Note:
quella che state per leggere è una AU ambientata due anni dopo la conclusione
di “Ad un passo da te”. Sono contenuti degli spoiler riguardo ciò che sarà
di Usagi e Mamoru e chi non volesse sapere nulla riguardo la fine della storia madre
è pregato di non leggere.
Questa
fanfiction è dedicata a te.
Tu
che hai traslocato da poco per trasferirti nel tuo nido d’amore.
Tu
che conosci parte di questi dialoghi perché sono i nostri
dialoghi.
Tu
che sei una ragazza speciale anche se non vuoi crederci e non vuoi credermi.
Questo
piccolo sgorbio è per te,
scusa
se non è bello come speravi.
P.S.
Con
questa dedica non credere di scampare all’obbligo di recensione!
Disclaimer:
i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Il
trasloco
-
Dai che questo è l’ultimo scatolone!
-
Hai detto così pure due ore fa!
-
Ma questo è l’ultimo davvero!
-
Non ti credo!
Usagi,
stanca delle continue lamentele di Minako, aveva iniziato a sbuffare come solo
Mamoru era capace di farle fare. Era in momenti come quelli che si chiedeva come
Kunzite riuscisse a sopportare il carattere così esuberante e stressante della
sua amica.
-
Mi spieghi perché Mamoru non c’è? In fondo siete voi due che vi state
trasferendo a vivere insieme!
Minako
era sorda, o affetta da qualche forma d’Alzheimer precoce, non c’era altra
spiegazione.
-
È l’ultima volta che te lo ripeto: Mamoru ha avuto un’emergenza in ospedale
ed è dovuto scappare via! È chiaro adesso!
Presa
da un attacco di rabbia, più verso il fidanzato che verso l’amica, con uno
scatto deciso aveva sollevato l’ultimo scatolone contenuto all’interno del
furgone che aveva noleggiato. In fin dei conti, Minako aveva ragione a chiederle
che fine avesse fatto il suo fidanzato, era proprio la sua assenza il motivo di
tutto quel nervosismo.
In
realtà di motivi per essere arrabbiata con Mamoru ne aveva due: il primo era,
appunto, la sua scomparsa in quella mattina di lavoro. Il suo
fidanzato-quasi-marito sapeva benissimo che proprio quel giorno avrebbero
traslocato, anzi, sapeva benissimo che proprio quel giorno lei avrebbe
traslocato visto che lui aveva trasferito tutte le sue cose già una settimana
prima. Però, il lungimirante Mamoru, non aveva pensato di farsi cambiare
il turno di reperibilità.
“Dai
Usako! Dovremmo essere proprio sfortunati se qualcuno si facesse male proprio di
domenica mattina!”
Sfigati
lo erano stati davvero dato che il previdente Mamoru, a causa di
un’emergenza, era dovuto correre in ospedale ancora prima dell’arrivo del
furgone noleggiato per il trasloco.
Il
secondo motivo per essere infuriata con la sua dolce metà, però,
era molto più grave: già da una settimana, lui viveva in quella casa, senza
di lei. Tutto questo perché, sempre il meticoloso Mamoru, non
avevano calcolato bene i tempi, quali tempi? Subito spiegato! Per comprare la
villetta dove si stavano per trasferire, il suo fidanzato aveva venduto
l’appartamento nella prefettura di Ginza con la promessa di lasciare le
chiavi, ai nuovi inquilini, l’ultima settimana di maggio. Fin qui nulla di
strano, certo, peccato che lei, per quella data, non si trovava a Tokyo; proprio
l’ultima settimana di maggio sarebbero iniziati i suoi esami di fine corso a
Fukuoka, città in cui aveva frequentato uno stage di tre mesi. Era stato
proprio durante quel benedetto-maledetto corso di specializzazione che, quello
che era il suo fidanzato da quasi due anni, si era deciso a farle la fatidica
proposta di matrimonio, e così, la prossima settimana, a metà giugno, si
sarebbero sposati e quella sarebbe diventata la loro casa. Ma intanto, per
quella settimana, era stata solamente casa di Mamoru. Quella
stessa mattina, però, sarebbe stato il suo turno di prendere armi e bagagli e
trasferirsi in quello che Minako aveva ribattezzato il loro nido d’amore.
