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Autore: miseichan    12/01/2011    2 recensioni
Sulle dolomiti, in un piccolo e romantico albergo, nascosto fra gli alberi e la neve... c'è una stanzetta, la numero 87.
E' da questa stanza che alle otto e cinquantasette di mattina, un urlo improvviso e inaspettato romperà il silenzio.
Storia classificatasi terza al contest: "Only shots" indetto da Only_me
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Occhi di Lince

 

Believe me
The sun in your eyes
Made some of the lies worth believing

 

L’urlo perforò il silenzio.

Jean passeggiava per il corridoio, il passo svelto, diretto alla porta dell’ascensore. Le mani infilate nelle tasche, si chiedeva cosa avrebbe dovuto prendere per colazione. Non gli interessava davvero: era un modo come un altro per non pensare a Gabrielle, la scontrosa francesina che lo aveva lasciato a bocca asciutta. Perché mai, poi, aveva dovuto rispondergli in maniera così sgarbata? Non era tanto male lui - alto, capelli neri e lunghi sempre legati con un elastico, occhi scuri e magnetici ed un residuo quasi impercettibile della sua lingua madre: il francese. Incontrare quella ragazza era stato come essere colpiti da un fulmine a ciel sereno: minuta, sottile, fragile. Se la immaginava timida ed introversa e invece un fuoco le ardeva nel petto. Una fiamma che era stata in grado di scottarlo.

Aveva da poco superato la camera 87 quando Jean sentì l’urlo. Sussultò, preso in contropiede.

Jean rabbrividì, ritornando sui proprio passi: non era preoccupato per la persona che aveva urlato, bensì per la povera anima a cui l’urlo era rivolto. Questo perché non era un grido di terrore né di dolore o sofferenza: era un grido di rabbia. Frustrazione e ira allo stato puro. Jean conosceva bene quel tipo di urlo. Glielo avevano rivolto contro tante di quelle volte che ormai non avrebbe mai smesso di sentirlo la notte.

Socchiuse gli occhi, rivolgendo un pensiero di conforto al povero cristo che doveva, sicuramente, essere in serio pericolo. Si decise ad aiutarlo in uno sbattere di ciglia: non poteva abbandonare così un inconsapevole compagno di sventure. La francesina avrebbe aspettato. Jean accelerò il passo, entrando nell’ascensore e premendo il pulsante per il piano terra: sperava solo che la dolce gattina non uccidesse il malcapitato prima del suo ritorno.

 

§

 

- Potter, porca miseria! -

James stava sognando: era sul suo manico di scopa; era la partita più importante della stagione e aveva individuato il boccino. Il pallino dorato era a pochi centimetri dalle sue dita: una manciata di secondi e avrebbe regalato la vittoria ai Grifondoro! Il vento che gli soffiava sul viso e il sorriso già sulle labbra…

- Potter! -

La giovane ragazza si avvicinò al letto e lanciò un’occhiata carica d’odio al ragazzo che vi dormiva placidamente: avvolto nelle lenzuola e steso sulla pancia, James sembrava essere insofferente a qualsiasi strepito. Lei allora lo afferrò per le spalle e cominciò a scuoterlo con mal grazia. Non smise fino a quando uno sbuffo incerto uscì dalle labbra del giovane: lo guardò mentre si girava, le labbra dischiuse e gli occhi appannati dal sonno. James si mise a sedere e il lenzuolo scivolò verso il basso, lasciando che il petto nudo facesse capolino. La ragazza arretrò, le braccia strette al petto e lo sguardo che involontariamente indugiava sugli addominali scolpiti dell’altro.

- Cosa…? – mugugnò confuso James, afferrando a tentoni gli occhiali poggiati sul comodino.

Li dispose sul naso e solo in quel momento riuscì a mettere a fuoco la scena: il letto disfatto, la finestra aperta, un gufo sul davanzale e una furia dai capelli rossi che cercava di incenerirlo con lo sguardo.

- Lily, che succede? – chiese, improvvisamente preoccupato.

Scese dal letto, una mano che tentava inutilmente di sistemare l’ammasso informe di capelli. Si avvicinò alla ragazza, ma lei gli intimò di fermarsi allungando semplicemente una mano. Non muoverti, questo gli aveva ordinato e James non avrebbe certo disubbidito. Non quando gli occhi verdi che per tutta la notte erano riusciti a stregarlo ora lo fissavano con chiaro desiderio omicida.

