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Autore: alexis7    17/01/2011    2 recensioni
Missing Moment "Love is Music. Love is you".
Un momento della storia tra Debbi e Nick il giorno del loro quarto anniversario.
**“Nick!”, urlai felice, saltandogli al collo e sbilanciandolo, ignorando i fiori che teneva in mano.
Erano le sei… e lui cosa ci faceva là?
“Che bella accoglienza, e io che mi aspettavo urla e schiaffi!”, mi prese in giro, divertito.
Mi portò dentro in casa tenendomi in braccio, poi appoggiò malamente le borse che aveva in mano per terra e infine mi abbracciò. Aveva la pelle fredda, ma non mi importava. Quel che desideravo di più in quel momento era di stare tra le sue braccia. **
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Always And Forever.


Fino a poco tempo fa il nome Debbi Stuart era anonimo. Non lo conoscevano neppure i miei compagni di scuola… non che ci sperassi, considerando i soggetti che c’erano, ma mi faceva comunque ridere il vedere come la situazione fosse cambiata nel giro di soli quattro anni.

Anzi, se dovevo proprio dirla tutta, dopo che avevo finalmente terminato la scuola ero riuscita anche a coronare il mio sogno di diventare una famosa cantante, che vendeva sempre più cd, e allargava la sua fama mondiale di giorno in giorno. A questo, molto probabilmente, contribuiva anche il fatto che fossi la ragazza del mitico Nick Morgan, cantante di fama internazionale… tutto così perfetto che sembrava quasi impossibile, o no?

Avevo sempre pensato che nella vita nulla potesse essere perfetto. Quando una persona raggiunge la felicità, c’è sempre qualcosa che gliela porta via, qualcosa che va storto e che manda tutto a rotoli.

Pensiero pessimistico? Beh, non ero mai stata la persona più ottimista sulla faccia della Terra…

 

Era il nostro anniversario. Quattro anni insieme.

Dovevo essere felice, al settimo cielo, entusiasta.

Invece ero triste, e mi sentivo terribilmente sola.

Avrebbe passato tutta la giornata agli studi di registrazione, insieme a quelle odiose coriste che se lo mangiavano con gli occhi. E io invece me ne stavo a casa, con un raffreddore potentissimo e un mal di gola assurdo.

Non pretendevo che passasse la giornata con me e che lasciasse da parte il suo lavoro, però che almeno mi rispondesse al telefono sì.

Dopotutto ero la sua ragazza!

Ma stare con un cantante famoso non era facile. I mille impegni lo allontanavano da me, e spesso, per poter passare del tempo con lui, dovevo andare nel suo appartamento la sera. Se poi aggiungevamo il fatto che io stavo percorrendo la mia scalata verso il successo, con le varie interviste per le riviste, con la registrazione dei miei nuovi pezzi e con i servizi fotografici, il tempo diminuiva ancora di più.

Ma eravamo innamorati come il primo giorno. I finesettimana e ogni momento libero lo passavamo insieme.

Tranne quel giorno.

Contando che ero anche mezza ammalata, non sarei potuta andare a casa sua e, beh, lui non poteva di certo venire a trovarmi la sera tardi a casa mia con i miei che dormivano!

“Tesoro, dovresti mangiare qualcosa anche se stai male…”, mi disse mamma, indicando la mia tazza con latte e cereali.

Storsi il naso, sentendo il mio stomaco chiudersi in una morsa.

“Non ho fame… sai se Nick ha chiamato a casa, per caso?”, chiesi invece, speranzosa.

Non sentii subito la risposta, quindi alzai la testa, in attesa, e allora mi rispose negativamente facendomi sprofondare nuovamente nella mia apatia.  

Depressione allo stato puro. Mi bastava solo sentire la sua voce per sentirmi un po’ meglio, giusto per sapere che non si era dimenticato di quel giorno. In fondo era Nick, il dolcissimo ragazzo che mi amava, era impossibile che si fosse dimenticato… dunque perché non mi telefonava?

Andai in camera e mi sdraiai sul letto, annoiata.

“Debbi, stasera andiamo a mangiare da Viki e John, tu che fai?”, mi chiese mia madre, interrompendo i miei pensieri pessimisti.

Viki e John erano dei loro amici, clienti abituali del bar.

“Sto a casa… sono stanchissima, se esco rischio di prendermi la febbre…”, risposi stanca.

