Traccia
10 – di Shark Attack
Titolo:
“Anguria”
Personaggi: Karin e
Suigetsu
Pair: SuiKa
Contesto:
Naruto Shippuden
Specifiche sulla
trama: Durante uno dei tanti viaggi al seguito di Sasuke, i
protagonisti scopriranno che il loro rapporto non è solo di compagni
di Team, grazie anche ad un pericolo imminente, che può essere un
loro attacco a qualcosa (villaggio, convoglio o ninja di passaggio) o
un problema fisico di uno dei due, come una ferita... Lo stile deve
essere fluff e il punto forte della fic sarà sicuramente l'IC dei
personaggi e la plausibilità delle situazioni.
Introduzione
(o almeno, ciò che mi ha fornito l'ispirazione per la trama): Polpa
rossa e succosa, composta al 90% di acqua... non vi ricorda nessuno?
E se vi dicessi che "anguria", in giapponese, si dice
"suika"...? ;)
Titolo: (come da traccia
n°10)
Genere: Fluff, Slice of life
Pairing: (come da traccia
n°10)
Rating: verde (Karin dice qualche parolaccia generica, ma
nulla di eclatante)
Note: l'ho finita il giorno stesso della
scadenza, è frettolosa e sembra il rifacimento imbecille del
film La foresta dei pugnali volanti.
Suigetsu
che ha difficoltà a combattere tra le canne di bambù è di
ispirazione Berserkiana (Serpico costringe Gatsu a sfidarlo tra le
colonne, così che abbia i movimenti impediti dalle dimensioni
dell'Ammazzadraghi): era doveroso dirlo, anche se non c'entra poi
molto. E basta, niente da segnalare, a parte il fatto non mi convince
per nulla. Ma considerato che fino a ieri stavo languendo su di
un'altra traccia, sono contenta di essere riuscita a finire almeno
questa.
In fondo ci sono le note al testo: probabilmente
sono superflue, ma ho preferito metterle comunque, per
completezza.
Anguria
Ci
sono tre modi per dare veramente sui nervi a Sasuke: parlare ad alta
voce, disturbarlo mentre elucubra e contraddirlo.
L'ultima
pare essere l'abilità innata di Karin.
«Perché
siamo passati di qui?» domanda, lamentosa.
«Perché
Sasuke ha deciso così» replica Suigetsu facendole il verso, ma
senza troppa energia. La segue di pochi passi, fiacco.
Sono
ore che camminano: da quando uno stormo di passeri ha comunicato a
Juugo di aver avvistato movimenti di Akatsuki nei pressi di Ame1,
Sasuke è partito e non si è fermato più. Hanno anche saltato il
pranzo, perché lui a quanto pare non ha necessità fisiologiche, e
ovviamente tutti si devono adeguare. In effetti, a pensarci, Suigetsu
è quasi sicuro di non averlo mai visto andare al bagno.
«Questo
posto è del tutto inutile! E poi vi ricordo che siamo al verde. Se
proprio dovevamo perder tempo, avremmo potuto derubare quei mercanti
di passaggio. O vendere Suigetsu» lagna Karin, sotto il cappuccio
abbassato. Suigetsu glielo cala tutto sugli occhi, facendola mugolare
di disappunto.
«Vendere
chi, Racchia?!» rimbrotta superandola, la spada pesante che dondola
sulla schiena. «Pensa te... che razza di discorsi. Sei veramente
stupida come una gallina!»
Lei
abbaia una rispostaccia, cui lui ribatte con prontezza.
Un
sospiro quasi impercettibile di Juugo, che procede dietro il gruppo,
a passo calmo – una sua falcata equivale a due delle loro, quindi
può prendersela comoda – li avverte che stanno passando il segno.
Juugo
è l'indicatore di nevrosi: quando si muove per cercare di placare la
situazione, lo fa perché ha percepito che a breve Sasuke potrebbe
sedarla a modo suo. E finirebbe in tragedia, perché va bene che gli
sono utili, ma di ninja abili nel mondo ce n'è a bizzeffe la maggior
parte di loro è certamente meno rumorosa di Suigetsu e Karin. Lei,
comunque, è troppo presa dalla discussione per poter davvero
prestare attenzione al compagno.
«Limonata,
Suigetsu. Ti vendiamo come limonata, cosa avevi capito? Nessuna donna
accetterebbe mai di venire a letto con te, neanche gratis!»
risponde, acida. Si sistema il cappuccio e raggiunge lo spadaccino,
calpestando il suolo come se le avesse fatto un torto personale.
«Magari si scopre che sei dissetante e troviamo il perché della tua
superflua esistenza di essere amorfo. E comunque,nessuno ti ha
interpellato: io parlavo con Sasuke!»
«Che
non ti sta filando di striscio» replica lui; e gongola,
perfettamente consapevole di star infilando il dito in una piaga
aperta.E infatti la reazione di lei, come da copione, è un calcio
rotante che lo spalma contro un albero, schizzando l'erba, Juugo e la
schiena di Sasuke. Che si gira. Si gira e li squadra da capo a piedi
per due interi, lunghissimi secondi.
«Karin,
Suigetsu, lo dirò solo una volta:» sibila, gli occhi rossi che
stonano decisamente sulla faccia impassibile, «tacete».
