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Autore: Serry_Black    21/12/2005    2 recensioni
Liceo. Due ragazzi. Una cioccolata al posto di un the...
Una piccola storiella per insegnare che anche i dettagli hanno la loro grande importanza.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una FF da prendere come un piccolo esperimento per me... Per ridarmi l'ispirazione, e capire se sono riuscita a colmare alcune mie lacune, rappresentate in massima parte dalla mancanza di descrizioni. Spero di esserci riuscita, ma ciò è stato a discapito della verosimilità... Diciamo che c'è un po' troppo miele... Ad ogni modo... Leggete pure, e ditemi se sono riuscita nel mio intento



Sembrava che il tempo rispecchiasse il suo umore. Il cielo era plumbeo, nuvole gonfie di pioggia riversavano il loro umido carico sugli alberi spogli, che, mossi dal lieve vento, parevano tremare per il freddo, consci che il sole non li avrebbe riscaldati come una madre protettiva quella mattina.
La ragazza stava mescolando la sua cioccolata con gesto meccanico, osservando il paesaggio che si poteva intravedere dalla vecchia finestra della classe. Come parevano lontani i giorni in cui cercava nuove figure nelle poche nuvole bianche che, di passaggio, solcavano il cielo limpido durante le spiegazioni di geografia. Ma quel giorno il cielo piangeva. Non sapeva quali erano i suoi motivi, forse era solo solidale nei suoi confronti.
Sentiva indistintamente i passi dei suoi compagni ed il loro vociare perpetuo. Molti erano fuori, per i corridoi, ad aspettare l'inizio delle lezioni parlando o bevendo caffè. Quanto odiava il caffè, quell'odore la nauseava. Lei era solita prendere il the. Infilava la chiave elettronica nel distributore automatico, pigiava il tasto indicante tre tacche di zucchero su cinque, premeva la dicitura 'the al limone', afferrava il cucchiaino di plastica posto in un bicchierino sopra la macchinetta, estraeva la chiave, prendeva il the ormai pronto e, cautamente si dirigeva in classe, attenta a non versare addosso a nessuno la bevanda bollente. Ormai era routine. Ma no, quel giorno aveva preferito la cioccolata forte. Sentiva che doveva prendere quella.
Ed ora era in classe, a berla a piccoli sorsi, assaporando quel gusto dolce e caldo, che le scendeva in gola, la riscaldava, la deliziava.
"Ciao Laura" la sua voce... Quanto attendeva ogni mattina per vederlo, sentirlo, parlare con lui? Ricambiò il saluto, continuando a mescolare la bevanda. Sentiva i suoi passi andare dall'altro lato dell'aula, posare la cartella, togliere la giacca e venire nuovamente nella sua direzione. Era incredibile quanto si potesse isolare un suono e seguire solo quello, seppur mascherato da altri. Era una capacità propria degli esseri umani quella, rammentò. Nessun altro animale avrebbe potuto dirigere un'orchestra, distinguere un flauto traverso stonato, un oboe fuori ritmo. Sorrise pensando ad un gatto che, bacchetta alla mano, non si accorgeva di un usignolo troppo veloce e di un pettirosso troppo lento, 'Per Elisa' divenuta una caciara indicibile.
"Perché sei triste?" le chiese, d'un botto.
"Triste? Chi, io?" si voltò finalmente, sorridendo nel modo meno falso possibile. I loro occhi si specchiarono l'un l'altro per un attimo. Il celeste ed il verde pietra fusi per qualche secondo, poi lui distolse lo sguardo, catturato dalla giornata uggiosa. Almeno, così dava a vedere. In realtà non guardava mai nessuno negli occhi per troppo tempo.
"Stai bevendo la cioccolata" lo disse come se fosse la cosa più ovvia a questo mondo, e questo stranamente irritò la compagna di classe.
"Perché, non posso?!"
non sapeva perchè gli aveva risposto così o perchè era stata così sgarbata con lui.