A dire il vero speravo di migliorare ora di stasera anche perché… il mio cervello non ci mise molto a fare due più due.

I miei erano fuori. Casa libera.

Afferrai il cellulare appoggiato sul comodino e composi il numero di Nick, che ormai conoscevo a memoria.

Ce l’aveva spento. Probabilmente aveva la batteria scarica, fantastico!

Mi si inumidirono gli occhi… un po’ perché da ammalata ero più sensibile, un po’ perché ero troppo emotiva. Ma era un sogno così irrealizzabile passare un giorno con il proprio ragazzo senza troppi casini?

Magari non come l’anno precedente che mi aveva portato a cena fuori e poi avevamo fatto una romantica passeggiatina in un parco stupendo… ma almeno che riuscissi a vederlo non mi sembrava essere una richiesta troppo esagerata!

 

Sesta volta che chiamavo. Ormai mi ero rotta di sentire la segreteria telefonica, davvero cominciavo a detestare con tutta me stessa quella voce metallica.

“Pronto?”.

“Nick!”, esclamai, esultante. Non mi aspettavo che rispondesse!

“Ehi, piccola, ciao… buon anniversario!”, mi disse, facendomi rallegrare.

Allora non si era dimenticato!

“Anche a te… stasera ti va di venire a casa mia così stiamo un po’ insieme? Sono in condizioni pessime e non posso uscire, ma ho casa libera…”, gli chiesi.

“Stasera? Vengo per le nove, okay?”.

Sospirai, afflitta.

“Non resti anche a cenare?”, domandai.

“Non ce la faccio… esco dallo studio per le otto e mezza… vado a casa a farmi una doccia e poi vengo da te… mi dispiace…”.

“Va bene, dai, tranquillo. Ti preparo un dolce al cioccolato.”, risposi, nascondendo la mia tristezza.

Era impegnato, sapevo a cosa andavo incontro quando avevo scelto di stare con un cantante super famoso, non potevo di certo lamentarmi ora.

“Non vedo l’ora di vederti… mi manchi tantissimo…”, mi sussurrò dolcemente.

“Anche tu…”.

“Devo andare, scusami… la pausa è finita…”.

Riattaccò dopo che ci fummo salutati, lasciandomi ancora quel senso di vuoto.

Un po’ invidiavo le ragazze che avevano un ragazzo normale, con cui uscivano tutti i giorni, e, soprattutto, che non fosse circondato da ragazze strabelle e sempre perfette.

Ma ormai non riuscivo più ad immaginarmi la mia vita senza di lui, anzi, ero certa che se anche ci fossimo lasciati non sarei più riuscita a dimenticarlo.

Avevo passato tantissimi momenti con lui, belli o brutti che fossero, e non potevo farlo uscire dalla mia vita, perché mi sarei solo distrutta… e io non ero masochista.

Abbandonai i miei pensieri per concentrarmi sulla torta al cioccolato.

 

Alle cinque esatte, esattamente quando spensi il forno e ne tirai fuori la torta, il mio cellulare squillò.

“Sono Tom, ciao…”.

Era l’agente di Nick, e mi sorpresi non poco di sentirlo, dato che non mi chiamava quasi mai.

“Ciao…”, risposi soltanto.

“Mi dispiace ma stasera Nick non può venire, ha un’importante cena con T. J… non so se te ne ha parlato…”. T.J. era un cantante… stava parlando di lui?

“No, non mi ha detto nulla…”, dissi, confusa.

“Stanno progettando di scrivere una canzone insieme… proprio non si può rinviare, spero che tu capisca…”, mi disse, freddo e professionale come sempre.

Certo, dopotutto era solo il nostro anniversario! E per disdire non mi chiamava neppure lui… okay tutto, ma non poteva di certo pretendere che capissi!

“Sì, grazie.”, mi limitai a rispondere prima di riattaccare, irritata.

Subito dopo composi il numero di Nick, ma aveva il cellulare spento, quel vigliacco.

Era un cantante, con mille impegni, ma non poteva farmi una cosa del genere! T.J. era uno importante, va bene, ma io ero la sua ragazza! La sua ragazza che era ammalata, che voleva vederlo, e che stava mangiando mezza torta al cioccolato per la depressione!

Alle cinque e mezza i miei uscirono, lasciandomi sola in casa, sola con la mia tristezza.

Non chiesi neanche dove andassero così presto, non avevo voglia di saperlo.

