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Autore: sweetPotterina    13/01/2011    7 recensioni
Una misteriosa ragazza si è intrufolata nei sogni del giovane Harry Potter che, durante il suo sesto anno, è malvisto dal mondo magico e perseguitato dalla Umbridge, la nuova professoressa di Difesa contro le Arti Oscure.
Mentre di giorno, tra una lezione, un allenamento e una punizione, cerca di scoprire il significato che racchiude il sogno ricorrente, di notte, nei suoi sogni la incontra, la cerca, le parla per ritrovarsi alla fine con mille domande e nessuna risposta.
Tuttavia i sogni non durano per sempre e arriva il giorno in cui si è costretti ad affrontare la realtà.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Un magico regalo



Aprile 1996.

Era una giornata soleggiata, con poche nuvole e un venticello fresco che solletica il viso; disteso sul prato ancora verde annusò l’umidità nell’aria, mentre sotto di sé poteva intravedere le foglie secche sparse intorno dai colori più vivaci, come il rosso il colore dell’amore, l’arancione il colore della sincerità, il giallo il colore della lucentezza e ancora il marrone, il colore della sicurezza e della pazienza. Anche se l’arrivo dell’autunno porta con sé la fine dell’estate, ha sempre pensato che fosse una stagione stupenda e in mezzo a così tanti colori riesce a sentirsi finalmente in pace, in armonia con se stesso. Oltretutto, per quanto per anni avesse a malapena sopportato il silenzio, quello che regnava adesso attorno era in un qualche modo benefico.
Harry si alzò sui gomiti per ammirare il paesaggio intorno a lui, gustandosi della vista di un piccolo scoiattolo che frettolosamente stava rintanandosi dietro un albero, magari un po’ in ritardo con il periodo di letargo. Sorrise fra sé.
-Harry…-
Una voce, un sussurro appena udibile nell’aria.
Il ragazzo si voltò alle sue spalle, alla sua destra e poi alla sua sinistra, per soffermarsi infine, scrutando attentamente il paesaggio, di fronte a sé. Non c’era nessuno.
Fece spallucce credendo di averlo solo immaginato, in fondo era venuto solo e non vedeva nessuno nel raggio di kilometri.
Un fruscio, il calpestio di alcune foglie sulla terra umida.
Il moro scattò seduto, voltandosi alla sua destra verso il punto dal quale aveva sentito provenire lo strofinio; stavolta non l’aveva immaginato, l’aveva sentito davvero.
-Chi c’è? Fatti avanti- gridò mentre si alzava in piedi e sbatteva forte le mani per pulirle dalla terra.
Nessuna risposta.
Harry avanzò riducendo l’apertura degli occhi a due fessure, sfoderando la sua bacchetta allerta e cercando di intravedere il minimo dettaglio fuori posto, ma non riconosceva nulla di estraneo nel paesaggio autunnale che lo circondava.
-Harry sono qui-
Di nuovo quella voce lo colpì alla sua sinistra, così flebile eppure così vicino. Stavolta poté riconoscerne il tono femminile.
-Cho ma sei tu?- chiese inarcando un sopracciglio.
Cho Chang. La ragazza per cui aveva perso la testa e con cui aveva vissuto le gioie e le pene della sua prima cotta adolescenziale. Non era stato un colpo di fulmine ma qualcosa era nato dalla prima volta che si erano incontrati: ricorda ancora perfettamente la stretta allo stomaco che lo colse inaspettatamente nel momento in cui i loro sguardi si erano incrociati mentre sorvolavano il campo di Quidditch sulle loro scope, l’uno contro l’altro.
Il suo cuore batteva al solo pensiero di averla vicina, tuttavia, come nella realtà, non era lei che lo chiamava. Non avrebbe potuto, il cuore di Cho batteva per qualcun altro.
-Perché Harry? Perché?-
Straziata, malinconica, triste. La sua voce adesso era un lamento.
Harry si sentiva confuso mentre la sua mente elaborava le risposte che quella voce sembrava nascondergli; un altro scalpiccio e si voltò di scatto alle sue spalle, giusto in tempo per intravedere il lembo di un nero mantello svanire dietro un arbusto. Corse veloce nella speranza di raggiungerla ma una volta girato il tronco in tondo non vi era neanche l’ombra della donna.
-Perché ti nascondi? Esci allo scoperto!- gridò ancora e stavolta la voce gli rispose.
Dolce, calda, sottile. –Ti sto aspettando-
Harry ancora una volta si guardò intorno e finalmente la vide. Era a una decina di metri da lui, sotto un grandissimo albero che ancora conservava qualche piccola foglia verde; era poggiata sul tronco con le mani dietro la schiena.
Mentre correva per raggiungerla non riusciva a distinguere niente di lei, nemmeno le scarpe, avvolta dal suo mantello fin sotto il mento e il cappuccio che largo le copriva il volto chino.
Ora che distava di pochi passi si accorse che era minuta e poche dita più bassa di lui; ma la cosa che lo stupì fu il sentirla piangere. Il venticello autunnale quasi copriva i suoi leggeri singhiozzi, eppure adesso che l’era vicina li sentiva chiaramente così come il suo tiepido richiamo.
-Harry-
Un nome e una preghiera. Un mormorio gentile e afflitto che gli intenerì il cuore. Riconoscendo l’assenza del pericolo ricacciò dentro i jeans la bacchetta e facendo un passo in avanti chiese
-Ci conosciamo?-
La ragazza continuava a stare coperta con il capo chino, praticamente nascosta alla sua vista. Immobile. –Harry- la sentì sibilare piano ancora una volta.
-Sono qui, stai tranquilla, sei ferita? Fatti vedere magari posso aiutarti- disse poi porgendole una mano gentile mentre copriva le distanze lentamente.
La vide fare un passo indietro, scontrandosi con il grosso tronco alle sue spalle, così istintivamente si fermò prima che lei parlasse di nuovo.
-Fermati, non puoi- Adesso si era irrigidita e dal tono della sua voce sembrava spaventata.
-Cosa non posso? Io voglio solo aiutarti, non ti farò del male- cercò di rassicurarla.
Le parole di lei non avevano alcun significato alle orecchie del mago eppure si sentiva in dovere di aiutarla, di proteggerla, di andarle incontro nonostante le sue strane espressioni per stringerla e confortarla. Perciò quando udì le sue parole subito dopo sentì una fitta allo stomaco ferirlo.
-Lo stai già facendo-
Conosceva quella sensazione: si sentiva in colpa, ma perché? Per cosa?
-Come? Io non capisco, ma…- provò a chiederle, tuttavia le parole gli morirono in gola quando la vide muoversi, sollevare piano la testa.
-Harry- la sentì mormorare di nuovo, mentre poteva adesso vedere una sua guancia bianca e liscia rigata da una lacrima. Il mantello le copriva persino le labbra o forse, era lei che gliele nascondeva apposta; non ebbe tempo per pensarci che subito la sua voce lo raggiunse.
-Vieni da me quando sarai pronto-
Pronto? Non aveva senso quello che aveva appena udito e la sua mente lo registrò inconsciamente mentre la sua attenzione adesso era rapita dai suoi occhi. La ragazza non aveva abbassato il cappuccio, ne era ancora coperta parzialmente, riuscendo adesso a intravedere appena il suo naso e i suoi occhi tristi e lucidi, così stranamente familiari. Furono questi ultimi a rapirlo: erano del colore della terra, del tronco dell’albero su cui era poggiata, della sicurezza e della prudenza. Un colore caldo e travolgente che lo stava ipnotizzando inchiodandolo sul posto incantato; lo guardavano intensamente, come a trasmettergli qualcosa che era troppo grande e complicato da spiegare a parole.
-Ma...- provò a dire inutilmente; la sua mente era intenta ad esplorare il cioccolato sciogliersi nelle iridi della ragazza per formulare una frase di senso compiuto.
-HARRY- Un’altra voce, più forte, più decisa.
La terra sotto di sé improvvisamente tremò e la radura intono cominciò a svanire, come se qualcuno lentamente la stesse cancellando.
-Io ci sarò sempre per te- le sussurrò allora la ragazza avvicinandosi, intanto che piccole foglie secche cadevano dal grande albero sulle loro teste circondandoli.
-Ma non capisco...- disse stavolta indietreggiando troppo sconvolto nel notare che l’immagine di lei sembrava pian piano sbiadire.
Un altro rimbombo sembrò esplodere nella sua testa -HARRY-
-Dimmi chi sei- urlò allora alla ragazza che continuava a fissarlo mentre tutt’intorno spariva e i suoi occhi invece si facevano più vicini. Poteva ormai vedere solo quelli dietro quel piccolo vortice di foglie che ormai la copriva come una soffice coperta.
-Io ti aspetterò- la sentì dire un’ultima volta, prima che il buio risucchiasse anche lei.

