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Autore: Lady Antares Degona Lienan    19/01/2011    9 recensioni
« Arthur! », chiama. « Arthur? »
Non gli badi troppo e non ti soffermi sui suoi occhi blu – anche perché sai benissimo che colore abbiano. Il sapore della nebbia nel palato adesso è quasi pressante; t’invischia i polmoni. Non riesci a respirare ma non sai chi biasimare: lui o la nebbia?

Arthur s'aggira feroce per il castello. Arthur, il coraggioso Arthur. Arthur ha paura.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Come what come may.'
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Risalire dalla cittadella di Camelot fino al castello non è più una semplice prassi: è diventata un’agonia. Senti il gelo nelle ossa e la nebbia fin dentro gli anfratti più nascosti della tua persona. Espiri velocemente cercando di affrettare il passo, innervosito.

Sciocco Arthur: il sapore della nebbia entra ancora più velocemente in bocca e non puoi – non sai, non vuoi – sputarlo come faresti con un frutto avariato. Le case ti scorrono ai lati degli occhi ma è come se non le vedessi, lo sguardo si concentra sulla figura che ti si para di fronte, sorridente.

« Arthur! », ti saluta Merlin con un cenno breve della testa. Lo ignori per preservare quella parvenza di calma che deve sempre ammantare la tua figura da quando sei diventato Re di Camelot e la tua gente t’osserva in ogni istante: anche adesso. Sai che la sua voce ti porterà lentamente alla follia e improvvisamente desideri che una seconda morte lo colga; questa volta però ti proponi di essere tu a bere il suo ultimo respiro, a stringerli la corda contro il collo.

« Arthur! », chiama. « Arthur? »

Non gli badi troppo e non ti soffermi sui suoi occhi blu – anche perché sai benissimo che colore abbiano. Il sapore della nebbia nel palato adesso è quasi pressante; t’invischia i polmoni. Non riesci a respirare ma non sai chi biasimare: lui o la nebbia?

« Arthur! Arthur ma - »

Continui a camminare nella sua direzione e quando gli sei davanti rallenti appena socchiudendo gli occhi e piantando lo sguardo verso il basso. È solo allora che la rabbia ti divampa nello stomaco: butti la testa in avanti e senti la nebbia improvvisamente più densa avvolgerti il viso.

Nell’esatto momento in cui dovresti scontrarti con Merlin non fai altro che passargli in mezzo come se fosse un refolo di nebbia. Esali un sospiro tremulo: tutto ciò che è rimasto di lui, nel tuo respiro.



• the ghost of you and me




Non sai per quanto rimani chiuso nella stanza del consiglio ma sei certo di una cosa: c’è un limite all’abnegazione che un sovrano possa avere, anche verso il popolo più fedele, e l’hai abbondantemente superato; semplicemente ti permetti di rimanere in questo luogo più a lungo del solito, ultimamente, perché è l’ultimo baluardo della tua immaginaria fortezza, che non ha smesso di perdere pezzi da quando lui se n’è andato.

Ha conquistato la cittadella, la Sala del Pranzo, la tua camera; sai benissimo d’averla cambiata non tanto perché quella nuova soddisfacesse maggiormente i gusti di un re, ma perché speravi di lasciarti la sua immagine alle spalle.

Ovviamente non ci sei riuscito.

Lui è tornato a tormentare i tuoi sogni con la stessa feroce ostinazione con cui il Sole si rialza ogni giorno, trascinandosi lentamente fino all’apice del cielo. Quando l’hai rivisto, la sera stessa in cui ti sei trasferito, non hai potuto trattenere un singhiozzo di sollievo, anche se l’istante dopo tutto ciò che hai desiderato non potresti confessarlo nemmeno alla Madre Terra. Se ti fossi mostrato riottoso o deluso, quella sera, lui sarebbe scomparso? È una domanda che ti poni spesso, ma di cui tuttavia non vuoi la risposta.

Per questo motivo non sei ancora andato da Gaius, nonostante in certi momenti ti sembri d’impazzire.

« Arthur. »

Ti volti ancora prima di sapere se vuoi davvero farlo, ma per fortuna è soltanto Gwen con un leggero cipiglio sulla fronte. « Dovresti mangiare qualcosa. »

Non è ancora diventata tua moglie, non sai nemmeno se lo sarà mai. Per il momento si limita a prendersi cura di te con un amore sottile e non invadente, sostenendoti solo in quell’attimo in cui il piede non sa più trovare il suo naturale appoggio e la mente vacilla. Non senza una punta d’amarezza ti accorgi di quanto ti stia rendendo un servizio assai migliore di quello che lui sia mai stato in grado di fornirti.

« Fallo portare qui. » le dici, non senza una nota acida nella voce. Nonostante il suo fallace sostegno sai che non scambieresti mai Merlin con Gwen. O meglio, sai che non l’avresti mai fatto, se…

« Lo capisco se sei stanco, ma dovresti cenare con i tuoi cavalieri. »

Non rispondi perché lei ha ragione. « So che è morto da poco ma… »

« E’ un mese. », dici sollevandoti dalla sedia e abbandonando le mappe con un sospiro di rammarico. Senti già la nebbia farsi più densa attorno alle narici. « Un mese è fin troppo per piangere qualcuno. Manda qualcuno a dire che sto arrivando. »

Nel corridoio non lo vedi, forse perché al tuo fianco c’è Gwen; quando lei però svolta allontanandosi dal tuo fianco per dirigersi nelle cucine la nebbia t’investe come un muro e lo senti di fianco a te. Sai che è lì, che non ti ha mai abbandonato.

