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Autore: tibi86    16/01/2011    2 recensioni
Dopo quattro mesi trascorsi all'Inferno, Dean Winchester viene riportato in vita. Tormentato dagli incubi e dai sensi di colpa, si rende che non potrà mai tornare a essere quello di un tempo e che l'unico posto in cui si sia mai sentito davvero a casa sia l'ultimo al Mondo che dovrebbe desiderare rivedere. Confuso e disperato, Dean decide di evocare il Demone che è stato per lui carnefice, guida e maestro, Alastair. Riuscirà a ritrovare se stesso o quest'ultima mossa dannerà la sua anima per sempre?
Genere: Dark, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alastair, Bobby, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Dormire, da quanto non lo faccio decentemente? Sembra facile: basta chiudere gli occhi, liberare la mente e abbandonarsi al buio. Basterebbe poco, anche un’ora. Un sonno pulito, libero da incubi. Non mi sembra di chiedere molto, no?

Per non cadere in tentazione, mi preparo a bere il mio quinto caffè. Inspiro profondamente e ne assaporo l’aroma ricco e penetrante. Libero la mente, non penso ad altro. Mentre fisso lo sguardo all’interno del bicchiere, il liquido comincia ad assumere le forme più strane: prima è soltanto un piccolo e innocuo cerchio nero all’interno di uno più grande, poi il colore cambia. Non più nero, ma rosso. Rosso sangue.

Scuoto la testa immediatamente, volgendo lo sguardo altrove. Buttò giù il caffè tutto di un fiato, poi mi ritrovo a guardare distrattamente verso i divanetti malconci del salotto: Sam si è addormentato circa tre ore fa, Bobby ha tenuto duro mezz’ora di più. Anche io sono stanco morto e quella sedia laggiù in fondo sembra mi stia chiamando. Le palpebre cominciano a farsi pesanti, ormai credo che anche la caffeina stia perdendo la sua efficacia. Quanto tempo è passato dall’ultima vera dormita? Considerando anche gli anni passati di sotto, direi molto. Troppo. Mi alzo di scatto: non ho intenzione di cedere. Evito i libri sopra al tavolo: se per Sam questi sono oro colato, a me provocano soltanto ulteriore sonnolenza. Le chiavi dell’Impala nella tasca posteriore dei jeans si scontrano con qualche spicciolo, formando un dolce tintinnio. Forse, uscire non sarebbe una cattiva idea, ma dove potrei andare? Non c’è nessun posto dove sentirmi a mio agio, niente che possa farmi sentire bene. Soltanto uno mi attira terribilmente… ed è l’ultimo dove dovrei desiderare di tornare. Se chiudo gli occhi, posso sentire una voce che chiama il mio nome. Lentamente. Una cantilena inquietante che mi ripete insistentemente di andare fuori.

Che cazzo mi sta succedendo? Va bene, ragioniamo. Non dormo da mesi praticamente, sentire voci è normale, no? Non sto uscendo di testa, vero? Cerco di calmarmi, ma è diverso dalle altre volte. Dura troppo a lungo e, diavolo, sono sveglio! Questi problemi li ho soltanto quando dormo, perché sta succedendo adesso? Sto peggiorando? L’ultima caccia che abbiamo affrontato sono state due stupide streghe, che mi abbiano fatto un incantesimo?

“Sam?” lo chiamo debolmente, quasi a non volerlo davvero svegliare. Ho bisogno di aiuto, ma non riesco ad alzare la voce. Ci provo, ma più di un sussurro non esce fuori.

Sento l’impulso irrefrenabile di uscire, di andare verso quel qualcosa. No, non sono le streghe. So di chi si tratta, lo so eccome.

Sei tu, vero?

Ovviamente. Chi altro potrebbe essere così fottutamente sadico da farmi provare emozioni contrastanti nello stesso momento? Chiudo gli occhi per qualche istante e, in questi pochi attimi, posso percepire l’aria gelida e penetrante, l’odore acre del sangue che s’impregna nella mia pelle. Posso sentire la sua voce, bassa, ma decisa, inquietante e rassicurante in ugual misura. Sto diventando matto? Sì, senza alcuna ombra di dubbio.

Pazienza, figliolo. Devi avere pazienza.

Apro nuovamente gli occhi. Basta, non posso andare avanti così. Tiro fuori le chiavi dalla tasca e mi precipito fuori, chiudendo piano la porta per non svegliare nessuno.

Quello che mi abbraccia fuori è un panorama magnifico. È la prima volta, dopo anni e anni, che mi soffermo a guardare il cielo notturno. Mi appoggio al cofano dell’Impala, mando giù lunghe sorsate di birra, beandomi del suo sapore, amaro, ma intenso. Sorrido. Se Bobby mi trovasse qui, proverebbe a esorcizzarmi e non avrebbe tutti i torti. Insomma, che diavolo mi sta succedendo? Questo non sono io! Dovrei andare in un bar e fare sesso con la barista, dovrei spassarmela: maledizione, sono salvo! Dovrei fare tante cose. Dovrei. Nonostante questo, sono qui fuori a pensare stronzate e ubriacarmi da solo come un coglione. Invece di essere felice di aver avuto una seconda occasione, sento la mancanza di quel figlio di puttana. Ed è davvero grave!

