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Autore: ross_ana    18/01/2011    6 recensioni
-Se me lo permette, madame, le mostro i pregi del letto a baldacchino che lei tanto disprezza.
E con un incantesimo non verbale feci calare le tende, per nasconderci ancora più profondamente agli occhi del mondo.
Tra me e Daphne non c'erano segreti, e non c'erano nemmeno inibizioni. Avevamo avuto la nostra prima volta insieme, desiderosi di varcare un'altra soglia del proibito, e più di una volta ci eravamo aiutati a combattere la solitudine.
Quello era uno di quei momenti in cui Daphne aveva bisogno di me, della mia presenza, della sicurezza che solo io sapevo darle. E non mi feci pregare.
Storia partecipante all'Only Oneshot Contest, indetto da OnlyMe.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daphne Greengrass, Draco Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Contesto generale/vago
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Buona lettura :)





NICK AUTORE: ross_ana@ sul forum, ross_ana su EFP
TITOLO: Amici, amanti, sposi.
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Daphne Greengrass
PAIRING: Draco/Daphne
GENERE: Commedia, Sentimentale
RATING: Arancione
AVVERTIMENTI: Oneshot, What if...?
PACCHETTO SCELTO (E RELATIVI ELEMENTI RICEVUTI): Biancaneve e i sette nani. (TEMA: Sesso. ELEMENTO: Letto a baldacchino. PROMPT: fiore: Orchidea Nera, canzone: S.E.X. - Nickleback)
INTRODUZIONE: Dopo la guerra tutti gli studenti sono tornati ad Hogwarts, quindi questo sarebbe l'ottavo anno di Draco e Daphne.
NdA: Lucius Malfoy se l'è cavata grazie a Narcissa che ha salvato la vita di Harry, quindi non è stato imprigionato!!




DRACO POV

-Draco ma che hai? Sono più di due ore che te ne stai steso su quel letto senza dire una parola.
Non mi presi nemmeno la briga di rispondere a Blaise che, sbruffando, uscì dal dormitorio sbattendo la porta dietro di sé.
Sbruffai anch'io di rimando e mi spostai di qualche centimetro per trovare nuovamente una posizione comoda.
Con le mani dietro la testa e le caviglie incrociate me ne stavo a fissare il vuoto, facendo scorrere i miei pensieri sulla parete bianca di fronte a me.
Quando la porta si aprì di scatto sbattendo con violenza al muro, nemmeno mi preoccupai di voltare la testa, certo che Blaise fosse tornato alla carica per farmi alzare da quel letto, perciò restai alquanto sorpreso quando la chioma inconfondibile di Daphne mi oscurò la visuale.
-Si può sapere cos'hai fatto a Zabini? Sta facendo il diavolo a quattro in Sala Comune.
-Un bel niente. Solo che non sopporta la mia quiete.
-Effettivamente è strano vederti inerme senza tramare contro Potter e il trio dei Miracoli.
-Sono stufo, Daphne. Non voglio sprecare i miei ultimi giorni ad Hogwarts a perdere tempo dietro a Mezzosangue e traditori della loro specie.
-Pensavo che dopo la guerra avessi smesso di odiarli.
-Il fatto che non li odio non significa che non siano Mezzosangue e traditori.
Era vero, la fine della guerra aveva messo tutto sotto un'altra prospettiva: la morte del Signore Oscuro e di tutti i suoi seguaci aveva reso libera la mia famiglia, e per quanto odiassi ammetterlo, era merito di Potter e dei suoi amichetti, compreso quell'idiota di Paciock che aveva tagliato la testa di quel serpente enorme.
-Infondo non sei cambiato, Draco. Sei sempre il solito arrogante, viziato, spocchioso principino Malfoy.
-Cosa ti aspettavi? Che sarei diventato il tirapiedi del Salvatore del Mondo Magico?
-Ovviamente no.
E lo sguardo complice che ci lanciammo sostituì inutili parole che difatti non erano state dette.
Io e Daphne eravamo cresciuti insieme e forse per questo non sentivamo il bisogno di essere falsi l'uno con l'altro.
Sin da quando eravamo bambini avevamo stretto una sorta di cameratismo che ci impediva di raccontarci menzogne.
Lei era stata testimone di tutte le mie avventure e, soprattutto, di tutte le mie disavventure.
Era stata testimone della mia iniziale euforia per aver ricevuto il marchio, era stata testimone della mia successiva paura quando mi era stato affidato il compito di uccidere Silente.
Mi era stata vicina, in maniera talmente discreta da sembrare invisibile, nei momenti più belli e più brutti della mia vita.
Si, forse Daphne era l'unica amica vera che avessi mai avuto.
Ma eravamo pur sempre due Serpeverde, e tra serpi non esiste l'amicizia vera, ma solo rapporti di convenienza e profitto.
Per lo meno agli occhi degli altri.

