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Autore: Bec77    25/01/2011    1 recensioni
C'è una bambina sotto al lampione. Se ne sta immobile, con lo sguardo rivolto a terra e i lunghi capelli ricci che le ricadono sul viso, che le nascondono la maggior parte dei tratti. E poi c'è un giovane strano, che le si avvicina e si offre di aiutarla, cantando e suonando. Si atteggia a salvatore, e forse lo diverrà realmente per qualcuno, anche se in un modo un po' strano...
(Scritta per il "Dualismo contest" di herit, indetto sull'EFP forum)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La semplice storia di una bambola


Questa è la vita! l’ebete
Vita che c’innamora.
Lenta che pare un secolo,
Breve che pare un’ora;
Un agitarsi alterno
Fra paradiso e inferno
Che non s’accheta più!

(Dualismo - Arrigo Boito)


C'era una bambina silenziosa sotto al lampione. La pioggia sembrava evitare il cono di luce che quest'ultimo creava, perciò la bimba se ne stava ai suoi piedi, inginocchiata sul mosaico di tasselli bianchi e rosso mattone che delineavano il marciapiede. Indossava vestiti piuttosto antichi, di un blu che sembrava quasi nero sotto al cono di luce, e i suoi capelli, così ricci da sembrare finti e di un castano pallido, le adornavano il viso da bambola, perfetto in ogni dettaglio. Sembrava in attesa di qualcosa.
Quella sera la strada era vuota e silenziosa, se si escludeva il veloce e leggero picchiettare della pioggia, seppur essa fosse una di quelle più trafficate durante il giorno. Sembrava che, all'improvviso, vi fosse caduto un incantesimo. Eppure ad un tratto qualcosa si mosse: nell'oscurità della sera avanzò una figura alta e slanciata, vestita con pantaloni rattoppati, una camicia e una giacca variopinte, come un moderno Arlecchino; camminava e canticchiava, accordando un mandolino e ignorando la pioggia. Solo ogni tanto lanciava uno sguardo ai suoi piedi, giusto per vedere dove li metteva. Fu in questo modo che si accorse di lei. Dapprima alzò solo un sopracciglio, poi avanzò con passo zoppicante e allegro verso la bambina. Le si accucciò di fronte e, dopo aver strimpellato qualche nota, la fissò.
"Cosa ci fa una fanciulletta come te qui, a quest'ora di notte?" chiese con voce cantilenante.
Per la prima volta, la bimba alzò lo sguardo dal selciato. I suoi occhi azzurri trafissero quelli altrettanto azzurri dell'uomo, e per un attimo fu come se due cieli s'incontrassero e si fondessero, per poi amalgamarsi tutto ad un tratto. Solo alla fine di quel magico momento lui distolse lo sguardo per strimpellare qualche debole e malinconica nota con il suo mandolino.
"Dunque è per questo, piccola bambola, che ti trovi qui?"
Sembrava che ci fosse stata una silente conversazione fra i loro occhi. Al moderno Arlecchino dai capelli color paglia tanto era bastato per capire.
La bambina rimase in silenzio, ma dai suoi occhi azzurri nacque una piccola lacrima che le rigò una guancia. Essa sparì quasi subito fra i merletti candidi del colletto dello sfarzoso vestito, lasciando dietro di sé solamente una scia umida e luccicante. Una visione che strinse il cuore del povero Arlecchino, che corrugò la fronte, chiuse gli occhi e annuì.
"Riposa, mia cara sorella di porcellana. Ci penserò io a diffondere la tua dolce e malinconica storia... Sarò il tuo umile menestrello per questa sera."
Dunque s'alzò in piedi e, senza aggiungere altro, l'improvvisato Arlecchino menestrello cominciò a cantare con voce alta e satura di sentimenti contrastanti la storia di quella piccola bambola, abbandonata sotto a un lampione...