-Harry, svegliati!- Hermione iniziò ad agitarsi, mentre scuoteva la spalla del suo migliore amico.
-Si sta svegliando, non urlare. Guarda però, dorme sul serio con il cuscino che gli hai regalato!- Ron era appena entrato nella stanza tappandosi platealmente le orecchie. Hermione lo liquidò con una smorfia.
Harry aprì gli occhi di scatto spalancando la bocca e alzandosi sui gomiti come se fosse stato fino in quel momento sott’acqua in apnea. Quegli occhi c’erano ancora.
-Hermione- disse con il fiato corto mentre il cuore batteva velocemente.
-Si sono io Harry, tranquillo è stato solo un sogno- lo tranquillizzò la sua migliore amica, che seduta nel letto accanto a lui adesso accarezzava una sua guancia.
Un sogno. Un’altra volta.
Fissò un’ultima volta gli occhi dell’amica che dolci lo guardavano apprensivi per poi darsi dello stupido per averli confusi con quelli della ragazza del sogno.
-Ti senti bene Harry?- chiese preoccupata Hermione.
-Un altro incubo eh amico?- si intromise Ron che se ne stava ai piedi del letto con le braccia incrociate al petto, guardandolo dispiaciuto di non poter far nulla per aiutarlo.
Ormai quella scena accadeva tutte le mattine.
Harry ancora sconvolto si ritrovò per l’ennesima volta ad ammettere però l’impossibile.
-No, solo un sogno. Anche stanotte ho dormito benissimo-
Era strano, molto. Da un po’ di tempo riusciva a dormire, dormire davvero. Quando alla fine della giornata tornava sul suo letto, esausto ed assonnato, e posava la testa sul cuscino cadeva dopo pochi istanti tra le braccia di Morfeo per una lunga, serena e riposante dormita. Non ci sarebbe stato nulla di anomalo se non fosse che fino a pochi mesi prima invece non riusciva a dormire senza che Lord Voldemort disturbasse il suo sonno con visioni e incubi tremendi. Adesso accadeva solo di rado e soprattutto quando si appisolava per qualche momento durante la giornata tra i banchi o sulla poltroncina in sala comune; non per niente ormai dormiva solo la notte.
Ad ogni modo non era questo a preoccuparlo. Il problema era che ogni notte senza esclusioni, poco prima di svegliarsi, dopo una lunga notte vuota e tranquilla, faceva sempre lo stesso sogno: solito scenario, solite battute. E lui sapeva per esperienza che i sogni, i suoi sogni, non portano mai niente di buono. Infatti, diversamente dai comuni sogni, quello che invece Harry vedeva, sentiva e provava arrivava a lui come reale, spaventosamente vero: una volta sveglio ricordava nitidamente ogni particolare del paesaggio, l’odore delle foglie secche, la terra bagnata tra le dita, ma soprattutto ricordava perfettamente il volto e le parole della ragazza, i suoi affascinanti occhi, il suo tono sofferente. Ormai non riusciva a pensare che a lei durante le sue giornate cercando di trovare un significato, una spiegazione.
-Bhè se per te venire tormentato da una pazza ogni notte è un sogno d’accordo ma secondo me non è normale, no Herm?- Ron non credeva che, a differenza dei suoi due amici, quel sogno di cui avevano più volte parlato avesse un vero significato; più che altro riteneva che fosse più probabile una fattura di una loro compagna.
Hermione si era sempre astenuta dal dare giudizi al riguardo, costatando semplicemente che una fattura non può avere una così lunga durata e che quindi l’unica soluzione era quella di pensare al sogno come un messaggio da interpretare e codificare. Si voltò verso il rosso giusto per schioccargli un’occhiata accusatoria prima di concentrarsi nuovamente su Harry che se ne stava con le mani nei capelli massaggiandosi le tempie.
-Harry stavolta sei riuscito a capire qualcosa?- chiese timidamente, conscia di come l’argomento per l’amico fosse un tasto delicato.
Harry sbuffò e una volta indossati gli occhiali, scansando la giovane, scese dal letto.
-No Mione, non ci ho capito niente. Non riesco a capire cosa voglia da me, sempre che non voglia solo farmi impazzire perché in quel caso ci sta riuscendo benissimo!- disse infine sfogandosi, alzando il tono di voce.
Hermione lo guardò delusa, seduta sul suo letto con le mani incrociate sul ventre e il capo chino.
Harry capì di aver esagerato, così le si avvicinò prendendole le mani –Scusa Mione, so che tu vuoi solo aiutarmi è solo che è tutto maledettamente ingiusto. Sembra che io non possa mai dormire come tutte le persone normali! La verità è che mi andrebbe anche bene fare questo sogno ogni santissimo giorno perché se vuoi la verità non è male, anzi non mi sono mai sentito meglio in vita mia. Il problema è che quella ragazza…mi fa sentire strano e quando mi sveglio mi lascia un magone al centro dello stomaco; non so proprio cosa fare -.
Hermione sorrise lievemente, poi stringendo la sua mano disse decisa, infondendogli coraggio.
-Non mollare Harry-
Il moro rimase un po’ stordito sentendo la sua voce così calda e fievole.
Sembra…
Si alzò repentinamente prendendo il volto dell’amica tra le mani, guidato da un impulso esigente che gli procurò un brivido lungo la schiena; si fermò a guardarla dritta negli occhi per un lungo istante.
Hermione sgranò gli occhi arrossendo, rimanendo immobile e in silenzio troppo sorpresa e incredula.
Harry stava contemplando il contorno dei suoi occhi, ogni sfumatura, ogni ramatura, finché una mano sulla sua spalla lo fece rinsavire.
-Ehi amico ti senti bene?- Ron che fino a quel momento era rimasto in silenzio, stufo delle solite discussioni, tossendo spezzò la tensione creatosi. Anche se conosceva i sentimenti dell’amico per una certa ragazza Corvonero non poté ignorare la punta di gelosia che si accese nel suo petto per quella loro vicinanza.
Amava Hermione, da un tempo ormai indefinito, ma sapeva che lei non lo ricambiava; ci aveva provato ma ormai si era rassegnato, anche se a volte non riusciva a controllare i suoi istinti.
Harry lasciò cadere all’istante le mani dal volto di Hermione rendendosi conto dell’assurda conclusione a cui era giunto. Non poteva essere la sua migliore amica la ragazza del sogno.
Anche se… La sua voce le era molto simile e riusciva a diffondergli al centro del cuore sicurezza e serenità, anche se il suo sguardo era profondo e penetrante, dolce e accattivante allo stesso tempo.
La guardò un altro istante, come a vederla per la prima volta per tutta la sua figura, notando le labbra rosse e morbide, il seno alto e sodo, le gambe lunghe e lisce. Per la prima volta pensò che la sua migliore amica fosse bellissima!
-Si va tutto bene, ehm scusa ancora Mione-. Si scrollò le spalle come per farsi scivolare via di testa quel pensiero mettendosi le mani tra i capelli e girando su se stesso.
No che non sto bene, sto impazzendo!
No rilassati, hai solo aperto gli occhi.
Hermione intanto si era ricomposta e stava giusto per chiedergli se avesse bisogno sul serio di qualcosa o di essere portato da Madama Chips, quando poggiando le mani poco più indietro nel letto tastò qualcosa di troppo liscio che per poco la fece scivolare: la Gazzetta del Profeta.
Lesse la pagina aperta e con una smorfia si rivolse all’amico –Harry! Perché leggi ancora queste idiozie?-
Harry si voltò verso la riccia che con una mano sul fianco la guardava indispettita; fece scivolare gli occhi lungo il suo braccio fino alla sua mano con la quale teneva il giornale leggermente spiegazzato. Alterato rispose sarcastico –Rimango aggiornato così se qualcuno volesse attaccarmi saprei di cosa sono accusato-
-Devi smetterla Harry di auto infliggerti solo perché gli altri non ti credono. Non ti è mai importato di quello che pensa la gente, quindi perché farlo adesso?-