Juugo
pare inquietarsi come se il rimprovero fosse stato diretto a lui; si
stringe nella tenda e supera i due compagni, avvicinandosi a Sasuke
in silenzio. Lui pare apprezzare l'obbedienza, anche se ricevuta da
qualcuno che non c'entrava, e decide di riporre lo sharingan e
voltarsi con un fruscio del mantello, per riprendere il cammino.
Karin
resta un istante ad osservare la schiena di lui con espressione
corrucciata, dimenticando anche di raddrizzarsi gli occhiali sul
naso. Quando si decide e solleva le dita, si ritrova davanti la
faccia di Suigetsu – perfettamente ricomposto – che ghigna,
studiandola da sotto in su.
«Non
fare il muso, Racchia. Diventi ancora più brutta» le dice, con un
sorriso sornione spiaccicato in faccia.
Prima
che lei ribatta con un insulto, o ricorra nuovamente alla violenza,
si è già sistemato la spada sulla schiena, con amorevole cura.
Procede di due passi prima di voltarsi, una curiosa espressione
pensierosa in viso e le braccia incrociate dietro la nuca.
«Sei
un'illusa» fa, fermandosi lungo la strada e spostando la polvere con
la suola del sandalo, quasi distratto. «Sasuke ha in testa un sacco
di cose, e di certo tu non rientri tra queste. O almeno non nel modo
che vorresti tu».
Karin
sgrana gli occhi per una frazione di secondo, ma lui non ci fa caso e
palesa il suo disinteresse tenendo il naso all'aria, a scrutare le
nubi grigie che si accavallano ad est.
Dei
passi e la nuvola di polvere che si solleva sulla strada terrosa
avvertono che Karin l'ha raggiunto e superato.
«Muoviti,
Coso. Resti indietro» sputa la kunoichi, ostile, prima di riprendere
a camminare senza aspettarlo, evidentemente ansiosa di riunirsi a
Sasuke e Juugo, che ormai li hanno distanziati di metri.
Suigetsu
la segue per un istante con lo sguardo, poi solleva gli occhi al
cielo.
«Ma
quando si fa, una sosta?» piagnucola, ad alta voce.
La
risposta è un gestaccio di Karin.
A
Kusa2
c'è erba dappertutto. Il sentiero in terra battuta che hanno seguito
per raggiungere il confine sembra essere stato l'unico tratto privo
di flora, e basta. Da lì in poi, tutto è vegetazione.
La
foresta di canne giganti in cui si sono inoltrati ore fa è
fastidiosamente fitta, e il sole filtra a lame, creando un intrico di
chiazze sul terreno, tra ombre e luci, immerse in un verde così
verde da dar fastidio alla vista.
E
a Suigetsu non piace. Per nulla.
«Ma
come fanno, con tutti questi dannati alberi e questi dannati arbusti
e questi...»
«Non è
poi così diverso da Konoha» taglia corto Sasuke, senza neanche
voltarsi.
«Ho
sentito che anche il paese del Fuoco è pieni di alberi enormi»
interviene Juugo, illogicamente partecipe.
«Sentito?»
replica Sasuke, leggermente perplesso.
«Gli
uccelli» è la spiegazione.
Suigetsu
segue quella specie di dialogo tra disadattati, monosillabico e
inconsistente, e decide che cercare di far notare loro quanto siano
usciti fuori tema, rispetto alla sua giustificatissima lamentela,
sarebbe assimilabile all'autolesionismo. E tra loro l'autolesionista
è Sasuke, non lui. Insomma, uno che se ne va spontaneamente da
Orochimaru per avere il potere e poi per raggiungere i suoi scopi si
tira dietro quella piaga di Karin e quel matto di Juugo, deve per
forza avere tendenze masochiste.
Non
che a lui interessi: per quel che lo riguarda, è felice di aver
lasciato la boccia in cui era rinchiuso e di poter scorrazzare in
giro in cerca di spade, e tanto basta.
Si
lascia sfuggire uno sbadiglio, assonnato e stanco.
«Siamo
in un genjutsu? Sembra di girare in tondo...» brontola, grattandosi
la nuca. Non termina la frase che finisce addosso a Karin.
Lei
si è fermata di colpo a pochi passi da una canna, come in ascolto.
«Sasuke»
chiama, ignorando le accuse di Suigetsu riguardo il fermarsi in mezzo
alla strada senza avvertire. L'Uchiha si volta, concedendole il lusso
di un frammento di profilo, sotto le ciocche scure.
«Quanti
sono?» chiede, direttamente.
«Otto.
Non sembrano particolarmente pericolosi, ma...»
Poi
l'aria esplode.
Suigetsu
finisce schiantato contro le canne e piove direttamente sul
pavimento, in maniera piuttosto coreografica. Ma da quel punto in
poi, molto impegnato a ricomporre il suo corpo, finisce per perdere
di vista tutto il resto, ed è solo quando riesce a riacquistare una
forma soddisfacente, tossendo fogliame, che distingue la figura di
Sasuke dar battaglia contro qualcosa che decisamente non è una canna
di bambù, anche se quelle coprono quasi del tutto la visuale.
Altri
ninja – sì, sono ninja - si avventano contro di lui; sono due e
indossano cappelli di paglia a tesa larga3
che poco c'azzeccano con l'ambiente circostante. Spiccare le loro
teste sarà un divertimento.
