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Autore: vannagio    24/01/2011    7 recensioni
Leah avrebbe voluto essere come il vento: menefreghista, incurante delle conseguenze delle proprie azioni. E invece lei rimuginava. Come quel nuvolone denso, plumbeo e carico di pioggia, borbottava e non riusciva a prendere una decisione. Avrebbe voluto aprire le dighe, rompere gli argini e lasciar straripare il fiume in piena dei suoi sentimenti. Un acquazzone di emozioni difficile da contenere quando si trovava vicino a lei, Emily.
[Terza classificata al contest "Scambio di coppia. Second edition", indetto da _mafra_]
[Sesta classificata al contest "Era un Sogno [Multifandom e Originali]", indetto da Fabi_Fabi]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Emily Young, Leah Clearweater, Sam Uley | Coppie: Emily/Sam
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Quando vannagio vaneggia!"





Di lampi, tuoni e temporale





In lontananza, un brontolio appena udibile. Sembrava indeciso, titubante. Come se stesse chiedendo il permesso. Al contrario il vento no, non lo domandava. Troppo arrogante, sicuro si sé per abbassarsi a tanto. Piegava e spezzava i rami spogli degli alberi, e se ne fregava.
Leah avrebbe voluto essere come il vento: menefreghista, incurante delle conseguenze delle proprie azioni. E invece lei rimuginava. Come quel nuvolone denso, plumbeo e carico di pioggia, borbottava e non riusciva a prendere una decisione. Avrebbe voluto aprire le dighe, rompere gli argini e lasciar straripare il fiume in piena dei suoi sentimenti. Un acquazzone di emozioni difficile da contenere quando si trovava vicino a lei, Emily.
Ma c’era anche lui, Sam. Che era all’oscuro di tutto. Che Leah aveva amato e amava ancora… non quanto Emily, però. Che non era capace di lasciare andare. Lasciarlo andare? Leah sbuffò, infastidita da se stessa e dalla sua ipocrisia. Scaricarlo, questa era la parola esatta. Perché a volte diventava necessario chiamare le cose con i loro nomi. Nascondersi dietro perifrasi più o meno elaborate era da vigliacchi. E Leah non era una vigliacca.
Il fatto che Emily sembrasse tollerare quella situazione di stallo non aiutava, per niente. Oh sì, la ragazza soffriva - Leah ne era certa - ma in silenzio. Emily era troppo buona per fare pressione, perciò si teneva tutto dentro. Come una dannatissima martire! E Leah la odiava per questo, perché con il suo comportamento da santarellina la faceva sentire ancora più stronza di quanto non fosse già. Una fottutissima stronza che non sapeva prendere posizione!
Invece loro erano buoni, magnifici, immacolati. Candidi. Sarebbero potuti diventare la coppia perfetta - Leah rabbrividì istintivamente -, fortuna che non si erano mai incontrati. Leah non era soltanto una stronza, era anche una grandissima egoista. Preferiva tenerseli entrambi, rimanere impelagata in quel limbo fangoso e limaccioso, piuttosto che rischiare di perderli e vederli con qualcun altro. Figurarsi, poi, accoppiati tra loro! Di nuovo, tremò al solo pensiero.
Fuori, il borbottio si era fatto leggermente più convinto. Si era preso di coraggio, il nuvolone. Almeno lui.
Leah sollevò lo sguardo dalla rivista che stava fingendo di sfogliare e lanciò un’occhiata in tralice a Emily. Seduta sul suo letto, con la schiena adagiata sul cuscino e un libro poggiato sulle cosce, la ragazza leggeva assorta, ignara della tempesta emotiva che si era scatenata nella mente della sua compagna. Gli occhi neri, incorniciati da un paio di occhiali ovali da lettura, scorrevano veloci sulle pagine bianche, da sinistra verso destra. Alcune ciocche corvine ricadevano sistematicamente in avanti, interrompendo quel fluire limpido e armonioso. Emily, tanto paziente quanto Leah era scorbutica e scontrosa, le riportava al loro posto, dietro l’orecchio, ogni volta.
Leah osservava rapita quel semplice gesto, che si ripeteva ogni cinque minuti circa. Con ossessione fissava le dita affusolate di Emily. Da prima poggiate sulla carta stampata, poi sollevate in aria, andavano a sfiorare la pelle bruna della guancia e della tempia con noncuranza e naturalezza. Spingevano i capelli indietro, quasi meccanicamente. Ricadevano verso il basso, scivolando svogliate per tutta la lunghezza del collo e giù, sempre più giù… per tornare sul libro. Dio! Che cosa sarebbe stata capace di fare, pur di sentire ancora una volta quelle dita sulla sua pelle? Chissà… magari Emily lo faceva di proposito, per stuzzicarla.