-
Ehi! Vuoi fare lavorare solo me!?
Il
richiamo di Minako ebbe il potere di farla tornare al presente.
-
No, dai! Andiamo! Questo è davvero l’ultimo viaggio!
-
Sai cosa pensavo?
Minako
quando si metteva d’impegno diventava più fastidiosa di Mamoru, questo era
certo, ma almeno riusciva a mettere da parte il suo nervosismo.
-
Cosa?!
-
Che le tue amiche siamo in quattro! Perché devo esserci solo io qui a lavorare
mentre le altre sono a casa?
Come
darle torto? Le altre tre si erano defilate in modo sorprendente, ed ognuna con
una scusa diversa ma incontestabile. Ami era fuori città per un congresso, e
sarebbe tornata solo il martedì. Makoto stava organizzando un pranzo per una
festa di fidanzamento, aveva aperto da poco il suo ristorante ed era giusto dare
la precedenza al lavoro. Rei, bhè lei era a casa con un febbrone da cavallo.
Avevano tutte delle giustificazioni per essere assenti per quel giorno anche se
il sospetto rimaneva: strane coincidenze o un piano prestabilito? Era meglio non
mettere il tarlo del dubbio a Minako o sarebbe stata la fine: la bionda sarebbe
stata capace di andare a casa di Rei per controllare se davvero l’amica avesse
la febbre; poi sarebbe stato il turno di Makoto, avrebbe verificare l’operato
della mora ed assaggiato personalmente la torta destinata al pranzo di
fidanzamento… Ami… lei sarebbe stata tartassata telefonicamente. No! Voleva
bene alle sue amiche, anche se non erano lì con lei, non era giusto far passare
loro un brutto quarto d’ora solo per una piccola vendetta.
-
Lo sai che non è così. Solo Rei è a casa, ma ha la febbre alta!
-
Ok, le ragazze sono giustificate, ma i loro fidanzati no! Dopotutto Mamoru è
anche amico loro!
O
bene, Minako voleva parlare dei ragazzi? Sarebbe stata accontentata.
-
Minako, iniziamo da Kunzite? Sai dirmi che fine ha fatto?
-
Kunzite ancora non è rientrato da Sapporo! Non ti credere sai! Sarà punito a
dovere per la sua mancanza!
E
per farle vedere il pugno chiuso, segno della sua irritazione per quella
situazione, aveva quasi fatto cadere lo scatolone che teneva tra le mani.
-
Ehi Sailor Venus datti una regolata! Qui non c’è nessun potere supremo
a riparare i tuoi danni!
Sailor
Venus! Il sorriso di Usagi si allargò ancora di più quando si rese conto
di come aveva chiamato l’amica: era da secoli che non la chiamava più con
quel soprannome che aveva accompagnato la loro adolescenza e non solo quella
visto che era tornato fuori dal nulla. Minako, senza perdere tempo, aveva
abbandonato sul pavimento lo scatolone e con un movimento fluido della mano
aveva spostato la folta chioma bionda di lato. La mano sinistra era finita sul
fianco del medesimo lato e le gambe erano state leggermente divaricate.
L’indice destro puntato contro Usagi, e l’espressione seria del suo viso,
completavano il quadro.
-
Di amore e bellezza sono la bella guerriera con la sailor fuku, Sailor Venus!
Nel nome di Venere vi darò la punizione divina dell’amore!
A
quel richiamo, non aveva capito più nulla. Anche lei aveva lasciato sul parquet
di legno il pacco che sorreggeva con difficoltà e, come Minako, aveva assunto
la posizione tipica di Sailor Moon, i gesti, poi, erano stati accompagnati
dall’immancabile frase di presentazione.
- Di amore e giustizia sono la bella guerriera con la sailor fuku, Sailor Moon... e adesso, nel nome della Luna, io ti punirò!
Un
tossicchiare imbarazzato le costrinse a fermarsi, ed a vergognarsi. Un omone
grande e grosso, anche lui in evidente disagio, si grattava dietro la nuca come
se non avesse idea del perché si trovasse là, con quelle due pazze.
-
Tsukino-san, io avrei finito!