Un'altra
carta bomba salta poco distante, lanciando schegge in ogni direzione,
ed è di Juugo il ringhio che attraversa l'aria, dopo il boato. Le
urla terrorizzate invece sono dei ninja nemici, come ovvio.
Suigetsu
torna a concentrarsi sugli avversari che ha davanti: o sono sottili
come canne di bambù o sanno mimetizzarsi a dovere. Forse entrambe.
Non
che sia importante, certo. Non se la tua arma è alta quanto te,
almeno.
«Ah,
cavolo» impreca subito dopo, quando si rende conto che, lungi
dall'aiutare, avere una spada così grande costringe a potare piante
ad ogni fendente menato, rallentando di netto la velocità e
compromettendo la potenza del colpo. Sono sei bambù decapitati ad
ogni movimento, e il nemico sfugge, saltando qua e là.
«Lasciala,
ti è d'impiccio» lo rimprovera Sasuke, che invece non pare avere
troppi problemi ad infilare la Kusanagi esattamente dove vuole. Due
dei ninja giacciono rantolanti tra le canne, poco più in là.
Suigetsu lancia un'occhiata in quella direzione, imbronciandosi.
«E
certo! Non è giusto!» lagna, evitando un kunai. «Tu hai la
falciatrice4,
questo è proprio l'ambiente adatto! »
Sasuke
non replica nulla e stende un altro nemico col piatto della lama.
Quando la smetterà, con tutto quell'illogico buonismo?
Suigetsu
decide che non è un buon momento per intavolare una discussione in
merito e si lancia di nuovo all'attacco.
«Ma
chi cavolo sono, questi deficienti?» brontola, mentre, ostinato,
pota con violenza altre piante, creando una sorta di effetto domino;
i rami crollano in schegge e polvere, con schiocchi sonori.
«Devono
essere cacciatori di taglie. O forse stanno solo difendendo il
confine» ipotizza Sasuke, neutro, e trafigge l'ultimo ninja. «Erano
otto... ne manca uno, se Juugo ha fatto quel che doveva».
«Karin,
quanti ne mancano?» domanda Suigetsu a voce alta, impegnato a
rimuovere fogliame dalla sua Mannaia.
Silenzio,
a parte un ruggito lontano.
«Juugo
è fuori controllo» conferma Sasuke, vagamente irritato; rinfodera
la Kusanagi e rassetta le maniche del kimono. «Vado a riprenderlo,
tu cerca Karin. Se non ci incrociamo prima, ci troviamo al ponte
Tenchi5.
Stando alle carte, dovrebbe essere a poche ore di cammino da qui».
Suigetsu
gli rivolge uno sguardo dubbioso, ma prima che abbia il tempo di
ricordargli varie cose fondamentali – un ninja nemico mancante, per
dirne una, o il fatto che a Kusa lui non c'è mai stato e questo
ponte potrebbe essere tanto a est quanto ad ovest o in qualsiasi
altro punto cardinale – Sasuke si è già inoltrato tra le canne,
saltando i mucchi di bambù atterrati nella battaglia, lanciato
all'inseguimento di quello svitato di Juugo.
Non
vede nulla.
La
carta bomba è esplosa vicino a Suigetsu e lui ha inconsapevolmente
parato il colpo, ma ciò non è bastato a evitare che lo spostamento
d'aria creato dall'esplosione la scaraventasse lontano dagli altri. E
il problema non è certo quello – può ritrovarli quando vuole,
sente perfettamente il loro chakra, specialmente quello di Juugo,
sicuramente preda del segno maledetto – quanto piuttosto il fatto
che, nel volo, ha perso gli occhiali.
I
suoi occhiali. Finiti, perduti.
Non
li ha quelli di riserva e, a pensarci ora, dovrebbe essere scontato,
per una kunoichi con quasi sette diottrie mancanti, avere degli
occhiali di riserva, in caso quelli che porta si rompano negli
scontri.
«Merda!
Stupidi, stupidi bambù!» ulula, quando finisce di nuovo per
colpirne uno con la spalla.
Sembrano
lontani ma sono vicini, sembrano vicini e invece sono lontani. Verdi,
verdissimi, si moltiplicano davanti ai suoi occhi, tra le macchie di
luce e ombra, e vanno fuori fuoco, in una massa scomposta. Avanzare è
impossibile, tornare indietro anche: non ha idea di quale sia, il
dietro. È persa. Persa nel verde sfocato, come immersa nella melma
fin sopra la testa.
«Sono
nella merda» conclude infatti subito dopo, seguendo quella linea di
pensieri. E il peggio è che sente il chakra di Sasuke lontanissimo,
vicino a quello di Juugo. Probabilmente si è lanciato al suo
inseguimento, per cercare di riportarlo alla ragione. Sospira,
premendosi i palmi sugli occhi e scivolando seduta a terra. Si alza
subito dopo, non appena realizza di essersi accomodata su di un
gigantesco germoglio di quell'odiosa pianta che è il bambù. Non è
che abbia particolari aspettative per il futuro, ma il primo che in
vita le proporrà di festeggiare il Tanabata Matsuri6,
si ritroverà spalmato contro la parete e dovranno grattarlo via con
una spatola.
Emette
uno sbuffo acuto, d'impotenza: è bloccata.