E finalmente un lampo. Silenzioso e accecante. Un’esplosione di luce improvvisa incendiò il cielo. Per una frazione di secondo tutto divenne bianco. Un attimo più tardi il ceruleo grigiore delle nubi tornò a regnare incontrastato. Nello stesso istante il ricordo della notte passata, quando erano state le sue dita - quelle di Leah - ad accarezzare Emily in quel modo innocente e al contempo malizioso, arrivò prorompente a sconvolgerla e destabilizzarla. Più di quanto non lo fosse già.
Sì, Emily lo faceva di proposito.
Come se avesse udito il suo nome venire pronunciato dai pensieri di Leah, Emily distolse lo sguardo dal libro. I suoi occhi vagarono per la stanza, fin quando non trovarono quello che stavano cercando. Leah. Allora si accesero di un sorriso sfuggente e seducente. Contagiarono tutto il viso, che si illuminò a sua volta. Il cuore di Leah perse un battito. Forse stava sognando. Quando era in compagnia di Emily, le pareva sempre di trovarsi in un sogno. Forse stavano sognando insieme, Emily e Leah.
«Chi sogna e chi viene sognato non sono svegli alla stessa misura», sussurrò improvvisamente l’altra.
Come diavolo aveva fatto? Leggeva nel pensiero? Leah non voleva saperlo. Non le importava. Fosse stata una strega, una wiccan o un mostro di qualsiasi genere, l’avrebbe amata ugualmente. Senza fare alcun commento su quella frase, azzeccata e fuori luogo al tempo stesso, Leah raggiunse il bordo del letto, sedendosi di fronte a Emily. Le tolse gli occhiali e li poggiò sul comodino. I loro occhi, fissi gli uni negli altri, ardevano di un pericoloso fuoco nero. Un altro lampo abbagliò la stanza. Il viso della ragazza brillò, apparve fulgido. Sovrannaturale.
Poi… forte, vibrante, assordante, arrivò il tuono. I vetri della finestra tremarono spaventati. Ed Emily, presa alla sprovvista, sussultò con loro. Sfruttando quel momento di distrazione, Leah si avventò sulle labbra di Emily. La baciò con foga e passione. Una mano impigliata tra i capelli della ragazza - la sua ragazza, nonostante tutto -, l’altra già alla ricerca del modo più rapido per toglierle i pantaloni. Impaziente, irruente. Era sempre così, lei. Mai una volta che riuscisse a essere gentile o delicata. La voleva. E l’avrebbe avuta. Punto. Con il suo consenso, naturalmente. Ma quello lo otteneva sempre, per fortuna.
Un secondo tuono sovrastò i gemiti delle due ragazze e mentre Emily spingeva Leah sul materasso, mettendosi a cavalcioni sopra di lei - plic, plic, plic -, ecco la pioggia. Bussava alla finestra, lenta e timida come la lingua di Emily lungo il collo di Leah. Plicplicplicplicplic. Più veloce, adesso. Acquisiva sicurezza ogni secondo di più. Le gocce rigavano il vetro delle ante, disegnando linee curvate dal vento. Le mani di Emily sembravano imitarle, quelle linee. Mentre si insinuavano ora sotto la maglia, ora sotto la cinta dei jeans della compagna. Mentre seguivano i contorni dei suoi seni, dei suoi fianchi e sganciavano - ad uno ad uno, con lentezza esasperante - i bottoni dei pantaloni dalle loro asole.
Leah imprigionò il viso di Emily tra le sue mani raccogliendo indietro i lunghi capelli, così morbidi e lisci al tatto da sembrare seta nera. Si protese in avanti e la baciò di nuovo. Ancora e ancora. Non ne avrebbe mai avuto abbastanza. Di quelle labbra, di quella lingua. Di lei. Plocplocplocplocploc. La pioggia era diventata un acquazzone. Leah rotolò sulla schiena, trascinando Emily con sé. Si ritrovarono nella posizione opposta quasi senza rendersene conto. Sotto di lei, con una miriade di onde scure a incorniciarle il viso, Emily inarcò la schiena: un chiaro invito a sfilarle la camicia, a osare di più. E per poco non gliela strappò, quella dannata camicia. Fece altrettanto con la sua maglia. Scaraventò gli indumenti sul pavimento, decisa a riservare la stessa fine al resto del loro vestiario.
Ma, attratta da qualcosa, Leah rivolse lo sguardo alla finestra, dietro alla quale pioggia e vento parevano fare all’amore anche loro. L’ennesimo lampo esplose tutt’intorno e il rombare furente di un tuono scosse le pareti. Fu proprio allora che Leah lo vide.
Il loro riflesso nel vetro striato e bagnato.
Il riflesso di Emily e di… Sam!
Urlò.