* * *

Una strana melodia aveva appena invaso i suoi sogni. Era dolce e allo stesso tempo infinitamente triste. Martina strinse a sé la sua bambola per avere un po' di conforto, e solo allora si accorse della sua presenza fra le proprie mani. La riconobbe subito.
"Giada..." sussurrò, accarezzandone i finti capelli bruni raccolti in una pettinatura elaborata.
Martina ricordava di averle dato quel nome per quei suoi occhi di un verde così limpido da sembrare quasi trasparente; per cucirglielo addosso e ricordarselo, poi, aveva insistito con i suoi genitori per comprarle un vestito verde smeraldo e cucirle sull'elaborata acconciatura un capellino dello stesso colore, adornato come il vestito da tanti pizzi. Il risultato era stato più che soddisfacente, e fino a che non raggiunse l'età di dodici anni Martina portò Giada sempre con sé, ovunque andasse. Poi un giorno Giada cadde dalla finestra, vicino cui Martina l'aveva appoggiata per aiutare la madre, e siccome il loro appartamento si trovava al secondo piano quando la bambina scese le scale trovò davanti a sé uno spettacolo orrendo: la testa di Giada si era staccata dal resto del corpo di porcellana, qualche scheggia era sparsa qua e là, e i suoi occhi trasparenti e così vivi le erano sembrati vuoti e morti all'improvviso. Non ci fu modo di ripararla, così sua madre obbligò Martina a buttarla nello scatolone con i giocattoli vecchi.
"Giada è andata in un posto migliore." le aveva detto. Era bastato comprarle un nuovo giocattolo, poi, per tirarla su di morale.
La Martina quindicenne guardò affranta la Giada fra le sue mani, integra e con un velato sorriso sulle labbra piene di bambola.
"Vorrei non averti mai appoggiata vicino a quella finestra, sai Giada?" le mormorò guardandola negli occhi. "Mi sei mancata tanto..."
"Allora perché hai permesso a tua madre di buttarla in quello scatolone?" chiese all'improvviso una voce cantilenante alle sue spalle.
Martina trasalì e si voltò, terrea in viso e stringendo Giada al petto. Dietro di lei era apparso uno strano personaggio dai capelli biondi e gli occhi di un abbacinante azzurro, vestito di un completo piuttosto buffo e colorato; portava con sé un mandolino, le cui corde venivano continuamente pizzicate dalle sue dita lunghe e pallide. Non la guardava nemmeno negli occhi, sembrava educatamente concentrato su ciò che stava facendo... Eppure era sicura che fosse stato lui a parlare.
Deglutì.
"Chi sei?"
Lo strano personaggio alzò finalmente la testa e le sorrise.
"Chiamami come preferisci. Per stanotte, però, sappi che sono solo un umile menestrello che va cantando la storia di una povera bambola."
Martina non si mosse, pensosa.
"Sei la mia coscienza? Sei venuto a rimproverarmi di aver gettato via Giada?" gli chiese con voce tremante.
L'umile menestrello le sorrise ancora e ripetè: "Chiamami come preferisci.", poi si concentrò sulle quattro corde del mandolino e aggiunse, "Ma la storia che vado cantando è molto simile a quella della tua Giada, dunque fa' attenzione alle mie parole."
Eppure il suo canto, quando aprì bocca, non era formato da parole: non ne aveva bisogno. La melodia, invece, veniva direttamente dal cuore del menestrello: nella mente di Martina si formarono mille e mille immagini, che la sua mente raccolse e ricompose davanti ai suoi occhi. Come aveva detto il biondo menestrello si trattava della storia di una bambola: cominciava con Tea, una bambina tutta sorrisi e fossette che un giorno passò davanti a una vetrina e vide una bellissima bambola, vestita di un abito blu scuro e con tanti capelli chiari e ricci; sembrò innamorarsene e se la fece regalare dai genitori per Natale. Il nome che le diede, e che Martina non udì, richiamava il colore dei suoi abiti. Tea crebbe con un animo sensibile, forse troppo fragile per ciò che avrebbe dovuto affrontare. La bambola di porcellana dai capelli ricci le rimase accanto per tutto il tempo, immobile... e felice. Felice perché la bambina, crescendo, non l'aveva abbandonata e continuava a riferirsi a lei come una confidente, una persona vera (un'amica) a cui poteva raccontare tutti i suoi segreti; perché anche arrivata all'età di vent'anni la portò affettuosamente con sé nella sua nuova casa, sistemandola su una mensola vicinissima alla sua scrivania; perché ogni volta che rincasava era a lei, bambola, che andava il primo sorriso, nonostante fosse un essere inanimato per lei. Ma come accennato, Tea era una giovane troppo fragile per vivere in quel mondo tanto crudele, tanto umano; lei... s'innamorò. Affidò ad un'altra persona parte della sua vita, la più importante dal punto di vista della bambola. In un primo momento Martina poté sentire la grande felicità e curiosità della bambola verso quel sentimento: essa era contenta che Tea stesse vivendo quel momento, perché tornava a casa raggiante, con le guance rosse e gli occhi lucenti; sembrava addirittura più bella di quanto già era. Ben presto, però, quella contentezza scomparve. Tea cominciò a tornare a casa sempre più triste. Sembrava un fiore in procinto d'appassire, e che nel mentre passava attraverso una lenta e terribile agonia: quando tornava a casa non le sorrideva più, e non aveva nemmeno la forza di parlarle. Ad un certo punto smise di mangiare, e il suo volto si fece magro e pallido, e poi sempre più scavato. Cominciò a lasciarsi andare...