Senza
occhiali è perfettamente inutile, come se non fosse già sufficiente
sentirsi ripetere da Suigetsu quanto lei sia meno utile a Sasuke di
qualsiasi altro di loro, persino degli uccellini di Juugo. Stupido
pesce, capace solo a menar di spada; un potere come il suo, invece,
non ce l'ha nessuno. È lei, quella utile: di spadaccini se ne
trovano a centinaia; di persone con le sue capacità, una su un
milione.
Forse
perché sta pensando a lui, ma quando il chakra di Suigetsu si fa
molto più distinto, vicino, quasi non se ne accorge. Salta in piedi
subito dopo e si volta, finendo con la faccia contro una canna.
«Ah,
pianta di merda! Ma io ti estirpo!»
«Oh,
odo dei toni soavi?» la raggiunge la voce divertita di Suigetsu.
Proviene dalla sua sinistra, ed è ancora abbastanza lontana.
Oltretutto, non riesce a intravedere la sagoma del compagno neanche
sforzando gli occhi. Solo dannatissimo verde brillante. Kusa, che
posto orribile.
«Ehi,
mi hai sentito, Racchia? Vieni, forza. Sasuke mi ha detto di venire a
ripescarti» e l'ultima frase sottintende chiaramente un poco gentile
«fosse per me, ti avrei lasciata a marcire col bambù».
«Fanculo,
potevo tornare tranquillamente da sola, Sogliola! Non ho certo
bisogno d-» è costretta a interrompersi, perché nella foga è
inciampata su uno di quegli infidi germogli giganti. Si lascia
sfuggire un rantolo di stizza quasi isterica, mentre, bocconi sul
terreno, prova a rialzarsi senza cozzare con la testa contro quella
macchia verde sottile che le sta davanti, anche se non è sicura di
aver valutato correttamente la distanza, e magari si sta preoccupando
per un bambù lontano dieci metri.
«Ehi,
che combini?»
Suigetsu
l'ha raggiunta in fretta, e si è accovacciato proprio davanti alla
sua faccia; la spada riposta dietro la schiena è tanto lunga che ha
lasciato un solco nel terreno.
«Sono
inciampata, Coso. Non ci vedi?» ribatte Karin, velenosa. Si tira in
piedi a fatica e, una volta in posizione eretta, porta
automaticamente due dita a sistemare gli occhiali, rischiando così
di accecarsi del tutto. È in quel momento che Suigetsu scoppia in
una risata, l'indice puntato contro la faccia della compagna.
«Non
hai gli occhiali!» esclama, studiandola in volto con sincero
divertimento. Sghignazza, le mani a tenersi la pancia. «Che scema...
li hai persi?» chiede poi, spiandosi attorno.
Karin
tenta di colpirlo con un diretto: va a vuoto e Suigetsu ne approfitta
per ridere un altro po'.
«Coraggio,
muoviamoci, prima che Sasuke perda le staffe perché gli stiamo
facendo sprecare minuti preziosi» si risolve infine, lo sguardo
puntato nell'intrico di canne. Accenna qualche passo e ha già
percorso quasi tre metri prima che si accorga di Karin, ancora
impalata lì dove l'ha lasciata.
«Beh,
hai deciso di diventare una canna, Racchia?» chiama, perplesso,
sollevando un sopracciglio. Lei non si muove, lo sguardo ostile
puntato alla sua destra e le labbra strette.
«Nocvedo»
proferisce, a voce bassa.
«Eh?
Hai battuto la testa?» blatera Suigetsu strabuzzando gli occhi,
senza neppure prendersi la briga di avvicinarsi. Karin ringhia al
cielo, rossa in viso persino più di quando si trova a contatto
ravvicinato con Sasuke. «Non ci vedo, okay? Senza occhiali non ci
vedo» rantola, acuta, senza guardarlo negli occhi. Sempre che sappia
dove siano, i suoi occhi.
«Oh»
incassa lui, sorpreso. «Giusto. Sei proprio una palla al piede, eh?»
brontola, con un sospiro paziente. Karin, rimasta a fissare il
pavimento verde – tra le canne verdi di quella foresta verde... che
colore orribile! - è quasi tentata di reagire con un calcio, quando
sente qualcosa di freddo afferrarle il polso.
«Oh,
ehi! Che accidenti fai, Racchia psicotica?!» strepita Suigetsu,
evitando il colpo con uno scatto di lato; ma non le lascia il polso,
e la tira con sé.
«Che
cavolo fai tu,
Mollusco! Lasciami!»
«Come
sarebbe?» ribatte l'altro, piccato. «Ti devo trascinare per i
piedi? Segui me» conclude, annoiato, senza allentare la presa. Karin
incespica, divincolandosi, ma lui procede spedito, deciso come di
rado l'ha visto, considerato che solitamente è buono solo a
lamentarsi.
In
tutto quel dannato verde, Suigetsu è una macchia di azzurro pallido
e la lama luccicante della Mannaia sulla schiena fa da segnale
indicatore; non serve neanche strizzare le palpebre: quei colori
chiari sono quasi riposanti, rispetto alla vegetazione
lussureggiante.
E
senza che lei stessa ci faccia caso, da incerto e dubbioso, anche il
suo passo si fa più sicuro.
Non
li sente più, devono essere usciti dal raggio d'azione.