E ti diranno parole
rosse come il sangue, nere come la notte;
ma non è vero, ragazzo,
che la ragione sta sempre col più forte;

-Non lo faccio, è solo che odio sentirmi continuamente al centro dell’attenzione, attaccato da tutti ad ogni angolo della strada, è snervante!-
-Capisco quello che provi, ma lasciali dire che sei un ciarlatano in cerca di fama, un truffatore o chicchessia noi sappiamo la verità ed è questo l’importante-
-Ha ragione amico, noi siamo con te- intervenne per la prima volta Ron per dar man forte all’amica. Non era bravo con le parole e per certi discorsi era convinto che Hermione fosse più appropriata.
-Lo so, ma come fanno a ignorare l’evidenza? Nemmeno la parola di Silente è servita a qualcosa-
-La paura a volte uccide anche i più temerari e hai sentito Sirius? La gente ha paura e và a seconda dove soffia il vento. Persino il Ministero ormai è corrotto, quindi, anche se la maggior parte delle persone non crede in te non significa che siamo noi a sbagliare-

Credi solo a quel che vedi dentro;
stringi i pugni, ragazzo,
non lasciargliela vinta neanche un momento;

-Già, peccato che di questo siamo convinti solo noi. Ormai Voldemort è alle porte e noi stiamo solo perdendo tempo qui, senza contare la Umbridge e le sue teorie assurde- commentò rassegnato, sprofondando sul letto di uno dei suoi compagni di stanza.
-Bhè su questo Harry non ha poi tutti i torti, quel rospo oltre che orribile è proprio matto da legare- convenne con una smorfia di disgusto Ron.
Harry, consolato dall’appoggio dell’amico, vide Hermione allargarsi inaspettatamente in un gran sorriso.
–Ci sono molti altri che credono in te; pensa a tutti i membri dell’ES! Loro si fidano di te, devi solo farlo anche tu. E della Umbridge non preoccuparti ci stanno già pensando i gemelli-
-Che vuoi dire?- chiese quindi Harry curioso e infastidito che qualcuno potesse mettersi nei guai per causa sua.
Hermione si alzò dal letto lisciandosi le pieghe della gonna –Ho la sensazione che lo scopriremo presto- spiegò con un sorriso divertito.
Ron ed Harry si guardarono confusi senza capire.
-Vedrai che presto anche gli altri capiranno i loro sbagli, tu devi solo continuare a credere in te – la sentì aggiungere infine alzando su il mento con l’aria di chi la sa lunga.
-Adesso dove stai andando?- chiese poi Ron quando la vide improvvisamente dirigersi alla porta.
-Ginny mi sta aspettando e poi voi due non dovevate allenarvi per la partita di questo pomeriggio?-
-Si, infatti, sarà meglio che ci sbrighiamo anche noi- rispose Ron cambiando espressione e incitando l’amico ad alzarsi una volta per tutte.
Hermione era ormai davanti la porta, lieta di essere riuscita ad alleviare la tensione nella stanza.

Lasciali dire che al mondo quelli come te perderanno sempre;
perché hai già vinto, lo giuro, e non ti possono fare più niente.

-Grazie Mione- disse Harry sorridendo, prima di vederla uscire via definitivamente.