"Sei solita prendere il the. Ti rifugi in questa quando sei triste. Conosci le proprietà benefiche della cioccolata fondente e speri che ciò che rilascia l'organismo ti dia abbastanza carica per non demoralizzarti troppo e piangere. E' per questo che oggi non hai preso il the e guardi il cielo come se piangessi per te, no?"
ed ora la guardava, dritto negli occhi.
Si conoscevano da meno di un anno. Si erano incontrati per la prima volta ai tempi delle medie grazie ed amici comuni, ed ora erano nella stessa classe, in quel liceo. E lui le parlava come se la conoscesse da sempre, come se fosse ovvio aver capito perchè il bicchiere di plastica che teneva in mano in quel momento non odorasse di limone, come se capire i suoi ragionamenti contorti facesse parte dei suoi obblighi d'amico.
L'aveva capita come non aveva mai fatto nessuno.
Senza pensare a cosa avrebbero potuto pensare i compagni, o lui stesso in quel momento, posò la cioccolata sul banco adiacente e, dopo un "Oh, Luca" saltò al collo dell'amico, esprimendogli la sua riconoscenza.
Intanto, vedendo cosa stava finalmente accadendo fra i due, una ragazza dai lunghi capelli corvini si avvicinò alle poche persona all'interno dell'aula, un dito sulle labbra ad indicare di far silenzio.
"Perché parliamo a bassa voce?" chiese uno di loro sussurrando, appena sceso dal banco su cui si era seduto.
"Zitto Davide e seguimi"
li doveva far uscire tutti, o quei due non si sarebbero mai dichiarati... Non era dell'idea che gli opposti si completassero, a parer suo in una coppia si doveva avere qualcosa in comune, se non molto. E pareva che, se era vero che le persona uniche per una qualsiasi ragione era state create da Dio e poi il loro 'stampo' era stato buttato via, quando l'Onnipotente aveva creato l'amico, contento del suo operato, aveva tenuto lo 'stampo' e, modificatolo in pochissimi aspetti, avesse creato la ragazza bionda che ora stava vicino alla sua metà, come invece l'avrebbe definito un antico filosofo, convinto che ognuno di noi, alla nascita, facesse parte di un intero, e che, desideroso di trovare l'altra parte, la cercasse per tutta la vita.
Ormai aveva radunato tutti i compagni fuori, e, con varie scuse, cercava di non farli entrare. Le ragazze avevano subito acconsentito, suggerendo inoltre di socchiudere la porta lentamente, la parte maschile, invece, si dava alle battutine ed era restia a rimanere nel corridoio.
Eppure di questo i due non parevano consapevoli, liberi finalmente di farsi cullare dal respiro dell'altro.
Nuovamente padrona delle sue facoltà psico-motorie, la ragazza si staccò, seppur a malincuore, da quel contatto, fissandolo negli occhi. Oh, quanto amava quegli occhi... Quella tonalità di celeste così chiara da parere bianca, quell'espressività... Non poteva rimanere ancora a lungo a guardarlo così, dannazione... "Oh, Luca... Non credevo che un essere umano potesse arrivare a capirmi tanto... Ed hai ragione, in ogni cosa... E' che stamattina..." si fermò un attimo, come per decidere se spiegargli il perchè della sua tristezza, poi si convinse. Come poteva non aprirsi a lui? A colui che, unico, l'aveva capita nel profondo come a malapena lei aveva potuto fare? "Stamattina i litigi sono cominciati subito... Ogni giorno, finite le lezioni, scendo dal pullman felice - per un motivo o per l'altro - faccio la poca strada che divide la fermata da casa mia, citofono, e, una volta entrata, una nuvola di tristezza mi opprime... Quando si è tutti riuniti, in quella diamine di casa, tutti hanno i nervi tesi, oppure sono in procinto di tenderli... A cominciare da mio fratello... Ormai sono abituata alle sue provocazioni, ai suoi scherzi, agli epiteti che mi affibbia, ma sentirlo è sempre irritante... Ed i miei? Litigano per ogni cosa, fra di loro, con me, con mio fratello... Alla fine, il pranzo è il momento che mi frustra più... Non che sia una brutta famiglia, anzi, non li cambierei per nulla al mondo, è che..." voleva impedire alle lacrime di scendere, ma il cuore le diceva l'opposto, la voce era già rotta...