Sasuke
e Juugo devono aver già raggiunto il posto, quel ponte Tenchi.
«Ecco,
è da questa parte...» brontola Suigetsu, chino sulla carta.
Stenderla tutta, tra i bambù, è impossibile. Così ne ha srotolata
solo una parte. E c'è salito coi piedi sopra.
«Ne
sei sicuro, Acciuga? Guarda che se la leggi al contrario non li
becchiamo più» commenta lei, acida. Non ha neanche fatto la fatica
di chinarsi, tanto non vedrebbe nulla più che le macchie colorate
dei Paesi e scarabocchi a segnare nomi e Villaggi.
Lui
la liquida con un borbottio seccato ed un mezzo insulto, distratto.
Ci
metteranno ore, di questo passo. E Karin non vuole neanche immaginare
la faccia di Sasuke, quando li vedrà comparire dopo avergli fatto
perdere così tanto tempo per via di una banalissima imboscata.
Sospira,
le braccia incrociate, e batte il piede per terra, nervosa. Sta per
voltarsi nuovamente verso l'azzurro pallido della testa di Suigetsu
che, chino sulla carta, segue il percorso col dito, lamentandosi tra
sé, quando è invece costretta a girarsi di scatto verso sinistra.
«Merda»
impreca, in un sibilo.
Suigestu
solleva la testa e le rivolge un'occhiata dubbiosa.
Intuendo
il movimento, Karin accenna un gesto frettoloso con la mano.
«Metti
via, stanno arrivando» spiega, lo sguardo irresistibilmente attratto
nella direzione da cui percepisce provenire un consistente ammasso di
chakra. «Dovevano davvero essere ninja di guardia... stavano
difendendo i confini».
«Ah,
l'amichetto che abbiamo lasciato andare è corso a chiamare la
mamma?» sghignazza lo spadaccino, rilassato, mentre arrotola la
carta e la porge alla compagna. Resta per un attimo con il rotolo in
mano, prima di fermarsi a considerare che se non le prende le dita e
le guida direttamente sull'oggetto, lei probabilmente non riuscirà a
ad afferrarlo.
«Guarda
che non sono così
cieca. Lo vedo, un rotolo nero a un metro dalla faccia» lo
redarguisce lei, seccata, quando ha richiuso il portaoggetti.
«Arrivano, dobbiamo muoverci» conclude, accennando un passo.
Suigetsu emette un verso incredulo.
«Come,
ce la battiamo? Guarda che io posso farli a pezzi senza problemi.
Tutti quanti» si pavoneggia, il pollice al petto.
Karin
emette una risata crudele.
«Sì,
come no! Finiresti solo per disboscare la foresta, con quel blocco di
ferro che ti tiri dietro! E mi toccherebbe salvarti la pelle»
aggiunge, mostrandosi quasi disgustata a quel pensiero. Suigetsu fa
per replicare, ma un kunai sibila ad un centimetro dal suo orecchio
destro, piantandosi nel bambù con uno schiocco.
«Sono
veloci, questi bastardi» commenta Karin, non senza un accenno di
nervosismo, prima di tornare perfettamente operativa ed efficiente.
«Sono diciassett... no, diciotto. Da est»
Suigetsu
stavolta annuisce.
«Okay,
ammetto che una ventina di avversari potrebbe in effetti
rappresentare un impedimento» sbuffa, brandendo la spada. Karin
strabuzza gli occhi, a quel gesto.
«Che
fai, dici una cosa e fai il contrario? Sei completamente deficien...»
«Ma
non la prendi mai aria, Racchia? E ricorda di reggerti da sola. Devo
tenere la spada, tu mi sei d'impiccio» conclude, caricandosela in
spalla come un sacco di patate, senza darle il tempo di fare altro
che cacciare un urlo, quando il terreno le sparisce da sotto i piedi.
L'istante successivo si ritrova i capelli davanti alla faccia,
spettinati e scomposti, e la spalla del compagno nello stomaco.
«Razza
di Trota mentecatt-» sputa un paio di ciocche, bloccandosi: Suigetsu
è già partito a passo di corsa, e il vento le fischia nelle
orecchie, mentre passano veloci tra le canne.
«Cavolo,
Karin, dimagrisci! Sei pesante da morire!»
«Vaffanculo,
Suigetsu!»
E
no, di essere grassa, da un imbecille di consistenza liquida che ogni
giorno si porta dietro un blocco di ferro di due quintali, non se lo
fa dire.
«Ne
arrivano altri!» avverte, abbarbicata sul compagno, riponendo per un
attimo il bisogno impellente di protestare prendendolo a pugni.
«Piantala
di agitarti, se cadi poi non prendertela con me!» lagna quello,
continuando ad avanzare a balzi decisi.
Corre
a perdifiato per minuti interi, evitando le piante con agilità.
«Ehi,
siamo fuori!» ulula infine, vittorioso, scorgendo la luce oltre le
canne.
Pochi
attimi dopo sono fuori dalla foresta, i bambù giganti si diradano e
lasciano spazio a un'ampia radura d'erba alta. Torna il cielo, sopra
il verde, e la luce del sole, che viene tutta da ovest.
Suigetsu
atterra con un frusciare di foglie, e Karin si lascia sfuggire un
gemito per via del contraccolpo. Quell'imbecille col cervello
annacquato non ha un minimo di tatto.
