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Autore: Dils    23/01/2011    2 recensioni
Aveva la pelle liscia e calda, morbida al tatto e… oh, il suo profumo.
Sapeva di buono. Sapeva di promesse e sincerità. Sapeva di sorrisi e lunghe giornate di sole, estate, divertimento. Sapeva di passione, determinazione, giovinezza.
Sapeva di
lei.
Due vecchi amici, l'estate, la spenzieratezza dei sedici anni e un amore che sta per nascere.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Frascescà

Frascescà.

 

Dedicata -e ispirata- a te,

a cui voglio un bene non quantificabile a parole.

Ffffra, non desidererei amica migliore di te.

 

Erano due anni che non la vedeva.

L’ultima volta che l’aveva vista era una tredicenne dall’apparecchio ben visibile e la personalità esuberante.

Su chiamava Francesca – o Frascnescà, come pronunciava lui, fa buon francese tale era, facendola ridere- ed era una ragazza italiana che aveva conosciuto perché ogni estate, come lui, si recava a visitare i nonni, su una piccola Isola toscana, L’isola d’Elba.

Ricordava vagamente come fosse, ai ricordi si erano sovrapposte le foto più recenti che aveva visto su facebook, sapeva per certo che aveva ancora gli occhi grandi, la pelle olivastra e la bocca carnosa, era ancora quell’amica per cui si era preso una cotta da bambino.

Era Frascescà, semplicemente.

E ora l’avrebbe rivista, dopo due anni. Era stranamente in fibrillazione, come mai gli era successo prima. D’altro canto l’anno precedente, quando, arrivato sull’isola, gli avevano detto che quell’estate non l’avrebbe rivista, aveva fin da subito capito che non sarebbe stata la solita estate, senza di lei.

Così come l’estate ancora precedente in cui lui non era potuto andare in vacanza a causa del lavoro dei suoi genitori, rimanendo a Parigi.

Comunque sia, ancora pochi minuti, e sarebbe arrivato alla spiaggia dove, ogni estate, si incontrava con gli “amici del mare”, lei compresa. Non temeva che, per la terza volta, gli avrebbe dato buca: le aveva mandato un e-mail per accertarsi che ci sarebbe stata.

Arrivò sulla spiaggia, si tolse la maglia, abbandonò i suoi genitori, lasciandoli con una sguardo perplesso, e si affrettò a corsa verso il fatidico punto d’incontro.

Ovviamente, non c’era nessuno. Era molto presto, e gli altri non si sarebbero visti prima delle undici.

Si sedette su uno scoglio per regolare il respiro, ansante dopo la corsa. Teneva la testa basta, a causa del sole accecante del mattino, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, i lisci capelli biondi gli scendevano a ciocchi davanti agli occhi.

Era impaziente e leggermente euforico, combatteva con la voglia di andarla a cercare e la fermezza di non farle capire che le era mancata terribilmente, più di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

Non seppe quanto tempo era passato quando una voce allegra lo chiamò da lontano «Baptiste! Salut!»

Alzò la testa… e la vide, la vide camminare verso di lui, come eleganza e grazia, in un modo che lo fece quasi ipnotizzare.

Aveva le gambe lunghe e magre, il ventre piatto e il seno, seppur poco accennato, che la faceva apparire più donna e meno bambina, più sensuale, più consapevole del suo corpo.

La pelle era già abbronzata, nonostante l’estate fosse appena iniziata, e, da quanto sembrava da quella distanza, incredibilmente liscia.

Il sole le illuminava il viso, rendendo impossibile vedere la sua espressione, facendo in modo che, mano a mano che si avvicinava, scoprisse gradualmente qualche lineamento del viso.

Per primi vide gli occhi, grandi, verdi, accesi di quella luce allegra, con un cenno, ora, di malizia, che ricordava. Poi vide il naso, dritto, leggermente sporgente, non era piccolo o delicato, eppure sembrava perfetto in quel viso, era un qualcosa che la contraddistingueva dalle altre, un qualcosa di suo, che non avrebbe cambiato per alcun naso perfettamente all’insù.

E poi, ecco, il suo sorriso. Luminoso, seducente, cordiale. Sicuro di sé. Non c’era più l’ombra di quel fastidioso apparecchio che aveva un tempo. Le labbra erano rimaste carnose e, per quanto poteva immaginare, morbide come aveva sempre pensato fossero.

Indossava un semplice bikini nero, i capelli erano più chiari e corti, le arrivavano sopra il collo in modo sbarazzino ma nello stesso momento seducente.

Durante tutto il tempo in cui l’aveva guardata lei non aveva staccato lo sguardo da lui, lo guardava dritto negli occhi, come una sfida. Solo quando arrivò davanti a lui abbassò gli occhi, interrompendo quel contatto.

Erano entrambi imbarazzati, come era normale che fosse. Dopotutto erano cambiati radicalmente entrambi, compreso lui.

