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Autore: Kaho    11/01/2011    2 recensioni
Se avesse potuto riavvolgere un dannato nastro, o se avesse avuto qualche sorta di potere magico (ma no, Dio non l’aveva resa sensitiva, le aveva solo lasciato il peso della missione di suo padre a riempirle un vuoto incolmabile), avrebbe cancellato quella frase.
[Jo/Dean]
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Jo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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Disclaimers: Il titolo è stato preso da Stairway to heaven dei Led Zeppelin (per stare, giustamente, sulla stessa frequenza d’onda di Dean) mentre Supernatural non è mio, oh no. Purtroppo, prendo solo in prestito i personaggi. XD

 

 

 

 

OUR SHADOWS ARE TALLER THAN OUR SOULS

 

 

 

 

 

 

Dean Winchester avrebbe dovuto essere per lei solo uno dei tanti clienti che passavano per la Road House.

Non era diverso da molti cacciatori: un grande scroccone con l’occhio lungo, infiocchettato con un gran brutto carattere e un passato tragico che gli donava un nonché di ombroso e sfuggente.

Ma Dean Winchester non era mai stato come gli altri.

 

*

 

Jo asciugò velocemente con uno straccio una delle poche tazze di ceramica rimaste intatte (metà del servizio era stato usato come arma in un paio di risse), e la riempì di un’abbondante dose di caffè forte.

Sam Winchester la prese dalle sue mani con un sorriso di gratitudine. «Grazie mille, Jo.»

«Faccio solo il mio lavoro.» rispose Jo, con un sorriso accennato e una gentilezza che raramente riservava ai clienti: ma lui era Sam Winchester, intelligente, premuroso, e lei riusciva a volergli bene senza troppo sforzo e senza conoscerlo da troppo tempo.

Mentre asciugava un cucchiaino, Jo prese ad osservarlo, approfittando della vicinanza. Lui nemmeno se ne accorse: sorseggiava lentamente il caffè, con l’aria persa di un innamorato non ricambiato, la stessa tristezza impossibile da cancellare a piegargli la fronte. Fissava un punto imprecisato dietro il bancone (e no, non guardava lei, come avrebbe insinuato il suo “fratellone” se li avesse visti). Due occhiaie nerissime s’infossavano sotto gli occhi arrossati di un ragazzo che non aveva dormito da almeno quarantotto ore. La camicia a righe era macchiata e spiegazzata, e puzzava di zolfo e fast food. L’aspetto di un cacciatore.

Jo sospirò e pensò – non per la prima volta – che sua madre non avesse torto quando le diceva che il Roadhouse era prima di tutto un luogo dove si poteva respirare, senza dover trattenere il fiato per guardarsi alle spalle. E – non per la prima volta – una vocina dentro la testa la corresse: non è per i demoni che Sam non riesce a prender sonno; piuttosto sono incubi.

L’odore del dopobarba di suo padre si fece improvvisamente vivido, rispolverato dai vecchi, rassicuranti abbracci dei suoi ricordi.

Scosse la testa, cominciando a frustare l’aria con lo straccio nervosamente.

Non le piaceva dover essere solo un pezzo dell’arredamento in quel rifugio – dove c’era aria e pace e persino acchiappasogni di metallo incapaci di cancellare i fantasmi.

«Sammy, Sammy… devi stare attento, la giovane Harvelle sembra avere i suoi begli occhietti da cerbiatta su di te…»

La risata fragorosa di Dean Winchester colse entrambi di sorpresa: Sam sobbalzò, macchiando la camicia e il bancone con il caffè, e Jo si drizzò come un fuso, irrigidita, con le guance un po’ più rosa del solito.

«Cretino!» sibilò, prendendo lo straccio abbandonato da pochi minuti e tirandolo addosso a Dean, apparso da chissà dove. «Ci hai fatto prendere un colpo!»

«Dean!» rincarò Sam, con tono arrabbiato. Allargò le braccia e boccheggiò – in maniera totalmente ridicola e adorabile – guardando la camicia. «Era l’unica maglietta pulita che mi era rimasta!»

Dean alzò le spalle. «Toglila allora, no?»

In un decimo di minuto, Sam si girò verso di lei e la guardò aggrottando appena le sopracciglia, come per scusarsi, in completo imbarazzo; pochi, letali secondi che Dean non mancò di commentare con acida ironia.

«Oh, fratellino, non essere il solito timidone!» Ridacchiò Winchester Senior. «Non ti preoccupare, sono certo che la piccola Jo attendeva questo momento dalla prima volta che sei entrato qui, come un principe azzurro…»

Jo sapeva esattamente quello che Dean stava cercando di fare: “provocatore” avrebbe potuto essere il suo secondo nome. Tuttavia questo non le tolse la voglia di prenderlo a schiaffi.

Era irritante, sì, decisamente irritante come Dean in ogni situazione si mettesse a giudicare a destra e a manca, a creare sottointesi inesistenti (della cui erroneità ben era consapevole, come nel caso di lei e Sam), e a sminuire ogni situazione seria.

