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Autore: Alaire94    11/01/2011    1 recensioni
storia seconda classificata al Contest Elements di Mary e Pepi sul forum di EFP
Quella di Lukel non è una vita come tutte le altre. E' un elementale, un mostro fatto di fuoco e costretto a vivere lontano dalla gente, ramingo per il mondo alla ricerca di briganti da punire... eppure un giorno un evento turba la sua quiete, è un incontro che cambia ancora la sua vita, portandolo per la prima volta sull'orlo della morte...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Athal Kalath Pugno di Fuoco

 

1.
Ero abituato all’odore del fumo. Mi entrava nelle narici e mi rinvigoriva e dissetava così come farebbe l’acqua in un comune mortale. Ma non ero un comune mortale, ero un elementale; un essere umanoide, dalla pelle scura, bruciata e perennemente bollente, coi lunghi capelli rossi che si scompigliavano e contorcevano come lingue di fuoco.

Attorno a me vi erano tantissimi esseri simili a me, che però, altro non erano che delle brutte copie.  Le combattevo con tutte le mie forze in quel campo di battaglia dove la morte e le fiamme regnavano incontrastate.
Mi facevo strada menando fendenti con la mia spada, recidendo arti e ricevendo in faccia schizzi di sangue, visto che non potevo combattere il fuoco col fuoco. Eppure sapevo che non potevo continuare così: ero da solo contro mille soldati, l’unico modo per vincere la guerra e salvare il Regno era trovare lei, ciò che aveva causato tutto quello. Colei che stava riducendo il mondo allora conosciuto in cenere, colei che stava uccidendo famiglie e demolendo case con la forza distruttrice del fuoco.
Piantai la spada nel petto a un essere che aveva cercato di uccidermi con una lingua di fuoco e mi guardai in giro, cercando Mathrilia, ma attorno a me non vedevo altro che mostri  e fiamme, fiamme ovunque. Sarei stato distrutto in quel luogo? Sfinito dalla battaglia e smembrato dallo stesso fuoco di cui ero composto? Non avrei voluto, ma sapevo che avevo fallito il mio compito e la Dea avrebbe fatto più che bene a punirmi in quel modo.
Proprio quando ormai disperavo, Mathrilia comparve, spuntando dalla ressa della battaglia. Aveva gli occhi rossi come i miei, ma la pelle bruciata sembrava sofferente: era secca e in alcuni punti era tirata e screpolata, come un lembo di terra inaridita dal sole. In fondo lei non avrebbe mai potuto essere come me: non era predisposta ad essere elementale. – Finalmente ti ho trovata – annunciai solennemente, con voce profonda. – Noi due abbiamo un conto in sospeso – aggiunsi.
Mathrilia sorrise. Il suo sorriso era largo e solare, tanto che mi era piaciuto subito quando l’avevo visto per la prima volta, eppure aveva un’inclinazione malvagia che solo ora riuscivo a scorgere.
– Certo, dobbiamo risolvere – commentò la donna.
Cominciammo a guardarci intensamente negli occhi, dove scorsi una vena di insicurezza. Forse non tutto era perduto, forse potevo ancora adempiere al compito affidato…
 