***

La partita era stata un successo. Grifondoro aveva stracciato Tassorosso per 340 a 160: un clamoroso trionfo.
Harry allacciò il mantello sulle spalle e con la sua scopa in mano uscì dagli spogliatoi.
Ron poco dopo lo raggiunse –Ehy Harry non vieni con noi a festeggiare? Stiamo andando tutti in Sala Grande adesso-
Se ne era proprio dimenticato!
-Ehm, scusa Ron ma non sono proprio dell’umore adatto, preferisco tornare in camera- rispose con un mesto sorriso e sguardo colpevole.
Ron ricambiò con un sorriso tirato. –D’accordo ma non fare pensieri strani e raggiungici se ti senti meglio-
Harry gli diede una pacca sulla spalla e imboccò la strada verso il castello. Dopo aver preso la strada più lunga per tornare, approfittando della bella giornata per una lunga passeggiata rilassante all’aria aperta, poco prima di entrare nel suo dormitorio ebbe come l’impressione di essere osservato se non seguito; si voltò verso il centro da cui proveniva quella strana sensazione e strabuzzò gli occhi quando gli sembrò di vedere una scura figura svanire dietro uno dei tanti corridoi, lasciando dietro di sé il lembo di un nero mantello che per ultimo sparì dietro una grossa statua.
Sto sul serio ammattendo!
Illuso! Neanche Voldemort c’è riuscito.
Salì velocemente le scale tenendo ben stretta la sua scopa con un nuovo ed unico obbiettivo nella mente: porre fine alla dura e pesante giornata che sembrava non avere mai fine. Come se non avesse già abbastanza pensieri, quella mattina a lezione di Difesa contro le Arti Oscure, la Umbridge gli aveva rifilato l’ennesima punizione nonostante avesse finito proprio il giorno prima di scontarne un’altra. Poteva sentirsi addirittura fortunato, a detta di Ron, per non essere stato condannato a pagarne lo scotto da quel pomeriggio stesso, saltando così la partita.
Il soffio del vento arrivò sulla punta del suo orecchio come un sussurro facendolo rabbrividire.
L’idea di una bella dormita si fece sempre più urgente nella sua mente mentre cercava di scacciare via la tempesta che si era scagliata nella sua mente; persino il pensiero di rivivere lei era meglio in quel momento.
Spalancò la porta della sua camera deserta per chiudersela nuovamente alle sue spalle, facendo fuori poi ogni indumento che aveva indosso gettandolo nel pavimento poco distante. Si tuffò sul suo letto a baldacchino che mai era sembrato a lui così invitante, intrufolandosi sotto le coperte al caldo.

Sorrise alla vista del cuscino che Hermione gli aveva regalato per Natale: lei c’era sempre stata per lui, pronta a spendere una parola o anche la vita e alle volte, era stata molto più di una semplice amica. Un pensiero inaspettatamente diverso rivolto alla compagna improvvisamente balenò nella mente del grifondoro: Hermione era cresciuta ed era diventata adesso, oltre che intelligente, anche una bella ragazza, una bellissima ragazza con cui riusciva a passare pomeriggi interi senza stancarsi mai, senza sentirsi minimamente in imbarazzo.
Ma che cavolo mi viene in mente!
La verità.
Inveendo contro se stesso per quel pensiero fuori luogo strinse forte il cuscino poggiandoci sopra la testa. Con Hermione stava bene, ma perché era la sua migliore amica quindi era più che normale.
Bugiardo.
No, è solo un’amica.
Un’amica bellissima però.
Soggiogato dalla sua stessa mente si chiuse a riccio lasciandosi cullare dalle braccia di Morfeo.

Sogna, ragazzo sogna
quando sale il vento
nelle vie del cuore.

-Perché ti nascondi? Esci allo scoperto!- gridò ancora, e stavolta la voce gli rispose.
Dolce, calda, sottile. –Ti sto aspettando-
Harry era in piedi nell’immensa e pacifica radura autunnale e per l’ennesima volta si guardò intorno per poi finalmente trovarla. Era a una decina di metri da lui, sotto un grandissimo albero che ancora conservava qualche piccola foglia verde, poggiata sul tronco con le mani dietro la schiena. Mentre correva per raggiungerla non riusciva a distinguere niente di lei, nemmeno le scarpe, avvolta dal suo mantello fin sotto il mento e il cappuccio che largo le copriva il volto chino.
Si stupì quando avvicinandosi la sentì piangere; il venticello autunnale quasi copriva i suoi leggeri singhiozzi eppure adesso che l’era vicina li sentiva chiaramente così come il suo tiepido richiamo.
-Harry- Un nome e una preghiera. Un mormorio gentile e afflitto che gli intenerì il cuore.
Ricacciò dentro i jeans la bacchetta, riconoscendo l’assenza del pericolo, e facendo un passo in avanti chiese
-Ci conosciamo?-
La ragazza continuava a stare coperta con il capo chino, praticamente nascosta alla sua vista. Immobile. –Harry- la sentì sibilare piano ancora una volta.
-Sono qui, stai tranquilla, sei ferita? Fatti vedere magari posso aiutarti- disse poi porgendole una mano gentile mentre copriva le distanze lentamente.
La vide fare un passo indietro così istintivamente si fermò prima che lei parlasse di nuovo.
-Fermati, non puoi- Adesso si era irrigidita e dal tono della sua voce sembrava spaventata.
-Cosa non posso? Io voglio solo aiutarti, non ti farò del male- cercò di rassicurarla.
Le sue parole non aveva alcun senso alle orecchie di Harry eppure si sentiva in dovere di aiutarla, di proteggerla, di andarle incontro nonostante le sue strane espressioni per stringerla e confortarla. Perciò quando udì le sue parole subito dopo sentì una fitta allo stomaco ferirlo.
-Lo stai già facendo-
Conosceva quella sensazione: si sentiva in colpa, ma perché? Per cosa?
-Come? Io non capisco, ma…- provò a chiedere, tuttavia le parole gli morirono in gola quando la vide muoversi sollevando piano la testa.
-Harry- la sentì mormorare di nuovo mentre poteva adesso vedere una sua guancia bianca e liscia rigata da una lacrima. Il mantello le copriva persino le labbra o forse, era lei che gliele nascondeva apposta; non ebbe tempo per pensarci che subito la sua voce lo raggiunse.
-Stai con me-
Un invito carico di speranza ecco cosa rappresentavano quelle parole. La sua voce calda e suadente lo attirò verso di lei, come se ne fosse legato da un sottile filo invisibile; poteva dire di essere curioso ma in realtà sentiva di nascondere una certa attrazione per quella ragazza misteriosa che adesso sembrava volersi scoprire a lui senza ancora una vera ragione.
Poi, mentre improvvisamente di sbieco poté accorgersi che la radura intono a sé cominciava a svanire, come se qualcuno lentamente la stesse cancellando, la sua attenzione venne rapita dai suoi occhi. La ragazza non aveva abbassato il cappuccio, ne era ancora coperta totalmente, se non fosse che adesso riusciva a intravedere appena il suo naso e i suoi occhi tristi e lucidi, così stranamente familiari. Furono questi ultimi a rapirlo con il loro colore caldo e travolgente che lo stava ipnotizzando inchiodandolo sul posto incantato; lo guardavano intensamente, come a trasmettergli qualcosa che era troppo grande e complicato da spiegare a parole.
-D’accordo- si ritrovò a mormorare semplicemente.
-Solo per oggi Harry- le sussurrò allora la ragazza avvicinandosi.
-Ma non capisco…- disse stavolta indietreggiando, troppo sconvolto nel notare che l’immagine di lei sembrava pian piano affievolirsi, intanto che piccole foglie secche cadevano dal grande albero sulle loro teste circondandoli.
-Ti prego Harry-
-Dimmi cosa vuoi- le urlò allora mentre tutt’intorno spariva e i suoi occhi invece si facevano più vicini. Poteva ormai vedere solo quelli dietro quel piccolo vortice di foglie che ormai la copriva come una soffice coperta.
-Solo tu ed io, solo un momento- la sentì dire un’ultima volta prima che il buio risucchiasse anche lei.
-No, aspetta!- urlò protendo un braccio cercando di afferrarla e non permetterle di sparire.