« Che asino!, Arthur. Se non mangi… »

« Merlin, sta’ zitto. »

Girando l’angolo ti accorgi di un servo che sistema le fiaccole per la notte e preghi che non t’abbia sentito parlare con il niente: in caso contrario sarai costretto ad allontanarlo appigliandoti a una scusa raggranellata in fretta e furia. « Tu non sei pazzo, è solo la mia magia che mi rende corporeo. »

« Se è una tua magia e io non sono pazzo » chiedi con disperazione, « perché non la annulli e non mi lasci vivere in pace? »

I suoi occhi blu si scuriscono appena. Colpa tua, pensi immediatamente: l’hai fatto sentire malvoluto. Cerchi di accarezzargli la guancia in memoria dei tempi in cui i vostri sentimenti vi consentivano certi atteggiamenti ma di nuovo ti scontri con la nebbia. « Non posso annullare questa magia, Arthur. Sono morto. »

Scompare. Tu tiri un sospiro di sollievo ma sai benissimo che è una panacea, un piacere temporaneo. Presto sentirai la sua mancanza e tornerai a bramare quel freddo che ti avvolge solo per vedere di nuovo il suo viso.

Il coltello ti cade di mano almeno dieci volte, mentre mangi, e tutti ti guardano con sospetto, come se stessi nascondendo qualcosa: una malattia mortale o un cadavere nell’armadio. Sei lesto a rassicurarli; menti. Quando ti allontani dal tavolo del desco scostando bruscamente la sedia con le mani loro pensano che tu stia correndo nelle tue camere, dove un’avvenente servetta ti aspetta.

Sai con certezza che essi attendono il primo figlio illegittimo da vezzeggiare e crescere come uno di loro. Sai anche, con altrettanta sicurezza, che per adesso quel momento non verrà mai. Il tuo corpo è diventato un tempio e solo Merlin sapeva varcarne la soglia senza commettere sacrilegio.

Mentre mangiavi hai dedicato un brindisi ironico alle stelle: nessuno ha sentito la nota di amarezza che ti velava la voce. Le stelle, dannate guide che non portano da nessuna parte.

« Sei corso da me, Arthur? »

Quando annuisci ti sembra di firmare – per l’ennesima volta – la tua condanna a morte.

« Eppure sai che non… che non posso far nulla. »

« Perché sei qui, dunque? », chiedi. Gli poni questa domanda ogni notte in cui lui si mostra di fianco al letto, non hai mai ricevuto la risposta. Non sai se la vorresti: forse è per questo che non la ottieni.

« Sono un’opera di magia latente. Sono tutto ciò che è rimasto di me da quando sono morto. », dice. « Arthur, tu non puoi togliermi anche questo. »

Non puoi. Non puoi e non vuoi; pertanto ti accasci sul letto e continui a osservarlo. A volte non ti capaciti del fatto che sia morto per colpa di una stupida infezione del ferro contratta nelle scuderie: quando ti svegli e lo vedi accanto al letto tenti di afferrarlo.

Non ci riesci mai.

« Sto impazzendo a causa di questa magia. »

Sto impazzendo a causa di quello che provo, pensi. Non lo dici perché sentirlo con le tue stesse orecchie equivarrebbe ad auto mutilarsi e tu sei stanco di soffrire.

Così stanco che a volte vorresti morirne.

Merlin si lascia scappare un breve sorriso, però gli occhi sono umidi e il respiro congestionato. « Non posso andarmene. Non so come fare. »

« Ti prego. »

Lo preghi. Perché lo preghi? Non lo sai ma continui a pregarlo e, come ogni sera, inizi a piangere. Lui si avvicina e mormora che andrà tutto bene.

Sai che non è vero, ma di nuovo non dici niente. La nebbia ti avvolge il viso ed è quanto di più simile a un bacio tu possa ottenere, perciò apri la bocca e respiri, lo respiri.

Lo respiri nella speranza di renderlo parte di te, e di consumarlo. Così poi, completo e saturo, potresti anche morire felice.

 

 

 

 

 

 

Along the line della canzone “Ghost of you and me”, dei BBMak, data 2001. Non ho seguito letteralmente il testo, il che non la rende una song-fic, anche se ci sono certi riferimenti, più che altro immagini, pescati dalle lyrics (di certo non dal video, che è terribilmente pacchiano!).

Non è uniforme, è uno scheletro di una storia più che una storia stessa: tuttavia sentivo l’esigenza di buttarla giù. Ad Anle, che omaggio con questo pastosissimo metodo di narrazione, perché ci facciamo sclerare di brutto a vicenda e ne usciamo fresche come rose. E vabbè, sei la mia Sis. Lo sai.

A Ichi, anche, che mi ha dato il “la” per l’idea e che m’ha ricordato la nebbia. Peraltro qui a Milano siamo annegati nel nulla, non so come sia dalle vostre parti.

Per un po’, niente più angst. Sto scrivendo una shot divisa in due parti che però è una cavolata e poi si parte con la long-fic.

Ross

   
 
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