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Autore: hotaru    22/01/2011    1 recensioni
Tornare ogni anno in quel posto costituiva ormai uno strano rito, un rito sempre uguale e sempre diverso: perché il tendone e i suoi nomadi abitanti non cambiavano mai, mentre lei era di volta in volta diversa, quasi una persona differente da quella che vi era entrata l'anno prima. Fu con questa ormai abituale, ma sempre insolita, sensazione che calpestò il tappeto rosso scuro del corridoio, per entrare nel padiglione che costituiva la parte centrale del tendone.
[Fic circense sulle note di "Alegrìa" del Cirque du Soleil]
Terza classificata al contest "Parco Giochi" di Namine22 e Ryku24
Genere: Song-fic, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chibiusa, Helios/Pegasus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Alegrìa (le Cirque de la Lune défunte) Tanto per fare un po' di pubblicità a una mia Cross-over con i personaggi di "Sailor Moon" e non solo, vi invito a dare un'occhiata a "Il Filo Nero", che magari nella categoria Cross-over può rimanere un po' in disparte. ^^

La canzone è "Alegrìa" del Cirque du Soleil

Alegrìa (le Cirque de la Lune défunte)



Alegrìa 2



- Caspita, Momo, hai una mira incredibile! -.
- Già, spero di non trovarmi mai sulla tua traietto... ohi! -.
Kyūsuke si era appena beccato, dritto in testa, il trofeo vinto dall'amica al tiro a segno. Si trattava in realtà di una specie di giocattolo a forma di coppa che si apriva e si illuminava, mettendo in moto anche una melodia tintinnante. (¹)
- Sembra una di quelle idiozie usate nei manga per ragazze per sconfiggere il cattivo di tur... ahi! Piantala! -.
- Sei tu che devi piantarla! Sei solo invidioso -.
- Di una chincaglieria del genere?
- Del fatto che ho una mira migliore della tua – gli ricordò Momo.
- Sai che ci vuole... - stava borbottando il ragazzo, massaggiandosi piano la testa dolorante sotto i capelli scuri, quando Chibiusa corse improvvisamente avanti – Ehi, dove vai? -.
- A vedere se... sì! C'è! - il tono era di gioia e sollievo insieme. Quando si voltò verso i due amici, che la stavano raggiungendo facendosi spazio tra la folla di quel giorno al luna park, propose raggiante: - Facciamo un salto al circo? -.
 
Prima di entrare Kyūsuke aveva voluto fare provviste, ingollando prima un bel po' di takoyaki e prendendo poi dello zucchero filato di dimensioni extra.
- Guarda che non farai la fame, là dentro – lo prese in giro Momo.
Ma il ragazzo non la stava ascoltando, impegnato con quella matassa morbida e appiccicosa che gli stava impiastricciando bocca e guance. Da dietro la sua nuvola rosata vide qualcos’altro di rosato, e arrossì un po' nel pensare che quella montagna soffice e dolce gli ricordava tanto i codini di qualcuno. Erano della stessa tonalità, anche se qualcosa gli diceva che i suoi capelli dovevano essere molto più morbidi.
- Dai, mettiamoci in fila – stava dicendo Momo, e lui annuì, seguendo una Chibiusa che sembrava non vedere l'ora di entrare.
Pagato il biglietto, entrarono nel corridoio dalle pareti di stoffa che portava alla parte centrale del tendone. Immerso nella penombra, tale corridoio era animato da diversi personaggi in maschera, travestiti da animali e infelici Pierrot, che si aggiravano con movenze sinuose per accogliere i visitatori. Più di un bambino ne era intimorito, e ad ogni passo cercava di avvicinarsi maggiormente alle gambe del genitore che lo teneva per mano. Chibiusa sorrise vedendoli, ricordando che anche lei aveva avuto la stessa reazione, ormai qualche anno prima.
Tornare ogni anno in quel posto costituiva ormai uno strano rito, un rito sempre uguale e sempre diverso: perché il tendone e i suoi nomadi abitanti non cambiavano mai, mentre lei era di volta in volta diversa, quasi una persona differente da quella che vi era entrata l'anno prima. Fu con questa ormai abituale, ma sempre insolita, sensazione che calpestò il tappeto rosso scuro del corridoio, per entrare nel padiglione che costituiva la parte centrale del tendone.
Era illuminato da grandi fari, per permettere al pubblico di prendere posto prima che lo spettacolo iniziasse. Poi alcune luci si sarebbero spente, mentre altre avrebbero diretto il loro fascio luminoso verso lo spiazzo al centro, separato dalle gradinate da una semplice pedana colorata.
Tra i posti a sedere sarebbe calata la penombra, e in quel momento sarebbe arrivato.


