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Autore: Sumiya Sakamoto    13/01/2011    4 recensioni
Di colpo sentì dei passetti. Piccoli, timidi, si avvicinavano al salotto. Maledicendosi mentalmente per aver svegliato il fratellino, smise istantaneamente di piangere e cercò di asciugarsi come meglio poteva, ricomponendosi. Il piccolo Ludwig si affacciò dalla porta, le iridi azzurre che osservavano preoccupate il fratello maggiore. Anche se era ancora un bambino, era molto maturo per la sua età e intelligente. “Bruder…”
Genere: Fluff, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Sono un po’ giù di corda, si vede? A me piace la coppia AustriaxPrussia, ma vedendo questo video su youtube, ve lo linko a fine pagina, mi è venuto in mente di scrivere questa fic. È ambientata alla formazione dell’Impero austro-ungarico, quindi esisteva ancora la Prussia e non ancora la grande Germania, cioè, c’era ma era ancora piccola e nascente. Spero vi piaccia. Buona lettura.
 
 
 
 
 
 
 
Si lasciò cadere sul divano del salotto, gli occhi ancora fissi su quel bigliettino azzurro, con fili d’oro sottili che lo decoravano appena. Quando aveva ricevuto la bustina e aveva letto chi era il mittente, il cuore di Gilbert si era stretto dolorosamente. Era rimasto minuti interi a fissare la busta, pur sapendo bene cosa c’era al suo interno. C’era un invito, l’invito che Gilbert non avrebbe mai voluto ricevere, ma che sapeva che un giorno o l’altro sarebbe arrivato. Si era mordicchiato un labbro nervosamente, pensando a cosa fare, quindi, forse in un gesto di rabbia o di follia aveva strappato la bustina e aveva estratto il biglietto. Aveva subito riconosciuto la fluida, pulita e inclinata scrittura di Roderich. Lo sapeva. Sapeva cosa c’era scritto anche senza il bisogno di leggere, ormai tutte le Nazioni europee lo sapevano. Infine, la Prussia decise di posare il suo sguardo rosso sui fili d’inchiostro blu che comunicavano che presto sarebbe avvenuto il matrimonio tra l’Austria e l’Ungheria e ciò significava la nascita dell’Impero austro-ungarico. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Doveva aspettarselo, era sicuro che sarebbe successo. Ma allora perché si sentiva così? Lui e Roderich… Erano cresciuti assieme, si conoscevano da sempre. Qualche tempo addietro Gilbert aveva sentito di provare qualcosa di più di un semplice volere bene per Roderich e questi se n’era accorto. Gilbert, non sapendo come farglielo capire, credendo che l’altro non avesse compreso, cominciò ad essere dispettoso e ancora più presuntuoso, cosa che all’austriaco non piacque. Si allontanarono, per qualche tempo, per poi incontrarsi di nuovo e accorgersi che l’amore non si era spento. Tornarono ad avvicinarsi sempre di più e nonostante la timidezza di Roderich, alla fine riuscirono a dirsi quello che provavano l’uno per l’altro, diventando una coppia. Furono gli anni più belli che il prussiano avesse mai vissuto. Si ritrovò a sorridere senza volerlo, gli occhi che fissavano assenti il bigliettino color cielo. Lui amava veramente l’austriaco, l’amava come non aveva mai fatto con nessuno prima. Né dopo. Dopo mille riflessioni, era giunto alla conclusione che non si trattasse di una cotta ma di amore vero. Si era sorpreso, forse un po’ spaventato, ma ne era stato felice. Lo era stato veramente. Il suo sguardo scarlatto si rabbuiò appena riaffiorarono alla mente i ricordi più dolorosi, che lui preferiva nascondere in fondo al cuore, schiacciare sotto gli altri. Mentre la sua vita andava alla perfezione, quando nulla sembrava potesse dividerli, nel loro legame ormai quasi indissolubile era arrivata lei. Chiuse le mani a pugno senza accorgersene. Lei. Era stata colpa sua. Con quei suoi capelli color miele, il suo sorriso, il suo corpo, i suoi occhi, era piombata fra lui e Roderich, disprezzando l’uno e ammaliando l’altro con i suoi modi di fare così…femminili. Ungheria era stata la causa della sua rovina. Da quando lei e Roderich si erano conosciuti, l’austriaco non aveva altro che lei nella testa. Ma quel che più bruciava a Gilbert, era che probabilmente Roderich non aveva altro che lei anche nel cuore. I litigi fra il prussiano e l’austriaco cominciarono a causa di lei. Roderich annullava gli impegni con l’albino per stare con lei, dicendo che era solo un’amica. Poi invece…poi…