E l’urlo si trasformò in un ululato terrorizzato, quando finalmente Leah si svegliò, nel bel mezzo del bosco, con coda e pelliccia al suo seguito.


*


La pioggia percuoteva il suo corpo ma lei non se ne curava. La folta pelliccia grigia era completamente impregnata di acqua. Lei stessa era fradicia fino al midollo. Ancora troppo sconvolta dal sogno che aveva fatto per trovare un riparo, se ne stava rannicchiata su se stessa, in attesa che il temporale cessasse.
Si era addormentata durante il suo turno di guardia. Merda! Per fortuna, quella notte, l’unico lupo nei paraggi era lei e nessuno aveva avuto l’occasione di sbirciare nella sua testa. Leah era diventata molto brava a trattenere i suoi pensieri - quelli più intimi e segreti, quelli che conoscevano lei e un’altra persona soltanto -, ma non aveva fatto i conti con i sogni e i ricordi che riaffioravano a tradimento durante il sonno. Non voleva neanche immaginare che cosa sarebbe successo se qualcuno avesse scoperto di lei ed Emily. Probabilmente quel qualcuno sarebbe morto per mano - o zampa - sua. Garantito. E poi sarebbe scoppiato il finimondo.
Tutti erano convinti che Leah fosse ancora innamorata di Sam. La verità era leggermente diversa. Leah era ancora innamorata di Sam, sì. Ma anche e soprattutto di Emily.
Ringhiò automaticamente, quando lo scrosciare della pioggia battente le fece ripensare al sogno. Un sogno che verso la fine si era tramutato in un vero e proprio incubo. Vedere se stessa assumere le sembianze di Sam era stato… un incubo. Appunto.
Non gli era bastato averle rovinato la vita - dannazione! - e averle strappato via la persona che amava con quel maledetto imprinting. No! Sam doveva anche intrufolarsi nei suoi sogni, nei suoi ricordi. Distruggere quel poco che le era rimasto.
Leah sapeva che era tutta colpa del suo subconscio e che Sam non aveva nessun sospetto circa la relazione clandestina che vi era stata tra Leah ed Emily prima che lui avesse l’imprinting con quest’ultima. Però non poteva fare a meno di esser incazzata con il capobranco. Era più forte di lei.
Leah odiava Sam con tutta se stessa, perché l’aveva lasciata e perché, a causa sua, anche Emily l’aveva abbandonata. Il destino era proprio un grandissimo stronzo. Più stronzo di Leah, e il che era tutto dire! Leah aveva tradito Sam con Emily, così, per punirla, il fato le aveva riservato la stessa sorte del ragazzo. Una specie di legge del contrappasso, insomma. Non vi erano altre spiegazioni.
Leah odiava se stessa, ovviamente. Perché se il destino aveva deciso di infliggerle una punizione così crudele, allora - forse - qualche colpa l’aveva anche lei, giusto?
Ma il suo odio era distribuito in modo equo, perciò odiava anche Emily. Leah non riusciva a capacitarsi di come la ragazza avesse potuto dimenticare così in fretta il sentimento che le aveva unite. Sam doveva obbedire all’imprinting, ma lei? Quale scusa aveva?
Ciononostante, Emily le mancava da impazzire. Sam, no. Lui lo vedeva e lo sentiva sempre, ogni giorno. Lui sì che avrebbe preferito non incontrarlo mai più! Ma lei… ancor prima di diventare un’amante, Emily era stata una cugina, una sorella, un’amica, una confidente, una compagna. E in un attimo… puf! Uno stupido incantesimo era riuscito ad annientare una magia che perdurava da anni. Ecco, odiava anche l’imprinting. Era o non era una ragazza equa e imparziale?
Tra lampi e tuoni il temporale sembrava voler continuare in eterno. E a Leah non rimaneva altro da fare che crogiolarsi nei ricordi. A quanto pareva aveva un’innata predisposizione per l’autolesionismo!