- E’ successo qualcosa? – domandò ancora, non riuscendo a capire. Le dita strette attorno al bordo dei pantaloni slabbrati del pigiama, cercava di tenerli su, così da non rimanere nudo di fronte a quella furia.

- Lo chiedi anche, Potter? –

James rabbrividì, realizzando solo in quel momento quante volte lo aveva chiamato per cognome.

Lily indicò la finestra con il capo, sorridendo perfida. Il gufo, si disse James: doveva sicuramente averci qualcosa a che fare quel dannatissimo gufo fulvo. Socchiuse gli occhi, aspettando solo di essere messo a conoscenza dei fatti per cercare poi di salvare il salvabile.

- Non sono nemmeno le nove – cominciò Lily, portandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio – Neanche le nove e sento beccare contro la finestra. Cerco di ignorare il rumore ma l’uccello non demorde, così mi alzo, apro il vetro e prendo la lettera -

Lily si fermò, cominciando a camminare nervosamente sul tappeto. Era scalza, una semplice vestaglia verde a coprirla. James tratteneva il respiro, certo che il peggio dovesse ancora arrivare. Avrebbe voluto chiudere gli occhi ma lo sguardo gli cadde improvvisamente sulla spalla destra della ragazza: la spallina era rovinata, quasi spezzata. Era stato lui a ridurla in quello stato: con i denti.

- E lo sai cosa diceva la lettera, Potter? -

La domanda che gli era stata scagliata contro costrinse James a lasciar perdere la spallina semidistrutta.

- Cosa diceva? – chiese, il tono tremante e sottomesso.

- Che dobbiamo fotografare una lince – sibilò Lily, le labbra serrate ed un sopracciglio inarcato.

James storse il naso, stentando a credere di aver capito bene. Stava riflettendo su quale parola avesse potuto fraintendere quando improvvisamente capì. Sussultò, arretrando inconsapevolmente.

- I tuoi amichetti – riprese la ragazza, il tono che si alzava di qualche decibel a ogni parola – Quei due idioti di Cip e Ciop ti ricordano che manca solo la foto in questione per terminare il lavoro di gruppo. Si augurano che tu ti stia divertendo, ti suggeriscono di darti da fare ora che ne hai l’occasione e, ancora, ti ricordano di immortalare la suddetta lince -

James era crollato sul materasso: gli occhi spalancati, non riusciva a credere alle proprie orecchie.

Aprì la bocca per dire qualcosa ma lei fu più veloce, precedendolo:

- Ora io mi chiedo, Potter – sussurrò, le dita che picchiettavano nervose sul televisore – Il fatto che sia la nostra prima vacanza, che siamo insieme, in montagna, tu ed io… non significa niente? -

- Lily – mormorò lui di rimando, venendo nuovamente interrotto.

- Cortina d’Ampezzo. Italia. Veneto – scandì, avvicinandosi minacciosa – Neve, alberi, albergo! Porca miseria non è possibile che nemmeno un giorno lontani da scuola e già arrivano i compiti a casa, Potter! –

Gridava, ormai. Una sfuriata in piena regola: non mancava niente. James sistemò meglio gli occhiali sul naso, un’espressione abbattuta in volto. Loro e quella dannatissima lince…

Non sentiva più neanche le grida di Lily, ne studiava i tratti accalorati e riusciva solo a pensare che fosse più bella che mai. Osservò il resto della scena come in televisione, la funzione “muto” attivata. Il sonoro tornò solo quando la ragazza ebbe fatto dietrofront chiudendosi nel bagno e sbattendo la porta.

James sospirò, sdraiandosi esausto. Un casino immane, ecco in cosa si era cacciato.

Il bussare leggero alla porta lo riportò alla realtà, costringendolo ad alzarsi. La aprì con i pantaloni che lenti gli scivolavano dalla vita. Il ragazzo inarcò un sopracciglio, fissando sorpreso il giovane che aveva di fronte: un metro e ottanta, i capelli chiusi in un elastico, gli occhi che sorridevano complici.

- Non abbiamo ordinato niente – mormorò James, accennando con il mento al vassoio pieno di dolci che l’altro giovane gli porgeva. Il nuovo arrivato annuì, lanciando un’occhiata all’interno della stanza.

- Lo so – rispose con ovvietà – Ho sentito l’urlo – aggiunse poi, stringendosi nelle spalle.

