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Autore: niebo    15/01/2011    2 recensioni
Questa è una di quelle che da piccola io ho sempre amato chiamare "Storie della buonanotte".
Di quelle che, leggendole prima di andare a letto, ti fanno addormentare con il sorriso.
Affido il mio racconto alla disavventura di un micio arancione e pasticcione.
Sperando che, nella sua semplicità, possa farvi sorridere
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ombra della luna A RuinNoYuki.
Perché, come il gatto arancione, quando sono giù mi ricordi sempre che la vita è piena di colori.
Che non devo essere triste come la luna, perché la semplicità delle cose nasconde il vero significato di una vita felice.
Perché con te, nonostante la lontananza, grazie ad una semplice risata la giornata si dipinge dei più bei colori.
E vivere diventa ogni giorno più bello.
Perché se un giorno il cielo si riempisse di stelle cadenti, se tu fossi lì al mio fianco, non avrei bisogno di esprimere desideri.
Grazie di tutto.
Ti voglio bene.

niebo




L’ombra della luna



C’era una volta un paese bellissimo, in una terra lontana lontana.
Non era a nord, non era a sud, non era ad ovest e neppure ad est.
Non conosceva il grigiore delle metropoli, il caos del traffico o il fumo nero delle fabbriche.
L’erba era il suo marciapiede.
Gli alberi i suoi grattacieli.
I fiori i colori dei semafori.
Cavalli, mucche e asinelli le sue automobili.
La terra il suo asfalto.
Le case, la scuola, il vecchio mulino, il municipio e gli altri edifici erano invece dipinti  di tutti i colori.
Il vento soffiava leggero, come una dolce carezza.
Il sole illuminava i sorrisi di tutti gli abitanti.
Durante tutto il giorno, animali di ogni tipo trotterellavano spensierati in giro per il paese, senza bisticciare o battibeccare e senza la paura che qualcuno gli facesse del male.
E, all’arrivo la notte, correvano tutti a dormire sotto le coperte dei prati fioriti.
L’unico difetto di quel paese lontano lontano, era che aveva solo il giorno.
La sera tutti scappavano a dormire nei propri letti, perchè nuvole dense e cariche di pioggia coprivano tutto il cielo, e riversavano cascate d’acqua sul paese, sciogliendo tutti i meravigliosi colori che lo contraddistinguevano.
Il vento poi diventava forte e freddo per tutta la notte, talmente forte da riuscire poi a trascinare via tutte le nuvole.
E dopo che le nuvole se n’erano andate, un buio tetro e spaventoso avvolgeva tutto il paese.
Tutto intorno a loro si faceva nero e cupo.
La gente aveva paura della notte, e si chiudeva a chiave nelle proprie case.
Anche gli animali avevano paura del buio, e si nascondevano sotto l’erba alta.
Nel cielo scuro si poteva scorgere solo un puntino bianco lontano lontano.
Era la luna.
Luna era scappata da quel paese tanto tempo fa.
Era gelosa di tutti quei colori splendenti, mentre lei era invece bianca come il latte.
E allora, non sopportando più la loro vista, decise di rendere la notte completamente buia, allontanandosi sempre più.
Durante una notte come queste, un gatto arancione, pigro e grassottello, rimasto in città più del dovuto per mangiarsi quattro sardine,  non riuscì a raggiungere i suoi compagni prima del buio.
Spaventato perché non vedeva più nulla, gironzolò in cerca di un riparo, ma prese solo tante testate contro i muri e gli alberi sparsi qua e là.
Miagolò forte per chiedere aiuto, ma nessuno lo sentì perché tutti dormivano già e, se qualcuno era ancora sveglio, aveva troppa paura per uscire di casa con quel buio.
Rassegnato all’idea di dover rimanere fuori in quella notte nera, si sedette per terra lì dove stava.
Aprì la sua larga bocca in un assonnato sbadiglio, tirando indietro il collo e alzando la testa.
Quando ebbe riaperto gli occhi, vide il puntino bianco della luna lontana in alto nel cielo.