Alegrìa
Come un lampo di vita
Come un pazzo gridar
Alegrìa
Del delittuoso grido
Bella ruggente pena
Seren
Come la rabbia di amar
Alegrìa
Come un assalto di gioia

Quelle strane note tintinnanti, simili a un suono di campanelli, l'avevano attratta all'istante, come se qualcuno la stesse chiamando. Fino a quel momento era rimasta attaccata alla grande e rassicurante mano del padre, timorosa come un coniglietto spaurito, perché quelle maschere inquietanti che le giravano intorno non le sembravano davvero degne di fiducia. Oltretutto quel corridoio era troppo buio e troppo ampio per una bambina piccola come lei, mentre suo padre avanzava dritto e sicuro come sempre, senza paura.
I biglietti per lo spettacolo glieli avevano dati a scuola, tre per permettere a tutta la sua famiglia di andarci, anche se alla fine uno l'avevano dovuto regalare. Sua madre era rimasta a casa per il gran raffreddore che si era presa, dopo che due giorni prima aveva dimenticato l'ombrello in metropolitana e aveva preso tanta di quella pioggia da inzuppare ben più di un pulcino.
- Addate voi – aveva detto, soffiandosi poi il naso con un suono simile al barrito di un elefante, gli occhi azzurri che lacrimavano in continuazione – Io verrò l'addo prossimo... etciù! -.  
Le lunghe code bionde avevano sobbalzato con lo starnuto, e sia Chibiusa che suo padre si erano prontamente spostati dalla traiettoria dei germi.
Così ora si trovava lì con lui, e iniziava a chiedersi se venire in quel posto fosse stata davvero una buona idea. Ma per fortuna quell'inquietante corridoio finì, e si ritrovarono presto in uno spazio ben più ampio, dove uno spiazzo al centro era circondato tutto intorno da diverse gradinate. Le pareti di stoffa, i posti a sedere, la pista, incastrati gli uni negli altri in un gioco di cerchi concentrici.
- Vieni, Chibiusa, andiamo a sederci -.


Alegrìa
I see a spark of life shining
Alegrìa
I hear a young minstrel sing
Alegrìa
Beautiful roaring scream
Of joy and sorrow,
So extreme
There is a love in me raging
Alegrìa
A joyous, magical feeling

[Allegria
vedo un lampo di vita
allegria
ascolto il canto di un giovane menestrello
allegria
bellissimo urlo
di gioia e dolore
così estremo
c'è amore nel mio cuore
allegria
una gioiosa, magica sensazione]

La musica era continuata in sottofondo, anche quando tutti gli spettatori avevano preso posto e le luci si erano spente, lasciando illuminato soltanto lo spazio centrale. Continuò a sentirla anche più tardi, sempre più soffusa, come se fosse stata parte dell'aria stessa di quel luogo.
La piccola Chibiusa non capì, tuttavia, perché qualcuno non si fosse ancora seduto, continuando invece a gironzolare tra il pubblico, apparentemente senza essere visto. Ed erano personaggi piuttosto bizzarri, di sicuro artisti del circo, perché non sembravano avere nulla in comune con i suoi concittadini seduti a godersi lo spettacolo.
C'era un giovane uomo dai lunghi capelli biondi che faceva la spola da un gruppo di liceali all'altro, fermandosi ad osservare tutte le ragazze più carine. Era vestito in modo davvero vistoso, e anche se Chibiusa aveva solo cinque anni, beh, non sarebbe mai andata in giro conciata in quel modo: non con quegli strani fuseaux tigrati e un paio di mutande nere sopra. Neanche a Carnevale.
Ma non era l'unico: c'era un altro uomo, all'incirca della sua età, seduto invece accanto ad alcune signore più mature che avevano accompagnato i loro figli. Anche costui era a dir poco bizzarro, con addosso i pezzi di una toga alla greca e quelli che sembravano davvero dei collant viola. Per non parlare dei capelli sparati in aria.
C'erano diversi altri individui sparsi per tutto il tendone, ma Chibiusa non ebbe il tempo di osservarli tutti perché venne ben presto rapita dallo spettacolo.
Non aveva mai visto niente del genere: giocolieri, acrobati e clown, ciascuno più sorprendente dell'altro, in un susseguirsi di colori magnetici e un vorticare di balzi che non sembravano nemmeno umani. Cercava di berne ogni singolo particolare, e anche se pensava che niente avrebbe potuto eguagliare il numero appena visto, subito il successivo veniva a scardinare questa sua convinzione.
Era talmente presa che fece a malapena caso all'improvvisa scomparsa del giovane dai fuseaux arancioni, quando la tigre venne fatta uscire dalla gabbia e iniziò il suo numero di salti in cerchi di fuoco.
Chibiusa credeva che niente avrebbe potuto distoglierla dal seguire quell'incredibile spettacolo, ma si sbagliava: perché ad un certo punto un ragazzino, di qualche anno più grande, era venuto a sedersi di fianco a lei. Un ragazzino dai capelli chiari, che nella penombra del tendone le erano sembrati quasi bianchi.


