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Autore: NonnaPapera    15/01/2011    4 recensioni
Charles, amava trattenersi con le ragazze che lavoravano in quello squallido posto, più precisamente amava amarle, tra quelle lenzuola non proprio pulite nelle stanze del piano superiore della taverna.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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LA GIOIOSA
Lunghi capelli che arrivavano alle spalle, una folta barba e dei grossi baffi spioventi ai lati della bocca il tutto associato ad un fisico veramente imponente: spesse volte spaventava chi lo incontrava.
Charles era un uomo forte e testardo, almeno così tutti lo consideravano, visto che di lui si sapeva poco o niente. Le uniche informazioni che avevano al riguardo erano quelle che si erano sommate con il tempo e con la saltuaria -seppure costante- frequentazione.
Gran bevitore, spesse volte ubriacandosi diventava violento, soprattutto se qualcuno tentava di imporsi su di lui… magari facendolo alzare dal suo solito tavolo senza il suo permesso. Amava oltre modo la cucina, prediligeva di gran lunga gli arrosti e, chi lo aveva veduto mangiare affermava senza esitazione che mangiasse delle porzioni sufficienti a tre uomini. Un giorno l’oste –credendo di fargli cosa gradita, dal momento che era uno dei suoi migliori clienti- rischiò la vita dopo avergli offerto una forma di pecorino italiano. Non avendolo mai mangiato, Charles ne staccò una fetta, rosicchiandone la buccia e, trovandolo disgustoso si infuriò. Che fatica fecero gli astanti per calmarlo -evitando una brutta e precoce fine al povero taverniere- e per spiegargli che il buono era la polpa non l’esterno.
Tutti lo temevano, ormai nessuno degli abituali frequentatori di quella vecchia e puzzolente locanda, si permetteva di contrapporsi a lui. L’oste ogni volta che lo vedeva entrare tremava –preoccupato per la sorte dei suoi tavoli e delle sue sedie, che spesso Charles spaccava in testa a chi lo disturbava-, però c’era anche da ammettere che di tutti i frequentatori, lui fosse uno tra i pochi che pagavano sempre e puntualmente, sia i pasti che le ragazze.
Un bel vantaggio se si considera che, in quel periodo di rivoluzione e di stenti, ormai ben pochi avevano le tasche piene di monete sonanti. Inoltre i migliori clienti della locanda –i nobili signorotti della corte del re- o erano scappati o erano stati brutalmente uccisi –chi onorevolmente trafitto da una spada, chi invece decapitato dal boia-.
Charles, amava trattenersi con le ragazze che lavoravano in quello squallido posto, più precisamente amava amarle, tra quelle lenzuola non proprio pulite nelle stanze del piano superiore della taverna.
Le puttane della locanda lo chiamavano “Il grande” e naturalmente il riferimento a cosa fosse effettivamente grande risultava chiaro dai loro ammiccamenti. Stranamente questo titolo –del quale qualunque altro uomo sarebbe andato fiero- lo lasciava del tutto indifferente. Charles era un uomo molto strano, non aveva un’amante preferita –come molti degli avventori- anzi a dirla tutta sceglieva apposta ogni volta un’amante differente.
Non importava quanto la ragazza precedente fosse stata servizievole e disponibile, a lui piaceva cimentarsi sempre con una sfida nuova. Leccare quei capezzoli che ogni volta avevano forme, colori, dimensioni e consistenze differenti… quella era una delle cose che più lo eccitava, per non parlare dei sapori ogni volta diversi e sempre nuovi.
Si, ciò che conoscevano di lui -in quella minuscola locanda alla periferia di Parigi- era poco, ma nonostante tutto nessuno si faceva mai troppe domande, a nessuno era mai venuta la curiosità di indagare sulla solitaria esistenza di quell’uomo, in fondo quelli erano tempi in cui per la troppa curiosità si veniva additati come spie… come monarchici, e di conseguenza uccisi.
Decisamente non valeva le pena indagare.
 