La osservò un pochettino, girando la testa a destra e a sinistra.
“Forse sotto di lei avrò un po’ più di luce!” pensò poi il gatto.
Decise allora di portarsi sotto la luna lontana.
Prese ancora un po’ di testate contro i muri, ma, dopo un po’ di peripezie, finalmente ci arrivò.
Giunto a destinazione, si rese però conto che la luna era troppo lontana, e che il posto in cui si trovava ora, era comunque poco illuminato.
“Ormai, però, mi trovo qui. E’ inutile che io mi sposti ancora!” pensò.
Decise allora di dormire lì, sotto la luna lontana.
Si mise comodo scuotendo la coda a destra e a sinistra e, prima di sdraiarsi completamente, si stiracchiò un po’, graffiando la terra con le proprie unghie.
Fatto ciò, si acciambellò sotto la luna e chiuse gli occhi.
Improvvisamente però, una luce fastidiosa gli fece riaprire gli occhietti assonnati.
Si tirò su a cercò il punto da dove proveniva la luce.
Guardò a destra.
Guardò a sinistra.
Guardò le proprie zampe.
Niente.
Guardò allora in alto, e vide scendere dal cielo tanti fili bianchi, come luminose stelle filanti.
Quando furono caduti tutti a terra, il paese lontano lontano si illuminò di una luce intensa.
Tutti gli abitanti si svegliarono e vennero fuori  dalle proprie case, per vedere cosa fosse tutta quella luce e, uscendo sui margini della strada, videro il gatto arancione, pigro e grassottello seduto a terra, circondato da quelle stelle filanti luminose.
“Pasticcione!!!!! Guarda che cosa hai fatto!!!!!” gridò una voce.
“Chi? Io?” miagolò il gatto.
“Sì tu!!! Hai graffiato la mia ombra e mi hai ridotta in tante piccole strisce sottili!!!!” disse ancora la voce.
“Ma tu chi sei?” chiese il gatto “Io ero qui solo!”
“Sono la luna, sciocco!!!! E tu mi hai fatta a pezzetti!!!!!” si lamentò la luna.
Tutti gli abitanti guardavano quella scena attoniti.
La luna lontana lontana era caduta sulla loro terra divisa in tante striscioline luminose.
“Ma io non l’ho fatto apposta!!!” disse il gattone “Volevo solo stiracchiarmi un po’!!!!”
“E proprio sulla mia ombra dovevi stiracchiarti?” rispose la luna iniziando a singhiozzare.
Quando videro che la luna stava per mettersi a piangere, gli abitanti impauriti si avvicinarono a lei.
“Su, non piangere luna!” le dissero “Ti aiuteremo noi! Incolleremo insieme tutti i tuoi pezzi!”
“No…” singhiozzò la luna “ Non si può… appena spunterebbe il sole la colla si scioglierebbe tutta…”
E pianse forte forte.
“Stupido gatto!!!!! Ora sarò costretta a vivere in mezzo a tutti questi colori che io non sopporto!!!!!” singhiozzò di nuovo la luna.
“Ma il bianco è un bel colore, luna! Non devi essere triste!” le dissero ancora gli abitanti.
“Non è vero!!!! Il rosso, il giallo, il verde, il blu, l’arancione…. Quelli sono bei colori!!!! Non il bianco pallido come il mio!!!!”
La luna aveva appena portato la luce in città, e vedersi circondata da tutti quei colori, non le faceva certo bene.
Continuò così a piangere disperata, mentre il buio fuggiva da lei e il vento soffiava forte.
Il gatto arancione era ancor più triste, perché si sentiva in colpa per aver combinato quel pasticcio.
Si guardò attorno sconsolato.
Ma, improvvisamente, il gatto arancione vide qualcosa di strano.
Zampettò veloce sotto il vecchio mulino e richiamò l’attenzione miagolando forte.
Tutti gli abitanti si voltarono verso di lui, e anche la luna a pezzetti.