Lui le cinse la vita con una mano sinistra avvicinandola a sè - dapprima indeciso se farlo o no - mentre con la destra spostava con delicatezza la testa della ragazza sulla sua spalla, muto gesto per incitarla a piangere, a sfogarsi con lui.
Pareva un consenso. Era come se avesse premuto un interruttore.
Ora i begli occhi della studentessa avevano cominciato a far sgorgare le lacrime, senza più pudore. Le gocce scorrevano sul suo volto, scioglievano la matita scura ed infine si depositavano sulla maglia nera del ragazzo. Gli unici rumori erano i singhiozzi, non più sommessi, ed il lieve suono provocato dalla mano del compagno di classe le che accarezzava i morbidi capelli.
Anche la pioggia era diminuita come se non avesse voluto rovinare quel momento col suo scrosciare perpetuo, e che, ora, timida, si stava estinguendo.
Decisasi a riprendere il discorso, ricominciò da dove aveva ripreso, seppur la sua voce fosse rotta maggiormente dai singulti "E' che non ce la faccio più... Entro lì ed il sorriso non esiste più per qualche ora... Lo so, ci sono cose molto peggiori... Ti starai dicendo che sono una stupida, che preferiresti stare da un'altra parte..." finalmente le lacrime non solcavano più il suo viso diafano, e, seppur fossero troppo copiose, la mano della ragazza stava cercando di eliminarle, sollevatasi dalla spalla dell'amico e finalmente guardandolo negli occhi. "Non dire sciocchezze" affermò lui, sicuro "Non preferirei stare da nessun'altra parte, ne non qui a consolarti ed esserti utile per una volta"
"Tu mi sei sempre utile... Il solo guardarti mi ridà il sorriso" lo disse in un sussurro, guardandogli le scarpe, ma quel sussurrare fu udibilissimo. Nessuno era nell'aula. I rumori erano ben attutiti dalla porta socchiusa. Persino il cielo aveva voluto rendere onore a quelle parole. Non piangeva più per lei. Lo aveva fatto da sola.
"Anche per me" anch'egli sussurrava. Entrambi, dopotutto, erano timorosi ad esternare i propri sentimenti.
"Luca?" alzò gli occhi per farli incontrare con quelli di lui, di nuovo.
"Sì?"
"Grazie. Grazie di avermi ascoltata e consolata. E scusa se ti ho macchiato la maglia con le lacrime miste al trucco" abbozzò un sorriso, timida.
"Prego... Anche tu lo avresti fatto. Per la maglia... Non ti preoccupare, è nero su nero" sorrise anche lui.
Il loro abbraccio si era sciolto, ma si sentivano ancora uniti.
Non esisteva nient'altro. Non si erano neppure accorti della campana, che dava l'inizio delle lezioni.
"Luca?"
"Sì?"
"Ti voglio bene"
"Anche io, però..." la ragazza avrebbe giurato che quella parola le avesse fatto mancare un battito "Però la prossima volta che me lo dici voglio vedere i tuoi occhi sorridere, e soprattuto non voglio che siano rossi e pieni di lacrime, ok? Non potrei sopportare che quel magnifico verde fosse oscurato di nuovo"
Gli sorrise con tutto il sentimento che provava per lui. "Davvero i miei occhi sono verdi ora?" quale domanda più stupida avrebbe potuto fare? Se quello fosse stato un cartone, o un manga, come minimo sul volto del bel Luca sarebbe comparso un vistoso gocciolone. "Certo. Di un bellissimo verde speranza. Con l'inverno inoltrato e il sole accecante divengono celesti, mentre sono verdi a sera tarda, al mattino presto o nelle giornate 'uggiose' - come direbbe Andrea - mentre di solito si mantengono sul 'verde pietra', come lo definisci tu" lei lo guardò stupita ancora una volta, e lui, arrossendo, svincolò farfugliando un "L'avevi detto a Delia un giorno"
Fuori dall'aula era arrivata anche la giovane professoressa di Latino, che, stupita per la classe stipata fuori dall'aula li guardava esprimendo una muta domanda. Finalmente l'artefice di tutto si fece avanti, parlando a voce bassa "Vede prof., non so se se ne è mai accorta, ma fra Laura e Luca poteva nascere qualcosa... Eh, beh, credo stia succedendo... Sono entrata e li ho visti parlare, poi lei ha iniziato a piangere, lui che la consolava... Sa com'è, no? Ho portato tutti fuori, altrimenti non ce l'avrebbero mai fatta... Anche se credo non si accorgessero nemmeno di chi stava loro intorno..."