Harry in un istante si ritrovò a tastare l’aria con le dita, seduto in piedi nel suo letto stranamente non visibile ma che nonostante tutto avvertiva dal materasso morbido sotto di sé.
Respirò a fondo prima di comprendere che aveva ancora una volta sognato.
Stavolta qualcosa era cambiato, dopo lunghi mesi il finale era stato diverso tuttavia, come in precedenza era accaduto, anche stavolta non riuscì a interpretarne il significato. Frustrato si mise le mani sul volto massaggiandosi le tempie per poi grattarsi la nuca e prendere i suoi occhiali sul comodino a tentoni. In un primo momento non fece caso al buio che lo circondava, non riusciva a vedere completamente nulla, tutta la stanza era avvolta nell’oscurità. Quando pensò di aver trovato i suoi occhiali questi però gli sfuggirono tra le dita.
Gli si rizzò la schiena quando percepì uno strano movimento poco distante dal suo letto.
-Chi c’è?- si ritrovò a chiedere mentre cercava sotto il cuscino la sua bacchetta inutilmente.
Piano piano intravide filtrare una fioca luce dalla finestra in fondo alla stanza finché non riconobbe la figura familiare della luna e con essa lei. Aveva appena riposato la sua bacchetta dentro il suo mantello e adesso se ne stava in piedi al centro della stanza immobile a fissarlo. In realtà non poteva saperlo con sicurezza: nonostante la penombra nella stanza, senza i suoi occhiali la sua visibilità si era ridotta al minimo. Strabuzzò gli occhi visibilmente stupito e confuso.
Sto ancora sognando.
Ma che dici? È di fronte a te, nella tua stanza.
Ok allora stavolta sono sul serio uscito di senno!
-Tu…cioè…- balbettò senza sapere in realtà cosa dire esattamente. Come mai prima di allora sentì la necessita di sapere che lei fosse reale.
La ragazza però non disse nulla e avvolta dal buio della stanza avanzò verso di lui che immobile la guardava boccheggiante. Harry si ritrovò in imbarazzo nell’intimità della sua stanza, solo con lei.
Lui e lei da soli. Erano state le sue ultime parole.
-Chi sei?- chiese timidamente quando lei ormai gli fu di fronte. Avrebbe voluto riconoscerla per quel poco che conosceva di lei, avrebbe voluto di nuovo rivedere i suoi occhi ma l’oscurità non glielo permetteva; istintivamente si ritrovò ad allungare una mano e prima che potesse di nuovo ritirarla lei gliel’afferrò. La giovane, infatti, non rispose alla sua domanda ma aprendogli il palmo della mano se la portò sul proprio volto accarezzandogli poi piano il dorso. Harry si limitò a lasciarla fare, senza opporre la minima resistenza: la sua mano era piccola e calda e le dita fine e lunghe.
Capì in quell’istante che non poteva trattarsi di un sogno, era davvero reale. Una realtà che finalmente adesso aveva l’opportunità di capire. L’unica scelta che aveva era assecondarla.
Quando sentì sul proprio palmo la sua tiepida guancia, liscia così come l’aveva immaginata, ma inspiegabilmente umida, chiese piatto –Perché piangi?-
La sentì sotto la sua mano scuotere la testa mentre il cuore si colmava di una strana sensazione. Doveva ammettere che la situazione in sé era strana ma non riusciva a staccarsi da lei, nemmeno quando lei rilasciò la sua mano.
Bravo! Ti sei fatto soggiogare da una fantasia.
È reale e ha bisogno di aiuto; del mio aiuto.
Il petto batteva di uno strano senso di protezione per quella creatura delicata che ora accarezzava tra le dita; con un piccolo gesto asciugò una sua nuova lacrima con un polpastrello.
-Sei una mia compagna di casa?- chiese allora sperando di poter trovare qualche risposta in merito alla sua identità. Dopo un momento di immobilità la ragazza fece su e giù con il capo in segno affermativo. Era una grifondoro.
Harry sospirò rasserenato; l’idea che una serpeverde potesse essere così vicino a lui magari per qualche strano scherzo lo aveva per un attimo intimorito.
-Siamo…ehm dello stesso anno?- chiese stavolta con fervore. La ragazza parve irrigidirsi e dopo qualche tentennamento chinò il capo per poi rialzarlo una sola volta. Sì.
Questa risposta lo lasciò sbigottito più di quanto pensasse; conosceva ed era in amicizia con tutte le sue compagne di casa e non aveva visto in nessuna di loro un qualche segno di interesse particolare che potesse superare la semplice amicizia. Chi poteva mai essere?
Lavanda Brown.
Nah, ha gli occhi azzurri.
Calì Patil.
Come no? Dopo il ballo del Ceppo più che altro vorrebbe linciarti.
Una carezza di lei sul dorso della sua mano, che ancora poggiava sulla sua guancia, lo ridestò dai suoi pensieri.
-Stai scappando da qualcuno?- chiese allora ipotizzando che volesse chiedergli aiuto.
Ma chi ti credi di essere il principe azzurro?
No semplicemente Harry Potter.
Non riusciva ancora a capire come mai una sua compagna di casa dovesse intrufolarsi così nei suoi sogni o peggio, nella sua stanza. Stavolta la risposta della giovane arrivò immediatamente con un energico scossone del capo. No.
Il moro rimase un attimo confuso, adesso le idee sul perché della sua presenza erano pari a zero. Ad ogni modo non poteva rimanere lì impalato, così fece per alzarsi senza però interrompere il contatto tra loro che sembrava essere l’unico modo per aver delle risposte, seppur limitate, da lei.
–Ma allora perché…- stava per chiedere nel frattempo.
La ragazza stavolta si mosse repentinamente e nel momento in cui Harry si sporse per mettere i piedi fuori dal letto la ragazza si spinse in avanti riducendolo al silenzio con un bacio.
Harry si fermò pietrificato con una mano poggiata sul letto mentre l’altra stringeva adesso una sua guancia. Per qualche istante le loro labbra rimasero unite, immobili.
Aveva gli occhi sgranati per la sorpresa, e il suo cuore inaspettatamente iniziò a battere velocemente; le narici furono subito investite da un piacevole e dolce profumo alla cannella mentre una scarica elettrica lo percorreva in ogni sua fibra fino alla punta dei capelli.
Era la seconda volta che baciava una ragazza, ma ciò che sentiva non aveva niente a che fare con la sua prima esperienza.
Le labbra di lei si mossero impercettibilmente schiudendosi piano per poi baciare di nuovo il suo labbro inferiore e fermarsi ancora. Si ritrovò istintivamente a chiudere gli occhi per lasciarsi trascinare da quella flebile sensazione di piacere e pienezza che adesso sentiva al centro del petto; si accorse di come la sua mano bruciava sulla guancia di lei e solo dopo realizzò che era lei a scottare.

Sogna, ragazzo sogna,
non cambiare un verso
della tua canzone,
non fermarti tu...