«Che cos’è?».
«Vischio, Emily. Indovina a che cosa serve».
«Manca ancora molto a Natale!».
«E allora?».
«E allora… a volte penso che sia davvero difficile stabilire chi è più bambino tra tuo fratello e te, Lee-Lee».
«Sta’ zitta e baciami!»
.

Una volta, secoli prima, Leah era stata una persona diversa. Un individuo capace di ridere e scherzare. Adesso era rimasto soltanto il lato scorbutico, scontroso e acido della sua personalità. Si era allargato a dismisura, l’aveva saturata del tutto, riempita, e ormai non c’era spazio per nient’altro.

«E adesso che ti ho baciata?».
«Mi ribaci di nuovo. Cos’altro, se no?».
«Sei pazza!».
«A questo punto dovrei dire “di te”, ma sarebbe troppo prevedibile».
«E a Leah Clearwater non piace essere prevedibile».
«Mi conosci davvero bene, Emily Young!».

Basta! Va bene essere autolesionisti, ma questo era troppo perfino per lei! Sarebbe stato molto più proficuo farsi ammazzare da un succhiasangue, piuttosto che rivivere altri attimi di vita, ormai morti e sepolti.
Il vento soffiava, la scuoteva, le scompigliava la pelliccia e a Leah venne voglia di correre, di sfrecciare per la foresta, affondare le zampe nel terreno morbido e fangoso; rischiare di sbandare, scivolare a ogni curva e - perché no? - di cadere per davvero, sporcarsi, impiastricciarsi la pelliccia di fango, foglie e lombrichi; sentire il vento sferzarle il muso, la pioggia picchiare i suoi occhi; vedere il mondo sciogliersi e trasformarsi in un’unica, grande macchia informe e incolore; perdersi nella corsa e diventare anche lei parte di quella macchia; fondersi con essa, scomparire.
Leah si rese conto di aver corso per diverse ore, soltanto quando ebbe riconosciuto il luogo in cui si era fermata per riprendere fiato. Si trovava ai confini del giardino di sua cugina. La casa di Emily. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Le venne da ridere. Naturalmente, essendo ancora in forma di lupo, dalle sue fauci non fuoriuscì altro che un inquietante latrato sardonico.
In un primo momento voltò le spalle alla piccola abitazione, decisa ad andarsene il più lontano possibile da quell’inferno. Poi, però, due suoni molto familiari la costrinsero a bloccarsi sul posto. Tu-tum… tu-tum… tu-tum. Un battito cardiaco lento, calmo, sereno. To-tom.To-tom.To-tom.To-tom. E un altro più accelerato, irrequieto. Emily e Sam. Dormivano, quasi sicuramente, l’una tra le braccia dell’altro. La ragazza provò in tutti i modi a convincere la Leah autolesionista che era in lei a non fare quello che stava per fare, ma ogni tentativo fu vano.
In due secondi netti - uno scoppio, qualcosa che si strappava - Leah tornò in forma umana. Completamente nuda, mentre la pioggia lavava via parte del fango che le imbrattava il corpo, raggiunse la portafinestra della camera in cui la coppia dormiva e - a quel pensiero serrò la mascella - amoreggiava ogni notte. Le ante si lasciarono aprire facilmente, docili e mansuete come Leah le ricordava. La ragazza si introdusse nella stanza senza fare il minimo rumore. Proprio come una ladra o - peggio ancora - una pervertita. Una ventata di aria temporalesca e una spruzzata di gelide goccioline entrarono con lei. Sul pavimento, ai suoi piedi, si raccolse una piccola pozzanghera di acqua piovana.
Eccoli, i due piccioncini!