"In confidenza... Anche io sono del parere che formino un'ottima coppia e sono contenta che se ne siano accorti, finalmente" sorrideva. Poi, rammentando che era pur sempre un'insegnante, aggiunse "Però io devo cominciare la lezione... Solo altri cinque minuti, poi sarò costretta a farvi entrare."
Consci finalmente che il silenzio che si era formato non era dovuto solo al 'piccolo mondo a due' che si erano creati, aprirono finalmente la porta, per poi ritrovarsi l'intera classe, e la prof. di Latino, davanti. Chi aveva ancora la cartella in spalla, chi l'aveva poggiata in terra non potendo entrare, chi, vistoli, li fissava con un misto di curiosità e imbarazzo...
La professoressa, per sciogliere quel momento chiese infine all'alunna "Di solito non prendi il the?" indicando il bicchiere che aveva ripreso in mano "Già, ma oggi ho preferito la 'cioccolata forte'"
"Cioccolata forte? Di solito prendo la semplice, oppure quella con l'aggiunta di latte... Com'è?" chiese Martina, una loro compagna.
"Buona, e da oggi questo mi basta" le due metà sorrisero. Sapevano cosa voleva dire. Gli altri invece erano confusi, e li guardavano con fare indagatorio. Dato che erano cominciate a bassa voce le battutine su ciò che era potuto accadere fra i due, l'insegnate prese in mano la situazione esortandoli a non indugiare oltre e ad iniziare la lezione, dato che la campana era oramai suonata da un pezzo.

Le lezioni erano passate tranquillamente, anche se qualcuno azzardava ancora qualche battuta. L'intervallo era stato sereno, ed entrambi erano riusciti ad evitare le domande dei compagni nascondendosi fra la gente che faceva la folla fra i distributori automatici.
Alla fine della giornata, come al solito, erano usciti per il ultimi, loro, il trio. Ed avevano volutamente ritardato ulteriormente; avevano già sentito troppe chiacchiere. Poi, come ogni giorno, i tre si erano divisi ad un incrocio: Delia da una parte e gli altri due dall'altra. Come di consueto, lui aveva perso il pullman ed aspettava il successivo aspettando dall'altro lato della strada con l'amica che attendeva il suo.
Pareva insomma un giorno come gli altri.
Eppure sapevano che non sarebbe più stato come prima.
Parlavano della verifica di matematica del giorno prima, della versione di latino assegnata come compito e già iniziata da alcuni, della prof. d'inglese - insultarla era sempre divertente -, della moda, di programmi televisivi... Non si erano neppure accorti del pullman, che stava arrivando. Lei non poteva perderlo, aveva la coincidenza dall'altra parte della città, e se non fosse arrivata in tempo, avrebbe dovuto aspettare un'altra mezz'ora - stavolta da sola - in stazione.
"Beh, allora ciao. A domani" le disse lui.
Il mezzo stava frenando, stava aprendo le porte.
"Luca?"
"Sì?"
La ragazza aveva ormai messo piede sull'autobus, per poi girarsi, e dirgli, raggiante "Ti voglio bene". Le porte si erano chiuse, ed entrambi sorridevano. Era una loro promessa.
Le ruote avevano iniziato a girare, porte e finestre erano chiuse, ma lo sentì ugualmente rispondere "Anch'io ti voglio bene, Laura", seppur il sottofondo fosse tutt'altro che silenzioso. A quell'ora su quella linea viaggiavano molte signore anziane, che, trovata una scusa, ripercorrevano i bei tempi, quando il verbo 'amare' era usato con più rispetto, e ci si voleva davvero bene. Si raccontavano le loro storie di giovinezza e squadravano la bionda, composta nel suo angolo. Erano visibili solo i jeans scuri, la giacca bianca e la cartella celeste; lo sguardo rivolto al cielo.