Non sapeva cosa in realtà fosse giusto fare in quel momento ma così come era avvenuto inizialmente adesso sapeva solo di non voler interrompere quel contatto così intimo e nuovo per lui.
Ti piace.
No, è solo che…
…ti piace.
Un pochino.
Come aveva ormai capito nelle ultime settimane, quella ragazza era riuscita ad entrargli dentro movimentando i suoi sogni, occupando i suoi pensieri, infervorando il suo cuore: aveva accompagnato in un modo o nell’altro ogni sua giornata. Qualche volta, quando era riuscito a pensare a lei dimenticando per un attimo tutti i suoi dubbi e le sue incertezze sentiva di stare bene, sentiva quella sicurezza e quella pace tornargli così come accadeva nei sogni. Sapeva che in fondo erano solo sue proiezioni mentali ma non poteva ignorare che lei era l’unica a distoglierlo dalla realtà. Oltretutto la sua figura lo incuriosiva, tutto quel mistero lo attraeva e adesso, mentre sentiva la sua pelle tra le sue dita, il suo respiro sul suo viso, sentiva l’adrenalina scorrergli nelle vene e il sangue ribollire d’eccitazione; senza contare che ogni sua mossa, ogni sua parola sussurrata che fosse reale o solo frutto della sua immaginazione arrivava alle sue orecchie in maniera sensuale.
Così quando la sentì tremare gli venne naturale prenderle il volto con entrambe le mani, stavolta per attirarla a sé e approfondire quel bacio schiudendo le labbra.
Tutto in lui si perse e si sgretolò quando le loro lingue si sfiorarono languidamente, quasi timide. Fu come se qualcosa, in qualche remota parte del suo cervello si fosse spezzata, sbriciolata, rilasciando solo una cascata di emozioni sparse poi in tutto il corpo da violenti brividi.
Si ritrovò a cercare la sua lingua per poi prenderla e giocarci; nel frattempo una sua mano era avanzata fin sul suo orecchio trovando le diverse ciocche dei suoi capelli che finalmente poteva toccare: erano morbidi e probabilmente ricci. Per potersene meglio appropriare prese il lembo del suo cappuccio facendoglielo ricadere sulle spalle; non perse tempo e una sua mano si tuffò sulla sua folta chioma accarezzandole la nuca.
La grifondoro nel frattempo si era fatta più vicina tanto che le ginocchia, ad un passo successivo, sbatterono nel bordo del letto. Le sue mani tremanti e timide avevano azzardato una carezza per poi toccare la dispettosa e arruffata capigliatura del moro.
Harry avvertiva il proprio rossore sulle gote sotto le sue delicate carezze e fu come una ventata gelida quando lei si staccò da lui mettendo fine a quel bacio, lasciando poi ricadere le sue mani dal suo viso. Rimase interdetto per qualche istante febbricitante mentre cercava di tornare ad un respiro regolare. Poi riaprendo gli occhi, quando si accorse di stare a trattenerla ancora, rilasciò la presa su di lei, seppur controvoglia e con il timore che lei le sfuggisse ancora. La giovane strega tuttavia era rimasta immobile a pochi centimetri dal suo viso tanto che il mago poteva sentire i suoi respiri su di sé e ancora il suo profumo. Quell’interruzione gli aveva lasciato un senso di delusione mentre poteva sentire adesso le sue labbra gonfie e arrossate.
Fissò l’oscurità nella speranza di poter intravedere i suoi occhi, conscio che lei aveva già poggiato il proprio sguardo sul suo.
Nella stanza regnava il silenzio, spezzato solo dal battere dei loro cuori.
Dopo un infinito istante Harry pensò che fosse giusto dire qualcosa, nella consapevolezza che lei mai lo avrebbe fatto al posto suo. Ma cosa poteva dirle?
Dille di andarsene.
No.
Dentro di sé si era accesa una nuova fiamma: desiderio.
Desiderio di poterle parlare ancora, di poter continuare a scoprire qualcosa di lei, di poter di nuovo toccarla e baciarla.
È una follia.
Ne vale la pena.
Alla fine disse l’unica cosa sensata che gli venne in mente.
-Ti và, ehm…di farmi ancora compagnia?-
Finirai nei guai.
Non importa.
Non saprebbe dirlo con sicurezza, ma gli parve, per un solo istante, di poter immaginare i suoi occhi brillare di felicità, sostituendo quel triste e sofferente sguardo.
Tese insicuro una mano all’oscurità e dopo qualche momento interminabile in cui ebbe paura che lei scappasse via così come nei sogni, sentì un leggero tonfo – forse il suo mantello? - e poi la mano della giovane sfiorare la sua. Prima che lei potesse ripensarci Harry la strinse con decisione trascinandola piano nel letto, su cui le fece spazio.

Le porse mille domande a cui a volte seguiva una risposta o un bacio; si era ritrovato persino a fingere domande a cui sapeva di non trovare risposta solo per poter far combaciare ancora le loro labbra. Non sapeva tutto questo cosa avrebbe comportato, sapeva solo di stare bene.
Rimasero lì, sdraiati sul comodo letto stretti l’uno con l’altra, avvolti dall’oscurità che mai come allora era stata loro amica, nascondendo le loro emozioni e i loro sguardi imbarazzati. Poi accadde tutto in un attimo: le tende si chiusero lasciando il posto al buio più nero e poche sillabe appena udibili vennero mormorate sulle labbra del mago, prima che questi si addormentasse.

Sogna, ragazzo, sogna,
ti ho lasciato un foglio
sulla scrivania,
manca solo un verso
a quella poesia,
puoi finirla tu.