Come solo Daphne era in grado di fare, cambiò argomento distogliendomi dai miei pensieri.
-Mi sorprende che quel fiore non sia ancora appassito.
-E perché mai? Dovresti sapere che sono un'abile pozionista.
-E questo cosa diavolo centra?
-Quando me l'hai regalato ho preparato un distillato che permetterà a questo fiore di conservare la sua bellezza per cento anni.
-Bè, in ogni caso non ho mai capito cosa ci trovi di tanto bello in questa rosa nera.
Sbruffai contrariato. Era forse la millesima volta che affrontavamo quel discorso.
-È un'orchidea, Daphne. Dovresti saperlo bene visto che hai girato mezzo mondo prima di trovarla.
-Rosa, orchidea: che differenza fa? È sempre nera. E i fiori non dovrebbero esserlo. E poi non mi hai ancora spiegato che diavolo significa.
Scossi la testa esasperato, e invece di continuare sui soliti binari che avrebbero inevitabilmente condotto il discorso su una vera e propria discussione sull'Erbologia, deviai percorso porgendole un'altra domanda che la lasciò basita per un secondo.
-Se non ti piace perché me l'hai regalata?
Non ci mise molto a riprendere i suoi soliti modi sprezzanti, ma la sua riposta non poté fare a meno di regalarmi un picco massimo di felicità.
-Perché una volta hai detto che era il tuo fiore preferito, e allora quando l'ho visto in quella serra, in Italia, ho fatto di tutto per averla.
La dimostrazione d'affetto nascosta in quelle parole riuscì a smuovermi dal mio torpore, così mi spostai di lato e lasciai che si accomodasse accanto a me.
Poggiò la testa nell'incavo del mio collo, com'era solita fare quando, lontana dagli occhi indiscreti della gente, lasciava cadere la maschera che indossava per mostrare semplicemente se stessa e le sue debolezze.
Sapevo che era lì per dirmi qualcosa, ma aspettai in silenzio che si sentisse pronta per parlare, senza forzarla con domande superflue e supposizioni stupide che l'avrebbero fatta chiudere a riccio.
Restai a guardare di nascosto il suo profilo, delicato come quello della mia orchidea, morbido come i suoi petali e dolce come il suo profumo.
I suoi capelli biondi, lunghi e luminosi, le cadevano sulle spalle come un imponente ventaglio, e com'ero solito fare quando potevo essere semplicemente Draco, cominciai a carezzarglieli, infondendo a lei tranquillità e a me benessere. Stupidamente cominciai a pensare alle lettere dell'alfabeto, forse perché i suoi capelli, sciolti tra le mie dita, disegnavano una S sulla sua schiena. S come semplicità.
-È stato deciso. È arrivata la lettera.
Ecco cosa turbava Daphne.
La data del suo matrimonio era stata fissata.
Se io ero sempre stato soprannominato Principe delle Serpi, lei era sempre stata la Regina dei ghiacci, fredda e insondabile con tutti. Nemmeno sua sorella Astoria conosceva la vera Daphne, quella che per la maggior parte del tempo rimaneva nascosta nei meandri della sua immagine riflessa allo specchio.
I suoi genitori poi, come i miei, vedevano in lei solo una rampolla da sistemare con un buon partito che avrebbe portato alto l'onore della famiglia.
E lei, algida e glaciale regina quale dimostrava di essere, eseguiva alla perfezione i suoi obblighi e i suoi doveri, mantenendo costantemente un comportamento degno del titolo che lei stessa si era affibbiata.
Ma io lo sapevo bene che in quel ruolo ci stava stretta e che nel profondo del suo cuore soffriva come chiunque altro avrebbe fatto.
-Quando?
-Un mese dopo la fine della scuola.
Il silenzio che cadde nella stanza fu pesante come piombo.
Il mio matrimonio combinato con Pansy era stato progettato quando ancora avevamo cinque anni. Ma dopo la fine della guerra mi ero opposto fermamente alle decisione dei miei genitori, facendo annullare quelle nozze che non volevo.
Non ero tanto ingenuo da credere nell'amore e in tutte quelle sciocchezze da babbanofili, ma non volevo nemmeno privarmi dell'opportunità di conoscere il mondo.
Non volevo privarmi della mia libertà.
-Posso fare qualcosa?
Come se l'avessi punta con uno spillo, si alzò di scatto e mi fissò con un'espressione metà ironica, metà stupefatta.
-Come, scusa? Stai forse proponendoti come Salvatore del mondo di Daphne? Vuoi fare concorrenza a Potter?
Sbruffai e scossi la testa prima di risponderle.
-Riformulo la domanda: posso fare qualcosa, adesso, per risollevarti il morale?
Si riaccoccolò tra le mie braccia, poi scoppiò in una risata senza divertimento mentre io ricominciai ad accarezzarle i capelli.
-Potresti bruciare i letti a baldacchino.
Non mi sconvolsi più di tanto per quella sua uscita, ma la curiosità mi spinse a domandarle il motivo.
-E come mai?
-Mia madre ha già arredato la mia futura casa ma si è presa la briga di chiedermi di che colore voglio le tende del mio letto a baldacchino. Come se me ne fregasse qualcosa del colore delle tende. Come se io volessi questo dannato letto a baldacchino. Non basta il fatto che ho dovuto passare un anno in più ad Hogwarts in un letto a baldacchino? Anche da sposata dovrò dormire in un letto a baldacchino?
