Amore, era la parola più bella e descriveva il sentimento più profondo che l’essere umano potesse provare… però non si addiceva per nulla loro due. C’erano baci, c’erano carezze –che il più delle volte facevano male quanto dei pugni- c’era il sano e salutare sesso. Però non era assolutamente amore.
Sanji scosse la testa risoluto, no lui non amava Zoro. Come si poteva? Zoro era rozzo, sboccato, indolente, villano, ubriacone, violento, maleducato, irrispettoso, zotico, che altro? Ah si, un gran rompipalle!
Non lo amava ma… allora perché aveva perso la bellezza di due ore del suo tempo a guardarlo dormire?
Bello?!
Accidenti a lui e alle sue uscite assurde. Sanji non ci vedeva bene questo era certo, aveva detto che lui era bello.
Lui non era bello, poteva essere forte, virile ma bello no… assolutamente no.
Aveva sempre pensato che solo le cose –o le persone- fragili e indifese potessero essere definite belle.
Gli spadaccini non lo erano, lui non lo era.
La cosa che più gli rodeva di tutta quella storia, non era tanto l’affermazione del cuocastro, quanto la reazione che aveva avuto lui e naturalmente le successive parole del torciglio.
“Zoro chan sei arrossito! Che
doooolce che sei!”
Cucinare era sempre stata la sua unica ragione di vita. Tutta al sua esistenza -fino a poco tempo prima- era stata totalmente tesa al migliorarsi in campo culinario, null’altro importava.
La perfezione dei suoi cibi era l’unica cosa che contasse.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, si era accorto –non senza sgomento- che nella sua testa la perfezione in cucina non era più l’obbiettivo da raggiungere.
Anzi, l’arte culinaria era diventata un mezzo per raggiungere il suo nuovo obbiettivo. Ora si ritrovava a mettere anima e corpo nel comporre i piatti e poi a chiedere sempre:
“Zoro ti piace?”
Dolore e niente altro.
Questo
ciò che li univa. Dolore durante le battaglie, dolore in
fondo
agli occhi, dolore nel loro passato… e nel loro futuro.
Sanji era certo che fosse questo loro dolore ad averli avvicinati, si
erano
trovati perché i loro dolori si richiamavano. Sapeva anche
che stare con lui
avrebbe portato certamente -prima o poi- altre sofferenze ad entrambi.
Lo sapeva, però ogni volta che Zoro lo accarezzava e gli sussurrava nell’orecchio o che semplicemente lo guardava… ogni volta, il suo dolore spariva e lui si sentiva magnificamente bene.
Chissà se anche per Zoro era lo stesso.
Espedienti, loro due vivevano di quelli.
Avevano deciso che per quieto vivere fosse meglio tenere nascosta la loro relazione, non perché gli altri non avrebbero capito, semplicemente perché si sarebbero intromessi.
Volevano che quell’amore appena sbocciato non fosse minato dalle chiacchere e dalla curiosità dei loro compagni. Certo non era per nulla semplice.
“Per
sta sera?”
“Non so… ieri quasi Rubber ci sorprendeva a
fare… si dai hai capito! Lui e la
sua fame notturna. Comunque la cucina non è un posto
sicuro”
“D’accordo come vuoi… cercheremo un
altro posto”.
Però… chi l’avrebbe immaginato che il ripostiglio fosse così scomodo!
Fame non era il termine adatto per descrivere quello che provava sempre in presenza del biondo.
Era più come una brama, un senso di vuoto che doveva in qualche modo riempire.
Però, ogni qual volta Sanji lo sorprendeva in cucina, e gli chiedeva perché fosse lì, lui rispondeva sempre “Ho fame”
Doveva risolvere la questione, soprattutto perché la cosa cominciava a creargli enormi problemi: la fame che aveva non gli passava ed inoltre era sempre costretto ad abbuffarsi con tutte le cose che il cuoco prontamente gli preparava.
“Che ci fai qui?” chiese Sanji.
“Ho fame”
Accidenti ci era ricascato!
Grazie non era una parola facile da pronunciare, almeno per Zoro che non era mai stato in debito con nessuno.
Perciò avevano litigato, lui non aveva ringraziato Sanji e l’altro si era infuriato.
Anziché picchiarlo come suo solito, il biondo aveva attuato una tattica diversa –un tattica che urtava profondamente l’orgoglio del verde- : aveva smesso di parlargli.
Era una settimana che Sanji ignorava Zoro e -per quanto assurdo- lo spadaccino si era accorto che la cosa lo faceva star male.
Perciò quel giorno Zoro andò in cucina e mormorò:
“Grazie”
Sanji si avvicinò e lo baciò sulle labbra.