Loro sì che erano fortunati: si erano trovati, si erano sposati, e avevano una bella vita, ancora innamorati e sempre uniti.

In quel momento un futuro del genere per me, mi sembrava terribilmente lontano e irraggiungibile.

Se cominciavamo ad allontanarci quando stavamo solo assieme da quattro anni, tra due e tre anni come ci saremmo ridotti?

Con questi pensieri andai in bagno, ingoiando l’ultimo pezzo di torta, e presi a pettinarmi i capelli che avevo lisciato per rendermi presentabile. Fortunatamente non mi ero ancora truccata, altrimenti avrei dovuto sprecare altro tempo per struccarmi.

Certo era che il giorno dopo mi avrebbe sentita, oh, eccome se mi avrebbe sentita! Non poteva comportarsi in maniera peggiore! Mi aveva delusa in una maniera tale che non poteva neppure immaginare. Era come se mi avessero promesso una cosa che sognavo da tempo, e poi me la avessero strappata via senza scrupoli.

Sbuffai quando sentii suonare il campanello per due volte consecutive.

Mamma si era dimenticata qualcosa a casa, potevo scommetterci.

Aprii la porta,e sgranai gli occhi.

“Nick!”, urlai felice, saltandogli al collo e sbilanciandolo, ignorando i fiori che teneva in mano.

Erano le sei… e lui cosa ci faceva là?

“Che bella accoglienza, e io che mi aspettavo urla e schiaffi!”, mi prese in giro, divertito.

Mi portò dentro in casa tenendomi in braccio, poi appoggiò malamente le borse che aveva in mano per terra e infine mi abbracciò. Aveva la pelle fredda, ma non mi importava. Quel che desideravo di più in quel momento era di stare tra le sue braccia.

Cercai le sue labbra e le trovai ad aspettarmi, amorevoli e in cerca di me. Ci baciammo a lungo, forse per minuti, non sapevo dirlo con esattezza. Fatto stava che non riuscivamo a separarci, dopo troppo tempo di lontananza.

Solo quando considerai abbastanza mi allontanai lentamente da lui, al settimo cielo.

“Che ci fai qua?”, gli chiesi, con il fiatone.

“Beh, è il nostro anniversario, dove volevi che fossi!”, esclamò, sorridendo.

“No, intendo… Tom prima…”, cercai di spiegargli, ma non mi lasciò terminare.

“Tom ha deciso senza interpellarmi. E beh, T. J. sarà un cantante famoso e tutto, ma non potevo di certo rinunciare a vedere la mia ragazza per lui, e inoltre non avevo più voglia di stare ai suoi ordini, quindi sono uscito prima dagli studi per venire da te… tanto non mi può dire nulla dato che è lui che lavora per me!”.

Si concentrò sulla zip del  suo giubbetto in pelle, con me ancora attaccata al suo collo come una sanguisuga.

“Mi sei mancato…”, sussurrai, sfiorando la sua guancia con il mio naso.

Era da tre giorni che non lo vedevo, e in quei tre giorni ero davvero caduta in una fase depressiva che poteva fare concorrenza ai depressi cronici. Non ne sapevo il motivo… forse un po’ perché ero malata, un po’ perché lo sentivo distante; e quel giorno l’avevo passato a non fare niente, mentre i pensieri più negativi prendevano il sopravvento.

Invece ora era tra le mie braccia, con me aggrappata a lui.

“Anche tu, Deb, ma pensi che mi lascerai togliere la giacca e mostrarti le sorprese, oppure vuoi restare all’entrata per il resto della sera?”, mi chiese divertito, cingendomi la vita con un braccio.

“Non sei tu la sorpresa?”, gli chiesi, trovando finalmente la forza per staccarmi. La curiosità aveva preso il sopravvento.

“Ovvio che no... ho pensato che l’anno scorso abbiamo passato una serata all’insegna del lusso e dell’eleganza, ma dato che so quanto ti piaccia la semplicità e dato che non puoi uscire…”, disse, e si accucciò prendendo un sacchetto da terra.

“Messicano!”, urlai, saltellando.

Sorrise alla mia reazione, poi raccolse anche i fiori e me li porse.

“E’ proprio una fortuna che i miei se ne siano andati!”, osservai, mentre li prendevo e li osservavo: rose rosse, le mie preferite.

“Già, proprio una coincidenza…”, mi rispose, con il tono di una che la sapeva lunga.