No. Tutto questo non va bene. Deve finire, prima di cadere in un fottuto buco nero.

Apro la porta per tornare in casa, deciso a prendermi un calmante. I ragazzi ancora dormono; se mai mi vedessero bere una schifezza simile, Sam mi ucciderebbe, quindi dovrò berlo di nascosto, senza fare rumore. Peccato che il mio corpo non voglia collaborare. Quando appoggio un piede sul primo dei tre scalini d’ingresso, forti brividi mi scuotono la schiena e un crampo allo stomaco mi costringe a piegarmi. Che diavolo è? Demoni? No, non sento alcun odore di zolfo e sono completamente solo qui fuori. Ho fatto indigestione? Impossibile, ho mangiato molto meno del mio solito: Sam, infatti, era molto preoccupato, non smetteva di tormentarmi con le domande.

 

Streghe. A questo punto, devono essere state loro. Quasi senza rendermene conto, tiro un sospiro di sollievo. Pensavo che fosse ancora quella stronzata dello stress post traumatico di cui mio fratello mi parla continuamente.

Ne devi parlare, Dean. Non ne uscirai mai, parla con me.

Che accidenti ti posso dire, dannazione? Nessuno può sapere com’è quel posto! E poi, come vuoi che sia stato?

Un altro crampo mi distoglie dai pensieri. Basta pensare, devo fare qualcosa. Cerco di reagire: se non mi muovo a rientrare in casa, rimango secco qui. Non riesco a darmi la spinta necessaria per tirarmi su, o forse sono io. Voglio davvero che finisca tutto questo? Oh, maledizione! Certo che voglio! Faccio un grande sforzo e mi appoggio al muro portante, tentando di rialzarmi. Gli occhi si appannano, non riesco quasi a respirare: mi fa male il petto.

Ti prego, Sam.  Svegliati.

Sento le gambe sempre più pesanti, non mi reggo più neppure sulle ginocchia. Sono costretto a poggiare le braccia a terra. Fango e terriccio si appiccicano alle mani sudate e formicolanti. Mi gira la testa e mi stendo, cercando di regolarizzare il respiro. Qualcuno viene verso di me. Quando sorride, capisco subito di chi si tratta.

È qui. Mi ha trovato.

Il terrore si affaccia sul mio volto: è decisamente incazzato. Me ne sono andato, l’ho lasciato giù da solo come un cretino. Tento di ritrarmi, di scappare, ma non posso fare niente. Non riesco a muovere neppure un muscolo, è come se avessi dei pesi attaccati e, se muovo la testa, rischio di perdere conoscenza da quanto mi pulsa. Se la situazione non fosse tragica, potrei giurare di vedere le classiche stelline che ruotano attorno alla mia testa come nei fumetti.

Si avvicina sempre di più, ormai posso persino sentire il suo odore: sangue.

Mi sfiora i capelli con una mano, mentre con l’altra mi blocca un braccio a terra. Come se ce fosse bisogno.

Con due dita mi sfiora il polso. Un bruciore intenso s’irradia fino alla punta delle dita. Cerco di ritrarmi, ma rafforza la sua presa. Tremo. Rovescio la testa all’indietro, smettendo di opporre resistenza. Mi chiama, ma non rispondo: non riesco a parlare e a muovermi. Gli impulsi che partono dal mio cervello sembrano non arrivare alle varie destinazioni. Non riesco neppure a dire una fottutissima parola. È come se le mie parti del corpo non fossero più collegate tra di loro. Finalmente, un lieve lamento mi sfugge dalle labbra, quando m’intima di calmarmi. 

Che fa, prende per il culo? Come cazzo faccio a stare calmo? Ripete il mio nome e continua ad accarezzarmi i capelli.

Di colpo il dolore svanisce, lasciando spazio ad un fresco sollievo.

“Andiamo, ragazzo. Svegliati!”

Apro gli occhi di scatto.

Di fronte a me, mio fratello e Bobby.

“Grazie al cielo, Dean, mi hai spaventato a morte!”

“Sam?” lo chiamo, afferrando la mano che mi tende per aiutarmi a rialzarmi.

“Che diavolo è successo?” chiedo spaesato.

Un lieve tepore mi fa capire che sono dentro casa. Le mie mani sono pulite. Sudate, ma non c’è nessun segno di lividi e ghiaia. Mi guardo attorno, cercando un qualsiasi indizio che possa farmi capire che è stato tutto reale, che non mi sono inventato niente. La speranza va a farsi fottere in meno di dieci secondi:

“Dimmelo tu, ti abbiamo sentito urlare” mi racconta.

Merda.

Mi spettino i capelli, nervoso. Ho avuto un altro incubo? A quanto sembra, sì. Bene, sta peggiorando sempre di più. Grandioso!