Nel suo lavoro era abituata ad inquadrare i soggetti solo dall'aspetto
fisico e dal modo in cui interagivano con il prossimo ed Ikeda Bunzo, nonostante
le dimensioni notevoli, le sembrava una persona mite e cortese e fu proprio il
sorriso che aveva accompagnato le parole dell'uomo che le confermarono quella
prima impressione.
Cercando
di ignorare lo spettacolo cui, pochi minuti prima, aveva dato vita, aveva
recuperato la sua espressione più matura ed impostando anche la voce, per poi
rivolgersi all’operaio.
-
Certo Ikeda-san! Pago adesso o…
-
Non si preoccupi, parlerò direttamente Chiba-san!
Era
evidente nell’uomo l’intenzione di andarsene quanto prima. Forse lo avevano
shockato più del previsto.
-
Ho capito! Bhè, allora grazie per l’aiuto!
-
Si figuri dottoressa, se non fosse stato per Chiba-san oggi non sarei
qui!
Ikeda
Bunzo era stato un paziente di Mamoru. Una mattina di sei anni prima era giunto
in ospedale, vittima di un incidente automobilistico. Le lamiere della sua auto
avevano provocato una lesione ai quadranti superiori dell’addome con
interessamento del fegato e rottura della milza. Dopo cinque ore di intervento
l’equipe di Mamoru era riuscita a fermare l’emorragia e rimettere a posto il
fegato. Da allora Ikeda-san ogni anno, il 13 gennaio data
dell’incidente, si recava in ospedale a trovare il chirurgo che gli aveva
salvato la vita per porgergli i suoi più sentiti ringraziamenti e portando con
sé un dono.
Usagi
era venuta a conoscenza di ciò solo durante un sopralluogo di Ikeda per mettere
a posto i dettagli del suo trasloco: Mamoru non era tipo che amava vantarsi del
proprio lavoro.
- Mi sa che lo abbiamo traumatizzato.
Le parole di Minako non avevano bisogno di conferma: Ikeda Bunzo si era
letteralmente volatilizzato.
-
Temo di sì, non oso pensare cosa dirà a Mamoru quando si incontreranno.
-
Temi che il tuo bel Mamo-chan voglia annullare le nozze dopo aver parlato
con Ikeda-san?
-
Non dire stupidaggini! Mamoru non annullerebbe mai le nozze per una sciocchezza
simile… - Anche se la paura rimaneva. Non tanto a causa di ciò che l’uomo
appena andato via avrebbe raccontato a Mamoru, ma perché non era sicura di
essere lei pronta per il matrimonio… no cavolo! Lei era sicurissima del
matrimonio, temeva solo di non essere all’altezza di Mamoru.
-
Qualcosa non va? Ho detto qualcosa di sbagliato?
Minako…
aveva mai detto alla sua amica quanto fosse importante per lei? Con uno sguardo
riusciva sempre a comprenderla e con una parola a farla riflettere o farla
ridere, a seconda della situazione, e delle sue necessità.
-
Non saprei…
-
Ehi! Che succede! Parlane con me, hai dimenticato? Io sono la guerriera
dell’amore!
Usagi
le aveva sorriso anche se non ne aveva voglia. Le aveva sorriso anche se sentiva
un macigno gravitarle sul cuore… ma Minako era lì e forse se ne avesse
parlato si sarebbe liberata di quei dubbi così stupidi che le rubavano il sonno
da ormai una settimana.
-
Ho paura… - Lo aveva detto. Alla fine era riuscita a dirlo, non ci credeva ma
c'era riuscita. Minako adesso la guardava tacendo. Sapeva che il suo sfogo non
era finito, o per lo meno, sapeva che non sarebbe finito con quelle due semplici
parole. Quello che aveva detto non era sufficiente per la sua amica, volente o
nolente, l’avrebbe costretta a vuotare il sacco, tanto valeva dire tutto di
propria spontanea volontà. – Ho paura di non essere adatta a Mamoru. Ho paura
di non avere la forza per mandare avanti il nostro matrimonio. Ho paura di
deludere lui e tutte le persone che mi vogliono bene. Ho paura di non essere una
buona moglie ed una brava madre… io… forse non dovrei…
Lo
scappellotto che le arrivò dietro la testa la fece bloccare. La voce di Minako
arrivò subito dopo.