“Prego”
“H2O, acqua…grazie” bisbigliò il cuoco.
“Si può saper che vuol dire?” Zoro lo fissò come fosse pazzo.
Erano lì abbracciati sotto lo scroscio caldo della doccia, intenti a lavarsi la schiena l’un l’altro… e lui se ne usciva con cose assurde!
“E’ la composizione dell’acqua zoticone!” gli ringhiò contro Sanji.
“Ma che centra?”
Sanji lo guardò incerto poi arrossendo leggermente disse:
“Stavo… ringraziando mentalmente l’acqua, che mi sta facendo passare degli attimi tanto belli con te… io, lo so è una cosa stupida!”
Zoro non poté trattenere una risatina sommessa:
“Si è stupido, e maledettamente romantico proprio come sei tu!”
Innamorarsi non era certo nei suoi programmi.
L’amore rendeva deboli e soprattutto rendeva stupidi, lui non era fatto per l’amore.
Oltretutto se pensava di chi si era andato ad innamorare...
Sanji! Proprio di uno così si doveva infatuare?
Si guardò riflesso nelle antine di vetro della cucina.
Decisamente l’amore rendeva folli, scosse la testa rassegnato.
“Sei pronto?”
Lo spadaccino annuì, mentre finiva di allacciarsi il grembiule rosa che Sanji gli aveva prestato.
“Oggi ti insegnerò a preparare delle buonissime torte!” disse il biondo, gli occhi pieni di gioia.
L’amore faceva fare cose stupide… ma per Sanji ne valeva la pena.
Jogging
, come aveva potuto lasciarsi convincere a fare una cosa simile?
Oltretutto in
compagnia di Sanji!
Correre in tondo sull’isola era la cosa più
stupida che potessero fare. Poi per
che cosa? Sanji aveva detto che serviva a mantenersi in
forma… come se loro ne
avessero bisogno!
Senza contare il caldo torrido che faceva quel giorno.
Erano entrambi completamente sudati e…
Un momento… prima non ci aveva fatto caso però il biondo ricoperto di gocce di sudore sul viso, con la camicia che gli si attaccava al petto… era davvero sexy!
In fondo fare jogging non era tanto maleKatane, spade, sciabole, strumenti del demonio… in quanti modi le avevano chiamate?
Infiniti nomi, molti dei quali denigratori e insolenti.
Per lui erano semplicemente le sue tre migliori amiche.
Perché -fintanto che non si era imbarcato in quella scalcinata ciurma- erano state loro l’unica sua compagnia.
Affidabili: non lo tradivano, facevano sempre ciò che lui chiedeva … gli salvavano la vita. Era talmente legato a loro che per un certo periodo aveva creduto addirittura di amarle.
Poi, aveva incontrato Sanji e aveva capito quanto si stesse sbagliando, ora sapeva che l’amore era un’altra cosa e sorrideva della sua stessa stupidità.
Legato!
Non ricordava cosa fosse
successo, si era svegliato nel mezzo del buio di una cella puzzolente.
Era da
solo aveva chiamato i compagni, però nessuno aveva risposto.
Come c’era finito
lì? Dov’erano gli altri?
Moltissime domande senza
risposta si affollavano per la testa di Sanji.
Solo una certezza lo faceva
rimanere calmo… lui sarebbe certamente venuto a tirarlo
fuori d’impaccio.
Alcune urla di dolore, una
vecchia porta cigolante che si apriva.
“Eccoti qui stupido
torciglio, è da più di un’ora che ti
cerco”
Lo sapeva Zoro era venuto a
prenderlo.
“Ti sei perso come al
solito?” domandò Sanji sarcastico.
Muscoli, muscoli, muscoli… ormai non
faceva altro che pensare ai
muscoli di Zoro.
Sudati per gli allenamenti,
rilassati durante i suoi pisolini pomeridiani.
Era un’ossessione, li
seguiva con lo sguardo di giorno e se li sognava la notte. Doveva
trovare una
soluzione… magari se fosse riuscito a toccali, si sarebbe
reso conto che non
erano niente di speciale.
Senza rendersene conto -
come mosso da una forza sconosciuta- Sanji allungò la mano,
e sfiorò il petto
di Zoro che dormiva ignaro.
Si, erano solo dei muscoli…
nulla di speciale, ma allora perché ora non riusciva
più a staccare la mano?
Notti senza stelle né luna, erano quelle
che gli facevano più paura.
Non l’avrebbe mai ammesso
con nessuno, ma non poteva fare a meno di tremare nel buio totale,
avvolto tra
le coperte della branda.
Non ci poteva fare nulla,
era solo un bambino quando si era ritrovato completamente solo e
sperduto,
senza i suoi genitori… in una notte senza stelle ne luna.