Sul lato destro del letto, disteso a pancia in giù, la schiena ampia e muscolosa scoperta dal piumone, Sam. Si dimenava nel sonno. Stava avendo un incubo? Leah sorrise, felice. Quando si dice: le piccole soddisfazioni della vita!
Accanto a lui, vi era Emily. A differenza del suo compagno, riposava tranquilla. Sarebbe apparsa perfettamente immobile, se non fosse stato per il petto, che si alzava e abbassava regolarmente seguendo il ritmo del suo respiro, e per gli occhi, che si muovevano frenetici sotto le palpebre. Stava sognando qualcosa di interessante?
Diede una rapida occhiata in giro. Niente che non conoscesse già. L’orologio elettronico sul comodino segnava le tre e quarantasette del mattino: il suo turno di ronda stava per finire. Una scatola di velluto, dall’aspetto inequivocabile, faceva compagnia a una di quelle tipiche foto stucchevoli da fidanzatini innamorati.
Leah si avvicinò di nuovo al bordo del letto, si inginocchiò sul legno duro del pavimento e si chinò verso Emily. Notò che la ragazza aveva la pelle d’oca per il freddo. Anche Leah, ma per motivi ben diversi. Incapace di resistere, sfiorandola appena con le dita, ripercorse le tre cicatrici che deturpavano il lato destro del suo viso, altrimenti perfetto, dall’attaccatura dei capelli fino al mento. Se fosse stato possibile, Leah avrebbe odiato Sam ancora di più. Eppure, nonostante l’insulto di quello sfregio, Emily non le era mai sembrata così bella.
Portò l’indice alla bocca e lo passò, rapido e leggero, sulle labbra di Emily. Un bacio d’addio. L’avrebbe baciata per davvero - lì, nella tana del lupo -, se non avesse avuto paura di svegliarlo, quel grosso lupo cattivo. Sì, desiderava - anelava - baciarla. Dio, se era vero! Ma perché non avrebbe dovuto? Chi glielo impediva? E se anche lui si fosse svegliato sul più bello? Si sarebbe lasciata sbranare. Non le importava di morire. Leah avrebbe avuto ciò che le spettava di diritto. Un ultimo bacio. Sarebbe stata cauta e delicata, come non lo era mai stata quando Emily era stata sua.
Armandosi di coraggio, spaventata all’idea che Sam potesse sentire il suo cuore scalpitare come un matto nella cassa toracica, Leah poggiò entrambe le mani sul materasso, ai lati della testa della ragazza addormentata. Il telaio del letto scricchiolò, traditore e Leah si arrestò di botto, in attesa. Lanciò un’occhiata terrorizzata a Sam, il quale però dormiva profondamente e continuava ad agitarsi nel sonno. E già! Si trattava proprio di un incubo. Leah ricominciò a respirare e sorrise per la seconda volta. Un vero record per lei!
Per puro scrupolo attese ancora qualche secondo. Voleva essere certa che i due stessero dormendo per davvero. Poi tornò a scrutare il viso di Emily. Avrebbe tenuto gli occhi aperti mentre la baciava, per fissare ogni minimo particolare nella sua memoria. Si chinò ancora di più, lentamente, stando attenta a non far ondeggiare il materasso. L’odore di lei, della sua pelle, dei suoi capelli - incredibile, usava ancora lo stesso balsamo di tanti anni fa! - la stava mandando letteralmente su di giri. Il cuore aveva ripreso la sua corsa sfrenata. Da quanto tempo aveva sognato quel momento? Settimane, mesi, anni? Secoli?
Le loro labbra stavano quasi per toccarsi, sentiva già il respiro caldo e profumato di Emily solleticarle la punta del naso, quando…


…Sam si svegliò urlando.


