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Autore: wari    18/01/2011    9 recensioni
Quando finalmente l'avvista, è solo una minuscola ombra scura, informe e sfocata, che però risalta nel sole rosso.
Sembra un seme nero annegato in una fetta d'anguria.
[1°classificata - parimerito con slice - al LettoriScrittori contest , indetto da Urdi sul forum di Efp]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Juugo, Karin, Sasuke Uchiha, Suigetsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Traccia 10 – di Shark Attack 
Titolo: “Anguria”
Personaggi: Karin e Suigetsu
Pair: SuiKa
Contesto: Naruto Shippuden
Specifiche sulla trama: Durante uno dei tanti viaggi al seguito di Sasuke, i protagonisti scopriranno che il loro rapporto non è solo di compagni di Team, grazie anche ad un pericolo imminente, che può essere un loro attacco a qualcosa (villaggio, convoglio o ninja di passaggio) o un problema fisico di uno dei due, come una ferita... Lo stile deve essere fluff e il punto forte della fic sarà sicuramente l'IC dei personaggi e la plausibilità delle situazioni.
Introduzione (o almeno, ciò che mi ha fornito l'ispirazione per la trama): Polpa rossa e succosa, composta al 90% di acqua... non vi ricorda nessuno? E se vi dicessi che "anguria", in giapponese, si dice "suika"...? ;) 

Titolo: (come da traccia n°10)
Genere: Fluff, Slice of life
Pairing: (come da traccia n°10)
Rating: verde (Karin dice qualche parolaccia generica, ma nulla di eclatante) 
Note: l'ho finita il giorno stesso della scadenza, è frettolosa e sembra il rifacimento imbecille del film La foresta dei pugnali volanti. 
Suigetsu che ha difficoltà a combattere tra le canne di bambù è di ispirazione Berserkiana (Serpico costringe Gatsu a sfidarlo tra le colonne, così che abbia i movimenti impediti dalle dimensioni dell'Ammazzadraghi): era doveroso dirlo, anche se non c'entra poi molto. E basta, niente da segnalare, a parte il fatto non mi convince per nulla. Ma considerato che fino a ieri stavo languendo su di un'altra traccia, sono contenta di essere riuscita a finire almeno questa. 
In fondo ci sono le note al testo: probabilmente sono superflue, ma ho preferito metterle comunque, per completezza. 







Anguria


Ci sono tre modi per dare veramente sui nervi a Sasuke: parlare ad alta voce, disturbarlo mentre elucubra e contraddirlo.
L'ultima pare essere l'abilità innata di Karin.
«Perché siamo passati di qui?» domanda, lamentosa.
«Perché Sasuke ha deciso così» replica Suigetsu facendole il verso, ma senza troppa energia. La segue di pochi passi, fiacco.
Sono ore che camminano: da quando uno stormo di passeri ha comunicato a Juugo di aver avvistato movimenti di Akatsuki nei pressi di Ame
1, Sasuke è partito e non si è fermato più. Hanno anche saltato il pranzo, perché lui a quanto pare non ha necessità fisiologiche, e ovviamente tutti si devono adeguare. In effetti, a pensarci, Suigetsu è quasi sicuro di non averlo mai visto andare al bagno.
«Questo posto è del tutto inutile! E poi vi ricordo che siamo al verde. Se proprio dovevamo perder tempo, avremmo potuto derubare quei mercanti di passaggio. O vendere Suigetsu» lagna Karin, sotto il cappuccio abbassato. Suigetsu glielo cala tutto sugli occhi, facendola mugolare di disappunto.
«Vendere chi, Racchia?!» rimbrotta superandola, la spada pesante che dondola sulla schiena. «Pensa te... che razza di discorsi. Sei veramente stupida come una gallina!»
Lei abbaia una rispostaccia, cui lui ribatte con prontezza.
Un sospiro quasi impercettibile di Juugo, che procede dietro il gruppo, a passo calmo – una sua falcata equivale a due delle loro, quindi può prendersela comoda – li avverte che stanno passando il segno.
Juugo è l'indicatore di nevrosi: quando si muove per cercare di placare la situazione, lo fa perché ha percepito che a breve Sasuke potrebbe sedarla a modo suo. E finirebbe in tragedia, perché va bene che gli sono utili, ma di ninja abili nel mondo ce n'è a bizzeffe la maggior parte di loro è certamente meno rumorosa di Suigetsu e Karin. Lei, comunque, è troppo presa dalla discussione per poter davvero prestare attenzione al compagno.
«Limonata, Suigetsu. Ti vendiamo come limonata, cosa avevi capito? Nessuna donna accetterebbe mai di venire a letto con te, neanche gratis!» risponde, acida. Si sistema il cappuccio e raggiunge lo spadaccino, calpestando il suolo come se le avesse fatto un torto personale. «Magari si scopre che sei dissetante e troviamo il perché della tua superflua esistenza di essere amorfo. E comunque,nessuno ti ha interpellato: io parlavo con Sasuke!»