Come lei, anche lui sorrideva: vi erano poche nuvole bianche che si rincorrevano nella volta celeste d'uno azzurro stupefacente, il vento era ormai brezza leggera, che cullava gli alberi nel loro sonno autunnale.
Si erano sbagliati. Il sole li avrebbe scaldati come una madre protettiva quel giorno, ed aveva fatto lo stesso con lei.



Innanzitutto vi ringrazio per aver letto tutto... Credo sia uno dei miei lavori meglio riusciti, se non il migliore. La prima parte, cioè dagli alberi sotto la pioggia al primo "Oh, Luca" secondo me è stupenda... La descrizione del paesaggio, il gesto meccanico del prendere il the, la spiegazione sulla cioccolata... Li adoro! Mi è sempre stato detto che manco di descrizioni e credo che in quelle presenti qui io abbia dato il meglio di me, e per questo ringrazio autrici e autori della zona HarryPotter e InuYasha... Leggendo le loro magnifiche ff ho "assimilato" il saper descrivere... E, a proposito di descrizioni, probabilmente qualcuno avrà notato, verso le prime righe, che gli alberi non possono tremare. Nel senso che, per tremare, s'intende una specie di oscillazione, mentre il vento tira solo da una parte... Me ne sono accorta successivamente, ma la figura creata era troppo bella per essere tolta, perciò l'ho lasciata... Chiamiamola licenza poetica ^_-'
Altra pecca è il pezzo contrassegnato dall'asterisco (*) dove credo di non essermi spiegata troppo bene... Dato che sono un po' pazza, a volte i miei mi dicono, seguendo un modo di dire, che "Dio ti ha fatta e poi ha buttato via lo stampo".. Spero di essermi spiegata... ^^'
Altro difetto credo stia nel troppo miele... La storiella è abbastanza inverosimile, lo so, però contate che l'ispirazione mi è venuta alle 3.00 del mattino, un giorno in cui mi sono svegliata nel cuore della notte e poi ho fatto fatica a riaddormentarmi... Più che altro l'ho presa come uno stimolo per scrivere, un esperimento per testare il miglioramento delle mie descrizioni e la lunghezza delle oneshot... E credo che ciò sia andato a frutto, no? Purtroppo le melansaggini inverosimili sono rimaste, ma modificarla ulteriormente, a distanza di giorni, mi sembra un orrore... Già in alcune parti aggiunte successivamente forse alcuni avranno notato delle differenze...
Per i nomi... Per alcuni sono andata puramente a casaccio (Martina e Davide) per altri ho pensato a lungo... Delia deriva da una parola greca che significa "che mette in evidenza" e Luca viene da una radice che vuol dire "luce". Avrei preferito Alessandro o Alessio (da "difendere") ma mi serviva un nome breve, per i vari "Oh, ***". Per la ragazza protagonista invece ho impiegato molto... Ho pensato a Egle, Febe e molti altri, ma poi ho scelto Laura, che significato alloro, una pianta, e, date le varie similitudine fra la ragazza ed il paesaggio, ho pensato fosse adatto...
I personaggi sono volutamente descritti molto vagamente. Servono a far capire il rispetto per le piccole cose, i piccoli gesti che rendono possibili i grandi... La cioccolata, ad esempio, che da' inizio a tutto. Lui avrebbe potuto ignorare il significato di quella bevanda, e allora lei non si sarebbe sfogata, lui non l'avrebbe consolata, non avrebbero capito quanto stavano bene insieme... Per fortuna era un osservatore attento! ^^'

Beh, nel caso aveste letto anche tutta questa pappardella, mi prego di lasciare un commento.. Vorrei davvero capire se le descrizioni sono riuscite, se si avverte il sentimento, se ne avete ricavato qualcosa...

Kisses, Serry

  
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