-
Ma sei impazzita! Per un attimo mi hai fatto prendere un colpo! Ho temuto che mi
dicessi di non essere innamorata di Mamoru! Pensavo che te ne uscissi ancora con
la storia dell’infatuazione adolescenziale ormai superata! Se mi vuoi bene, ti
proibisco di farmi più scherzi del genere!
-
Io amo Mamoru!
-
E questo è l’importante! Il matrimonio non è un semplice contratto! Il
matrimonio sono dei compromessi! E in ogni modo, nessuno sa fare da subito la
moglie e la madre! E poi tu stai parlando con quella meno pratica della cosa!
Dovevi parlarne con Makoto, a quest’ora non avresti avuto dubbi sul tuo
futuro.
-
Bhè adesso ci sei tu qui con me… e definendo il matrimonio come un
compromesso non è che mi stai tranquillizzando!
-
Ehi! Io non ho detto che il matrimonio è un compromesso, ho detto che sono
diversi compromessi! Dovrai restare accanto a Mamoru anche quando sarà vecchio,
con i capelli bianchi, la memoria corta e la vescica incontinente… fosse solo
la vescica! E lui dovrà restare con te anche quando ti gonfierai come una
mongolfiera e non riuscirai più a vedere neanche i tuoi piedi… senza contare
il momento del parto. Quando lo maledirai in tutte le lingue del mondo! E se
vuoi c’è anche il dopo, quando i tuoi capelli diventeranno bianchi e la tua
faccia si coprirà di rughe e…
Minako
parlava a ruota libera ed intanto girovagava per casa come se si trovasse a
Shibuya.
-
Fammi capire, tu vuoi incoraggiarmi o farmi scappare quando sarò già
sull’altare?
-
Io sono onesta! Sto cercando di farti capire cosa è il matrimonio! Prendi i
tuoi genitori! Loro sono sposati da quasi quarant’anni ed hanno due figli…
secondo te sono felici?
Bhè
parlare della sua famiglia per darle l’esempio non era stata una mossa
intelligente. Sua madre e suo padre stavano insieme da più di quarant’anni
tra fidanzamento e matrimonio, ma non era certo l’amore a tenerli uniti. No,
erano i soldi e questo Minako lo sapeva benissimo, perché farle questo esempio?
-
Non riesco a seguirti! I miei genitori non mi sembrano l’esempio più giusto
per parlare di matrimonio!
-
È questo il punto! Non esistono esempi giusti per il matrimonio! Ogni
matrimonio è una realtà a parte. Non puoi dire che il matrimonio dei tuoi
genitori sia sbagliato mentre è giusto quello dei genitori di Mamoru!
- Veramente neanche quello dei genitori di Mamoru è molto giusto! -
Minako doveva aver dimenticato che Midori-san e Chiba-san erano
divorziati da più di vent’anni.
-
Ti sbagli! Tutti i matrimoni sono giusti, anche quelli che finiscono!
-
Minako…
-
No ascoltami! Tu sei convinta che il matrimonio dei tuoi non è un buon esempio
ma ti sbagli! Siete nati tu e tuo fratello dalla loro unione, avrà pure un
significato no? Anche se si è trattato di un matrimonio di interessi non puoi
negare che, a modo loro, i tuoi genitori ti vogliano bene! E dal matrimonio tra
Midori-san ed il padre di Mamoru è venuto fuori quello che dalla
prossima settimana sarà tuo marito!
Vista
da quella prospettiva le parole di Minako non facevano una piega. Anche se si
era trattato di matrimoni finiti o combinati qualcosa di buono ne era uscito. Ma
allora perché lei non si sentiva più tranquilla. Perché temeva di non essere
adatta per Mamoru… perché aveva paura di deluderlo?
-
Che dovete farci con questa stanza?
Minako
riusciva sempre a parlare quando i suoi pensieri diventavano particolarmente
pericolosi. Aveva alzato la testa ed aveva puntato gli occhi sulla stanza vuota,
al momento usata come ripostiglio.
- Noi… questa stanza…
-
Questa stanza è destinata per quel qualcuno che renderà giusto anche il tuo
matrimonio Usa-chan!