«Che non ti sta filando di striscio» replica lui; e gongola, perfettamente consapevole di star infilando il dito in una piaga aperta.E infatti la reazione di lei, come da copione, è un calcio rotante che lo spalma contro un albero, schizzando l'erba, Juugo e la schiena di Sasuke. Che si gira. Si gira e li squadra da capo a piedi per due interi, lunghissimi secondi.
«Karin, Suigetsu, lo dirò solo una volta:» sibila, gli occhi rossi che stonano decisamente sulla faccia impassibile, «
tacete».
Juugo pare inquietarsi come se il rimprovero fosse stato diretto a lui; si stringe nella tenda e supera i due compagni, avvicinandosi a Sasuke in silenzio. Lui pare apprezzare l'obbedienza, anche se ricevuta da qualcuno che non c'entrava, e decide di riporre lo sharingan e voltarsi con un fruscio del mantello, per riprendere il cammino.
Karin resta un istante ad osservare la schiena di lui con espressione corrucciata, dimenticando anche di raddrizzarsi gli occhiali sul naso. Quando si decide e solleva le dita, si ritrova davanti la faccia di Suigetsu – perfettamente ricomposto – che ghigna, studiandola da sotto in su.
«Non fare il muso, Racchia. Diventi ancora più brutta» le dice, con un sorriso sornione spiaccicato in faccia.
Prima che lei ribatta con un insulto, o ricorra nuovamente alla violenza, si è già sistemato la spada sulla schiena, con amorevole cura. Procede di due passi prima di voltarsi, una curiosa espressione pensierosa in viso e le braccia incrociate dietro la nuca.
«Sei un'illusa» fa, fermandosi lungo la strada e spostando la polvere con la suola del sandalo, quasi distratto. «Sasuke ha in testa un sacco di cose, e di certo tu non rientri tra queste. O almeno non nel modo che vorresti tu».
Karin sgrana gli occhi per una frazione di secondo, ma lui non ci fa caso e palesa il suo disinteresse tenendo il naso all'aria, a scrutare le nubi grigie che si accavallano ad est.
Dei passi e la nuvola di polvere che si solleva sulla strada terrosa avvertono che Karin l'ha raggiunto e superato.
«Muoviti, Coso. Resti indietro» sputa la kunoichi, ostile, prima di riprendere a camminare senza aspettarlo, evidentemente ansiosa di riunirsi a Sasuke e Juugo, che ormai li hanno distanziati di metri.
Suigetsu la segue per un istante con lo sguardo, poi solleva gli occhi al cielo.
«Ma quando si fa, una sosta?» piagnucola, ad alta voce.
La risposta è un gestaccio di Karin.


A Kusa2 c'è erba dappertutto. Il sentiero in terra battuta che hanno seguito per raggiungere il confine sembra essere stato l'unico tratto privo di flora, e basta. Da lì in poi, tutto è vegetazione.
La foresta di canne giganti in cui si sono inoltrati ore fa è fastidiosamente fitta, e il sole filtra a lame, creando un intrico di chiazze sul terreno, tra ombre e luci, immerse in un verde così verde da dar fastidio alla vista.
E a Suigetsu non piace. Per nulla.
«Ma come fanno, con tutti questi dannati alberi e questi dannati arbusti e questi...»
«Non è poi così diverso da Konoha» taglia corto Sasuke, senza neanche voltarsi.
«Ho sentito che anche il paese del Fuoco è pieni di alberi enormi» interviene Juugo, illogicamente partecipe.
«Sentito?» replica Sasuke, leggermente perplesso.
«Gli uccelli» è la spiegazione.
Suigetsu segue quella specie di dialogo tra disadattati, monosillabico e inconsistente, e decide che cercare di far notare loro quanto siano usciti fuori tema, rispetto alla sua giustificatissima lamentela, sarebbe assimilabile all'autolesionismo. E tra loro l'autolesionista è Sasuke, non lui. Insomma, uno che se ne va spontaneamente da Orochimaru per avere il potere e poi per raggiungere i suoi scopi si tira dietro quella piaga di Karin e quel matto di Juugo, deve per forza avere tendenze masochiste.
Non che a lui interessi: per quel che lo riguarda, è felice di aver lasciato la boccia in cui era rinchiuso e di poter scorrazzare in giro in cerca di spade, e tanto basta.
Si lascia sfuggire uno sbadiglio, assonnato e stanco.
«Siamo in un genjutsu? Sembra di girare in tondo...» brontola, grattandosi la nuca. Non termina la frase che finisce addosso a Karin.
Lei si è fermata di colpo a pochi passi da una canna, come in ascolto.
«Sasuke» chiama, ignorando le accuse di Suigetsu riguardo il fermarsi in mezzo alla strada senza avvertire. L'Uchiha si volta, concedendole il lusso di un frammento di profilo, sotto le ciocche scure.
«Quanti sono?» chiede, direttamente.
«Otto. Non sembrano particolarmente pericolosi, ma...»
Poi l'aria
esplode.
Suigetsu finisce schiantato contro le canne e piove direttamente sul pavimento, in maniera piuttosto coreografica. Ma da quel punto in poi, molto impegnato a ricomporre il suo corpo, finisce per perdere di vista tutto il resto, ed è solo quando riesce a riacquistare una forma soddisfacente, tossendo fogliame, che distingue la figura di Sasuke dar battaglia contro qualcosa che decisamente non è una canna di bambù, anche se quelle coprono quasi del tutto la visuale.