James aggrottò le sopracciglia. Non riusciva più a stargli dietro.

- Prendila per la gola – gli suggerì l’altro, mettendogli il vassoio fra le mani – Funziona sempre – terminò, voltandosi e incamminandosi verso l’ascensore.

 

§

 

- Non riesco a credere di essermi lasciata convincere -

James ridacchiò, stringendo maggiormente la presa attorno ai fianchi della ragazza. Fece per baciarla ma lei si ritrasse, sorridendo divertita.

- Non sei ancora tornato nelle mie grazie, Potter – bisbigliò, smettendo di guardarlo.

Lasciò che lo sguardo si perdesse in lontananza: sui monti innevati, sulle distese bianche ai loro piedi colorate solo da masse verdi. Neve. Lily sorrise, innamorandosi del paesaggio che si estendeva attorno a lei. Aveva sempre desiderato sentirsi chiusa in una palla di cristallo piena di neve. E ultimamente nella sua immaginazione, oltre se stessa, pupazzi di neve e cioccolata calda, nella palla di cristallo c’era anche qualcun altro. Un ragazzo, per l’esattezza. Con i capelli neri impossibili da pettinare, gli occhiali, un paio di occhi incantevoli e un sorriso malizioso che attirava gli schiaffi… o i baci.

- Sicura che non mi perdoni? – domandò una voce tiepida vicino a lei.

Lily sentì il fiato caldo che morbido le accarezzava il collo e rabbrividì. Come diavolo era possibile che non riuscisse a tenere il broncio con quell’immane testa bacata di Potter, si chiese.

- E se mandassi al diavolo Cip e Ciop? -

A Lily scappò un sorriso sentendolo definire i suoi amici con i soprannomi che lei gli aveva affibbiato.

Si voltò, il viso improvvisamente vicinissimo a quello del ragazzo. Fissò gli occhi nei suoi, smettendo di nascondere la felicità. Con una mano gli accarezzò la guancia, fermando le dita fra i suoi capelli.

- Noi siamo usciti per passeggiare – mormorò, avvicinando le labbra a quelle di lui – Se poi, casualmente, ci imbattessimo in una lince, niente ci impedirebbe di fotografarla -

James sorrise, attirando con sicurezza il piccolo corpo contro il suo e rubandole un bacio.

Lily si rilassò, legando le mani dietro il suo collo e sorridendogli contro le labbra. Rimasero stretti l’uno all’altro, cullati dal vento, a diversi metri da terra. Fu proprio per quel particolare che Lily a un certo punto si staccò da lui, o almeno cercò di farlo:

- James… - bisbigliò, tentando di convincerlo a fermarsi. – James! -

Il ragazzo si bloccò di colpo, allontanandosi solo di qualche centimetro per guardarla in viso:

- Che c’è? Ti ho morso? – chiese, gli occhi che alternavano un’espressione incerta e perspicace.

- La seggiovia – rispose lei, accennando con il capo verso il basso – Si è fermata! –

James abbassò lo sguardo, rendendosene conto solo in quel momento: erano bloccati a mezz’aria. Sospirò, incantandosi poi a fissare la nuvoletta che si era formata davanti a lui. Lily alzò gli occhi al cielo, colpendolo irritata su un braccio.

- Scendiamo – mormorò allora lui, stringendosi nelle spalle.

- E come, di grazia? – chiese lei, sfregando fra loro le mani coperte da guanti blu. James sorrise, alzandosi in piedi con agilità. Lily lo guardò preoccupata: non gli piaceva la luce che gli si era accesa negli occhi.

- Saltiamo – ribatté lui, lasciandosi poi cadere all’indietro nel vuoto. Lily cacciò un urlo, scattando in piedi d’istinto. Mantenendosi alla sbarra laterale guardò in basso, individuando subito James: sdraiato sulla neve risaltava chiaramente nella sua tuta scura. Le braccia piegate dietro la testa, la guardava con aria birichina e ammiccante.

- Vieni? – le chiese, sbuffando per creare una nuova nuvoletta. Lily scosse la testa, allargando esasperata le braccia. Strinse i denti, guardandolo in cagnesco:

- Tu sei pazzo – mugugnò, stringendo gli occhi.

- Sono pochi metri, amore – ridacchiò lui – Non ne hai il coraggio? – chiese poi, sfidandola.

Lily sorrise per risposta, punta sull’orgoglio. E va bene, lo aveva voluto lui.