"Basta!" urlò ad un certo punto Martina, riaprendo gli occhi.
La melodia, che aveva raggiunto note drammatiche e pesanti, s'interruppe. Il menestrello smise di cantare e suonare; guardò Martina, che stringeva a sé Giada e singhiozzava lasciando che calde lacrime le bagnassero le guance.
"E' una storia orribile!" esclamò la quindicenne, stringendo di più Giada. Guardò il menestrello arrabbiata, ma lui continuò a guardarla con un'espressione un po' meravigliata.
"Strano... Io l'ho trovata una storia stupenda appena l'ho sentita." le rispose semplicemente.
Martina si asciugò le guance, ancora singhiozzante, e per un attimo sembrò pensosa.
"Come puoi averla trovata stupenda? E' una storia molto triste: parla di una ragazza con il cuore spezzato..."
Il menestrello scosse la testa, poi la guardò stupito.
"Non capisci? Questa non è la storia della ragazza, assolutamente!, ma quella di una bambola, del suo amore per quella persona, e del suo cuore spezzato!"
Martina lo guardò come se fosse un pazzo. Poi si ricordò quello che le aveva detto all'inizio (che la storia di quella bambola era simile a quella di Giada), e lo guardò sospettosa.
"Ma tutto questo cosa c'entra con Giada?" gli chiese.
Il menestrello dagli occhi azzurri si corrucciò, come offeso da quella domanda.
"Se tu avessi finito di ascoltare la storia, forse lo avresti capito." le rispose un po' mogio.
Martina comincinciava ad arrabbiarsi. Quel giovane (perché tale era, nonostante due lievi occhiaie grige alla base degli occhi che lo invecchiavano di qualche anno e gli strani abiti) si stava burlando di lei, non c'erano altre spiegazioni, si disse. E poi era volubile e capriccioso, a suo dire, e questo la infastidiva.
"Cos'altro c'era da vedere?!" chiese a quel punto la ragazzina, rabbiosa.
"Il resto della storia, ovviamente." rispose con semplicità il menestrello. E senza darle possibilità di replica, ricominciò a cantare e suonare.
Martina si trovò di nuovo ad osservare la storia della bambola da spettatrice. Sentì la sua tristezza e la fece sua, come se la bambola fosse stata lei. Tea era stesa sul letto in quelle immagini che si susseguivano davanti ai suoi occhi, e chissà come Martina era sicurissima che non si trovasse lì da poco: ne era così certa che pensò che tale consapevolezza fosse colpa dei sentimenti della bambola, che percepiva in modo completo. Oltre alla tristezza, nel cuore della bambola (e Martina si chiese come potesse essere possibile per un essere inanimato avere un cuore) si fecero strada altri sentimenti: frustrazione, rabbia, e infine odio. Odio per quella persona che aveva trasformato in un fiore morente Tea. Tutte queste emozioni non fecero che aumentare il giorno in cui la giovane rialzò per la prima volta la testa dal cuscino e, con occhi lucidi di pianto e come se la vedesse per la prima volta dopo secoli, la guardò negli occhi. Le sorrise debolmente.
"Marina... credo proprio che uno di questi giorni morirò. Sento il mio cuore spezzato in due, e fa malissimo...", e cominciò a piangere mentre parlava. "Mi dispiace, Marina. Credo che dovrò lasciarti sola."
Martina poté sentire l'urlo interiore di Marina (la bambola, di cui finalmente sapeva il nome), e fu come se un terremoto avesse fatto tremare la terra sotto ai suoi piedi, tanto era il dolore, ed essa fosse venuta a mancare. Era una sensazione così forte e pesante che si sentì soffocare per un attimo. Eppure dopo qualche secondo sparì. Sentì una melodia lontana farsi appena più dolce, e le immagini ricominciarono a scorrere con tranquillità davanti ai suoi occhi.
Questa volta Tea era in ginocchio per terra. Stava mettendo in uno scatolone portafoto e oggetti fragili, chiudendoli in tanti fogli di giornale. Aveva un bel sorriso stampato sulle labbra, le sue guance erano tornate paffute e rosa, e i suoi occhi brillavano di nuovo di vita. Erano luminosi anche per una nuova determinazione, che avvolgeva completamente la sua figura. Quando alzò gli occhi su Marina le sorrise... ma era un sorriso strano, un po' triste e nostalgico. Si alzò in piedi e si avvicinò allo scaffale, per poi prendere Marina fra le braccia.
"Abbiamo passato tanti momenti assieme, Marina, sia belli che brutti. Sei stata la mia confidente per tanto tempo ma... ora basta. Sono cresciuta, mi sento più forte. Non ho più bisogno di qualcuno che mi tenga compagnia e mi sostenga. L'ultima persona a cui mi sono affidata mi ha tradita, e tanto mi basta."