***
 
Il Regno non è altro che una striscia di terra, solcata da catene montuose, illuminato da due soli nel cielo e circondato da un mare profondo. Quando tutto cominciò vivevo felicemente in una casetta nel sud del Regno, con un padre, una madre e un fratello, come tutte le famiglie normali …
Io e mio fratello stavamo lottando. Adoravo combattere con lui: era un degno avversario con cui mettere alla prova le proprie forze. -  Su, Lukel, prova a colpirmi se hai il coraggio! – esclamò mio fratello Darek facendomi segno con la mano di avvicinarmi. Non me lo feci ripetere due volte: gli saltai addosso e lo colpii sullo stomaco con la testa, facendolo cadere a terra. Gli diedi qualche secondo per riprendersi.
 – Stai diventando bravo, fratellino – commentò con un sorriso, tenendosi la pancia con un braccio. Lo colpii con una raffica di pugni che lui parò prontamente, per poi sferrarmi un pugno sulla faccia dopo avermi confuso con una finta.
– Anche tu sei bravo, Darek – commentai, con fiato corto e i capelli, usciti dalla coda, davanti agli occhi.
Senza regalargli altro tempo gli assestai un calcio nell’inguine, ma ancora una volta si schermò, aprì le mie difese e mi tirò un pugno sul naso. Sentii un rivolo amaro di sangue raggiungermi le labbra, ma non ci feci caso e restituii rapidamente il colpo. Darek mi sferrò un calcio nello stomaco, io però indietreggiai il giusto per prendere la spinta e compiere una capriola. Lo sorpresi da dietro, gli assestai una gomitata nella schiena e una ginocchiata nell’inguine prima che potesse accorgersene. Nell’attimo precedente alla sua caduta rovinosa, un pugno colpì il mio naso, prendendomi completamente alla sprovvista. Così ci trovammo tutti e due doloranti, distesi sull’erba del prato.
Proprio in quel momento ci raggiunse nostro padre, camminando a passo lesto e facendo scricchiolare le foglie secche davanti a casa. Un largo sorriso gli rasserenava il viso, dimostrando il suo temperamento solare.
 – Sempre a fare a botte voi due! – esclamò, scuotendo la testa rassegnato, poi aggiunse: - piuttosto rendetevi utili …  Darek, per favore, vai a mungere le mucche e tu, Lukel, vai a sistemare le balle di fieno dentro il granaio – ci ordinò. Dava molta importanza al nostro contributo nella fattoria: in fondo saremmo stati i futuri padroni.
- Non è finita qui! – annunciai con un sorriso furbo, rivolto a Darek mentre mi dirigevo senza altre parole verso il granaio.
Presi il forcone che mio padre teneva nella stalla e cominciai ad occuparmi delle balle di fieno che erano accatastate su un carretto di legno, ormai corroso dagli anni, appena fuori dal granaio.
Dopo aver portato con fatica il carretto all’interno, cominciai uno per volta a sistemare le balle in alto, su una grande dispensa.
Fu allora che successe, anche se non capii esattamente come. In seguito più volte mi chiesi se tutto fosse già scritto dal destino oppure si trattasse di una stupida e banale serie di eventi. Fatto sta che quando mi voltai dopo aver sistemato le balle nella dispensa, mi accorsi con orrore che il carretto aveva misteriosamente preso fuoco. Sentii il cuore fare un salto in gola e per un attimo rimasi completamente paralizzato. Poi raccolsi tutto il mio coraggio e sangue freddo e mi diressi verso il fuoco. Tentai di estinguerlo con la maglia, ma ormai la fiamma era troppo alta. Cercai una via di fuga, ma purtroppo il carretto si trovava proprio davanti all’entrata e non vi erano finestre da cui poter uscire. Ero intrappolato.
Chiamai aiuto con tutto il fiato che avevo in gola, ma la mia voce era coperta dal rombo dell’incendio. Il fumo mi stava entrando prepotente nelle narici, fino a riempire i polmoni e il caldo così asfissiante mi faceva sudare, tanto che la pelle sembrava quasi screpolarsi. La mia fine era vicina,  inesorabile come le fiamme stavano avanzando.
Possibile che nessuno sentisse le mie grida o il crepitio del fuoco? Era così potente, tanto che i timpani mi stavano scoppiando, possibile che nessuno lo sentisse?
Il fuoco ormai era vicino e ciò che mi era rimasto era la speranza che qualcuno venisse a salvarmi, ma chi mai si sarebbe inoltrato nel granaio con la certezza di morire? Ero completamente spacciato.
I sensi cominciarono ad offuscarsi per colpa del fumo che piano piano mi stava togliendo il respiro. Proprio prima che chiudessi definitivamente gli occhi, lasciandomi cadere nell’oblio, vidi il fuoco agitarsi in una strana forma. Piano piano assunse la sagoma di una donna, con le forme perfette, un mantello fiammeggiante e una lunga chioma di capelli di fuoco. Pensai di avere le allucinazioni: magari all’interno del fumo vi era qualche gas che provocava effetti allucinogeni. Non ci diedi molta importanza, nonostante non riuscissi quasi più a pensare, poi però notai che la figura non se ne andava, restava immobile, quasi a dominare l’incendio.
«Io sono la Dea del Fuoco» disse una voce soave che mi lasciò completamente spiazzato e per un attimo mi risvegliò dal sonno a cui stavo cedendo. «Ti salverò, Lukel, ma tu dovrai fare qualcosa in cambio»continuò la dea. Avrei voluto rispondere, dire qualcosa, ma l’arsura provocata dal fumo me lo impedì. «Io ti darò alcuni dei miei poteri … sarai il fuoco fatto uomo e come esso sarai immortale, a meno che qualcuno non riuscirà a estinguere la fiamma che brucerà dentro di te. Tutto ciò che dovrai fare, sarà difendere il Regno dal male, oppure io riprenderò la vita che ti ho donato» spiegò la donna.
La sua figura rimase qualche secondo ad ondeggiare nel fuoco, con un sorriso imponente, poi scomparve con la stessa rapidità con cui era apparsa.
Cominciai a sentire il mio corpo prendere vigore, quasi alimentato dalle fiamme che ormai mi circondavano. Il fumo non mi dava più alcun fastidio, anzi, sembrava intriso di una confortevole fragranza. Mi alzai, sorpreso di essere vivo e, col cuore che batteva, come spinto da un istinto irrefrenabile, camminai fra le fiamme. Non sentivo assolutamente nulla, non sentivo la mia pelle bruciare e fare male, ma invece mi pareva di essere in una morbida nuvola.
Presto mi trovai fuori dal granaio. La mia famiglia, raggomitolata, unita nel dolore della perdita di un figlio, alzò gli occhi verso di me, stupita e incredula di ciò che stavano vedendo. Mia madre fu la prima ad alzarsi e corrermi incontro per abbracciarmi. Le lacrime scendevano copiose sul suo viso. – Come hai fatto? – chiese Darek, con gli occhi sgranati, mentre anche lui mi raggiungeva per abbracciarmi. – Io non lo so – risposi semplicemente. – Oh, caro, ma sei bollente! – esclamò mio padre, abbracciandomi a sua volta.
Appena tutti si distaccarono, mi guardai le braccia: la pelle era diventata scura, di uno strano color bruciato, tanto che quasi mi spaventai.

   
 
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