Era come se annacquasse la vita, per renderla meno salata.

Più volte, nel corso dei mutismi che seguivano i loro battibecchi, Jo aveva dovuto ammettere a se stessa quanto in quel atteggiamento aggressivo si assomigliassero, loro due. E non era l’unica somiglianza, né l’unica cosa che notasse quando si guardavano negli occhi a una decina di centimetri di distanza, faccia a faccia, sfidandosi.

Ma la sua bocca, fortunatamente, non cedeva al languore che le infuocava lo stomaco e il petto mentre guardava gli occhi verdi di Dean; con il pilota automatico inserito, si apriva e si muoveva articolando per il suo cervello – per metà in panne – le parole di cui aveva bisogno.

«Non devi sentirti messo in disparte perché a tutti piace di più Sam.»

Dean sbatté le palpebre. Non c’erano sul suo viso moti di sorpresa evidenti, ma la rigidezza della mascella e della schiena le diedero conferma di aver fatto centro.

«Non mi sento messo da parte perché, semplicemente, non voglio stare dalla tua parte.» Dean sogghignò. «D’altronde, chissà quanti ne fai scappare, eh, Jo?»

Stavolta il morso lo sentì lei, un dolore pungente al petto che le tolse il respiro. Fu il suo turno di riprendere un qualche contegno, sbattendo le palpebre, per impedire agli occhi di inumidirsi.

Non pensa quello che dice, non pensa quello che dice  

Non. Pensa. Quello. Che. Dice.

Jo emise un suono strozzato, che sperò potesse apparire come uno sbuffo. «Disse l’uomo che scappa alla donna che resta. Ti stai nascondendo da me, Dean?»

Se avesse potuto riavvolgere un dannato nastro, o se avesse avuto qualche sorta di potere magico (ma no, Dio non l’aveva resa sensitiva, le aveva solo lasciato il peso della missione di suo padre a riempirle un vuoto incolmabile), avrebbe cancellato quella frase.

Era un terreno friabile, quello in cui si stava lanciando, senza appigli e senza cadute morbide. Voleva dire portare alla luce la piacevolezza di condividere ricordi fra loro, i flirt mai portati a termine, i silenzi ascoltando vecchie canzoni dal juke-box.

Non sapeva se era pronta a parlargliene – maledizione, non sapeva neanche se poteva parlarne in generale.

Dean pareva rimasto senza parole, come lei. Sam li osservava, intrigato e un po’ teso.

«Io non– »

«Ragazzi…» Jo non riuscì a contenere un sospiro di sollievo all’entrata di sua madre, carica di un barilotto di latta. «Che fate lì imbambolati? Oddio Sam, la tua camicia! Che cavolo hai combinato, eh? Ancora ad azzuffarti come un ragazzino insieme a Dean?»

Sam arrossì, grattandosi un braccio, imbarazzato. «Mi è caduto il caffè, uhm… posso mica usare la doccia al piano di sopra, Ellen?»

«Naturalmente» acconsentì sua madre, svelta. «Ci deve essere una delle vecchie camicie di Bill nella mia camera. Vieni con me, così te la prendo subito.»

«Ok…» rispose esitante Sam, guardando fra lei e Dean, meditando su quale fosse il male minore, se lasciarli soli o se disubbidire ad Ellen, già giunta all’inizio delle scale.

«Allora» lo incalzò quella, inarcando un sopracciglio. «Puoi smetterla di guardare mia figlia e cominciare a muovere quel culo, Winchester?»

Sam arrossì di nuovo. «Non stavo – al diavolo, arrivo.»

«Bene.»

Ellen sparì nell’angolo, e Sam si voltò verso Dean allargando occhi e braccia. Il sostegno del fratello maggiore fu un inequivocabile segno di “darci dentro”. Sam spalancò la mascella, scandalizzato, facendola ridacchiare.

«Ti ho visto, Dean. Niente birra per te stasera, né Led Zeppelin.»

«Ellen!»

Jo si lasciò andare ad una risata che alleggerì decisamente l’atmosfera nel locale.

 

*

 

Lei e Dean non si parlavano dalla sera prima, dopo l’accidentale accusa al bancone.

Sua madre – osservatrice di rara intelligenza e sensibilità – l’aveva già interrogata su quale “nuova cazzata” avevano discusso, e Jo aveva risposto che un vero e proprio litigio non c’era stato. Il che tecnicamente era vero, visto che al massimo si poteva definire “battibecco”.

Sua madre non le era parsa convinta – la bocca di Jo non era stata abbastanza veloce, e si era inceppata nel formulare la risposta –, ma aveva lasciato correre e non l’aveva più pressata sull’argomento.

Al contrario, Sam si era avvicinato nervoso al bancone e, approfittando della scusa per prendere tre birre per lui, Dean e Bobby, che stavano giocando al biliardo in un angolo, la incalzò.

«Jo, tutto questo è ridicolo.»

L’esordio le fece ribollire il sangue, e subito la sua lingua diventò una mitragliatrice tedesca.

«Tutto cosa, Sam?» domandò, retorica e scontrosa, mentre riempiva i boccali.