***


21 Settembre 1996.

Era una giornata soleggiata, con poche nuvole e un venticello fresco che solletica il viso. Disteso sotto l’unico albero che ancora conservava qualche foglia verde annusò l’umidità nell’aria, mentre sotto di sé poteva intravedere le foglie secche sparse intorno dai colori più vivaci. Reclinò la testa sul tronco rude e umido chiudendo gli occhi per lasciarsi riempire dalla serenità e dalla tranquillità che, come tanti mesi addietro, solo quel luogo riusciva ad infondergli. Non poté fare a meno di pensare che la stagione calma e silenziosa, ma allo stesso tempo vivace, che adesso si trovava a vivere assomigliasse ad una persona timida, riservata e silenziosa, che allo stesso tempo è in grado di riservarti grandi sorprese. Assomigliava a lei.
Lei, da quella sera, non era più venuta nei suoi sogni, non lo aveva più chiamato e a distanza di poche settimane ne aveva sentito la mancanza. Lei che era stata per mesi un grande punto interrogativo, un grande mistero, alla fine era divenuta il suo centro.
Nonostante per giorni, dopo il loro incontro, aveva lottato contro la razionalità, forzandosi di dimenticare o semplicemente di declassare il tutto come un ennesimo sogno, alla fine non era riuscito a cancellarla dalla sua mente perché lei, anche se da quel giorno era sparita dal suo mondo immaginario, le era rimasta sempre accanto nella realtà.
Era stato difficile all’inizio capire, riuscire a credere, ma alla fine tutto si era evoluto in maniera naturale.
Una volta scoperta la verità, i ricordi della sera passata insieme erano esplosi nella sua mente e ogni sensazione, ogni brivido, ogni emozione era divenuta reale e presente. Tutto aveva acquistato un senso, un significato che tuttavia inizialmente lo aveva sconvolto.
Poi la quotidianità lo avevano ammorbidito, la verità da tempo nascosta dietro una conveniente bugia lo avevano risvegliato e i ricordi infine lo avevano vinto.
Ogni cosa in lei, nella ragazza che per anni aveva considerato alla stregua di una sorella, ai suoi occhi era cambiata, assumendo un significato diverso.
D’un tratto i ricci capelli che incorniciavano il suo volto, lasciati oscillare sulle spalle, avevano assunto movenze sensuali; il suo fisico pian piano maturato era divenuto attraente, la sua bocca invitante, i suoi occhi intriganti, la sua risata un toccasana per il proprio cuore, i suoi pianti la sua disperazione. Alla fine l’amicizia si era trasformata in amore.
A lungo le sue lacrime lo avevano tormento la notte, mentre le sensazioni provate dalle sue carezze apparivano ogni volta che lei lo sfiorava o toccava innocentemente, così come il ricordo dei loro baci riaffiorava ogni qual volta si soffermava ad osservare le sue labbra. Si era ritrovato ad essere persino geloso del suo migliore amico.
Più di una volta aveva avuto l’impulso di prenderla a sé tra una lezione e l’altra per parlarle, per porgerle mille domande o semplicemente a volte per poter assaporare ancora il suo dolce sapore, ma sapeva che sarebbe stato troppo presto, che non era ancora il loro momento. Così l’aveva osservata segretamente, sentendosi uno sciocco quando si ritrovava ad origliare le sue conversazioni con le sue amiche o a cercarla con lo sguardo quando sfuggiva alla sua vista. Aveva riflettuto a lungo sul proprio cambiamento, sui nuovi sentimenti cresciuti lentamente ma alla fine la verità era venuta a lui chiara come la luce del sole in piena estate. Impossibile ignorarla.

Harry schiuse gli occhi, giusto in tempo per gustarsi la vista di un piccolo scoiattolo che frettolosamente stava rintanandosi dietro un albero, magari un po’ in ritardo con il periodo di letargo. Sorrise fra sé.
Non aveva ancora capito che incantesimo avesse utilizzato in quel periodo, ma nonostante riconoscesse in lei la strega più brillante di Hogwarts, doveva ammettere che stavolta aveva superato se stessa.
Un fruscio, il calpestio di alcune foglie sulla terra umida.
Stava arrivando. Era giunto il momento.
L’indomani, al risveglio, non aveva trovato traccia di lei e si sarebbe sul serio convinto di averla ancora una volta sognata se il suo cuscino, la mattina successiva, non avesse avuto ancora il suo profumo e sul suo comodino non avesse trovato il suo biglietto.

Starti accanto in questa sera è stato un sogno meraviglioso divenuto realtà, tuttavia questo rimane e rimarrà pur sempre solo un sogno,
l’ultimo, a meno che tu stesso non decida il contrario.
Io ti aspetterò quando il sole è più alto il ventunesimo giorno del mese di settembre,
nella foresta proibita sotto l’Acer Negundo.
So che per quel giorno tu avrai già capito chi sono quindi la tua venuta rappresenterà la tua scelta.
Per sempre e comunque tua M.

Quel pezzo di pergamena era stato un sollievo e una condanna insieme. Nei giorni più bui era stato il simbolo della sua reale esistenza, la garanzia della sua non follia, ricordandogli costantemente che lei lo aspettava giorno dopo giorno; allo stesso tempo però era stato un pesante fardello che gli rendeva impossibile dimenticarla, quando invece avrebbe voluto.