Sapevo perfettamente che quello era uno sfogo di un'adolescente costretta a crescere troppo in fretta. Sapevo perfettamente che il problema non era affatto il letto a baldacchino ma tutte le cause che avevano portato a quella conseguenza. E sapevo perfettamente che non c'era alcuna possibilità di evitarle quel destino indesiderato, perché quello era il nostro mondo, e non potevamo sottrarci alle regole che esso imponeva.
Ma sapevo anche come farla calmare in quel momento. Sapevo come farle tirare un sospiro di sollievo. Sapevo come teletrasportarla in un altro universo, almeno per un po'.
-È un peccato che tu odi questi letti, Daphne. Io credo che invece siano la cosa più meravigliosa di questa scuola.
I suoi capelli, delicati come corde di violino, coprivano la mia mano che ancora li accarezzava lasciando scoperte solo le punte di tre dita. Se fosse stato un gioco, avrei pensato ad una E. E come ecstasy, perché l'assenza di una sua risposta mi fece intuire che non solo aveva già capito dove volevo andare a parare, ma anche e soprattutto che ne era contenta.
Si, avevamo un modo tutto nostro di esprimere la felicità.
Niente quando, cosa, come o perché superflui. Perché il sesso è sempre la risposta, non è mai una domanda. Il sesso è estasi perenne.
Con un unico movimento presi la bacchetta dal comodino affianco e mi sistemai su di lei senza pesarle troppo addosso.
-Se me lo permette, madame, le mostro i pregi del letto a baldacchino che lei tanto disprezza.
E con un incantesimo non verbale feci calare le tende, per nasconderci ancora più profondamente agli occhi del mondo.
Tra me e Daphne non c'erano segreti, e non c'erano nemmeno inibizioni. Avevamo avuto la nostra prima volta insieme, desiderosi di varcare un'altra soglia del proibito, e più di una volta ci eravamo aiutati a combattere la solitudine.
Quello era uno di quei momenti in cui Daphne aveva bisogno di me, della mia presenza, della sicurezza che solo io sapevo darle. E non mi feci pregare.
La spogliai con dolcezza, come le era sempre piaciuto, e lasciai che lei spogliasse me, come adorava fare.
Vezzeggiai il suo corpo e lodai la sua vanità, la carezzai con languidi baci e mi inebriai del profumo della sua pelle.
Non esitai a darle ciò che più desiderava, e i suoi ansiti si mischiarono ai miei riempendo di piacere la bolla in cui c'eravamo rinchiusi.
Il buio impenetrabile che premeva sui miei occhi chiusi mi dava l'opportunità di concentrarmi sugli altri sensi per scoprire le bellezze di quel momento. Ma nei ricordi rivedevo il suo corpo nudo sotto di me, bello come solo quello di una dea poteva essere, e se me lo avessero chiesto avrei potuto disegnare una cartina geografica dei suoi nei.
Io e Daphne non ci eravamo mai persi in sentimentalismi, eravamo perfettamente consci del fatto che l'amore non era cosa per noi, o forse eravamo noi a non essere tagliati per l'amore, non come quegli sciocchi Grifondoro che avevano persino combattuto la guerra in nome dell'amore.
Ma se i miei genitori avessero stretto un accordo con i Greengrass piuttosto che con i Parkinson, probabilmente non mi sarei tirato indietro.
E poi, insieme al piacere che invase ogni centimetro della mia pelle, un'idea folle mi balenò in mente, lasciandomi così esterrefatto da farmi perdere il contatto con la realtà.
Fu il suo respiro caldo sul mio collo a farmi ritornare con i piedi per terra, e senza aprire le tende di quel letto che per l'ennesima volta aveva accolto i nostri sospiri, le lanciai la speranza di essere felice. Veramente.
-Sposami.
Trattenne il respiro ed io seguii il suo esempio.
Potevo vedere, come se avessi avuto una sfera di cristallo collegata direttamente con la sua testa, i pensieri che le vorticavano nel cervello: la fuga, il rifiuto dei suoi genitori, la rabbia della famiglia promessa, l'annullamento del contratto.
-Ne sei sicuro? Non potresti più tornare indietro.
-Sei l'unica persona che conosce il vero me. L'unica persona che ha sempre accettato ogni cosa di me. L'unica persona che rende il sesso qualcosa di sublime. E in più i miei sarebbero soddisfatti della mia scelta. I tuoi, alla fine, cederebbero all'importanza del nome dei Malfoy. E tu saresti libera di arredare a tuo piacimento il Manor in cui andremo a vivere.
Riuscii quasi a sentire i meccanismi del suo cervello a lavoro, poi fui sorpreso anch'io dalla risata che la scosse tutta, causando al suo corpo degli spasmi che subito si trasmisero al mio.
-Non è la dichiarazione che mi avrebbe fatto Potter, ma sono le parole più belle che mi siano mai state dette.
-Quelle relative all'arredamento?
-No, quelle relative al sesso sublime.
E senza aspettare ancora, riprendemmo quella danza primordiale e celestiale che ci rendeva una cosa sola.
Con le gambe e le braccia intrecciate, l'ultima lettera che mi venne in mente fu la X. Ma la X è solo per marcare il territorio.
Forse amare significava anche quello.