Gilbert scosse violentemente il capo. No! Non avrebbe ripensato a quei terribili momenti, non si sarebbe perso di nuovo a compiangersi e a maledire Roderich ed Elizaveta, non avrebbe di nuovo pianto come un adolescente, non l’avrebbe fatto, non stavolta! Ormai era fatta e lui l’aveva superato. Non poteva sprecare il suo orgoglio dietro ad un damerino come quello. D’improvviso si accorse di non riuscire a parlare. Un nodo in gola bloccava le parole. Sbatté le palpebre più volte per impedire alle lacrime di velare le rosse iridi. Stupido, perché piangeva per un cretino come Roderich? Lui lo sapeva il perché. E sapeva anche di starsi mentendo da solo. Lui l’amava ancora, non aveva mai smesso di farlo. L’austriaco l’aveva ferito nel profondo del suo spirito, gli aveva spezzato il cuore in mille piccoli pezzi che ancora vagavano confusi dentro di lui, non sapendo come ricomporsi assieme. Lo odiava, è vero, ma lo desiderava ancora con tutta l’anima, voleva che fosse ancora suo, voleva poter sentire ancora il suo profumo, scompigliargli i capelli, vedere il suo sorriso e rubargli gli occhiali per poi provarli al suo posto. Rise piano a questo pensiero, mentre la prima lacrima gli sfuggiva da un occhio. Tornò a guardare il piccolo pezzetto di cartoncino. Se fosse andato al suo matrimonio si sarebbe ucciso, non poteva. Non poteva essere presente alla loro unione, il suo cuore non avrebbe retto, non…
Non resistette più. Esplose in un pianto pieno di dolore e disperazione, in un gesto di rabbia lanciò il bigliettino lontano, mentre il suo cuore sembrava esplodere tanto gli faceva male nel petto, pareva volesse uscire e andarsene per lasciargli finalmente un po’ di pace, senza emozioni, senza amore, senza tristezza. Si portò le mani al viso per coprirsi, vergognandosi di quello che stava facendo, vergognandosi di essere così debole. Lasciò liberi i singhiozzi e i gemiti, doveva sfogarsi o sarebbe scoppiato.
Di colpo sentì dei passetti. Piccoli, timidi, si avvicinavano al salotto. Maledicendosi mentalmente per aver svegliato il fratellino, smise istantaneamente di piangere e cercò di asciugarsi come meglio poteva, ricomponendosi. Il piccolo Ludwig si affacciò dalla porta, le iridi azzurre che osservavano preoccupate il fratello maggiore. Anche se era ancora un bambino, era molto maturo per la sua età e intelligente. “Bruder…”
“Ja?”
“Va tutto bene?” chiese cauto il piccolo, entrando a brevi passi nella stanza. Gilbert sorrise beffardo, come il suo solito. “Certo Lud, perché me lo chiedi?”
“Mi sembri…arrabbiato.”
“Non lo sono, non preoccuparti.” l’attenzione di Ludwig fu attirata dal bigliettino dello stesso azzurro dei suoi occhi, a terra, nel punto dove si era posato quando l’albino l’aveva lanciato. Si chinò a raccoglierlo e lo lesse. Gilbert non glielo impedì, sapeva che sarebbe stato stupido e infantile da parte sua. Ludwig capì. Capì il perché dei singhiozzi del fratello, che l’avevano svegliato. Si voltò verso di questi e lo guardò serio, trapassandolo con lo sguardo, gli occhi azzurri negli occhi scarlatti. Gilbert gli sorrise, ma il bimbo notò la tristezza nel suo sguardo. Sempre senza dire nulla gli si avvicinò con il bigliettino in mano. Salì sul divano accanto al fratello, allungò le piccole braccia davanti a sé e sotto lo sguardo del prussiano strappò in due il cartoncino, con collera, poi scagliò le due metà lontano. Quindi si alzò in piedi, – quando si alzava era alto quanto il fratello dal capo di questi al bacino –, senza preavviso salì sulle ginocchia di Gilbert e lo abbracciò forte. Questi sbarrò gli occhi, sorpreso e imbarazzato, comprendendo che il più piccolo aveva capito tutto, prese a mordersi il labbro inferiore per impedire alle lacrime di scorrere libere di nuovo, non poteva piangere davanti a Ludwig. Trattenne il respiro, poi espirò piano. Portò le mani dietro la schiena di Ludwig e lo strinse a sé con delicatezza, tentando con tutte le sue forze di non commuoversi. Sentì una manina sui suoi capelli, accarezzargli la nuca. “Ti voglio bene, Bruder. Per favore, non essere triste.”
Era più forte di lui, non ce la faceva. Una lacrima solitaria riprese a solcargli le guance. Gilbert chiuse gli occhi e accarezzò la schiena del bambino. Scosse il capo “No,” sussurrò “non sono triste.”
“E allora perché piangi di nuovo?”
“Perché sono contento che tu sia qui con me, Lud.” si asciugò la lacrima e lo strinse più forte a sé, mormorando “Danke, Bruder.”
 
 
 
 
http://www.youtube.com/watch?v=a-R5yMGp2jw
  
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