Aveva combinato tutto… assurdo!

“Sei una cosa incredibile! Non voglio neanche sapere come hai fatto a convincerli a lasciarci soli, voglio restare con il dubbio… grazie per i fiori comunque, sono bellissimi!”.

Mi diressi in cucina, seguita da lui, e mi accorsi della torta, della quale ormai ne restava solo una metà.

“Quella era la torta che avremmo dovuto mangiare insieme?”, mi domandò, incredulo.

“Sì…”, risposi, insicura. Non potevo dirgli che ero così depressa da essermela mangiata da sola, troppo imbarazzante!

“Però vedi… quando ho saputo che non saresti venuto i miei ne hanno assaggiato una fetta… e dato che non avevo nulla da fare anche io ne ho mangiata una…”, mi inventai sul momento, mentre sistemavo i fiori in un vaso.

“Beh, ne è rimasta comunque abbastanza… ora hai abbastanza fame per mangiare messicano?”. Era dubbioso, sapeva che, anche se mangiavo spesso, non mangiavo molto.

“Magari aspettiamo un po’… andiamo in salotto e ti sdrai un po’ che sembri stanco…”, dissi, accarezzandogli il volto. Chiuse gli occhi e sospirò.

“Non ho intenzione di dormire sul tuo divano il giorno del nostro anniversario…”, ribatté, testardo. 

“Beh, dato che dovevamo trovarci per le nove penso che un’ora tu possa dedicarla al risposo dopo una giornata di lavoro…”, continuai, sapendo che avrebbe ceduto.

Era stanco, lo potevo vedere dai suoi occhi.

“Consideriamo anche il fatto che è da tre giorni che non ci vediamo…”, rispose.

Mi prese per i fianchi e mi avvicinò a sé, mentre io poggiavo le mie mani sul suo petto.

“Posso venire a riposarmi con te…”, gli proposi.

Le sue labbra giunsero al mio collo esperte, e cominciò a lasciarmi dei lievi baci sul collo.

“Questa cosa mi sembra allettante…”, e detto questo mi caricò in spalla come un sacco di patate, senza lasciarmi neanche un attimo di preavviso.

“Nick Morgan mettimi giù se non vuoi che ti…”, dissi ad alta voce, ma la mia minaccia fu interrotta quando mi appoggiò sul divano, con maestria.

“Messa giù!”, disse soltanto, per poi prendere posto accanto a me.

Restammo in silenzio qualche momento, seduti l’uno accanto all’altra, e in quel momento mi resi conto che, nonostante fossimo tanto vicini, lo sentivo troppo distante. Non mi ero mai sentita così, neppure dopo le nostre litigate che mi facevano stare malissimo, neppure dopo giorni che non lo vedevo.

Perché quel giorno avevo finalmente realizzato che ci stavamo perdendo, che stavamo lontani troppo tempo, e che la nostra relazione non aveva poi molto futuro in quel modo

Gli avevo detto che doveva risposarsi, ma dovevo assolutamente parlargli, perché dopo l’entusiasmo iniziale avevo capito che dovevamo affrontare il problema.

“Nick, senti, noi dovremmo parlare.”, iniziai, seria. Talmente seria che il suo sorriso scomparve dal volto per lasciare posto ad un’espressione preoccupata. Già sentivo il peso che gravava sul mio stomaco ingigantirsi, per la paura. Ma era giusto parlarne.

“Non può andare avanti così… non ci vediamo quasi mai…”, sputai le parole dando voce a quello che da giorni tentavo di negare: l’evidenza.

“La sera ci vediamo…”, osservò.

Poteva bastargli? A lui, sul serio bastavano poche misere ore insieme?

“No, Nick, la sera vengo a casa tua e ci sto un’ora, al massimo un’ora e mezza! E parliamo sempre pochissimo! Ormai non so neanche più a che punto sei con il cd, o se hai intenzione di fare concerti, o se stai scrivendo nuove canzoni!”.

Lo guardai, triste, per poi sospirare.

“E che soluzione proponi?”, mi chiese infine, rendendosi conto che le mie parole erano reali.

Mi passai una mano tra i capelli, non sapendo che dire.

“Non lo so, sinceramente…”, confessai infine.

Avevo tirato fuori il discorso… ma alla fine cosa ne ricavavamo? Nulla.

“Lo sai, Deb, ce n’è una… un po’ estrema forse…”.

Lo guardai terrorizzata.