*


Le braccia sottili di Emily lo cinsero da dietro, mentre Sam continuava ad ansimare in preda al panico. Sudato, confuso, tremante, si copriva il viso con le mani. Avvertiva il corpo morbido e caldo di lei aderire contro la sua schiena, ma non riusciva a trarne alcun conforto. Si poteva rimanere così sconvolti da un sogno?
Un sogno, un incubo… niente di più. Scosse il capo, come a voler scacciare quelle immagini poco opportune. La sua mente, purtroppo, non voleva collaborare e continuava a rievocare cose terribili, impossibili. Emily e Leah. Insieme. In un modo che lui non aveva mai neanche osato immaginare. Semplicemente perché sarebbe stato… osceno. Sì, osceno.
«Sam. Che cosa è successo?».
Il ragazzo avrebbe potuto tracciare a occhi chiusi i movimenti delle labbra di Emily sulla sua pelle, mentre pronunciava quella domanda. Labbra. Baci. Emily e Leah. Che si baciavano. No, era solo un incubo. Solo un incubo!
«Niente. Era solo… un incubo». Più lo ripeteva, più Sam si convinceva.
«Vuoi parlarmene?», chiese lei. La sua voce trasudava preoccupazione.
«No, meglio di no», tagliò corto lui, troppo scosso per affrontare un argomento del genere con la donna che amava.
«Puoi dirmi tutto», insistette Emily, «Non devi avere paura di spaventarmi o ferirmi, lo sai».
Sam sospirò, esausto. Non sapeva che cosa dirle. Fece ricadere le braccia lungo i fianchi, si liberò gentilmente dall’abbraccio della compagna e tornò a sedersi sul letto. Emily lo seguì silenziosa, scrutandolo con espressione tormentata. Prese posto accanto a lui, mantenendo una certa distanza. Forse intuiva che la sua vicinanza non gli era di alcun aiuto.
«Sam, ti prego».
Emily non era il tipo di donna che mollava la presa tanto facilmente. E anche se normalmente lui adorava la sua testardaggine, quella notte Sam avrebbe preferito che Emily lasciasse stare e se ne tornasse a dormire.
Il licantropo lanciò un’occhiata diffidente alla portafinestra, inequivocabilmente chiusa e sbarrata dall’interno. Solo un incubo, non poteva essere altrimenti. Attraverso il vetro, vide una ragnatela di luce increspare il cielo nero. Fu subito seguita da un tuono tanto rumoroso da risultare stordente. La pioggia cadeva giù, dritta, pesante e fitta. Un muro di solida acqua. Ecco spiegato il temporale del suo… incubo. Sì, era solo un incubo.
«Ho sognato Leah», decise di rivelare alla fine. Gli si formò un groppo alla gola e fu incapace di aggiungere altro.
«Capisco».
«Emily…», tentennò lui poco dopo. Non riusciva nemmeno a formularla quella stramaledetta frase! Sam temeva che la ragazza avesse frainteso, ma come diavolo poteva rassicurarla? Dicendole la verità? No, piuttosto la morte.
«Non devi giustificarti, Sam». Sì, aveva frainteso. «L’ingresso di Leah nel branco ha riaperto vecchie ferite. Anche per me è difficile».
Si studiarono in silenzio, per diversi minuti. Gli unici suoni udibili erano quelli dei loro respiri, dei loro cuori e del temporale. E mentre la guardava negli occhi, in quegli occhi che ardevano di un pericoloso fuoco nero, Sam decise. Si era trattato solo di un brutto incubo. Frutto di sensi di colpa, rimorsi, rimpianti e di un pizzico di perversione prettamente maschile. Trovava impossibile e inammissibile che la sua…