“Ahhh si fammi tua, ancora Charles, spingi spingi più a fondo! Fammi tutto ciò che vuoi”
La voce di Georgette –l’ennesima amante- risuonava eccitata e sensuale nel silenzio della piccola stanza.
Charles intensificò il ritmo, muovendo dentro di lei il suo sesso eccitato. Georgette era minuscola tra le sue mani, la pelle candida era arrossata –per lo sforzo e per le sue carezze ruvide-, la voce era roca –per via delle urla che da più di mezz’ora stava lanciano-. Charles diede un’ultima poderosa spinta, facendo sbattere la testiera del letto contro il muro e riversandosi completamente nella donna.
Si accasciò su di lei senza ritegno -schiacciandola con il suo peso- per riprendere fiato. Poi senza dire nulla sia alzò da lei soddisfatto e svuotato.
“Ti è piaciuto?” domando la prostituta tirandosi su ammiccante e provocante.
Charles annuì con la testa le si avvicinò al volto e la baciò con poca delicatezza sulle labbra, insinuandole la lingua in bocca. Georgette emise un suono sorpreso e poi senza esitare ricambiò quel bacio umido che sapeva di vino e di sudore.
“ Hai voglia di farne un’altra? Questa la offro io” mormorò languida.
Charles scosse la testa lentamente, mentre cominciava a rivestirsi con calma.
“No adesso non ho tempo, devo andare al lavoro”
“Ah si? Che lavoro fai?” domandò ingenuamente la ragazza.
“Sei una bella donna, ma non sei per nulla intelligente. Se vuoi campare ancora ti conviene non fare domande indiscrete! Comunque non immusonire quel tuo bel faccino… sai, tu scopi veramente bene, chissà magari la prossima volta che vengo chiederò di nuovo di te!” e concludendo la frase gli allungò molti più soldi di quanti la ragazza ne avesse mai visto in vita sua.
Georgette era ancora lì a contare il suo gruzzoletto quando Charles si richiuse la porta alle spalle avviandosi verso il centro città. Non era mai arrivato tardi -e per quanto Georgette fosse compiacente- il suo lavoro veniva prima di tutto. Non avrebbe mai immaginato di riuscire a trovare qualcosa nella vita che lo soddisfacesse tanto quanto  l’impiego che aveva adesso.
Entrò dalla porta secondaria di un grande palazzo di mattoni, attraversò alcuni stretti corridoi e poi aprì una pesante porta di legno.
“Sei arrivato!” la voce di un uomo con addosso dei vestiti sgualciti lo accolse.
Charles fece un segno a mo’ di saluto, poi cominciò a svestirsi e ad infilarsi una camicia nera, della stessa tinta dei pantaloni.  Si cambiò in fretta e poi ripercorrendo la strada che aveva preso all’andata tornò indietro, salvo poi svoltare per entrare in una sala grande che dava accesso ad un giardino interno. Lì salì su di un carro coperto, con i finestrini oscurati, e fece segno al cocchiere di partire. Nel giro di cinque minuti fu a destinazione, prima di scendere si infilò un cappuccio e si coprì il volto. Quando aprì lo sportello della carrozza il chiasso della gente riunita nella grande piazza gli arrivò alle orecchie. Alcuni applaudivano, altri urlavano, alcuni fischiavano… nel complesso c’era una gran bagarre.
Senza scomporsi salì i quattro gradini di legno che lo separavano della sua amata e come se fosse in trans allungò la mano.
“Ciao Gioisa, come stai oggi?” mormorò mentre accarezzava la ghigliottina del patibolo, quasi fosse una bella donna.
Ecco una cosa di lui che gli avventori della locanda non conoscevano, Charles era dotato di un’ironia piuttosto macabra! Aveva chiamato Gioiosa quello strumento dispensatore di morte e di terrore.
“Boia, sei pronto?”
Si girò in direzione di chi lo stava chiamando e annuì con forza. Quello era un giorno speciale, non capitava tutti i giorni di decapitare un nobile tanto importante. Charles sorrise, onorato da tanto potere.
La lama cadde senza intoppi e la testa rotolò, spargendo sangue su tutto il legno del patibolo. Il silenzio intorno era spettrale, nessuno -di tutta la folla che era radunata- proferì parola. Charles alzò lo sguardo sulla gente radunata, che poco a poco –ormai finito lo spettacolo- si stava disperdendo. Senza attendere altro cominciò a pulire la sua bella Gioisa fischiettando allegro.
Nessun rimpianto, mai nessun dubbio avevano sfiorato la sua mente. Non si era mai chiesto se fosse giusto o no quello che faceva, in fondo era solo un mestiere, così come lo era fare il fornaio, il cuoco o la puttana.
C’era solo una differenza che passava tra il suo lavoro e quello degli altri…
Lui stava contribuendo a scrivere la Storia.
End 

PICCOLO SPAZIO PRIVATO:
Storia pertecipante al contest Quattro passi nella storia Di EmileAlexander che ringrazio e con la quale ancora una volta mi scuso.
Si dovete sapere che ho sbagliato personaggio. Avevo prenotato Alessandro e ho scritto (non so perchè) su Carlo Magno... che figura di cacca .-.
   
 
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