Altri ninja – sì, sono ninja - si avventano contro di lui; sono due e indossano cappelli di paglia a tesa larga
3 che poco c'azzeccano con l'ambiente circostante. Spiccare le loro teste sarà un divertimento.
Un'altra carta bomba salta poco distante, lanciando schegge in ogni direzione, ed è di Juugo il ringhio che attraversa l'aria, dopo il boato. Le urla terrorizzate invece sono dei ninja nemici, come ovvio.
Suigetsu torna a concentrarsi sugli avversari che ha davanti: o sono sottili come canne di bambù o sanno mimetizzarsi a dovere. Forse entrambe.
Non che sia importante, certo. Non se la tua arma è alta quanto te, almeno.
«Ah, cavolo» impreca subito dopo, quando si rende conto che, lungi dall'aiutare, avere una spada così grande costringe a potare piante ad ogni fendente menato, rallentando di netto la velocità e compromettendo la potenza del colpo. Sono sei bambù decapitati ad ogni movimento, e il nemico sfugge, saltando qua e là.
«Lasciala, ti è d'impiccio» lo rimprovera Sasuke, che invece non pare avere troppi problemi ad infilare la Kusanagi esattamente dove vuole. Due dei ninja giacciono rantolanti tra le canne, poco più in là. Suigetsu lancia un'occhiata in quella direzione, imbronciandosi.
«E certo! Non è giusto!» lagna, evitando un kunai. «Tu hai la falciatrice
4, questo è proprio l'ambiente adatto! »
Sasuke non replica nulla e stende un altro nemico col piatto della lama. Quando la smetterà, con tutto quell'illogico buonismo?
Suigetsu decide che non è un buon momento per intavolare una discussione in merito e si lancia di nuovo all'attacco.
«Ma chi cavolo sono, questi deficienti?» brontola, mentre, ostinato, pota con violenza altre piante, creando una sorta di effetto domino; i rami crollano in schegge e polvere, con schiocchi sonori.
«Devono essere cacciatori di taglie. O forse stanno solo difendendo il confine» ipotizza Sasuke, neutro, e trafigge l'ultimo ninja. «Erano otto... ne manca uno, se Juugo ha fatto quel che doveva».
«Karin, quanti ne mancano?» domanda Suigetsu a voce alta, impegnato a rimuovere fogliame dalla sua Mannaia.
Silenzio, a parte un ruggito lontano.
«Juugo è fuori controllo» conferma Sasuke, vagamente irritato; rinfodera la Kusanagi e rassetta le maniche del kimono. «Vado a riprenderlo, tu cerca Karin. Se non ci incrociamo prima, ci troviamo al ponte Tenchi
5. Stando alle carte, dovrebbe essere a poche ore di cammino da qui».
Suigetsu gli rivolge uno sguardo dubbioso, ma prima che abbia il tempo di ricordargli varie cose fondamentali – un ninja nemico mancante, per dirne una, o il fatto che a Kusa lui non c'è mai stato e questo ponte potrebbe essere tanto a est quanto ad ovest o in qualsiasi altro punto cardinale – Sasuke si è già inoltrato tra le canne, saltando i mucchi di bambù atterrati nella battaglia, lanciato all'inseguimento di quello svitato di Juugo.


Non vede nulla.
La carta bomba è esplosa vicino a Suigetsu e lui ha inconsapevolmente parato il colpo, ma ciò non è bastato a evitare che lo spostamento d'aria creato dall'esplosione la scaraventasse lontano dagli altri. E il problema non è certo quello – può ritrovarli quando vuole, sente perfettamente il loro chakra, specialmente quello di Juugo, sicuramente preda del segno maledetto – quanto piuttosto il fatto che, nel volo, ha perso gli occhiali.
I suoi occhiali. Finiti, perduti.
Non li ha quelli di riserva e, a pensarci ora, dovrebbe essere scontato, per una kunoichi con quasi sette diottrie mancanti, avere degli occhiali di riserva, in caso quelli che porta si rompano negli scontri.
«Merda! Stupidi, stupidi bambù!» ulula, quando finisce di nuovo per colpirne uno con la spalla.
Sembrano lontani ma sono vicini, sembrano vicini e invece sono lontani. Verdi, verdissimi, si moltiplicano davanti ai suoi occhi, tra le macchie di luce e ombra, e vanno fuori fuoco, in una massa scomposta. Avanzare è impossibile, tornare indietro anche: non ha idea di quale sia, il dietro. È persa. Persa nel verde sfocato, come immersa nella melma fin sopra la testa.
«Sono nella merda» conclude infatti subito dopo, seguendo quella linea di pensieri. E il peggio è che sente il chakra di Sasuke lontanissimo, vicino a quello di Juugo. Probabilmente si è lanciato al suo inseguimento, per cercare di riportarlo alla ragione. Sospira, premendosi i palmi sugli occhi e scivolando seduta a terra. Si alza subito dopo, non appena realizza di essersi accomodata su di un gigantesco germoglio di quell'odiosa pianta che è il bambù. Non è che abbia particolari aspettative per il futuro, ma il primo che in vita le proporrà di festeggiare il Tanabata Matsuri
6, si ritroverà spalmato contro la parete e dovranno grattarlo via con una spatola.