Si avvicinò lentamente allo scatolone, e mentre un grido di dolore proveniente da Marina pungeva il cuore di Martina, Tea ripose la bambola fra diversi fogli di giornale. L'ultima cosa che Martina udì prima che si facesse tutto nero fu la voce di Tea che dava il suo ultimo saluto alla sua infanzia, adolescenza e prima giovinezza, tutte racchiuse simbolicamente in Marina.
Quando Martina riaprì gli occhi stava piangendo di nuovo. Il menestrello era piegato sulle ginocchia davanti a lei dato che inconsciamente, mentre riviveva la storia della bambola, si era inginocchiata a terra stringendo Giada, e la guardava con un'espressione seria e triste allo stesso tempo, con le mani piegate sotto al mento.
"Hai capito, ora, perché dicevo che le storie di Marina e Giada sono molto simili?" le chiese. Non c'erano particolari inflessioni nella voce, sembrava una domanda come un'altra.
Martina si asciugò qualche lacrima prima di rispondere. In bocca poteva sentirne il sapore salato: doveva aver pianto molto senza rendersene conto.
"Io non volevo abbandonare Giada..." rispose.
"Ma Giada ha interpretato le tue azioni come tali. Tu non l'hai più cercata, come se non avessi più bisogno di lei... e questo le ha fatto molto male." Poi il volto del menestrello si adombrò. "Sai, per le bambole e per esseri come me non esistono il Paradiso e l'Inferno come per gli esseri umani, ma c'è qualcosa che ci spaventa quasi quanto l'idea dell'Inferno a volte spaventa voi umani: il Paradiso delle bambole è il calore umano, il sentire che l'umano vicino a loro gli vuole bene; il loro Inferno - ciò che più temono - è il venir abbandonate o dimenticate, l'essere lasciate su uno scaffale in mezzo alla polvere, o l'essere messe in uno scatolone, chiuso, celato allo sguardo di tutti... nel buio più totale. Loro amano, odiano, e provano emozioni come gli esseri umani, anche se loro - voi, cara Martina, non ve ne rendete conto. E quando decidete di tirarle fuori dallo scatolone come in questo momento..."
... Il menestrello allungò una delle sue dita lunghe e scostò una ciocca dei capelli bruni della bambola, rivelando i suoi occhi verdi pieni di lacrime. Una di esse le rigò una guancia, e la bocca di Martina si aprì come se la quindicenne volesse urlare per la disperazione, o dirle di non piangere...
"... Bé, quando le si tira fuori dallo scatolone la felicità è così tanta che loro tornano a sperare. E la speranza muore nuovamente quando vengono rimesse in quel posto orribile. Capisci, Martina?"
La ragazzina fece cenno di sì con la testa, poi asciugò l'unica lacrima che aveva rigato il volto di Giada.
"Cosa posso fare per rimettere a posto i cocci del suo cuore?" chiese con tono quasi disperato. Non voleva che la sua bambola provasse le stesse emozioni della bambola di Tea, la povera Marina.
Il menestrello le sorrise.
"Oh, è molto semplice: tienila ancora con te fino a che non arriverà il momento di donarla a una persona a te cara, che se ne prenderà cura tanto e bene quanto hai fatto tu. E' l'unico modo per non farle precipitare nell'Inferno più nero, cara Martina."
Tirando su con il naso, Martina annuì. Poi aggrottò la fronte e, stringendo ancora una volta Giada fra le sue braccia e appoggiando il capo sul suo cappellino, guardò il ragazzo e gli chiese: "Dov'è Marina, ora? E' ancora in quella scatola?... E tu chi sei veramente?"
Il menestrello si alzò in piedi e riprese da terra il suo mandolino. Lo strimpellò per qualche secondo prima di risponderle.
"Marina vuole salvare le altre bambole... Il suo spirito, " e vedendo l'espressione confusa e stupita di Martina sorrise, "vaga per salvarle. Ha sentito il grido di Giada e ha voluto aiutarla. In quanto a me: sono solo un umile strumento, in questo caso, di queste povere anime. Chiamami coscienza, chiamami come più desideri. La mia essenza è una ed è costituita solo da tanta buona volontà." finì sorridente, con un buffo inchino per lei e la bambola.
Martina rise per la prima volta.
"Sei il Principe Azzurro delle bambole, allora! Peccato per il vestito..."
Lui fece una faccia genuinamente sorpresa.
"Come puoi criticare il mio vestito?! Tutte le donne che ho aiutato lo adorano." rispose fintamente piccato, con il petto in fuori. "Anche Giada! Vero, cara?"
Martina nascose Giada dietro la schiena con il sorriso sulle labbra.
"Giada ha sicuramente gusti migliori. Non può piacerle un Principe Azzurro travestito da Arlecchino!"
A quel punto il povero menestrello alzò le spalle, strimpellando qualche nota allegra con il mandolino.
"Se ha gusti migliori non ti so dire: sei tu quella che la conosce meglio..."
E con quest'ultima stoccata a Martina e un furbo sorriso, il sogno terminò e la melodia si spense...