«Quando
dicevi “ne arrivano altri”, intendevi quelli?» fa l'imbecille,
ammiccando davanti a loro.
Karin
evita persino di ricordagli che comunquenon distinguerebbe che una
macchia confusa, ma tanto sa già quanti sono.
Sono
almeno venti, e ce l'hanno con loro.
«Ma
si può sapere che gli abbiamo fatto, a questi?» si lascia sfuggire,
tra i denti.
«Beh,
io sono sull'elenco dei ricercati. E anche Sasuke, sai?» commenta
l'altro, retorico. Ha già il fiato corto, e da dietro gli altri
ninja di Kusa guadagnano terreno, veloci.
Sono
allo scoperto, nel mezzo di una stupida radura in cui è impossibile
rifugiarsi, contro una trentina di avversari.
«E
va bene...» sospira Suigetsu, con finta esasperazione. Non è
seccato, tutt'altro: quasi felice di trovarsi in quella situazione,
come non avesse desiderato altro per tutta la vita.
«Mettiti
comoda, Racchia: sfondiamo. E così lo vedremo, se avrai ancora il
coraggio di dire che questo è un inutile blocco di metallo» ghigna,
i denti affilati ben scoperti e l'espressione di un bambino cui sia
stata appena offerta la possibilità di passare la giornata in un
chiosco di dolciumi. Famelica,
quasi.
Karin
si corruccia ma gli dà retta, prendendo finalmente una più consona
posizione sulla sua schiena, con la rancorosa consapevolezza che non
ci sia altra soluzione, se non vuole davvero essere di peso.
È
ridicola quella situazione: poter percepire distintamente i nemici,
ma rischiare di inciampare in una buca o in un sasso se non sta
incollata alle spalle di quell'individuo odioso.
«Si
va!» esclama Suigetsu di colpo, felice come raramente l'ha sentito.
Scatta in avanti, incontro agli avversari, roteando la spada con
evidente fatica, ma anche palese soddisfazione.
Al
primo impatto della lama, Karin si stringe dietro la schiena del
compagno, serrando le palpebre d'istinto.
Quei
bastardi lanciano strani kunai, stretti e sottili, così rapidi che
anche con gli occhi perfettamente funzionanti sarebbe seriamente
complicato evitarli per tempo. Suigetsu risolve parando con la spada,
ma costa una miriade di movimenti in più, e con un carico sulla
schiena – non che lei sia grassa, è chiaro. È solo una questione
oggettiva – lo spadaccino è in difficoltà. Respinge un idiota che
ha tentato un attacco diretto e lo sbalza contro i suoi stessi
compagni, neutralizzandone altri due.
In
tutta quella confusione, tra macchie di colore e ombre che arrivano
da ogni lato, Karin decide di rendersi utile lanciando kunai un po'
dove capita, la mira compromessa non tanto dalle diottrie mancanti –
anche se ha difficoltà a colpire i punti vitali con precisione, il
suo potere le consente comunque di individuare quelle masse di chakra
che sono i ninja di Kusa – quanto piuttosto dai continui movimenti
scomposti cui è costretta la sua portantina, mentre attacca e para,
e insulta anche: Suigetsu è tanto scemo da sprecare fiato
nell'insultare i nemici e sghignazzare quando un colpo va a segno,
invece di risparmiare ossigeno come sarebbe consigliabile.
Poi
una paratia terrosa si solleva sotto i suoi piedi, scombussolando il
suolo e costringendoli a rotolare scompostamente sull'erba. Suigetsu
cozza con la schiena contro la muraglia evocata dal jutsu, solo che
sulla schiena c'è lei, che ammortizza l'impatto ma sbatte la nuca
sulla solida parete di terra.
«Imbranato...»
fa in tempo a soffiargli nell'orecchio, appena prima di perdere i
sensi come una perfetta idiota.
L'ultimo
pensiero è che probabilmente Sasuke si sarebbe seccato molto,
sapendo che loro due erano stati così scemi da farsi mettere sotto
da una masnada di cretini coi cappelli di paglia e l'erbetta sul
coprifronte.
Un
vento fresco le soffia sulla faccia, ma è stesa su qualcosa di caldo
e friabile.
L'aria
odora di erba e la macchia di luce arancio che le inonda le palpebre
ancora chiuse le fa supporre che sia il tramonto. Ah, e che è ancora
in vita, anche. Potrebbe persino rallegrarsi a quella constatazione,
ma la testa le fa davvero male, ed è sicura che sollevarla non
servirebbe ad altro che far aumentare quella sensazione non troppo
vaga di nausea che le serpeggia tra stomaco e gola, ondeggiando.
Si
lascia sfuggire uno sbuffo dalle narici, quasi un gemito, e apre gli
occhi, cauta.
È
il tramonto, sì. C'è il disco arancio del sole che declina ad
ovest, e lei è stesa su una piattaforma di terra smossa che pare
evocata da un jutsu. Ne tasta la superficie con le dita, sporcandosi
fastidiosamente le unghie, e poi tenta di tirarsi su, con cautela.
«Uff...»
sbuffa, quando l'abitudine la porta a usare le dita per sistemare gli
occhiali.Le mancano, i suoi occhiali. E mentre si passa una mano tra
i capelli spettinati e si tasta la nuca – c'è un consistente
bernoccolo, doloroso al tatto – le ritorna in mente un particolare
abbastanza fondamentale.