Emette uno sbuffo acuto, d'impotenza: è bloccata.
Senza occhiali è perfettamente inutile, come se non fosse già sufficiente sentirsi ripetere da Suigetsu quanto lei sia meno utile a Sasuke di qualsiasi altro di loro, persino degli uccellini di Juugo. Stupido pesce, capace solo a menar di spada; un potere come il suo, invece, non ce l'ha nessuno. È lei, quella utile: di spadaccini se ne trovano a centinaia; di persone con le sue capacità, una su un milione.
Forse perché sta pensando a lui, ma quando il chakra di Suigetsu si fa molto più distinto, vicino, quasi non se ne accorge. Salta in piedi subito dopo e si volta, finendo con la faccia contro una canna.
«Ah, pianta di merda! Ma io ti estirpo!»
«Oh, odo dei toni soavi?» la raggiunge la voce divertita di Suigetsu. Proviene dalla sua sinistra, ed è ancora abbastanza lontana. Oltretutto, non riesce a intravedere la sagoma del compagno neanche sforzando gli occhi. Solo dannatissimo verde brillante. Kusa, che posto orribile.
«Ehi, mi hai sentito, Racchia? Vieni, forza. Sasuke mi ha detto di venire a ripescarti» e l'ultima frase sottintende chiaramente un poco gentile «fosse per me, ti avrei lasciata a marcire col bambù».
«Fanculo, potevo tornare tranquillamente da sola, Sogliola! Non ho certo bisogno d-» è costretta a interrompersi, perché nella foga è inciampata su uno di quegli infidi germogli giganti. Si lascia sfuggire un rantolo di stizza quasi isterica, mentre, bocconi sul terreno, prova a rialzarsi senza cozzare con la testa contro quella macchia verde sottile che le sta davanti, anche se non è sicura di aver valutato correttamente la distanza, e magari si sta preoccupando per un bambù lontano dieci metri.
«Ehi, che combini?»
Suigetsu l'ha raggiunta in fretta, e si è accovacciato proprio davanti alla sua faccia; la spada riposta dietro la schiena è tanto lunga che ha lasciato un solco nel terreno.
«Sono inciampata, Coso. Non ci vedi?» ribatte Karin, velenosa. Si tira in piedi a fatica e, una volta in posizione eretta, porta automaticamente due dita a sistemare gli occhiali, rischiando così di accecarsi del tutto. È in quel momento che Suigetsu scoppia in una risata, l'indice puntato contro la faccia della compagna.
«Non hai gli occhiali!» esclama, studiandola in volto con sincero divertimento. Sghignazza, le mani a tenersi la pancia. «Che scema... li hai persi?» chiede poi, spiandosi attorno.
Karin tenta di colpirlo con un diretto: va a vuoto e Suigetsu ne approfitta per ridere un altro po'.
«Coraggio, muoviamoci, prima che Sasuke perda le staffe perché gli stiamo facendo sprecare minuti preziosi» si risolve infine, lo sguardo puntato nell'intrico di canne. Accenna qualche passo e ha già percorso quasi tre metri prima che si accorga di Karin, ancora impalata lì dove l'ha lasciata.
«Beh, hai deciso di diventare una canna, Racchia?» chiama, perplesso, sollevando un sopracciglio. Lei non si muove, lo sguardo ostile puntato alla sua destra e le labbra strette.
«
Nocvedo» proferisce, a voce bassa.
«Eh? Hai battuto la testa?» blatera Suigetsu strabuzzando gli occhi, senza neppure prendersi la briga di avvicinarsi. Karin ringhia al cielo, rossa in viso persino più di quando si trova a contatto ravvicinato con Sasuke. «Non ci vedo, okay? Senza occhiali non ci vedo» rantola, acuta, senza guardarlo negli occhi. Sempre che sappia dove siano, i suoi occhi.
«Oh» incassa lui, sorpreso. «Giusto. Sei proprio una palla al piede, eh?» brontola, con un sospiro paziente. Karin, rimasta a fissare il pavimento verde – tra le canne verdi di quella foresta verde... che colore orribile! - è quasi tentata di reagire con un calcio, quando sente qualcosa di freddo afferrarle il polso.
«Oh, ehi! Che accidenti fai, Racchia psicotica?!» strepita Suigetsu, evitando il colpo con uno scatto di lato; ma non le lascia il polso, e la tira con sé.
«Che cavolo fai
tu, Mollusco! Lasciami!»
«Come sarebbe?» ribatte l'altro, piccato. «Ti devo trascinare per i piedi? Segui me» conclude, annoiato, senza allentare la presa. Karin incespica, divincolandosi, ma lui procede spedito, deciso come di rado l'ha visto, considerato che solitamente è buono solo a lamentarsi.
In tutto quel dannato verde, Suigetsu è una macchia di azzurro pallido e la lama luccicante della Mannaia sulla schiena fa da segnale indicatore; non serve neanche strizzare le palpebre: quei colori chiari sono quasi riposanti, rispetto alla vegetazione lussureggiante.