Allargò le braccia, portando i piedi fin sul bordo. James la vide solo in quel momento e spalancò gli occhi: non poteva essere che… non riuscì nemmeno a finire di formulare il pensiero che il corpo della ragazza gli cadde addosso, mozzandogli il respiro. Sentì le labbra di lei premere sulle sue, inaspettate.

- Grazie per avermi attutito la caduta – bisbigliò lei – brutto deficiente! – aggiunse poi, alzandosi in piedi.

James la guardò lisciarsi i pantaloni e sistemarsi la giacca, il respiro che ancora faticava a uscire, sorpreso come sempre dalla ragazza di cui era follemente innamorato.

 

 

§

 

- James! -

Il ragazzo mugugnò, contrario a staccarsi da lei. Lily gli poggiò una mano sul petto, cercando vivamente di allontanarlo. La schiena schiacciata contro il tronco di un abete, il corpo del giovane completamente avvolto attorno al suo. Lily lo abbracciava, le labbra rapite da quelle di lui, quando casualmente aveva aperto gli occhi, distratta da un piccolo rumore in avvicinamento.

Quando i suoi occhi avevano incontrato quelli neri della piccola lince, Lily era trasalita.

Aveva fissato l’animale, sorridendo sorpresa. Un gatto leggermente cresciuto, ecco cos’era. Un gatto con dei ciuffi di peli sulla punta delle orecchie.

Lily teneva ancora a distanza James, facendogli segno con gli occhi di girarsi lentamente. Lui non capiva i segnali, guardandola confuso. La ragazza allora si spazientì, afferrandogli il mento fra due dita e girandogli il viso di scatto. Gli occhi di James si spalancarono alla vista dell’animale.

- La lince – sussurrò, la voce che gli moriva in gola.

Lily annuì, respirando piano. Gli pizzicò giocosamente un fianco, guardandolo in tralice.

- La tiri fuori o no, la macchina fotografica? – gli chiese, sbuffando divertita.

Lui annuì, infilando le mani nelle tasche. Lily si accorse solo dopo qualche attimo di come le dita di lui procedessero a tentoni. Assottigliò lo sguardo, senza perdere di vista l’animale.

- James… - mormorò, apprensiva.

- Ehm… .

La ragazza sospirò, colpendolo con brutalità sulla spalla.

- Non è possibile! – gridò, facendo scappare la lince – Non hai portato la macchina! -

- L’ho dimenticata – si lagnò lui, arricciando le labbra – L’avevo poggiata vicino al vassoio, deve essere stata colpa della nutella che mi ha distratto –

Lily ridacchiò, scuotendo la testa.

- Tu e la tua maledetta golosità – esclamò, senza smettere di guardarlo.

James le si avvicinò di nuovo, poggiandole una mano sulla schiena.

- Tu però sei il mio dolce preferito – sussurrò, baciandola sul collo. Lily gli cinse le spalle con le braccia, sorridendo ai baci che lui le regalava.

- E per la foto? – chiese, la voce roca e concitata.

James la abbracciò, sollevandola contro di sé. Lily gli strinse le gambe attorno ai fianchi, lasciando che invertisse le posizioni e spingendolo contro il tronco dell’albero. Un mucchietto di neve cadde da uno dei rami, colpendo entrambi e facendoli scoppiare a ridere.

- Ho un’idea – sussurrò lui, il sorriso nella voce.

 

§

 

- Remus -

Il ragazzo si voltò, sentendosi chiamare. Guardò il giovane che si avvicinava e prendeva posto sulla poltrona accanto alla sua. La sala era deserta, l’unica luce proveniva dalle fiamme che ardevano nel camino. Lupin inarcò un sopracciglio, lanciando un’occhiata interrogativa a Sirius.

L’altro rideva sotto i baffi, qualcosa stretto fra le mani.

- E’ arrivata la foto di James – disse, la voce che tremava, scossa dalle risate trattenute.

- E allora? – chiese Remus, non riuscendo a capire.

Sirius scosse la testa, scoppiando a ridere e porgendogli la foto. L’altro la prese, guardandola curioso.

Si ritrovò a fissare il primo piano di due occhi verdi che conosceva bene. Due occhi che sembravano ridere anche loro. Lupin sorrise, girando la foto e leggendo le poche parole scritte frettolosamente.

Non c’è lince che abbia le unghie più lunghe delle sue.

 

 

 

§§§

   
 
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