Harry non si mosse, chinò il capo in silenzio, prestando attenzione a delle foglie secche sparse accanto a lui.
Stavolta non avrebbe corso, non l’avrebbe cercata. Stavolta a lui toccava aspettarla.
Il cuore batteva forte e quando udì i suoi passi fermarsi a pochi centimetri da lui e un’ombra coprirlo sorrise tra sé.
-Sei in ritardo. Non è da te- disse mesto senza alzare lo sguardo.
-Io ti aspetto da una vita e non mi sono mai lamentata-
La sua voce era un misto di eccitazione e ansia, anche se nascondeva agitazione e nervosismo. Si alzò lentamente e scotolandosi dai vestiti la terra, tirò su gli occhiali incontrando i suoi occhi.
–Ciao Mione-
Vide la giovane grifondoro sorridere mentre dietro la schiena martoriava le sue dita tremanti. Era nervosa e lo sapeva, oramai aveva imparato a riconoscere ogni sua emozione dalle varie espressioni sul suo volto. Era un libro aperto per lui.
-Sembri sorpresa- costatò serio Harry.
Hermione abbassò lo sguardo imbarazzata, con aria colpevole.
-Infatti, non credevo saresti venuto. Pensavo che una volta scoperto cosa ho fatto ti saresti arrabbiato-
Il mago nascose un sorriso, in ricordo di tutto ciò che aveva passato, e cambiando discorso pose una domanda che a lungo lo aveva tormentato. –Cosa… come hai fatto?-
Vide Hermione chinare il capo e, imbarazzata e nervosa, cominciare incerta il suo racconto.
Tutto era iniziato un anno prima, da un’idea, una semplice soluzione per aiutare il ragazzo che segretamente amava.
Quando Hermione aveva capito che gli incubi che spesso e volentieri faceva Harry, legati sempre in qualche modo alla figura oscura di Lord Voldemort, erano diventati troppo pesanti se non pericolosi per lui da sopportare, aveva cercato tra i suoi numerosi libri un modo per poter alleviare il suo sonno. Fortuna volle che non dovesse aspettare poi molto per trovare la soluzione al suo problema, grazie ad un libro scoperto in una delle sue perlustrazioni al Reparto Proibito.
Non si era aspettata però di trovare tra quelle sottili e ingiallite pagine, oltre l’incantesimo che gli serviva, uno che avrebbe potuto invece aiutare anche il suo cuore.
Aliquid in somnis.
Un difficile incantesimo dai pericolosi effetti. Le controindicazioni erano state più lunghe della spiegazione stessa, tuttavia non abbastanza da convincerla a non usarlo.
In teoria era abbastanza semplice: bastava pronunciare quelle tre parole su un oggetto qualsiasi immaginando il sogno che si voleva fare, dopo una lunga e vuota notte. In tal modo alla persona bastava dormire con quell’oggetto e questa avrebbe sognato solo ciò che aveva espressamente richiesto.
I rischi tuttavia erano tanti, bisognava stare molto attenti a ciò che si richiedeva, pronunciando con molta concentrazione e chiarezza ogni parola per far si che non venisse fraintesa; oltretutto l’esposizione prolungata a tale incantesimo poteva portare la persona a perdersi in quel sogno.
A lungo aveva lottato contro se stessa per non lasciarsi cadere in tentazione ma alla fine la voglia di essere finalmente notata come donna e non più come amica da Harry, per avere finalmente la sua possibilità, aveva vinto. Certo il fatto che nutrisse una forte fiducia nelle sue capacità come strega aveva anche influito notevolmente.
Dopodiché era stato facile dopo un lungo allenamento comprare un qualsiasi cuscino ad Hogsmeade da regalargli a Natale, applicandogli prima l’incantesimo.
Harry ascoltò ogni sua parola con attenzione, osservando le varie espressioni del suo viso ad ogni rivelazione, scrutando i suoi occhi ad ogni confessione. Quando ebbe finito, ammirato dal suo coraggio, disse semplicemente –Hai dimenticato qualcosa-
Lo sguardo confuso di Hermione lo portò ad avvicinarsi a lei, estraendo poi la bacchetta.
-Fallax Vortex-. Pochi istanti e piccole foglie colorate, dai toni caldi dell’autunno, caddero sui loro volti circondandoli, finché non si trasformarono in un piccolo vortice che li spinse più vicino fino a chiuderli in un piccolo cerchio.
-Stavolta non mi scapperai- sussurrò poi accennando un sorriso, riferendosi a tutte le volte che nei sogni lei scompariva dietro il vortice di foglie secche.
Questo era stato l’unico incantesimo che era riuscito a trovare tra i molti utilizzati da Hermione, e adesso era lieto e soddisfatto di scorgere i suoi occhi farsi umidi per l’emozione, mentre ricambiava il suo sorriso ormai senza parole.
Per una volta era stato lui a stupirla.
Il mago, infatti, vacillò di fronte la consapevolezza di averla finalmente vicino, ormai solo sua. Aveva aspettato tanto quel giorno.
Ricomponendosi riprese il discorso. -Lo sono stato, arrabbiato. Quando ho capito che eri tu la misteriosa ragazza che mi tormentava mi sono sentito furioso con te perché anziché parlarmi mi avevi preso in giro-
-No Harry no, io non volevo…Mi dispiace, ma io…-
-Ma poi ho capito-
-Ha-ai capito?-
Harry prese tra le dita una sua ciocca ribelle ricacciandogliela dietro l’orecchio, per poi confessare timido -Si, ho capito che è stato il tuo unico modo per rivelarmi i tuoi sentimenti. In fondo se me lo avessi detto di punto in bianco, come uno stupido ti avrei dato della pazza. Invece in questo modo ho avuto tempo, tanto da accorgermi che anch’io nutrivo dei sentimenti diversi per te, che andavano oltre l’amicizia-
-Quindi non sei qui per rimproverarmi, per dirmi che la nostra amicizia è finita…-
Quella mattina di tanti mesi prima aveva rischiato molto, tanto da mettere fine a quella piccola magia quella sera stessa, prima che questa le si ritorcesse contro.
Ad Harry non sfuggì il radioso sorriso che era giunto sulle sue labbra e il lieve rossore che improvvisamente imporporò le sue guance. Le accarezzò una sua mano facendo scivolare le dita tra le sue. -Bhè è ovvio che non possiamo essere più amici Mione, io non voglio più esserlo adesso-
Il grifone era lievemente arrossito a quelle sue stesse parole ed Hermione rise piano tra le lacrime ormai libere di sfogarsi.
-Ehm, non sembri dispiaciuto- disse infine riacquistando un po’ della propria sicurezza, stringendo la sua mano.
I loro sguardi incatenati riflettevano le emozioni di quel momento mentre i battiti dei loro cuori si perdevano in ogni centimetro dei loro corpi. Dentro quel caldo vortice dai colori dorati non esistevano che loro e il loro amore.
-Infatti- mormorò infine Harry. La sua mano tremava e lentamente la innalzò per sfiorare una guancia della strega, che proprio come la prima volta, scottava bollente. Sorrise e piano chinò la testa per far combaciare le sue labbra con le proprie. Da quando era arrivata ormai non aspettava altro. Inspirò a fondo il suo dolce sapore alla cannella per poi scostarsi lievemente da lei per guardarla in attesa di una qualche reazione. Ma c’era solo il suo timido ma radioso sorriso ad illuminarla e la sua anima accanto alla propria.
Chinò nuovamente il capo per un nuovo bacio, stavolta più lungo, più intenso, volto ad esprimere tutto il proprio amore a lungo taciuto. Riusciva a sentire il cuore di Hermione battere velocemente sul proprio petto, un suono magico e dolce, cullato dal vento autunnale. Una nuova gioia lo invase quando si accorse che batteva furiosamente come il proprio, all’unisono come se fossero uno solo.
Così mentre i loro cuori galoppavano spediti e i loro corpi si avvicinavano ancora e ancora, il ciclone che li avvolgeva aumentava di intensità vorticando sempre più velocemente scagliando raffiche di vento, che una volta sfiorati i loro corpi però divenivano caldi e… piacevoli.
Le loro lingue intanto giocavano, si rincorrevano; Harry la teneva stretta tra le braccia massaggiando la sua schiena e finalmente i suoi imperfetti ricci, mentre Hermione che sentiva le gambe tremare, gli aveva gettato le braccia al collo per giocare poi con i suoi capelli ribelli.
In quel momento, mentre ogni cosa attorno a loro perdeva importanza, ogni dubbio sulle loro decisioni, le insicurezze sul giusto e sbagliato – la loro vecchia amicizia, Ron - svanì, sostituito dall’assoluta certezza del loro sincero amore.
Harry si scostò giusto per riprendere fiato e sussurrarle -Scusami per averti fatto aspettare così a lungo, sono stato un cieco in tutto questo tempo, ma sembra che senza il tuo aiuto io non riesca a capire mai nulla-
-È un sogno non è vero?- la sentì chiedere incredula.
Harry strinse con entrambe le mani il suo viso accaldato posando poi un dolce bacio sul suo naso.
-No Mione, basta sogni, da questo momento vivremo solo la realtà-
Improvvisamente le piccole foglie intorno a loro esplosero sulle loro teste sbriciolandosi in piccolissimi punti colorati come alla fine di un grande fuoco d’artificio, ricoprendo infine i loro volti sorpresi e felici. I due giovani risero l’uno tra le braccia dell’altro, ignari di chi avesse adesso causato quella meravigliosa magia, prima di lasciarsi andare sulla terra umida e recuperare tutto il tempo fin’ora perduto.
Harry Potter per la prima volta dopo tanto tempo era felice, sereno, e l’idea di sognare non lo spaventava più affatto, perché sapeva che in quel mondo ad aspettarlo ci sarebbe stata lei.


FINE


Questa storia ha partecipato a "Only One Shot" contest indetto da Only_, classificandosi ottava.
All'interno del testo sono presenti alcuni paragrafi tratti dalla canzone "Sogna, ragazzo, sogna" di Roberto Vecchioni, inserite espressamente per il contest.
Questa storia ha anche partecipato al contest "Re e Regina di Yule" indetto da The Death Eater (Circe) e Cedric Diggory Tassorosso.
Ringrazio tantissimo le giudici e anche tutti voi che siete giunti fin qui. Spero la storia piaccia anche a voi.
N.B.: "Aliquid in somnis" e "Fallax Vortex" sono incantesimi di mia invenzione per cui ne detengo i diritti. Sono parole latine che significano rispettivamente "Vedere in sogno qualche cosa" e "Vortice Fallace".




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© Elyxyz

   
 
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