E senza che lei stessa ci faccia caso, da incerto e dubbioso, anche il suo passo si fa più sicuro.


Non li sente più, devono essere usciti dal raggio d'azione.
Sasuke e Juugo devono aver già raggiunto il posto, quel ponte Tenchi.
«Ecco, è da questa parte...» brontola Suigetsu, chino sulla carta. Stenderla tutta, tra i bambù, è impossibile. Così ne ha srotolata solo una parte. E c'è salito coi piedi sopra.
«Ne sei sicuro, Acciuga? Guarda che se la leggi al contrario non li becchiamo più» commenta lei, acida. Non ha neanche fatto la fatica di chinarsi, tanto non vedrebbe nulla più che le macchie colorate dei Paesi e scarabocchi a segnare nomi e Villaggi.
Lui la liquida con un borbottio seccato ed un mezzo insulto, distratto.
Ci metteranno ore, di questo passo. E Karin non vuole neanche immaginare la faccia di Sasuke, quando li vedrà comparire dopo avergli fatto perdere così tanto tempo per via di una banalissima imboscata.
Sospira, le braccia incrociate, e batte il piede per terra, nervosa. Sta per voltarsi nuovamente verso l'azzurro pallido della testa di Suigetsu che, chino sulla carta, segue il percorso col dito, lamentandosi tra sé, quando è invece costretta a girarsi di scatto verso sinistra.
«Merda» impreca, in un sibilo.
Suigestu solleva la testa e le rivolge un'occhiata dubbiosa.
Intuendo il movimento, Karin accenna un gesto frettoloso con la mano.
«Metti via, stanno arrivando» spiega, lo sguardo irresistibilmente attratto nella direzione da cui percepisce provenire un consistente ammasso di chakra. «Dovevano davvero essere ninja di guardia... stavano difendendo i confini».
«Ah, l'amichetto che abbiamo lasciato andare è corso a chiamare la mamma?» sghignazza lo spadaccino, rilassato, mentre arrotola la carta e la porge alla compagna. Resta per un attimo con il rotolo in mano, prima di fermarsi a considerare che se non le prende le dita e le guida direttamente sull'oggetto, lei probabilmente non riuscirà a ad afferrarlo.
«Guarda che non sono
così cieca. Lo vedo, un rotolo nero a un metro dalla faccia» lo redarguisce lei, seccata, quando ha richiuso il portaoggetti. «Arrivano, dobbiamo muoverci» conclude, accennando un passo. Suigetsu emette un verso incredulo.
«Come, ce la battiamo? Guarda che io posso farli a pezzi senza problemi. Tutti quanti» si pavoneggia, il pollice al petto.
Karin emette una risata crudele.
«Sì, come no! Finiresti solo per disboscare la foresta, con quel blocco di ferro che ti tiri dietro! E mi toccherebbe salvarti la pelle» aggiunge, mostrandosi quasi disgustata a quel pensiero. Suigetsu fa per replicare, ma un kunai sibila ad un centimetro dal suo orecchio destro, piantandosi nel bambù con uno schiocco.
«Sono veloci, questi bastardi» commenta Karin, non senza un accenno di nervosismo, prima di tornare perfettamente operativa ed efficiente. «Sono diciassett... no, diciotto. Da est»
Suigetsu stavolta annuisce.
«Okay, ammetto che una ventina di avversari potrebbe in effetti rappresentare un impedimento» sbuffa, brandendo la spada. Karin strabuzza gli occhi, a quel gesto.
«Che fai, dici una cosa e fai il contrario? Sei completamente deficien...»
«Ma non la prendi mai aria, Racchia? E ricorda di reggerti da sola. Devo tenere la spada, tu mi sei d'impiccio» conclude, caricandosela in spalla come un sacco di patate, senza darle il tempo di fare altro che cacciare un urlo, quando il terreno le sparisce da sotto i piedi. L'istante successivo si ritrova i capelli davanti alla faccia, spettinati e scomposti, e la spalla del compagno nello stomaco.
«Razza di Trota mentecatt-» sputa un paio di ciocche, bloccandosi: Suigetsu è già partito a passo di corsa, e il vento le fischia nelle orecchie, mentre passano veloci tra le canne.
«Cavolo, Karin, dimagrisci! Sei pesante da morire!»
«Vaffanculo, Suigetsu!»
E no, di essere grassa, da un imbecille di consistenza liquida che ogni giorno si porta dietro un blocco di ferro di due quintali, non se lo fa dire.
«Ne arrivano altri!» avverte, abbarbicata sul compagno, riponendo per un attimo il bisogno impellente di protestare prendendolo a pugni.
«Piantala di agitarti, se cadi poi non prendertela con me!» lagna quello, continuando ad avanzare a balzi decisi.
Corre a perdifiato per minuti interi, evitando le piante con agilità.
«Ehi, siamo fuori!» ulula infine, vittorioso, scorgendo la luce oltre le canne.
Pochi attimi dopo sono fuori dalla foresta, i bambù giganti si diradano e lasciano spazio a un'ampia radura d'erba alta. Torna il cielo, sopra il verde, e la luce del sole, che viene tutta da ovest.