Oddio,
se Minako aveva deciso di farla piangere, ci stava riuscendo alla grande. Si
erano invertiti i ruoli ed adesso era la sua amica la persona riflessiva e lei
era diventata quella lunatica e pronta a cambiare idea nell’arco di cinque
secondi.
-
Parlare di figli mi sembra un po’ prematuro…
-
Dici? Ma se hai gli occhi che ti brillano all’idea di avere un marmocchio
urlante da stringere tra le braccia!
Aveva
gli occhi che le brillavano? Possibilissimo visto che il suo sogno più grande
era quello di avere un figlio da Mamoru, ma non ne avevano parlato e questo la
portava a dubitare dell’opportunità di averne uno subito.
-
Quindi il tuo consiglio è…
-
Il mio consiglio è di prendere il tuo bel Mamo-chan, chiuderlo in
camera, e passare tante e tante ore a sfogare la tua ansia e la tua paura…
vedrai che dopo tu sarai più tranquilla e lui sarà più contento!
-
Baka!
Scoppiarono
a ridere nel giro di mezzo secondo e fu così che Mamoru le trovò appena
rientrato.
-
Ehi! Che avete tutte e due da ridere tanto?
-
Mamo-chan!
Le
bastava vederlo per dimenticare tutte le sue ansie e le sue paure, ed anche le
arrabbiature – adesso il loro rapporto era completamente diverso rispetto a
quello che avevano avuto quasi due anni prima, quando non parlavano ma si
lanciavano direttamente frecciatine iniettate di veleno –. Gli buttò le
braccia al collo e lo strinse come se non lo vedesse da un’eternità, anche se
in realtà erano poco meno di cinque ore.
-
Cosa le hai fatto?
Mentre
la stringeva, Mamoru aveva rivolto quella domanda ad una Minako sorridente e
soddisfatta.
-
Io? Nulla… ha fatto tutto da sola! Adesso io vado, il lavoro sporco lo hai
fatto fare a me, ma questa me la pagherai dottor Chiba!
Minako
aveva assunto la tipica espressione della persona mortalmente offesa e Mamoru
sapeva come farle passare quel muso lungo, era tutto merito dei suggerimenti di
Kunzite.
-
Esagerata! Per quattro scatoloni! Dai che appena mettiamo tutto in ordine ti
invitiamo a cena e mi faccio perdonare!
-
Ci conto! Adesso però scappo, vado all’aeroporto a prendere Kunzite!
-
Aspetta! Ti accompagno!
Rimaste
sole, Usagi riuscì ad abbracciare la sua amica. Avevano diviso per tanti anni
lo stesso appartamento ed adesso l’idea di lasciarla andare la rattristava un
po’.
-
Mi mancherai… - Era riuscita a dire solo questo, altre due parole e sarebbe
scoppiata a piangere.
- Anche tu…
-
Se vuoi… quella stanza potrà essere tua ogni volta che vorrai!
-
Vuoi farmi fare da baby sitter al pargolo o alla pargola mentre tu ed il
tuo maritino vi darete alla pazza gioia? No grazie. Preferisco rimanere con
Kunzite!
Minako le aveva strizzato l’occhio in senso di intesa, il suo voler rimanere
con Kunzite aveva tutta un’altra valenza rispetto a ciò che significava.
-
Grazie per aver fatto il lavoro sporco!
-
L’importante è che adesso tu stia meglio!
Il
sorriso sul suo viso si allargò e la stretta all’amica anche.
-
Sì! Ed è tutto merito tuo!
-
Adesso vai e ricorda: risolvi tutto in camera da letto!
-
Sei l’amica migliore del mondo!
-
Puoi dirlo forte! Sono la sola ad essere qui oggi!
-
Ti voglio bene!
-
Vai vai o Mamoru si insospettisce!
Chiusa
la porta non le restò che andare a disfare i fili intricati della sua mente, ma
forse era meglio che prima si dedicasse ai pacchi che aveva portato a casa.
Casa... il suono di quella parola le piaceva parecchio.
Aveva
trovato Mamoru davanti la porta della stanza destinata, in futuro remoto, al marmocchio
urlante, come era stato ribattezzato da Minako.
-
Che ci fai qui?
-
Niente, pensavo…
-
A cosa?