Alegrìa
Come un lampo di vita
Come un pazzo gridar
Alegrìa
Del delittuoso grido
Bella ruggente pena
Seren
Come la rabbia di amar
Alegrìa
Come un assalto di gioia

Chibiusa si era sentita subito un po' intimidita, perché non aveva idea di chi fosse. A giudicare da come era vestito, però, doveva far parte anche lui degli artisti del circo, con quei pantaloni bianchi e quella tunica piuttosto lunga, di foggia straniera, per non parlare dei pendenti alle orecchie.
Era rimasto seduto accanto a lei per tutti i numeri seguenti, finché le luci sulla pista non si erano abbassate, preannunciando l'arrivo di qualcosa di magnifico.
Solo allora si era voltato verso di lei, guardandola come se la conoscesse.
- Adesso tocca a me – le aveva sussurrato, alzandosi e salutandola con un sorriso, per poi scendere le gradinate senza che nessuno si voltasse a guardarlo.
Sulla pista si era fatto avanti un meraviglioso cavallo bianco accompagnato dalla sua domatrice: aveva dei grandi pennacchi sui due lati del corpo, che sembravano delle vere e proprie ali, ed era assolutamente magnifico. Il ragazzo era salito sulla pedana che separava la pista dal pubblico- senza che nessuno lo sgridasse- e, nella forte luce dei fari, era scomparso.
Il numero del cavallo era poi incominciato.


Alegrìa
Como la luz de la vida
Alegrìa
Como un payaso que grita
Alegrìa
Del estupendo grito
De la tristeza loca
Serena
Como la rabia de amar
Alegrìa
Como un asalto de felicidad

[Allegria
come la luce della vita
allegria
come un pagliaccio che grida
allegria
del grido stupendo
della tristezza pazza
serena
come la rabbia d'amare
allegria
come un assalto di felicità]

Da quel giorno l'aveva visto ogni anno, perché ogni anno, in un modo o nell'altro, era riuscita a convincere qualcuno ad accompagnarla al circo. Il circo che giungeva puntuale assieme alle giostre e a tutte le attrazioni della fiera, portando la sua schiera di personaggi bizzarri e vistosi.
Anche se lei cresceva di volta di volta, il ragazzino che aspettava dimostrava sempre più anni di lei: era cresciuto anche lui, di anno in anno, diventando un bel ragazzo senza però perdere quel riflesso dolce e mansueto negli occhi.
Era la prima volta che ci veniva assieme ai suoi amici- ormai era grande abbastanza- e quando prese posto non riuscì a fare a meno di trattenere il respiro, emozionata come sempre. La musica continuava a suonare in sottofondo, anche se nessuno tranne lei sembrava sentirla.
- Certo che questo posto ha un nome davvero strano – osservò Momo mentre aspettavano l'inizio dello spettacolo.
- Perché? Cos'ha di così strano? - fece Kyūsuke, ancora impegnato col suo zucchero filato, ma soddisfatto di essere riuscito a prendere posto tra le due ragazze, sedendosi vicino a Chibiusa.
- Se conoscessi un po' di francese, sapresti che "Cirque de la Lune Défunte" significa "Circo della Luna Spenta", o qualcosa del genere... è quasi inquietante, non trovate? - gli rispose Momo.
- È un circo, cos'ha di inquietante? - ribatté il ragazzo – Chibiusa, tu ci sei venuta ancora, non è vero? È sul serio così strano? -.
Nessuna risposta.
- Chibiusa? Ehi, ci stai ascoltando? -.
Lei si voltò finalmente verso di loro, poggiando un dito sulle labbra.
- Silenzio. Sta per cominciare -.