Suigetsu atterra con un frusciare di foglie, e Karin si lascia sfuggire un gemito per via del contraccolpo. Quell'imbecille col cervello annacquato non ha un minimo di tatto.
«Quando dicevi “ne arrivano altri”, intendevi quelli?» fa l'imbecille, ammiccando davanti a loro.
Karin evita persino di ricordagli che comunquenon distinguerebbe che una macchia confusa, ma tanto sa già quanti sono.
Sono almeno venti, e ce l'hanno con loro.
«Ma si può sapere che gli abbiamo fatto, a questi?» si lascia sfuggire, tra i denti.
«Beh, io sono sull'elenco dei ricercati. E anche Sasuke, sai?» commenta l'altro, retorico. Ha già il fiato corto, e da dietro gli altri ninja di Kusa guadagnano terreno, veloci.
Sono allo scoperto, nel mezzo di una stupida radura in cui è impossibile rifugiarsi, contro una trentina di avversari.
«E va bene...» sospira Suigetsu, con finta esasperazione. Non è seccato, tutt'altro: quasi felice di trovarsi in quella situazione, come non avesse desiderato altro per tutta la vita.
«Mettiti comoda, Racchia: sfondiamo. E così lo vedremo, se avrai ancora il coraggio di dire che questo è un inutile blocco di metallo» ghigna, i denti affilati ben scoperti e l'espressione di un bambino cui sia stata appena offerta la possibilità di passare la giornata in un chiosco di dolciumi.
Famelica, quasi.
Karin si corruccia ma gli dà retta, prendendo finalmente una più consona posizione sulla sua schiena, con la rancorosa consapevolezza che non ci sia altra soluzione, se non vuole davvero essere di peso.
È ridicola quella situazione: poter percepire distintamente i nemici, ma rischiare di inciampare in una buca o in un sasso se non sta incollata alle spalle di quell'individuo odioso.
«Si va!» esclama Suigetsu di colpo, felice come raramente l'ha sentito. Scatta in avanti, incontro agli avversari, roteando la spada con evidente fatica, ma anche palese soddisfazione.
Al primo impatto della lama, Karin si stringe dietro la schiena del compagno, serrando le palpebre d'istinto.
Quei bastardi lanciano strani kunai, stretti e sottili, così rapidi che anche con gli occhi perfettamente funzionanti sarebbe seriamente complicato evitarli per tempo. Suigetsu risolve parando con la spada, ma costa una miriade di movimenti in più, e con un carico sulla schiena – non che lei sia grassa, è chiaro. È solo una questione oggettiva – lo spadaccino è in difficoltà. Respinge un idiota che ha tentato un attacco diretto e lo sbalza contro i suoi stessi compagni, neutralizzandone altri due.
In tutta quella confusione, tra macchie di colore e ombre che arrivano da ogni lato, Karin decide di rendersi utile lanciando kunai un po' dove capita, la mira compromessa non tanto dalle diottrie mancanti – anche se ha difficoltà a colpire i punti vitali con precisione, il suo potere le consente comunque di individuare quelle masse di chakra che sono i ninja di Kusa – quanto piuttosto dai continui movimenti scomposti cui è costretta la sua portantina, mentre attacca e para, e insulta anche: Suigetsu è tanto scemo da sprecare fiato nell'insultare i nemici e sghignazzare quando un colpo va a segno, invece di risparmiare ossigeno come sarebbe consigliabile.
Poi una paratia terrosa si solleva sotto i suoi piedi, scombussolando il suolo e costringendoli a rotolare scompostamente sull'erba. Suigetsu cozza con la schiena contro la muraglia evocata dal jutsu, solo che sulla schiena c'è lei, che ammortizza l'impatto ma sbatte la nuca sulla solida parete di terra.
«Imbranato...» fa in tempo a soffiargli nell'orecchio, appena prima di perdere i sensi come una perfetta idiota.
L'ultimo pensiero è che probabilmente Sasuke si sarebbe seccato molto, sapendo che loro due erano stati così scemi da farsi mettere sotto da una masnada di cretini coi cappelli di paglia e l'erbetta sul coprifronte.


Un vento fresco le soffia sulla faccia, ma è stesa su qualcosa di caldo e friabile.
L'aria odora di erba e la macchia di luce arancio che le inonda le palpebre ancora chiuse le fa supporre che sia il tramonto. Ah, e che è ancora in vita, anche. Potrebbe persino rallegrarsi a quella constatazione, ma la testa le fa davvero male, ed è sicura che sollevarla non servirebbe ad altro che far aumentare quella sensazione non troppo vaga di nausea che le serpeggia tra stomaco e gola, ondeggiando.
Si lascia sfuggire uno sbuffo dalle narici, quasi un gemito, e apre gli occhi, cauta.
È il tramonto, sì. C'è il disco arancio del sole che declina ad ovest, e lei è stesa su una piattaforma di terra smossa che pare evocata da un jutsu. Ne tasta la superficie con le dita, sporcandosi fastidiosamente le unghie, e poi tenta di tirarsi su, con cautela.