Non
voleva farsi illusioni! Mamoru non pensava certamente ad un figlio, non adesso.
-
Che ho la futura moglie migliore che si possa desiderare…
Cosa
le aveva consigliato Minako? Di risolvere tutti i suoi problemi in camera da
letto, non aveva specificato però quale… e forse fu per questo che si avvicinò
al suo Mamo-chan e lo baciò con tutta la passione di cui era capace.
Un po’ di tempo dopo, in un’altra camera da letto, Mamoru accarezzava
la schiena nuda di Usagi, sdraiata sul suo torace.
-
Adesso puoi dirmi cosa ti tormenta da un po’ di tempo?
Usagi
aveva alzato la testa sorpresa da quella domanda inaspettata.
-
Io… bhè niente di che… è una sciocchezza…
-
A maggior ragione, visto che è una sciocchezza, sono curioso di conoscerla…
Era
difficile spiegare cosa l’aveva tormentata per così tanto tempo, forse non
era neanche giusto. Erano stati dei dubbi stupidi ed insensati, che motivo aveva
di rischiare di ferire Mamoru con le sue parole?
-
Usako…
Però
se lui la chiamava in quella maniera, e continuava ad accarezzarla con tutta
quella dolcezza, era difficile resistere alla tentazione di saltargli addosso e
baciarlo, ah! Lei già gli era praticamente spalmata addosso.
-
Io credo che tu debba fare un mega regalo a Minako. Sai ha fatto lei il lavoro
sporco!
-
Non hai proprio intenzione di dirmi nulla?
Doveva
parlare? A che pro? No, era meglio tenersi i dubbi e basta, in fin dei conti
Mamoru l’amava, il resto si sarebbe sistemato da sé.
-
Preferisco di no…
-
Come vuoi…
Il
massaggio alla sua schiena continuava ininterrotto e presto i suoi occhi
iniziarono a chiudersi per il profondo stato di rilassamento raggiunto.
-
Usako…
La
voce di Mamoru la strappò, quasi, dalle braccia di Morfeo.
-
Dimmi Mamo-chan…
Aveva sonno, ma non voleva addormentarsi, aveva un’infinità di lavoro
da svolgere.
-
Sai a cosa pensavo mentre guardavo quella stanza vuota?
Negò
con la testa ma si fece più attenta. Non sapeva perché ma credeva che presto
Mamoru le avrebbe confidato un segreto molto importante, lo capiva dal come le
parlava senza guardarla. Era sempre così quando doveva confessarle qualcosa che
per lui era molto imbarazzante. Baciandogli la punta del naso cercò di
incoraggiarlo.
-
Che mi piacerebbe che quella stanza, presto prestissimo, diventasse la camera di
un figlio nostro.
Sulle
ultime parole aveva chinato il capo per guardarla e lei… lei non riuscì a
trattenere le lacrime ed il sorriso spontaneo che nacque di conseguenza.
-
Oh Mamo-chan! Sei incredibile! Anche quando non sai cosa mi turba trovi
sempre il modo di rassicurarmi! Ti amo! Ti amo! Ti amo!
Lo
strinse forte a sé e non volle più lasciarlo andare.
Era
stata una stupida.
Era
stata una stupida ragazzina preda dell’ansia.
Tra
i suoi capelli fu lasciato un bacio casto ma carico d’amore ed Usagi compre
che non occorrevano parole per spiegare il perché di quella reazione.
L'angolo dell'autrice
Scusate ma dovrete sopportarmi anche qui sotto! :)
Non temete, sto lavorando anche alla fic madre, se così possiamo dire. Ad un passo da te è tra le mie priorità, riguardo le fic naturalmente. Ma ve lo dico fin da ora, dopo il prossimo aggiornamento la sottoscritta entrerà in pausa fino, almeno, alla metà di marzo. In questa sessione di esami dovrò dare due materie che sono due pietre miliari della medicina e dovrò concentrarmi solo ed esclusivamente su di esse.
Un'ultimissima precisazione: un grazie va anche alla Divina Ellephedre che mi ha aiutata per dissipare un dubbio atroce che non mi permetteva di andare avanti, concludere la fic e pubblicarla.
Adesso vi lascio sperando di non ricevere troppi pomidori!
Alla prossima!