«Suigetsu!»
trilla, scattando in ginocchio.
Sotto
di lei, c'è una montagnola scura fatta di un materiale
indistinguibile. Non ci fa troppo caso e salta giù, franando
sull'erba.
«Suigetsu,
stupido Coso! Dove sei finito?!» Avanza a tentoni e cade dopo pochi
passi, inciampando su di una gamba. Contempla l'arto per qualche
istante, riconoscendo solo una massa sfocata, e poi realizza,
voltandosi a guardare di nuovo quello che aveva scambiato per un
covone di grano – per quanto la cosa fosse del tutto assurda: è
una montagnola di corpi, decisamente macabra a vedersi, ammassati un
po' l'un su l'altro, un po' sparsi in giro. Ringrazia il cielo di non
avere gli occhiali: sarebbe stato decisamente troppo, considerato lo
stato non proprio sanissimo delle sue budella scombussolate.
«Suigetsu!»
grida, stavolta con una nota d'isteria.
Non
lo sente: non sente nessun chakra; è tutto morto, lì intorno.
C'è
solo lei. Lei, sola.
«Suigetsu!»
Fa per gridare ancora, la nausea che galoppa, ma prima del panico,
arriva, chiaro e deciso: il chakra di Suigetsu in avvicinamento, da
lontano. Karin salta in piedi e si muove in quella direzione,
incespicando e sputacchiando l'erba che le finisce nelle narici.
Quando
finalmente l'avvista, è solo una minuscola ombra scura, informe e
sfocata, che però risalta nel sole rosso. Sembra un seme nero
annegato in una fetta d'anguria.
«Ehi!»
chiama con la sua voce svogliata, levando una mano.
Karin
non lo aspetta, percorre gli ultimi metri di corsa, rischiando di
crollare ad ogni buca e gli si lancia addosso, tempestandolo di
pugni.
«Tu...
disgustosa Pozza d'acqua lurida! Ridicolo Scarto di urine! Io ti
ammazzo! Se non muori tu, ti ammazzo io!»
Lui
incassa, schiena a terra, riducendosi ad una pozzanghera e
scomponendosi in schizzi che luccicano nell'arancio del sole, prima
di precipitare sull'erba, e sul viso paonazzo e ansimante di Karin.
Quando
lo spadaccino si ricompone, sconcertato, lei è ancora inginocchiata
sul suo bacino, i pugni stretti.
«Dove
diavolo eri finito, Avanzo di scolo?» ansima, rancorosa e
gocciolante.
Lui
apre e chiude le palpebre per due volte.
«Ero...
me ne era sfuggito uno, l'ho inseguito. Se no chiamava altri
rinforzi, ed ero un po' stanco per affrontare un altro esercito»
conclude. E in effetti, con la spada lercia ed il fiatone, pare
abbastanza provato.
Karin
si sofferma a studiare quella macchia di colore chiaro che è la
testa dell'altro, in silenzio.
«Li
hai fatti fuori tutti.» commenta, pensosa e un poco ansante.
Suigetsu
gongola, soddisfatto.
«Dal
primo all'ultimo».
«E
io non mi sono fatta niente» prosegue Karin, ignorandolo, come
seguisse una linea di pensieri tutta sua.
«Ovvio.
Ti ho messa via e li ho fatti fuori tutti» conferma lui, come in
attesa di elogi.
Lei
gli rivolge un'occhiata tra curiosità e sconcerto, ed è quasi con
stupore che avverte il desiderio del tutto irrazionale di riavere i
suoi occhiali, subito, per poterlo guardare in faccia.
Quella
sua stupida faccia da pesce lesso, con quel sorriso sghembo e quello
sguardo allegro, anche mentre fa le cose più terribili –
affettare, amputare, spiccare teste a colpi di Mannaia – e più
belle
– sterminare un battaglione di ninja per difenderla, sistemarla
lontano dai cadaveri, al sicuro, stesa sulla terra calda.
«Come
sarebbe “ti ho messa via”?! Mi hai presa per un soprammobile,
Coso?»
Lui
serra le palpebre, aspettando un colpo che non arriva. Avverte invece
un peso sollevarsi dallo stomaco, e può riprendere a respirare senza
fatica.
Quando
apre un occhio, cauto, Karin si è alzata in piedi e volge il profilo
al tramonto, le braccia conserte, strette attorno al corpo.
«Muoviamoci,
Sasuke sarà furioso» conclude rigida, a labbra strette.
Ore.
Ci
stanno mettendo troppo e Juugo, nell'ultima mezz'ora, si è quasi
convinto che Sasuke si sarebbe alzato da un momento all'altro,
risolvendosi a lasciarli lì. Non che abbia mostrato palesi segni
d'impazienza durante la lunga attesa, ma dopo due ore ha attivato lo
sharingan e l'ha tenuto su, compromettendo quasi del tutto la
facciata impassibile.
«Stanno
arrivando» comunica Juugo, lasciando che l'usignolo appena arrivato
si riposi sulla sua spalla assieme agli altri uccelli.
Sasuke
annuisce impercettibilmente, seduto su di un masso, davanti al ponte
distrutto.