Del estupendo grito
De la tristeza loca
Serena
Como la rabia de amar
Alegrìa
Como un asalto de felicidad

[Del grido stupendo
della tristezza pazza
serena
come la rabbia d'amare
allegria
come un assalto di felicità]

Era da un po' che Kyūsuke si chiedeva se a Chibiusa piacesse qualcuno, e dopo averla osservata per diverso tempo stava giungendo alla conclusione che no, evidentemente non le piaceva nessuno. Perché non mostrava nessuno dei sintomi d'innamoramento delle ragazze a quell'età, con la testa perennemente fra le nuvole e il diario pieno di un unico nome scritto a cuoricini. Aveva quindi decretato che il cuore di Chibiusa fosse tuttora un posto in pieno sole, non ancora raggiunto da nessuno. E lui sarebbe stato il primo.
Era convinto di tutto ciò, almeno fino a quel momento.
Non poteva dire di essere un tipo particolarmente intuitivo, eppure gli sembrò che Chibiusa fosse fin troppo emozionata per un semplice spettacolo circense, che le sue guance fossero più rosse, il sorriso più dolce. Forse- pensò, per un folle istante- forse c'era qualcuno che le piaceva nel gruppo degli artisti. Che fosse per quello che aveva insistito tanto per venire allo spettacolo? In fondo se lo vedeva ogni anno, quasi sempre uguale, un motivo doveva esserci.
Kyūsuke lasciò perdere quel che rimaneva del suo zucchero filato, rifilandolo a una Momo piuttosto riluttante, e si mise ad osservare con attenzione tutti i personaggi che andavano susseguendosi sulla pista. Era animato dall'ardore dell'innamorato geloso, pronto ad affrontare ogni avversario, eppure dovette ben presto ammettere che il suo rivale non poteva essere fra loro. Perché, malgrado il trucco pesante dei diversi artisti, era perfettamente chiaro che Chibiusa non poteva essere innamorata di nessuno di loro: non del clown quarantenne che stava cadendo da una scala, non della ragazzina capace di camminare in equilibrio su una grande palla. C'era qualche giovanotto tra i vari giocolieri, questo sì, ma gli sembravano un po' troppo in là con gli anni per una ragazzina della sua età.
No, non era nessuno di loro.
Ma allora perché- si chiese Kyūsuke, mentre la sbirciava con la coda dell'occhio- Chibiusa era arrossita così violentemente durante il numero del trapezista? Un'agile ragazzina stava volteggiando da un trapezio all'altro con la disinvoltura che la gente normale non ha nemmeno nello scendere le scale, e Chibiusa sembrava guardarla senza vederla.
A cosa stava pensando? A chi stava pensando?

