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Autore: Dea Elisa    18/01/2011    1 recensioni
“Che ti succede Gandini?”
E cosa voleva che ti succedesse?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu mi ami, ma io no

26 maggio 2010

 

“Che ti succede Gandini?”
E cosa voleva che ti succedesse?

Non credevi che ti potesse accadere di nuovo.
Quella sensazione di disagio mista a fastidioso imbarazzo che ti perseguitava quando eri con lui.

“Non lo so.”
Sì, invece, che lo sapevi.
E, forse, sarebbe stato meglio giocare a carte scoperte sin da subito.
Ma certo! Poi la figura della bambina alla prima cotta l’avresti impersonificata tu.

Riccardo ti amo.
Ed era proprio amore?
Ed era bisogno incondizionato di averlo sempre accanto?
Ed era quella chiusura allo stomaco quando non c’era o quando ti trattava come un quadro appeso al muro?
I sintomi per ora erano quelli.
Chissà se la tua malattia si chiamava davvero amore.

***

Sta al bacio.
Una mano preme sulla tua schiena, lungo la quale un brivido si propagava a frequenza costante.
Socchiudi le labbra in un timore sempre crescente che il tuo azzardo fosse punito dall’infrangersi del fragile cristallo del sogno.
Il vetro trema, ma non si rompe.
Quant’è difficile prevedere le azioni e le reazioni della gente.
Immagini che si comportino in un modo: ora cordialmente, ora arrogantemente, ma tutto ciò che ottieni è il contrario.
Passi una mano tra i suoi capelli, e ti chiedi se riuscisse a percepire le pulsazioni del tuo muscolo cardiaco ora adiacente al suo.
Ma cos’è un bacio inconscio, se non l’incontro di due bocche che non riescono a confessare quello che provano?
E quel bacio, che pudico più non era, si affannava in istanti che sembravano sempre più corti, sempre più precari, sull’orlo della fine, che camminavano sul confine della scomparsa.

Alla fine restava un bacio passato, che s’accumulava sulla torre dei ricordi da smaltire.
O forse no.

Ansimavi ancora, quando, con la fronte appoggiata alla sua, rifuggivi i suoi occhi.
Avevi lo sguardo fisso sulle sue labbra, che avevi osato toccare, che avevi osato violare.
Ma chi sei tu, per esserti permessa di illuderti l’ennesima volta?
Solo perché aveva abbassato le difese, solo perché, chissà, era stanco o indifferente, ti eri appropriata di un breve intervallo di tempo della sua vita, ora divenuto anche tuo.
Ma le due strade si sono già divise, nello stesso momento in cui lo hanno fatto le vostre labbra.

Senti che alza la testa.
L’incavo tra mento e collo che lascia libero fa subito da culla al tuo capo, che si appoggia su di lui in un silenzio carico di qualcosa di nuovo.
Solo ora ti accorgi che ti stringeva ancora a sé.

“Gandini, non voglio illuderti, non devi illuderti.”
Appunto.
Quelle parole un po’ ti spiazzano, un po’ ti fanno riappoggiare i piedi a terra, dove però non volevi stare.
Sembrava fosse conscio del cosiddetto momento di debolezza, del fatto che anche lui non riuscisse perennemente a vivere nell’apatia più assoluta.
Ma quel non voglio illuderti dimostrava anche la sua consapevole mancanza di legame con te, che l’avevi catturato inutilmente.

Sciogli l’abbraccio: la più banale delle reazioni.
E anche la più prevedibile.

“Tu mi ami, ma io no.”
E invece di compatirti, di capirti, di assicurarti da amico che prima o poi saresti stata felice anche tu con un altro uomo, getta la verità sul campo di battaglia, ghiacciando ogni prospettiva futura.

Tu mi ami, ma io no.
Tu mi ami, ma io no.
Tu mi ami, ma io no.
Tu mi ami, ma io no.


No.
Non ci sarebbe mai stato un altro uomo.
Ne eri sicura, anche se come certezza valeva ben poco.







   
 
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