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Autore: _hurricane    19/01/2011    1 recensioni
Life is so much dark and light
Day cannot exist without a night
And you should not slip away from me.

[TWINCEST: don't like? don't read!]
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hikaru Hitachiin, Kaoru Hitachiin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mirror

               (specchio)

 “Driiiiiin!”

Come ogni mattina, alle 7 in punto, suona la sveglia dei gemelli Hitachiin, che dormono sereni al secondo piano della loro immensa tenuta. Li attende l’ennesima giornata di scuola media, libri e videogames, un altro tassello in un viaggio chiamato vita; un viaggio che per loro non ammette altri passeggeri. “Hikaru”, mugugna Kaoru, “Hikaru, spegni la sveglia. Tocca a te oggi.” Senza dire una parola, il fratello esegue l’ordine; poi si gira verso Kaoru, lo spinge giù dal letto e gli ruba la sua parte di lenzuola azzurrine. “Ahi! Questa me la paghi!” Kaoru risale sul letto, afferra la sveglia dal comodino di legno e la fa risuonare senza sosta nelle orecchie del fratello, aggiungendoci un suo “Driiiin! Driiiin! Driiin!”, quasi come se la sveglia avesse bisogno di un incoraggiamento. “Va bene, mi alzo, mi alzo!” ribatte Hikaru. Inizia così la solita routine: lavare il viso, i denti, farsi la riga dei capelli, mettere le divise scolastiche, già piegate su una sedia da una delle domestiche e pronte per essere indossate. Togliere il pigiama l’uno davanti all’altro non era mai stato un problema per loro; si dicevano sempre: “Beh, ci siamo già visti nudi tredici anni fa, no?” E poi, in fondo, era come guardarsi allo specchio. Da piccoli adoravano mettersi uno di fronte all’altro, per fare le stesse mosse e le stesse espressioni, come fossero riflessi nell’acqua di un laghetto. Non c’era neanche un neo, una voglia, niente che potesse distinguerli; né tantomeno qualche cicatrice, perché i loro genitori (o più che altro le loro domestiche) erano sempre stati molto protettivi riguardo al loro modo di giocare. Una volta, quando avevano più o meno 6 anni, una zanzara punse Hikaru nel bel mezzo della faccia, sulla guancia destra. Finchè il segno della puntura non se ne andò, Kaoru si rifiutò di fare il gioco dello specchio e annunciò ufficialmente che le zanzare erano degli animali stupidi e cattivi. Con il passare del tempo, però, segretamente entrambi iniziarono a covare il desiderio di poter essere distinti. Non avendo il coraggio di ammetterlo, né con sé stessi né con il rispettivo gemello, ora fanno di tutto per non essere riconosciuti dagli altri; altrimenti non sarebbero più identici, nemmeno con il gioco dello specchio. Certo, ormai hanno tredici anni e non lo fanno più, ma ne avranno comunque il ricordo. Le smorfie, le mosse perfettamente coordinate, persino le frasi: era come se ormai loro stessi fossero quel gioco. Lo specchio l’uno dell’altro, sempre.

“Basta mangiare, c’è già la macchina che vi aspetta!” incalza la madre dei gemelli, famosa stilista di moda, mentre finiscono di fare colazione. Hikaru e Kaoru obbediscono; prendono le loro cartelle e la salutano in coro, come ogni giorno: “Buona giornata, mamma!”. Sanno già che la giornata sarà come le altre, specialmente perché l’ennesima ragazzina ha mandato a Hikaru una lettera d’amore, ma quando lui si presenterà all’appuntamento fingendo di essere Kaoru, a lei andrà bene lo stesso. Gente che non sa vedere, e che quindi non vale la pena conoscere; questo il giudizio dei gemelli Hitachiin sul resto del mondo, in parole povere. L’appuntamento è quasi sempre nello stesso posto, sotto il portico che circonda uno dei cortili principali dell’Accademia Ouran, durante la pausa pranzo. Solita strategia: Kaoru si nasconde dietro un albero vicino, per uscire al momento giusto e svelare l’astuto inganno, il test che nessuna ingenua ragazzina ha mai superato. La “vittima”, una tredicenne minuta dai capelli neri e corti, con un fiocco rosso sempre in testa, si chiama Ruki. In effetti, la sua lettera è stata ampiamente prevista: pur vivendo nel loro mondo, ai gemelli non sfugge niente, nemmeno gli sguardi delle ragazze. “Ciao, Ruki” esordisce Hikaru, vedendola arrivare a testa bassa e interrompendo così il flusso dei suoi pensieri. “C-ciao” replica la ragazzina, molto a disagio. “Hai letto la lettera allora, Hikaru?”. “Ma io non sono Hikaru. Sai, lui ha un’altra per la testa al momento. Però se vuoi potrei uscire io con te. In fondo è uguale, no?”. Il solito copione. “Sei Kaoru? Oh, che figura. Purtroppo non riesco a riconoscervi, so che nessuno ci riesce. Però la lettera era per Hikaru”. “Per Hikaru? E come fai a dirlo, se non ci sai riconoscere?” “Perché ultimamente ho aiutato la professoressa a correggere i temi della nostra classe, sai, mi considera molto brava in grammatica e voleva risparmiare tempo. Comunque, so che sembra una cosa stupida, ma è da quelli che ho capito che mi piace il carattere di Hikaru, e volevo uscire con lui. Magari con il tempo potrei imparare a distinguervi. Ma non è interessato, quindi, beh… meglio che vada. Buona giornata, Kaoru.” Con un piccolo sorriso ed un velo di amarezza, Ruki si allontana. Tutti e due i gemelli, uno dietro l’albero e l’altro ancora sotto il portico, la guardano andare via, attoniti. Neanche loro sanno cosa sta accadendo nella loro testa, ma sanno che per la prima volta una ragazza, pur non avendoli riconosciuti, ha voluto almeno cercare di distinguerli, averne la possibilità. E adesso? La barriera che protegge il nostro mondo perfetto dovrà essere abbattuta, o alzata ancora di più? Questo interrogativo martellante li perseguiterà segretamente per tutto il giorno, fino a casa; ma nessuno dei due avrà il coraggio di dirlo ad alta voce.

   
 
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