Non poteva dire sul serio. Voleva che ci lasciassimo? Voleva mandare all’aria quattro anni – i più belli della mia vita – solo per un ostacolo?

Mi pentii all’istante di aver voluto affrontare il problema.

“Volevo che fosse la sorpresa finale della serata…”, disse, lasciandomi confusa.

Voleva lasciarmi alla fine della serata? Anzi, lasciarmi la definiva una sorpresa? No, qua mi ero persa qualcosa…

“Debbi, mi vuoi sposare?”.

Solo una domanda. Una piccola, semplice domanda che mi mozzò il respiro.

Me l’aveva chiesto come se anziché dire: “Debbi, mi vuoi sposare” avesse detto “Debbi, mi passi lo zucchero”.

Lo guardai, e deglutii prima di emettere solo una parola: “Cosa?”.

Allora tirò l’angolo destro della bocca a formare quel sorriso che tanto amavo, poi si inginocchiò di fronte a me e mi guardò negli occhi. Prese dalla tasca dei jeans scuri una scatoletta in velluto e la aprì, ma non guardai neppure l’anello che brillava. Solo i suoi occhi color caramello e nient’altro

“Debbi Elizabeth Stuart, vuoi passare il resto della tua vita con me?”.

Gli saltai al collo, gridando un “Sì” che probabilmente sentì tutto il vicinato e lo feci cadere per terra, divertito.

Lo baciai stringendolo tra le mie braccia, e lui fece lo stesso. Non mi accorsi neanche delle lacrime che scendevano sulle mie guance per la felicità.

C’era solo lui, e quella scatoletta che, tenuta tra le sue mani, mi premeva sulla schiena.

Eravamo giovani, eravamo cantanti, e molto probabilmente la nostra storia non sarebbe stata sempre rose e fiori… ma finchè eravamo insieme, quegli apparenti problemi diventavano solo piccoli dettagli.

Me lo mise al dito, e allora notai i tre brillantini incastonati sull’anello in oro bianco. Era semplice, come piaceva a me.

“Ti amo…”, dissi infine, e lui in risposta mi baciò ancora, e ancora, e ancora.

“Sei fortunato, sai?”, riuscii a dire tra un bacio e l’altro.

“Per cosa?”, mi chiese, staccandosi definitivamente dal mio volto che baciava ovunque.

“Mio padre non ha pistole in casa.”.

E la sua risata riempì la casa, presto accompagnata dalla mia.

 

 

***Angolo Autrice***

Okaaaaayyy probabilmente vi eravate belli che dimenticati di Debbi e Nick, o probabilmente avevate perso le speranze di leggere la missing moment che avevo promesso… e invece eccomi qua! In genere sono una che se dice una cosa la fa, se no sta zitta, quindi potete stare tranquilli! ;)

Sinceramente non so come mi sia uscita questa missing moment, però mi è stata utile per capire una cosa… non sono portata per scrivere one-shot o robe del genere! U.u Non mi convince, mi sembra troppo sbrigativa e forse un po’ noiosa, ma spero che vi abbia fatto piacere leggerla, anche solo per aver ritrovato i miei due personaggi… :)

Volevo dire che il titolo non si riferisce alla canzone di Taylor Swift “Always and forever” anche se potrebbe sembrare visto che la cito molto spesso… in realtà mi è venuta così, una frase romantica per un finale romantico! ^^

Beh, che altro? Spero che vi sia piaciuto questo piccolo momento della storia e spero di averlo descritto bene… diciamo che l’avrò riscritto più o meno quaranta volte perché non mi convinceva!

Ringrazio tutti quelli che hanno lasciato un commento nell’ultimo capitolo, sul serio, con le vostre parole mi avete quasi commossa perché quando avevo pubblicato “Love is music. Love is you” mi aspettavo sì e no un commento per ogni capitolo (premettendo anche che non sono la ragazza più ottimista sulla faccia del pianeta), e invece sono stata proprio contenta di tutte le recensioni che ho ricevuto perché sul serio non me le aspettavo!

Al momento sto scrivendo un’altra storia che spero di riuscire a pubblicare il prima possibile, se la Somma Scuola mi concedesse del tempo -.-’

Bah, che triste... mi mancano Debbi e Nick, anche se sono personaggi inventati (no comment... xD)

Ora vi lascio, spero di tornare il prima possibile, e grazie ancora a tutti

Vi saluto

Alessia

  
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