloraperchènonordinaquestoquestoequest’altro?Aheanchequestoquimasecompraquestosiricordichec’èl’omaggiodiquest’altro!Eseaggiungealcarrelloancheunblablablablablablablablablablabla!!Blabla?”
Max non aveva capito nulla questa volta.
Il signor LouisBeckman l’aveva colto impreparato.
Forse aveva aumentato la velocità o forse aveva detto veramente “…Blablablabla..”, prendendosi gioco di lui.
Mah.
Comunque.
Il problema era che, non avendo capito la domanda, non sapeva quale risposta dare.
Con un sì rischiava di vendere la propria anima al diavolo.
Con un no….
Anche con un no.
Torniamo a noi.
Era sconcertato.
Tentò di dimostrarlo con il viso.
Ma aggiungere nuove espressioni al proprio arsenale non era cosa semplice.
Come fare del giardinaggio in un giardino cementat….
Aspetta.
Ecco la soluzione!
“Io non ho un giardino.” disse con una freddezza invidiabile ad un igloo.
“…equindisevuoleaderireall’offertanoipossiamo…...COSAAAA????????”
Il signor LouisBeckman sembrava grandemente stupito.
Scioccato, oserei dire.
E la parola “cosa”, l’aveva stranamente  scandita benissimo…..
“TU-NON-HAI-UN-GIARDINO?!?!?!?”
“No.” disse Max indifferente, alzando le spalle.
“NEMMENO UNO SUL RETRO?!?!?!?
“No.”
“UN’AIUOLINA PICCOLA PICCOLA?!?!?!?”
“No.”
“UN ALBERO?!?!?!?”
“No.”
“UN BONSAI?!?!??”
“No.”
“UN VASO DI FIORI?!?!?”
“No.”
“UNA PIANTA GRASSA?!?!?!?!?!?”
“No.”
“E ALLORA P-E-R-C-H-E’ STO PERDENDO TEMPO CON TE???????”
“Non saprei.”
Poteva non sembrare, ma Max rimase molto stupito di come ora il signor LouisBeckman riuscisse a scandire le parole alla perfezione, anche quando non era necessario.
E’ proprio vero che quando la gente si arrabbia mostra un’altra faccia di sé….
“ALLORA PERCHE’ MI HAI FATTO ENTRARE??????????” gridò il giovane LouisBeckman mettendosi quasi le mani nei capelli.
I suoi lunghi capelli biondi…
Per un attimo Max li vide tutti a terra, sparsi sul pavimento.
“Veramente…” tentò di puntualizzare.
Era stato lui a voler entrare.
Questa era la fine della frase.
Che però non terminò perché, prima che potesse dire altro, il signor LouisBeckman prese in fretta e furia la propria valigetta e i depliant che aveva sparso per tutto il salotto, tolse con rabbia il chiavistello alla porta, e se ne uscì in collera, tutto scomposto e arruffato.
La cravatta blu semi-slacciata gli dondolava a destra e a sinistra come un pendolo, e la camicia azzurrino chiaro gli fuoriusciva da un lato dei pantaloni.
Max si mise sull’uscio a guardarlo mentre si allontanava, tenendo un braccio appoggiato sul proprio fianco e uno allo stipite sinistro della porta.
E pensare che doveva essere lui ad essere in collera, dato che il ragazzo-pubblicità aveva voluto entrare a tutti i costi di prepotenza…
Va beh, tanto…
Improvvisamente uno stormo di piccioni che voleva ad altitudine stranamente bassissima sfrecciò sopra il signor LouisBeckman, e avviò all’unisono un attacco di beccate di gruppo.
Questa volta Max tentò di cimentarsi in una smorfia di dolore.
“OHHHHHHHHH, CAZZOOO!!!!!!!!!!! ALLONTANATEVI BASTARDI!!!!! BRUTTI TOPI CON LE ALI!!!!!!!!!!!!” gridò il giovane LouisBeckman scuotendo le braccia come se volesse spiccare il volo anche lui.
Ma lo stormo di uccelli, anche se si era già sfogato, continuava a svolazzargli attorno e ad infastidirlo quando, d’improvviso, dal giardino del vicino spuntarono tre gatti neri che non solo gli attraversarono la strada, ma che incominciarono anche a saltargli addosso tentando di raggiungere i pennuti che gli svolazzavano sopra.
“PORCA PUTTANA, VE NE VOLETE ANDARE, BESTIACCE??????????” gridò ancora il signor LouisBeckman tirando calci a casaccio nel tentativo di centrare almeno uno dei felini.
Ma il povero pubblicitario non si era accorto che in quel momento all’appello mancava un gatto, il quale era andato a svuotarsi lo stomaco.
A vomitare, per intenderci.
Questa volta però non addosso al signor Louis… ma in prossimità dei suoi piedi.
Alche non vi dico lo scivolone quando per sbaglio ci capitò sopra….
Max continuò ad osservare dall’uscio il signor LouisBeckman nella sua lotta per la sopravvivenza e, quando lo vide scivolare a terra per aver pestato il rigetto del gatto, lo compatì, dedicandogli un piccolo pensiero spassionato...
“Ahio.”
Il giovane pubblicitario tentò disperatamente di uscire dal piccolo giardino cementato, passando dall’interruzione della staccionata di cinta, ovvero dall’entrata.
Ma gli risultò parecchio difficile dato che era ancora sotto attacco da parte di tutti gli animali.
Girava su sé stesso come una trottola impazzita e muoveva le braccia come un pollo altrettanto pazzo.
Fatto sta che però, gira a destra gira a sinistra, riuscì a centrare l’uscita, e si avviò sul marciapiede.
Beh.
Diciamo che il marciapiede lo sfiorò con un passo… perché si ritrovò direttamente sul margine della strada principale.
Il problema era che… non se n’era nemmeno accorto.
Occupato com’era nella sua lotta, non fece caso al fatto che una bicicletta si stava pericolosamente avvicinando a lui.
Ma ,fortunatamente, riuscì a scansarla all’ultimo.
Portandosi, però, verso il centro della strada.
Alche un carro funebre, che passava proprio di lì per caso, non fece in tempo a frenare e….
Max richiuse la porta.
Abbassò la maniglia e assicurò il chiavistello.
Poi ciabattò verso il piccolo tavolino di legno.
Si sedette.
Guardò il foglio su cui stava scrivendo inizialmente, prima di essere interrotto dal pubblicitario.
Lo prese tra le mani.
Lo accartocciò.
E lo buttò nel cestino che stava a fianco ai suoi piedi.
Prese un altro foglio.
Se lo mise davanti.
Impugnò la matita.
E cominciò a scrivere.


Mi chiamo Max.
Ho diciassette anni.
E quando una persona passa con me più di un minuto e tredici secondi, viene attaccata pesantemente dalla sfiga.
Io ci provo ad avvisarla.
Ma il più delle volte non mi ascoltano…
  
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