«Uff...» sbuffa, quando l'abitudine la porta a usare le dita per sistemare gli occhiali.Le mancano, i suoi occhiali. E mentre si passa una mano tra i capelli spettinati e si tasta la nuca – c'è un consistente bernoccolo, doloroso al tatto – le ritorna in mente un particolare abbastanza fondamentale.
«Suigetsu!» trilla, scattando in ginocchio.
Sotto di lei, c'è una montagnola scura fatta di un materiale indistinguibile. Non ci fa troppo caso e salta giù, franando sull'erba.
«Suigetsu, stupido Coso! Dove sei finito?!» Avanza a tentoni e cade dopo pochi passi, inciampando su di una gamba. Contempla l'arto per qualche istante, riconoscendo solo una massa sfocata, e poi realizza, voltandosi a guardare di nuovo quello che aveva scambiato per un covone di grano – per quanto la cosa fosse del tutto assurda: è una montagnola di corpi, decisamente macabra a vedersi, ammassati un po' l'un su l'altro, un po' sparsi in giro. Ringrazia il cielo di non avere gli occhiali: sarebbe stato decisamente troppo, considerato lo stato non proprio sanissimo delle sue budella scombussolate.
«Suigetsu!» grida, stavolta con una nota d'isteria.
Non lo sente: non sente nessun chakra; è tutto morto, lì intorno.
C'è solo lei. Lei, sola.
«Suigetsu!» Fa per gridare ancora, la nausea che galoppa, ma prima del panico, arriva, chiaro e deciso: il chakra di Suigetsu in avvicinamento, da lontano. Karin salta in piedi e si muove in quella direzione, incespicando e sputacchiando l'erba che le finisce nelle narici.
Quando finalmente l'avvista, è solo una minuscola ombra scura, informe e sfocata, che però risalta nel sole rosso. Sembra un seme nero annegato in una fetta d'anguria.
«Ehi!» chiama con la sua voce svogliata, levando una mano.
Karin non lo aspetta, percorre gli ultimi metri di corsa, rischiando di crollare ad ogni buca e gli si lancia addosso, tempestandolo di pugni.
«
Tu... disgustosa Pozza d'acqua lurida! Ridicolo Scarto di urine! Io ti ammazzo! Se non muori tu, ti ammazzo io!»
Lui incassa, schiena a terra, riducendosi ad una pozzanghera e scomponendosi in schizzi che luccicano nell'arancio del sole, prima di precipitare sull'erba, e sul viso paonazzo e ansimante di Karin.
Quando lo spadaccino si ricompone, sconcertato, lei è ancora inginocchiata sul suo bacino, i pugni stretti.
«Dove diavolo eri finito, Avanzo di scolo?» ansima, rancorosa e gocciolante.
Lui apre e chiude le palpebre per due volte.
«Ero... me ne era sfuggito uno, l'ho inseguito. Se no chiamava altri rinforzi, ed ero un po' stanco per affrontare un altro esercito» conclude. E in effetti, con la spada lercia ed il fiatone, pare abbastanza provato.
Karin si sofferma a studiare quella macchia di colore chiaro che è la testa dell'altro, in silenzio.
«Li hai fatti fuori tutti.» commenta, pensosa e un poco ansante.
Suigetsu gongola, soddisfatto.
«Dal primo all'ultimo».
«E io non mi sono fatta niente» prosegue Karin, ignorandolo, come seguisse una linea di pensieri tutta sua.
«Ovvio. Ti ho messa via e li ho fatti fuori tutti» conferma lui, come in attesa di elogi.
Lei gli rivolge un'occhiata tra curiosità e sconcerto, ed è quasi con stupore che avverte il desiderio del tutto irrazionale di riavere i suoi occhiali, subito, per poterlo guardare in faccia.
Quella sua stupida faccia da pesce lesso, con quel sorriso sghembo e quello sguardo allegro, anche mentre fa le cose più terribili – affettare, amputare, spiccare teste a colpi di Mannaia – e più
belle – sterminare un battaglione di ninja per difenderla, sistemarla lontano dai cadaveri, al sicuro, stesa sulla terra calda.
«Come sarebbe “ti ho messa via”?! Mi hai presa per un soprammobile, Coso?»
Lui serra le palpebre, aspettando un colpo che non arriva. Avverte invece un peso sollevarsi dallo stomaco, e può riprendere a respirare senza fatica.
Quando apre un occhio, cauto, Karin si è alzata in piedi e volge il profilo al tramonto, le braccia conserte, strette attorno al corpo.
«Muoviamoci, Sasuke sarà furioso» conclude rigida, a labbra strette.


Ore.
Ci stanno mettendo troppo e Juugo, nell'ultima mezz'ora, si è quasi convinto che Sasuke si sarebbe alzato da un momento all'altro, risolvendosi a lasciarli lì. Non che abbia mostrato palesi segni d'impazienza durante la lunga attesa, ma dopo due ore ha attivato lo sharingan e l'ha tenuto su, compromettendo quasi del tutto la facciata impassibile.
«Stanno arrivando» comunica Juugo, lasciando che l'usignolo appena arrivato si riposi sulla sua spalla assieme agli altri uccelli.
Sasuke annuisce impercettibilmente, seduto su di un masso, davanti al ponte distrutto.