Emily aprì gli occhi, improvvisamente sveglia come un grillo.
Che cosa era stato? Un sogno, un incubo oppure un ricordo? Forse tutte e tre le cose.
Emily non era in grado di stabilirlo.
L’orologio elettronico segnava le quattro del mattino. La scatola di velluto, contenente l’anello di fidanzamento, era al suo posto, sul comodino, accanto alla foto che ritraeva lei e Sam a First Beach. Tutto ok. Tutto come lo aveva lasciato.
Si girò su un fianco, pensierosa e perplessa. Lo sguardo puntato sulla portafinestra, lasciata incautamente socchiusa da qualcuno. Il temporale continuava a imperversare sulla piccola riserva di La Push. Una corrente d’aria fredda la fece rabbrividire. Si accorse di avere la pelle d’oca e si raggomitolò come un gatto sotto le coperte.
Al suo fianco, Sam dormiva profondamente. Con la mente gironzolò fin dentro la camera di Leah. Probabilmente anche lei stava riposando nel suo letto. E, inaspettata, le tornò alla memoria una frase che aveva letto chissà dove, qualche anno prima.
“Chi sogna e chi viene sognato non sono svegli alla stessa misura”.
Solo adesso, forse, riusciva a comprenderne il vero significato.
Così come il confine tra sogno, ricordo e realtà è qualcosa di sottilissimo, allo stesso modo le identità di “sognato” e “sognatore” si confondono. Entrambi dormono, entrambi sognano. Condividono un’esperienza unica. Distinguere chi sia l’uno e chi sia l’altro, però, si rivela essere un’impresa assai utopistica, a volte.
Un lampo illuminò l’ambiente, disperdendo rapidamente i complicati ragionamenti di Emily. E qualcosa le abbagliò gli occhi. Uno sfavillio… un riflesso. Da dove proveniva?
Si guardò intorno e capì.
Ai piedi della portafinestra, sul pavimento in legno scuro, si era raccolta una piccola pozzanghera di acqua piovana, nella quale quasi certamente il bagliore del lampo si era riflesso.
All’improvviso una violenta folata di vento spalancò la portafinestra. Emily si precipitò frettolosamente a chiudere e sbarrare le ante, rischiando di inciampare nel groviglio di coperte e lenzuola. Di nuovo, rabbrividì per il freddo.
Si fermò un attimo a scrutare la notte burrascosa. Al di là del vetro, il mondo sembrava fatto soltanto di lampi, tuoni e temporale.
Da qualche parte, nel bosco, un lupo ululò. Un lupo oppure l’urlo del vento?
Emily non era in grado di stabilirlo.





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Nota di fine capitolo:
“Chi sogna e chi viene sognato non sono svegli alla stessa misura”: frase di Jostein Gaarder.





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Nota di autore:
Solitamente preferisco le storie canon, sia nello scrivere che nel leggere, però ogni tanto è divertente immaginare risvolti differenti e alternativi. E poi in questo caso non so bene neanche io che cosa sia reale e cosa no. Diciamo che ognuno può interpretare questa shot come meglio crede.
Come mi è venuta in mente l’idea per un pairing tanto improbabile quanto quello Leah/Emily? Beh… tutto è cominciato con un contest: "Scambio di coppia. Second edition", indetto da _mafra_ sul forum di Efp. Il contest richiedeva una ff incentrata su un crack-pairing ed io volevo tentare già da un po' di tempo a scrivere una femslash.
Qualche giorno dopo, scorrendo le pagine del forum di Efp, mi sono imbattuta in un altro contest: "Era un sogno", di Fabi_Fabi. In questo caso la storia doveva essere basata sul tema del sogno. Così... fatto il misfatto!
Adesso, sta a voi lettori giudicare.
Prima di salutare, per chi come me ama Leah Clearwater alla follia, un piccolo consiglio di lettura: “Condivisione” di Dragana.
Se invece vi andasse di leggere qualcosa su Sam Uley, allora fate un salto da questa mia one-shot "Io, me e il lupo".
Grazie in anticipo a chi leggerà ed eventualmente recensirà questa ff.
Ringrazio anche _mafra_ e Fabi_Fabi per aver organzzato due contest così interessanti e stimolanti e per i loro giudizi chiari e precisi.
A presto, vannagio.