* * *

La strada era ancora deserta quando l'umile menestrello tornò dalla bambola sotto al lampione. La pioggia, intanto, aveva smesso di cadere. La guardò teneramente e le tese una mano quando le arrivò di fronte.
"Ho fatto il mio dovere, Marina, ora non hai nulla da temere per quella piccola bambola. Lei continuerà a vivere nel suo piccolo Paradiso..." le disse con dolcezza.
La bambina alzò lentamente la testa. I suoi occhi azzurri ora non erano più tristi come prima, e le sue labbra parevano quasi aver preso la piega di un sorriso. Allungò la sua mano minuta e dalla pelle lattea per metterla in quella del ragazzo, e questi la tirò in piedi. La bambola era così leggera, però, che lui dovette afferrarla per le spalle per non farla volare più in là. Poi, con un altro sorriso, la prese per mano e le indicò il fondo della via.
"Bé, allora andiamo: qui abbiamo finito." La vide alzare la testa verso di lui: la sua espressione si era fatta improvvisamente triste. Lui però le sorrise. "Rimarrò io con te per il tempo a venire, non ti lascerò sola... Continuerò a cantare la tua storia per salvare altre bambole. Ora sei contenta?"
Le labbra della bambola, finalmente, si piegarono in un vero sorriso. Lentamente, la bambola-bambina prese un lembo del suo vestito blu un po' impolverato e lo alzò, rivelando piedini che calzavano scarpette nere, e con passo leggero cominciò a camminare mano nella mano con il giovane menestrello lungo il marciapiede.
In quel momento, Martina si svegliò dal sogno stringendo la sua Giada appena ritrovata, proprio mentre il Principe-Arlecchino delle Bambole intonò a gran voce un'allegra canzone mentre si allontanava. Martina corse alla finestra e la spalancò, giusto in tempo per vedere il ragazzo dai capelli color paglia e una giovinetta dai lunghi capelli chiari e riccioluti andarsene per mano. Sorrise contenta mentre chiudeva la finestra, e sperò con tutto il cuore che la missione di Marina e di quell'improvvisato Principe potesse avere buon fine.
 


N/A: Storia scritta per “Dualismo contest” indetto su EFP da herit, che ringrazio con tutto il cuore perché mi ha dato la possibilità di scrivere questo piccolo racconto che mi ha dato tanta soddisfazione, personalmente. Attualmente il contest è ancora in corso (si basa sugli opposti, e io ho scelto Paradiso/Inferno), ma ho avuto il permesso di pubblicare la storia prima che uscissero i giudizi, quindi per chi vuole sapere a che posto si posizionerà... bé, sappia che dovrà tenere d'occhio questa pagina!
In futuro potrebbe far parte di una raccolta di racconti, comunque. =)

 

   
 
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