“Guardate!!!!!! Il mulino è bianco!!!!!” gridò qualcuno tra la folla.
“Guarda luna!” miagolò il gatto “Il mulino, che di giorno quando è fermo ha le pale di tutti i colori che a te piacciono tanto, ora, mentre gira per il vento forte,  è diventato tutto bianco!”
“Che bello!!!!” esclamò la luna felice “Allora questo significa che il bianco è l’insieme di tutti i colori!!!!”
“Sì!” rispose il gatto sorridendo.
“Anche se questo è molto bello c’è ancora un problema però!” disse uno degli abitanti “Come facciamo con la luna? Non possiamo tenerla qui con noi! Altrimenti non dormiremmo più per colpa di tutta la luce che emana!”
“E’ vero!” gridò qualcuno tra la folla.
“Bisogna fare qualcosa!” gridò ancora qualcun altro.
“Io ho la soluzione!” disse la luna felice “Tagliatemi in tanti piccoli pezzettini!”
“Ma sei matta?!” miagolò il micio correndo verso di lei “E perché dovremmo farlo?”
“Così poi potrò osservare meglio tutti i vostri colori e illuminarvi da tanti punti diversi!”
“Ma la luce sarebbe troppo debole, luna! Non basterebbe mai a illuminare tutto, e sarebbe ancora buio pesto come prima!” dissero gli abitanti.
“Io ho la soluzione!” disse questa volta il gatto arancione “Usiamo il mulino!”
“Il mulino?!” gridarono in coro gli abitanti.
“Il mulino! Cospargeremo le pale con un pochino di polvere di luna e poi lo faremo girare per  tutta la notte!”
“E come faremo a farlo girare per tutta la notte?” chiese qualcuno dalla folla.
“C’è il vento, no? Ci penserà lui!” rispose il gatto.
Gli abitanti allora, convintisi che l’idea potesse funzionare, presero le forbici e tagliarono le strisce di luna in tanti piccoli pezzetti.
Li misero poi in tanti secchielli, che portarono al gatto arancione, in cima al mulino.
Il gatto arancione, allora, mentre le pale giravano forte, svuotava i secchielli dall’alto.
E così il cielo si riempì di tanti piccoli pezzettini di luna luminosi.
Ora restava solo una cosa da fare.
Issare le pale del vecchio mulino.
Gli abitanti, allora, fecero una lunga corda, legandone tante assieme, e issarono la nuova luna e, con una grande scala, la cucirono al cielo con dei fili di luna che erano avanzati.
Finalmente anche il paese lontano lontano aveva la sua luna, e non solo, aveva anche miliardi di pezzetti di luna sparsi per tutto il cielo.
Gli abitanti per distinguere la luna vecchia da quella nuova, decisero di chiamare questi coriandoli di luna disseminati per il cielo “stelle”, che significa sparse.
Anche la vecchia luna era finalmente felice, non più gelosa degli altri colori, ma orgogliosa di essere così com’era.
La nuova luna, invece, splendeva nel cielo di notte, facendo girare le pale quando il vento soffiava forte.
Stava invece ferma di giorno, coperta dai raggi del sole, quando la brezza era troppo leggera per far girare le sue pale colorate.
Ora che la notte era luminosa, gli abitanti iniziarono a festeggiare anche la sera, divertendosi in allegria, e il paese lontano lontano risuonava sempre di tante sincere risate.
Il nostro eroe arancione, invece, fiero di sé stesso, potè finalmente godersi il suo pisolino, stando attento, questa volta, a dove metteva le proprie zampe.
Visto quello che era successo, ora tutti stavano ben attenti  a dove mettevano i propri piedi e, fortunatamente, una disavventura come questa non si ripetè più.
Si dice in giro però che la notte, nel paese lontano lontano, ogni tanto qualche gatto stanco e distratto si stiracchia ancora a terra come faceva il vecchio gatto arancione e così, graffiando per sbaglio l’ombra di qualche stella, riempie il cielo di luminose scie di stelle cadenti. 
  
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