Ecco il giudizio di _mafra_:

Terza Classificata e vincitrice del "Premio Originalità" e del "Premio Sviluppo"

-Grammatica: 10 punti
-Stile: 10 punti
-Sviluppo della trama: 10 punti
-Originalità: 10 punti
-Caratterizzazione personaggi: 10 punti
-Gradimento personale: 10 punti
Una delle storie più belle e originali che io abbia mai letto. Ti assicuro, è rarissimo che io dia il punteggio massimo in tutte le categorie. Ma è anche vero che la tua storia merita. E’ veramente bellissima.
+ 3 punti extra per l'utilizzo dei prompt facoltativi.
Per un totale di 63 punti.



Ecco il giudizio di Fabi_Fabi:

Sesta Classificata e vincitrice del "Premio Caratterizzazione"

Grammatica e sintassi: 10/10
Stile: 9.5/10
Originalità: 15/15
Caratterizzazione dei personaggi: 15/15
Sviluppo della trama: 10/10
Gradimento personale: 10/10
Utilizzo dei prompt: 8.5/10
Totale: 78/80

Ce l'hai fatta di nuovo. Sei riuscita a stupirmi.
Cominciamo con la parte stilistica: ho ben poco da dirti riguardo alla grammatica, è praticamente perfetta, pensavo che 'irruente' fosse un errore, ma ho scoperto che invece è il termine corretto, ti meriti quel punteggio pieno.
Lo stile, non ho davvero parole, è scorrevole, avvincente, forse in alcune frasi le virgole tendono a frenare un po' ad esempio quando dici: 'Sarebbe stato molto più proficuo farsi ammazzare da un succhiasangue, piuttosto che rivivere altri attimi di vita, ormai morti e sepolti', non avrei messo la virgola prima di 'ormai', come vedi sono dettagli, io sono per la libertà di virgola, anche perché davvero i casi in cui è errore sono pochissimi e non credo sia il caso di stare a guardare il pelo nell'uovo. In ogni caso i contest servono a migliorare, secondo me, quindi io faccio il possibile per spiegarti quali sono le piccole sbavature che ho trovato.
Veniamo alla trama. Trovo che il personaggio di Leah sia uno dei più complessi della saga di twilight, indubbiamente è uno dei più maltrattati dall'autrice, che non è riuscita a darle un briciolo di gioia, né tantomeno un lieto fine. Per questo ho trovato la tua storia molto interessante. Non pensavo che avrei mai preso in considerazione un amore tra Leah ed Emily, quando ho iniziato a leggere pensavo: 'ma lei amava Sam!' Invece, man mano che andavo avanti con la lettura, sei riuscita a convincermi: Leah amava Emily. Hai esposto dei fatti, hai raccontato con dolcezza i ricordi del loro amore, giustificando entrambe.
Lo scenario che hai scelto è affascinante, il temporale e la notte sono uno sfondo all'amarezza di Leah, quando poi lei entra nella loro stanza l'atmosfera è tesa, hai saputo mantenere bene la tensione fino al momento del risveglio di Sam. Il sogno è ben inserito nella trama, stessa cosa per i prompt. La citazione invece c'è, ma non come tema principale della storia, è centro di una breve parte della narrazione, per questo, in rapporto all'inserimento che ne hanno fatto altre partecipanti, non ho potuto darti punteggio pieno.
In ogni caso hai scritto una storia molto originale, a partire dalla scelta del pairing, sei riuscita a farmi amare appunto il pairing che all'inizio mi aveva lasciata perlessa, hai raccontato Leah con un'introspezione toccante, che arriva al cuore, in un modo davvero eccellente.
Complimenti, quindi.
   
 
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