Chibiusa, dal canto suo, non si era nemmeno accorta che il suo amico la stesse osservando con tanta gelosa attenzione. Non poteva accorgersene mentre il cuore le batteva forte come l'anno prima, e quello prima ancora, nel momento in cui vide quel ragazzo avvicinarsi e sedersi accanto a lei.
E quando, per la prima volta in tutti quegli anni, le prese silenziosamente una mano, si sentì invasa da un gran calore. Quel ragazzo le tenne la mano per tutto il numero del trapezista- una ragazzina poco più grande di lei che in altre circostanze avrebbe suscitato tutta la sua invidia, ma non in quel momento.
Più tardi non si accorse nemmeno che il tipo strambo dai fuseaux arancioni era scomparso dalla sua postazione fra il pubblico, dove stava appiccicato a un gruppo di liceali. Quando la tigre ammaestrata venne fatta uscire dalla gabbia, quel ragazzo intrecciò le dita alle sue. Chibiusa si sentì arrossire fino alla radice dei capelli, e fu grata che la penombra nascondesse il suo viso, che doveva avere assunto una tonalità appena più chiara delle sue chiome.
Sul finire del numero della tigre, sapendo perfettamente che poi sarebbe toccato a lui, Chibiusa si permise di stringere a sua volta quella mano calda che le stava dando tanti brividi. Lo vide sorridere nella penombra, poi chinarsi verso di lei e dire:
- Devo andare -.
Lei annuì impercettibilmente, anche se dentro di sé lo stava pregando di rimanere lì, e si sentì quasi sperduta quando lasciò la sua mano. Lo guardò avanzare verso la pista, silenzioso e non visto come tutti gli anni, e salire sulla pedana. Poco prima di sparire, mentre il cavallo veniva fatto entrare, si voltò verso di lei e sorrise.
Chibiusa ricambiò il sorriso, col viso ancora di brace, mentre Kyūsuke non sapeva più che pesci pigliare nel vederla così rossa e imbarazzata. Ma che stava succedendo?
- Signore e signori, tocca ora al destriero sceso direttamente dal cielo per esibirsi su questa pista. Con la sua giovane domatrice, ecco a voi... Pegasus! -.
Uno scrosciante applauso accompagnò l'entrata in scena del maestoso cavallo bianco bardato come se avesse avuto davvero delle ali, lo stesso sguardo dolce e gentile del ragazzo che era appena scomparso nella luce dei fari.

- Se mi ci metto, scommetto che in men che non si dica il numero del trapezista lo imparo anch'io! - esclamò Kyūsuke quando uscirono, alla fine dello spettacolo.
- Che fanfarone che sei! - lo prese in giro Momo – Sarai anche bravo in ginnastica, ma guarda che il circo è tutta un'altra storia! -.
- Figurati se non accoglierebbero un atleta acrobata come me! -.
- Non  lo so... - Momo sembrava dubbiosa – Sai, questo circo è molto famoso, ma a differenza degli altri di fama internazionale non assume gente da fuori. Non dico che facciano tutti parte della stessa famiglia, però... ci si nasce, là dentro. E non so se si possa uscirne -.
- Tu che dici, Chibiusa? - Kyūsuke si rivolse all'amica, che non aveva ancora aperto bocca da quando erano usciti.
- Già – fece Momo – Tu conosci questo posto molto meglio di noi: non si sono mai esibiti artisti esterni? -.
- Come? - fece lei, che non li stava nemmeno ascoltando, persa in chissà quali pensieri – Non so... non ci ho mai fatto caso -.
- E dire che vieni tutti gli anni... - scherzò Kyūsuke – Ma lo spettacolo lo guardi o cosa? -.
Si pentì della sua battuta non appena vide il modo in cui Chibiusa arrossì, cuocendosi a puntino.
- Certo che lo guardo! È solo che... solo che... - ricordò i campanelli, quei campanelli che sembravano tintinnare per tutta la durata dello spettacolo - ... ascolto anche la musica -.
I suoi amici strabuzzarono decisamente gli occhi, chiedendosi di che diavolo stesse parlando.
Ma Chibiusa non li guardava nemmeno più e, voltandosi per un'ultima volta verso il tendone del circo, propose:
- Venite con me anche l'anno prossimo? -.

There is a love in me raging
Alegrìa
A joyous, magical feeling

[C'è amore nel mio cuore
allegria
una gioiosa, magica sensazione]



(¹) Idealmente, la Coppa Lunare


Alegrìa


One-shot senza pretese, scritta più che altro perché avevo una gran voglia di Helios/Chibiusa. ^^

Con mia grande soddisfazione si è comunque classificata terza al contest "Parco Giochi" di Namine22 e Ryku24: ringrazio i giudici e faccio tanti complimenti alla prima e seconda classificate.
I due ragazzi che compaiono assieme a Chibiusa sono due personaggi secondari dell'anime: Momo ha un ruolo soprattutto nella seconda serie, mentre Kyūsuke viene preso di mira in una puntata della quarta. So che è una storia dai contorni un po' sfumati e indistinti, ma è volutamente così.
Se comunque vi è piaciuta- o anche no- spero vorrete farmelo sapere. ^^
   
 
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