Qualcosa deve esserci come minimo esploso in mezzo, almeno a giudicare dall'angolazione assunta da quel che resta delle ringhiere di metallo, come compresse dall'interno a causa di un'onda d'urto. Per non parlare degli alberi caduti attorno e delle crepe nella roccia scoscesa. Evidentemente Kusa non ha fortuna, con i ponti: il ponte Kannabi
7, da quel che Sasuke ricorda delle lezioni in accademia, è stato distrutto durante la guerra con Iwa proprio dai ninja di Konoha.
«E muoviti, Coso! Sei di una pigrizia insostenibile!»
La voce di Karin, alta e acuta, fa fuggire gli uccellini e Juugo si volta verso gli alberi, facendo finta di non vedere il pericoloso contrarsi delle sopracciglia sulla fronte di Sasuke.
«Ah, certo!» si aggiunge la voce ansimante di Suigetsu. «Tu, cara la mia Racchia, ti sei fatta un sonnellino! Io ho sconfitto almeno trenta nemici!»
«Oh, certo, che eroe! E devo ricordarti che sei stato tu, a buttartici contro?! Abbiamo perso un mucchio di tempo, per colpa tua!»
«Colpa mia?! Ti devo ricordare che è per colpa tua che stiamo camminando lenti come tartarughe, Racchia orba?»
Sasuke avvista le sagome dei due che sbucano dagli alberi e si alza, stavolta senza risparmiarsi un breve verso seccato.
«Avranno litigato tutto il tempo» ridacchia Juugo, a bassa voce, quieto come il fiume che scorre sotto il ponte.
Le ombre lunghe dei due gesticolano fuori dalla foresta.
Sasuke le osserva, scontroso; dovrà accontentarsi di calpestare quelle, perché altrimenti dovrebbe buttarli nel fiume, entrambi.
«Juugo ha raccolto nuove informazioni. Andiamo nel Paese del Fuoco, Itachi ed il suo compagno Kisame sono stati avvistati lì» li accoglie, interrompendo il battibecco.
«Che?! Abbiamo camminato inutilmente?!» lagna Suigetsu, emergendo dall'ombra.
«È chiaro che Ame abbia dei legami con Akatsuki, ma il nostro obiettivo è Itachi, non l'organizzazione» replica Sasuke, in un tono che non ammette repliche. Suigetsu sbuffa, stanco.
«Oh, ma non possiamo andare subito!» esclama, mentre già Karin l'ha superato per andare a salutare Sasuke più da vicino, causando nel nukenin di Konoha una reazione ai limiti della furia cieca, a giudicare da come ha svincolato il braccio dalla sua stretta. Una volta libero, Sasuke si volta verso lo spadaccino, vagamente perplesso, oltre che ragionevolmente infastidito per essere stato contraddetto in maniera tanto esplicita. «Dobbiamo prima comprare gli occhiali nuovi a Karin!» gongola quello sornione, causando l'avvampare della faccia di lei.
Juugo studia dubbioso i compagni e subito dopo cerca lo sguardo di Sasuke, in attesa di ordini. Lui fa scorrere le pupille da Karin a Suigetsu, lentamente.
«Nel prossimo villaggio che incrociamo» acconsente, secco, appena prima di voltarsi ed incamminarsi, subito seguito da Juugo.
Karin resta un istante impalata, immobile. Squadra Suigetsu da sotto in su e poi si avvicina, decisa.
«Che c'è?» chiede lo spadaccino, gli occhi spalancati e dubbiosi.
Lei scatta e gli rifila un calcio, decapitandolo senza alcun preavviso.
«Grazie, Coso» soffia, rapidissima, prima di voltarsi e seguire la sagoma di Juugo, a passi svelti ma cauti.
Suigetsu riacquista la sua forma, reggendosi al tronco, scombussolato.
«Eh?» urla, convinto d'aver sentito male.
Lei non risponde, alza una mano.
Ed è un gestaccio.




Nda
1. Paese della Pioggia.
2. Paese dell'Erba.
3. Durante l'esame di selezione dei chuunin, Orochimaru si presenta sotto le mentite spoglie di un ninja di Kusa. Lui ed i suoi compagni indossano cappelli di paglia e così ho pensato – del tutto autonomamente e solo per divertimento – che potesse essere una caratteristica dei ninja di quel Villaggio. 
4. Letteralmente Kusanagi significa Falciatrice d'erba. Quindi quella di Suigetsu non è null'altro che una battuta cretina. 
5. Il ponte Tenchi (Ponte del Cielo e della Terra) è lo stesso in cui la squadra sette incontra Kabuto, e che viene quindi distrutto da Naruto (trasformato nella Volpe) durante lo scontro con Orochimaru. Dubito che Sasuke abbia chiesto al sennin il resoconto della giornata, quindi semplicemente, non sapeva fosse rotto. 
6. Durante questa festa, si usa scrivere desideri su cartoncini colorati e appenderli a piante di bambù.
7. il ponte Kannabi è quello che viene distrutto dalla squadra di Kakashi, durante la missione in cui muore Obito.

Betata da scrat.
Millegrazie, otouto *strizza*

  
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