*


Tre mesi dopo.

-Penso che questo sia il colore più bello.
-Io credo, invece, che il rosa antico sarebbe stato più adatto.
Seduto sul divanetto nel soggiorno di Malfoy Manor, con la mano intrecciata a quella della mia futura moglie, sbruffai contrariato.
Gli sguardi delle tre donne si fissarono su di me.
-Si, Draco?!
-Madre, Signora Greengrass, siamo qui solo per definire la lista degli invitati al ricevimento. Daphne ha già finito di arredare casa già il mese scorso, perciò trovo inutile continuare a discutere dei colori che voi avreste preferito.
Lo sguardo della mia fidanzata, al mio fianco, si illuminò di gioia, come ogni volta che prendevo le sue difese e la trattavo da Signora Malfoy quale presto sarebbe diventata a tutti gli effetti, e io sorrisi compiaciuto.
-Va bene, Draco. Ma quella rosa nera deve per forza stare accanto al letto?
Daphne prese la parola prima che potessi anche solo pensare di non rispondere alla mia futura suocera.
-Madre, è un orchidea, non una rosa. L'ho portata a Draco dal nostro viaggio in Italia, non ricordi?
-Si che lo ricordo, e ricordo anche che l'ho sempre trovato un regalo di dubbio gusto.
-Perché non ne conosci il significato.
Non riuscii a trattenermi dal ridere, pensando che neanche Daphne lo conosceva, perché non avevo mai rivelato neanche a lei che quello era il mio fiore preferito perché mi faceva pensare a lei.
Delicato come i suoi lineamenti, dolce come il profumo della sua pelle, e nera come il colore della sua anima agli occhi della gente. Perché dell'orchidea nera, come di Daphne, non bisognava fermarsi all'apparenza.
-Draco, cos'hai da ridere?
-Niente.
-Niente?!
-Bè si, stavo solo pensando al letto al baldacchino.
-E perché mai?
-È l'unica parte d'arredamento che abbiamo scelto insieme.
E allora anche lei si unì alla mia risata, complice come era sempre stata, per ciò che ci aveva unito e che aveva deciso per il nostro futuro insieme.




   
 
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