Il ragazzo sembrò accorgersi dell’errore; esitò un attimo, poi continuò il discorso senza impazienza, con un tono conciliante.

«So bene che ci sono dei problemi irrisolti fra te e Dean.»

«Problemi?»

«Sì, problemi.» La voce di Sam stava tornando esasperata, come se avesse già avuto una discussione del genere. Jo pensava che, probabilmente, era andata proprio così. «Non siete molto bravi a nasconderlo, né tu né lui, dato che persino Bobby si è accorto che qualcosa non torna. Non vi parlate, Jo.»

Alzò le sopracciglia bionde, ribattendo in modo neutro: «Non parlavamo molto nemmeno prima.»

«Di certo più di adesso e senza tutta questa ostilità» contestò Sam, e Jo sapeva che aveva perfettamente ragione. «È tempo di chiarirvi. Però… sai come è testardo Dean, non verrà mai per primo.»

«Ah, ecco, qui ti volevo!» sbottò Jo, irritata. «Perché dovrei essere io a mettere da parte il mio orgoglio? Fra i due, io sono quella che non ha problemi ad ammettere un “noi”.»

«Appunto.» Sam sorrise. «Domani pomeriggio fa il check-up mensile all’Impala sul retro.»

«Sam, muoviti

«Arrivo!»

Le rubò le pinte di birra da sotto il naso e le fece l’occhiolino prima di scappare. Jo rimase immobile, attonita, confusa e tremendamente spaventata.

Ellen, rimasta in un angolo ad ascoltare, sospirò.

«Non poteva essere Sam, quello ragionevole, premuroso, gentile, vero Jo?»

Non seppe darsi risposta.

 

*

 

Con due bottiglie di birra in mano e i denti affondati nel labbro inferiore, Jo uscì dal Road House, camminando in direzione dell’Impala impolverata.

Dean era chinato sul cofano aperto, immerso a maneggiare una chiave inglese.

Jo dovette fare appello a tutta la sua volontà per non scappare.

«Ehi, Winchester.»

La voce le era uscita un po’ roca, notò con panico, e la voglia di fuggire le faceva formicolare i piedi. Ma ormai Dean aveva alzato la testa, sporco di olio e lucente al sole.

«Oh, Jo.» Sembrava sorpreso di vederla. «Cosa–?»

Lei sorrise. «Birra al volo.»

Gli lanciò una bottiglia, che Dean prese agilmente. Se la rigirò fra le mani, meditabondo, e infine la guardò negli occhi. Annuì, con il viso serio.

«Grazie, Jo.»

La pace era firmata, e lei si lasciò sfuggire un piccolo sospiro.

Dean arricciò gli angoli della bocca in un mezzo sorriso, e alzò la bottiglia, mimando un brindisi. Jo lo imitò e bevvero insieme. Lei bagnò appena le labbra, gli occhi puntati addosso a Dean.

L’aspetto del cacciatore gli donava: aveva la maglia macchiata da aloni di sudore, il viso già solcato da piccole rughe, i gesti scattanti e nervosi da soldato. In questo suo padre non era tanto diverso: ma le riservava sempre un sorriso e, in qualche modo, nei suoi ricordi le appariva più giovane di Dean.

Sentì la birra ritornarle in gola, in un improvviso attacco di nausea.

«Uhm, credo che tornerò dentro a dare una mano… Buon lavoro, Dean.»

Aveva già girato i tacchi, quando la voce di Dean la bloccò. «Ah, Jo…

Congelata, la schiena rigida, attese.

«Sai, credo… credo che il mondo dei cacciatori sia popolato da fuggiaschi. Se si potesse stazionare in un solo posto, io… penso che sceglierei il Road House.»

Jo smise di respirare. Non era questo che si era aspettata. Anzi, la verità è che non si era aspettata proprio nulla. Le venne da piangere, perché, dietro a quella specie di maldestra dichiarazione, c’era un tono di irreversibile fatalità.

Si girò di tre quarti, gli occhi fermi e il viso immobile. Notò distrattamente che la sua ombra, allungata dal sole del tardo pomeriggio, non riusciva ad unirsi quella di Dean – vicina, ma mai troppo.

«Sai che questo non basta, vero?»

Dean le lanciò un mezzo sorriso sghembo. «Per ora, è tutto quello che ho da offrire.»

Jo annuì lentamente.

 

 

 

 

 

 

 

Vecchia shot riportata alla luce. Yay for me!

Ho sempre voluto fare un mio piccolo tributo a Jo&Dean, che già erano molto attraenti come coppia nella seconda stagione, ma sono diventati tremendamente shippabili nella quinta.

Un grazie alla mia nipotina Sara (che ormai sta betando come una scema, schiavizzata dalla sottoscritta <3), e a tutti quelli che leggeranno/preferiranno/ricorderanno/recensiranno questa one-shot.

Per chi volesse, ho partorito un altro piccolo quadretto che pubblicherò a breve come bonus!chapter.

Grazie per l’occhiata a questa storia. ^^

 

Bye,

Kaho

  
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