Qualcosa
deve esserci come minimo esploso in mezzo, almeno a giudicare
dall'angolazione assunta da quel che resta delle ringhiere di
metallo, come compresse dall'interno a causa di un'onda d'urto. Per
non parlare degli alberi caduti attorno e delle crepe nella roccia
scoscesa. Evidentemente Kusa non ha fortuna, con i ponti: il ponte
Kannabi7,
da quel che Sasuke ricorda delle lezioni in accademia, è stato
distrutto durante la guerra con Iwa proprio dai ninja di Konoha.
«E
muoviti, Coso! Sei di una pigrizia insostenibile!»
La
voce di Karin, alta e acuta, fa fuggire gli uccellini e Juugo si
volta verso gli alberi, facendo finta di non vedere il pericoloso
contrarsi delle sopracciglia sulla fronte di Sasuke.
«Ah,
certo!» si aggiunge la voce ansimante di Suigetsu. «Tu, cara la mia
Racchia, ti sei fatta un sonnellino! Io ho sconfitto almeno trenta
nemici!»
«Oh,
certo, che eroe! E devo ricordarti che sei stato tu, a buttartici
contro?! Abbiamo perso un mucchio di tempo, per colpa tua!»
«Colpa
mia?! Ti devo ricordare che è per colpa tua che stiamo camminando
lenti come tartarughe, Racchia orba?»
Sasuke
avvista le sagome dei due che sbucano dagli alberi e si alza,
stavolta senza risparmiarsi un breve verso seccato.
«Avranno
litigato tutto il tempo» ridacchia Juugo, a bassa voce, quieto come
il fiume che scorre sotto il ponte.
Le
ombre lunghe dei due gesticolano fuori dalla foresta.
Sasuke
le osserva, scontroso; dovrà accontentarsi di calpestare quelle,
perché altrimenti dovrebbe buttarli nel fiume, entrambi.
«Juugo
ha raccolto nuove informazioni. Andiamo nel Paese del Fuoco, Itachi
ed il suo compagno Kisame sono stati avvistati lì» li accoglie,
interrompendo il battibecco.
«Che?!
Abbiamo camminato inutilmente?!» lagna Suigetsu, emergendo
dall'ombra.
«È
chiaro che Ame abbia dei legami con Akatsuki, ma il nostro obiettivo
è Itachi, non l'organizzazione» replica Sasuke, in un tono che non
ammette repliche. Suigetsu sbuffa, stanco.
«Oh,
ma non possiamo andare subito!» esclama, mentre già Karin l'ha
superato per andare a salutare Sasuke più da vicino, causando nel
nukenin di Konoha una reazione ai limiti della furia cieca, a
giudicare da come ha svincolato il braccio dalla sua stretta. Una
volta libero, Sasuke si volta verso lo spadaccino, vagamente
perplesso, oltre che ragionevolmente infastidito per essere stato
contraddetto in maniera tanto esplicita. «Dobbiamo prima comprare
gli occhiali nuovi a Karin!» gongola quello sornione, causando
l'avvampare della faccia di lei.
Juugo
studia dubbioso i compagni e subito dopo cerca lo sguardo di Sasuke,
in attesa di ordini. Lui fa scorrere le pupille da Karin a Suigetsu,
lentamente.
«Nel
prossimo villaggio che incrociamo» acconsente, secco, appena prima
di voltarsi ed incamminarsi, subito seguito da Juugo.
Karin
resta un istante impalata, immobile. Squadra Suigetsu da sotto in su
e poi si avvicina, decisa.
«Che
c'è?» chiede lo spadaccino, gli occhi spalancati e dubbiosi.
Lei
scatta e gli rifila un calcio, decapitandolo senza alcun preavviso.
«Grazie,
Coso» soffia, rapidissima, prima di voltarsi e seguire la sagoma di
Juugo, a passi svelti ma cauti.
Suigetsu
riacquista la sua forma, reggendosi al tronco, scombussolato.
«Eh?»
urla, convinto d'aver sentito male.
Lei
non risponde, alza una mano.
Ed
è un gestaccio.
Nda
1.
Paese della Pioggia.
2. Paese dell'Erba.
3. Durante l'esame di
selezione dei chuunin, Orochimaru si presenta sotto le mentite
spoglie di un ninja di Kusa. Lui ed i suoi compagni indossano
cappelli di paglia e così ho pensato – del tutto autonomamente e
solo per divertimento – che potesse essere una caratteristica dei
ninja di quel Villaggio.
4. Letteralmente Kusanagi significa
Falciatrice d'erba. Quindi quella di Suigetsu non è null'altro che
una battuta cretina.
5. Il ponte Tenchi (Ponte del Cielo e
della Terra) è lo stesso in cui la squadra sette incontra Kabuto, e
che viene quindi distrutto da Naruto (trasformato nella Volpe)
durante lo scontro con Orochimaru. Dubito che Sasuke abbia chiesto al
sennin il resoconto della giornata, quindi semplicemente, non sapeva
fosse rotto.
6. Durante questa festa, si usa scrivere
desideri su cartoncini colorati e appenderli a piante di bambù.
7.
il ponte Kannabi è quello che viene distrutto dalla squadra di
Kakashi, durante la missione in cui muore Obito.
Betata da
scrat.
Millegrazie,
otouto *strizza*