Il fisico, grazie agli allenamenti di basket, si era modellato e ora non sembrava più solo un allampanato ragazzino dai grandi occhi azzurri senza arte né parte. Si era alzato di dieci centri menti buoni, i capelli erano più lunghi, la pelle non aveva più quelle piccole imperfezioni tipiche della prima adolescenza e si era fatto più consapevole di se stesso.

Sapeva di fare la sua figura e forse era proprio quello che, a dire delle sue ex, lo rendeva affascinante.

Si alzò in piedi e qual punto lei lo guardò di nuovo, dal basso, sorpresa di dover guardare così in alto «Sei alzato!»

Aveva parlato in francese, come al solito. Lui conosceva l’italiano, ma non abbastanza per intrattenere una conversazione tanto lunga. Lui annuì, sorridendole. «Tu invece no».

Lei gli fece la linguaccia, divertita.

La situazione era tesa, lo sentiva, così fece l’unica cosa che sentiva di voler fare da molto tempo. L’ abbracciò. Era il primo contatto fisico che avevano avuto da che si conoscevano, così cerco di goderselo in tutto i modi possibili.

In un primo momento lei era rigida, poi, dopo qualche secondo, si rilassò aggrappandosi a lui. Baptiste, intanto, aveva iniziato a muovere la mano su e giù sulla schiena, come per accarezzarla. Aveva la pelle liscia e calda, morbida al tatto e… oh, il suo profumo.

Sapeva di buono. Sapeva di promesse e sincerità. Sapeva di sorrisi e lunghe giornate di sole, estate, divertimento. Sapeva di passione, determinazione, giovinezza.

Sapeva di lei.

Quando si allontanarono, stranamente, non erano più in imbarazzo; sembrava che quell’abbraccio avesse sciolto tutti i timori e che la distanza di quei due anni fosse scomparsa.

«Andiamo a fare una passeggiata in attesa degli altri?»

 

 

 

 

 

Parlarono, parlarono a lungo. Lei era come ricordava: intelligente, divertente, allegra.

Il suo francese si era migliorato sempre di più e, quando le chiese il motivo, disse semplicemente che “si era esercitata”, anche se lui sospettò che ci fosse dell’altro sotto.

Parlarono della scuola, degli amici, della musica, grande passione di lei, del basket, il suo sport preferito, della loro vita. Non ci volle molto, però, perché l’ultimo argomento che non avevano ancora trattato fosse quello che più temevano: le loro relazioni.

«Allora… hai un ragazzo?»

Fece una risata strana, quasi maliziosa, prima di rispondere. «No, non al momento».

A quel punto lo guardò dritto negli occhi, seria. «E tu?»

Era in… attesa, lo poteva percepire perfettamente, come se da quella risposta dipendesse la sua vita.

«Si e no. Io e la mia… ehm… ragazza siamo in una specie di crisi. Ma per quanto mi riguarda è finita da tempo».

Lei annuì, solennemente, come se la riposta la soddisfacesse. In realtà ci stava ancora, con la sua ragazza, solo che, da quando l’aveva rivista, o forse anche solo da quando aveva saputo che l’avrebbe rivista, non considerava più la sua ragazza tale.

Solo che lei, Nadine, non lo sapeva, non ancora per lo meno.

Stettero in silenzio per un po’, camminando a riva, uno vicino all’altro, la spalla di lei che sfiorava il braccio di lui, lasciando ad entrambi brividi lungo tutto il corpo.

«Sai avevo una cotta per te quando eravamo piccoli.»

Lo disse all’improvviso, come se stessero parlando di cose futili, come se stesse commentando la situazione meteorologica, lasciandolo spiazzato.

Cosa avrebbe dovuto dire?

Si fermarono tra alcuni bambini che giocavano e una coppia di anziani che si teneva per mano. Si guardava intorno, cercando in tutti i modi di non guardare lei, non sapendo cosa fare né cosa dire, così si limitò a dire la verità.

«Anche io»

“E ce l’ho ancora”, aggiunse tra sé e sé.

Il silenzio tornò, questa volta, però, non era uno di quei silenzi fastidiosi o pesanti, no, era piacevole e quasi magico. Uno di quei silenzi pieni di parole non dette.

Una voce lontana, poi, interruppe quel momento «Francesca! Baptiste! Finalmente vi ho trovati!» Era una delle tante amiche che conosceva da tutta una vita, Costanza, una romana loro coetanea molto intima di Francesca.

A quel punto lei, invece di risponderle, si girò verso di lui, alzandosi in punta di piedi per arrivare al suo orecchio. «Ricordi di quella cotta? Non mi è affatto passata.»

Poi si girò, elegantemente, raggiante, e corse verso la sua amica, come se niente fosse.

E lui, correndo a sua volta per raggiungere le due, sorrise pensando che, probabilmente, quell’estate si sarebbe rivelata incredibilmente sorprendente.

E sapeva già di promesse e sincerità. Di sorrisi e lunghe giornate tra un tuffo e l’altro. Di sole, divertimento, passione, determinazione e giovinezza.

Sapeva di lei.

E non vedeva l’ora di viverla.

 

 

 

 

  
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