Non riesco a tenermi in piedi. Mio fratello si avvicina preoccupato. Mi sorregge e, seppure riluttante, mi vedo costretto ad accettare il suo aiuto. Mi aiuta a sedermi sulla poltroncina al centro della sala. Bobby mi porge una tazza di the caldo, guadagnandosi uno sguardo poco gentile. Perché devo bere questa schifezza? Io voglio alcool, ho bisogno di una sbronza! Devo ubriacarmi, non dormire.

“Non fare storie e bevi” ordina. Abbasso lo sguardo, mentre prendo con il pollice e l’indice il manico della tazza per non bruciarmi: è bollente. Sam comincia a parlare, ma non riesco a capire che cosa dice: non lo sto ascoltando. Mi concentro sul sapore amaro della bevanda e continuo a guardare verso il basso. Sono estremamente imbarazzato.

“Dean?”

“Sam.” lo rimprovera Bobby.

Cosa mai potrei dirti, Sam?  Lasciami stare, ti prego.

Trovo lentamente il coraggio di guardarlo negli occhi. Forzo un sorriso e poso il bicchiere sul tavolo.

“Cosa?”

“Ricordi tutto, vero? E chi  diavolo è Ala, Dean?” però, va dritto al punto, il fratellino.

M’irrigidisco e smetto di sorridere. Deglutisco, mentre cerco di ricordarmi come si respira.

“Ancora? Sam, non ricordo niente. Chiaro?” rispondo sbottando. Da come mi guarda, capisco che non gli basta. Sa che sto mentendo, il bastardo. Infatti. Mi chiede degli incubi, vuole sapere che cosa sogno, senza risparmiare i dettagli.

“Non lo so! Quando mi sveglio, non ricordo niente!” mi alzo, passeggiando in tondo per calmarmi. Barcollo e rischio di cadere a terra, ma per fortuna, Sam capisce che deve lasciarmi i miei spazi e non accorre in mio soccorso. Forse, è troppo arrabbiato per farlo.

Sospiro. Da quando comincio a pensare male di mio fratello? Da quando dubito delle sue intenzioni e del suo affetto per me? Dal momento esatto in cui ho detto quella dannata parola.

“Sam, te lo giuro, non ricordo niente. Possiamo tornare a dormire adesso?” lo imploro, ignorando i miei pensieri che continuano a correre veloci. Impazienti. Sembra non vedano l’ora di uscire dalla bocca. M’impongo di tenerli rinchiusi lì dentro, in un angolo remoto della mia mente. Non devono essere tirati fuori. Quella parte di me deve restare chiusa, sepolta per sempre. Peccato non sia questo ciò che voglio.

Ti prego, Sam, smettila di chiedere. Non farmi parlare.

“Va bene” si alza. Il suo tono è teso, vuole solo sapere che cosa mi sta succedendo per aiutarmi, ma come potrebbe? Sam non può fare niente per me. Nessuno può.

“Dato che siamo svegli, perché non proviamo a salvare il Mondo?” propongo, indicando i vecchi libri, impolverati e ancora aperti, sulla scrivania grande.

“Ottima idea” mi asseconda Sam. Sorrido. Grazie.

Prima di raggiungere la grande libreria, mi passa accanto:

“Non puoi continuare così, ti ucciderà…” sussurra, ma riesco a sentire il tono roco, quasi spezzato. Faccio finta di non aver sentito, non ho proprio nessuna voglia di mettermi a discutere.

Mi getto su un libro a caso e comincio a leggere. Sfoglio ogni singola parola con il dito indice, non voglio pensare ad altro, se non a quello che c’è scritto. Non importa se non serve alla nostra indagine, se non è di aiuto. Mi basta tenere la mente occupata, lontana da Lui. Almeno per un po’.

Sono molto concentrato, non sento niente. Le voci di Sam e Bobby mi risultano lontanissime, come se si trovassero nella stanza accanto. Mi accorgo dell’apparizione di Castiel solo perché mi compare proprio accanto.

“Spazio personale, Cass. Ne avevamo già parlato, ricordi?” lo rimprovero. Si sposta di un micro passo. Lo guardo accigliato e lo allontano spingendolo, portando la distanza a un metro circa.

Calamity Jane, rispetta gli accordi” ammicco con un sorriso.

Chiudo il libro che mi sta davanti e incrocio le braccia, pronto ad ascoltare le sue parole. Sul viso ha un espressione tesa e decisa allo stesso tempo. Deve essere successo qualcosa di grave.

“Un altro sigillo da salvare?” chiedo.

Mi alzo per prepararmi a uscire. Se è venuto per questo, dobbiamo sbrigarci, non possiamo aspettare.

“Dove?” mi fermo. Non si tratta dell’Apocalisse. Bene, un giorno di riposo non fa mai male.

“Abbiamo notizie importanti: in città è arrivato un Demone molto potente” comincia. Sto per interromperlo, ma mi fulmina con lo sguardo. Decido di farlo finire, non voglio vedere com’è Cass quando è incazzato. Potrei ritrovarmi a essere il prossimo tacchino arrosto della cena del Ringraziamento.

“Questo Demone è molto pericoloso, viene definito come il braccio destro di Lucifero in persona.”

Merda.

“Il suo nome è Alastair”.

  
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