Per quanto si sforzasse non
riusciva a smettere di tremare.
“Fatti più in là
torciglio”
“Z-Zoro? Co-cosa v-vuoi?”
Lo spadaccino si distese al
suo fianco, cingendogli la schiena con un braccio.
“Non voglio nulla… dormi
ora” mormorò.
Ore ed ore passate a combattere, a tentare di
ignorare i sentimenti che
provava.
Quanta fatica inutile!
Ora, mentre sopra di lui
Zoro si muoveva lento e costante, amante focoso ma comunque premuroso
–per
quanto potesse esserlo Zoro..- ,
ora gli
sembrava assurdo aver sprecato tanto tempo cercando di scappare, di
sfuggire
alle sue stesse emozioni.
Dalla bocca gli uscì un
sospiro frustrato, al
pensiero di aver
perso così tante ore d’amore.
“Sanji? Tutto ok?” si
bloccò
Zoro nel sentirlo.
Il biondo lo fissò alcuni
istanti poi annuì e mormorò:
“Si, non ti fermare… non
voglio sprecare neppure un istante”
Pensare non era mai stato il suo forte. Era un uomo
istintivo, non era
capace di perdere tempo a valutare i pro e i contro.
Adesso però erano alcuni
istanti che si stava domandando cosa sarebbe successo. Senza riflettere
l’aveva
baciato, quelle sue labbra morbide sempre piegate in una smorfia di
puro sarcasmo;
labbra che sapevano di buono e di fumo. L’aveva baciato
così senza pensarci,
preso da un impulso improvviso, poi si era staccato da lui e si era
specchiato
nel suo occhio.
Ora, mentre ancora
continuava a fissarlo non riusciva a smettere di chiedersi come avrebbe
reagito
Sanji.
Qualunque donna, qualunque altra persona…
chiunque ma non Zoro!
Sanji scosse la testa
incazzato e depresso, anche un altro uomo –se non poteva
essere una donna-
sarebbe andato bene, ma non lui.
Convivere con lui, litigare
con lui, picchiarsi con lui… come poteva fingere di odiarlo
ora che aveva
capito di amarlo?
Fissò il suo viso attraverso
lo specchio e strinse gli occhi.
La verità era che l’amava
con tutto se stesso, con tutto il cuore e con tutta l’anima:
“Chiunque… ma non
lui”
mormorò il biondo con dolore “Non
lui…” continuò a ripeterlo per ore,
come
fosse una preghiera.
Respirare il fumo della sua sigaretta gli dava un
senso di pace, gli
calmava i nervi, lo rilassava e lo distendeva.
Se era agitato fumare –per
anni- era sempre stata la scelta migliore. Però da un
po’ di tempo a questa
parte, prima di accendersi una sigaretta andava a cercare Zoro.
Stranamente –non aveva
ancora capito il perché- stare in presenza di Zoro lo
rilassava, ancora di più
che fumare.
Ora fumava solo per
abitudine… non per necessità.
Invece lo spadaccino gli era
diventato essenziale, la sua presenza era l’unica cosa che
gli serviva.
Respirare Zoro, solo quello
era importante.
Stringersi a Zoro.
Passare del tempo semplicemente abbracciati.
Sapeva che era impossibile, Zoro odiava le tenerezze, neppure dopo che avevano rischiato la vita –come due giorni prima- si lasciava andare a certe cose. Non esternava mai i suoi sentimenti, almeno non con lui.
Sbuffò rimettendosi a lavare i piatti.
“Cosa? Che fai?”
Zoro dietro di lui lo stava abbracciando.
“Zitto torciglio” disse perentorio.
Fortunatamente Sanji stava bene, non era in un lago di sangue… stupido sogno.
Era talmente sollevato che non si chiese perché Sanji si lasciasse abbracciare e non tentasse di prenderlo a pugni per come gli aveva risposto.
Testardo, questa era la parte fondante del suo carattere. Non si arrendeva mai, neppure quando le cose sembravano impossibili… continuava imperterrito a tentare. Tentativo dopo tentativo, fallimento dopo fallimento… prima o poi arrivava sempre dove voleva.
Non aveva importanza se la sua testardaggine fosse rivolta verso una piatto di culinaria che non gli riusciva proprio, oppure verso una bella donna che non lo guardava neppure di striscio. Lui continuava imperterrito finché non otteneva ciò che desiderava.
Ora –da qualche tempo- ciò che più gli interessava era ottenere un bacio da Zoro.
Non importava quanto ci avrebbe messo… avrebbe baciato Zoro!
Urlare
non era nel suo stile, così come non lo era litigare e
insultare la gente.
Si era sempre comportato come un gentiluomo.
I
gentlemen baciano le mani alle donne: sono galanti, cortesi e non
perdono le staffe. Amano la bellezza soprattutto amano le donne.
Poi –a scombussolargli la vita - era arrivato quello stupido
marimo.
“ZORO BRUTTO ZOTICO, ORA TI PRENDO A CALCI”.
“Provaci!”
La solita lite e poi –cosa nuova- la riappacificazione; fatta
di baci e carezze
imbarazzate… tra lui e Zoro.
No, decisamente non era un gentiluomo: urlava, insultava e amava un uomo… però andava bene così.
Verde… era il colore che -da un po’ di tempo a quella parte- lo ossessionava.
Verde come le foreste, come le zucchine, verde come quella che era diventata da poco la sua camicia preferita.
Verde come la speranza, verde come il colore della sua branda, verde come le piastrelle del bagno.
Tutto ciò che era verde lo notava prima… catturava chissà perché il suo interesse.
Verde come lo strofinaccio che teneva in mano, come il colore dell’acqua della laguna in cui erano attraccati.
Che altro c’era di verde?
Ah si… quasi se lo dimenticava… verde come i capelli di Zoro.
Wafer:
croccante e leggermente fastidioso –con quella sfoglia che
ogni volta si
attacca al palato e non vuole staccarsi- all’esterno, mentre
all’interno
morbido, dolce –ma con un retrogusto amarognolo dato dal
cacao amaro- … davvero
ottimo!
Sanji addentò un altro wafer, mentre i pensieri continuavano
a viaggiare sulla
bontà di quello strano dolce.
Zoro osservava di sottecchi il volto di Sanji, le sopracciglia
aggrottate la
bocca imbronciata -mentre pensieroso masticava- chiedendosi a cosa
stesse
pensando, poi non resistendo domandò:
“Hei torciglio… su cosa rimugini?”
Sanji
alzò il viso sorpreso della domanda poi sorridendo rispose:
“Pensavo che assomigli ad un wafer”
“Xeres…
è molto buono provate!”
disse Sanji entusiasta.
Versò del liquido nei bicchieri e poi si sedette aspettando
che tutti
bevessero.
I compagni lo fissarono incerti e nessuno fece una mossa. Il biondo li
fissò un
po’ desolato.
Zoro
osservò gli occhi del cuoco velarsi di tristezza, per via
della
poca fiducia che gli altri gli stavano concedendo e - prendendo un
respiro
profondo- trangugiò il liquido alcolico.
… non era sakè, però era
buono…
“Passabile…
come hai detto che si chiama?” mormorò.
Sanji non solo non si arrabbiò ma
–inaspettatamente- gli sorrise grato.
“Xeres…” rispose poi
sussurrò “Grazie
Zoro”
Yogurt
: bianco dolce e cremoso yogurt.
Fino a poco tempo addietro quella sostanza indefinita –misto
tra latte e
formaggio- non gli era mai piaciuto, mai! Però ormai da mesi
non riusciva più a
farne a meno, c’era qualcosa in quell’alimento
molliccio e appiccicoso che gli
era molto caro… anche se non riusciva a definire bene che
cosa fosse!
Intinse il cucchiaino nello yogurt e riprese ad assaporarne la
consistenza,
mentre -di sfuggita- sbirciava Sanji fumare.
Sanji… bianco, dolce e cremoso Sanji…
Zoro tossicchiò imbarazzato dai sui stessi pensieri.
Forse adesso aveva capito perché lo yogurt gli piaceva così tanto.
Zoticone
e burino! Pure mentre dormiva riusciva ad essere maledettamente
fastidioso.
Sanji si rigirò nella branda cercando di tapparsi le
orecchie. Quello zotico di
Zoro –da ormai un’ora- non faceva altro che
russare. Lui era stanco, aveva
passato l’intero pomeriggio a cucinare per la
festa… ed aveva finito da poco di
pulire la cucina, meritava un po’ di riposo. Però
con quello stupido che rumoreggiava
era impossibile prendere sonno.
Il cuoco si alzò dal letto e si avvicinò allo
spadaccino, lo fissò per alcuni
istanti poi risoluto si abbassò su di lui e lo
baciò…
Finalmente un po’ di silenzio!
Non sai che anche questo
è amore?
Piccolo
spazio privato :
Rieccomi! Evviva dopo mesi di
astinenza
dal parring San/Zo sono tornata più in forma che
mai… si certo come no!
Fatemi saper che ve ne pare J
Partecipante
alla challenge
26 lettere per dire ti amo
Bhè? che fate ancora qui? correte! Ci divertiremo un sacco
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