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Autore: NonnaPapera    27/01/2011    9 recensioni
Si alzò, si tolse il camice e spense la luce del suo ufficio, per quel giorno di emozioni ne aveva avute fin troppe, in fondo Silvia –qualunque cosa fosse- aveva ragione:
La vita ha strade infinite. Magari si sarebbero rincontrati ed in quel caso –solo in quel caso- lui si sarebbe nuovamente posto il problema sulla vera natura della ragazza
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita ha strade infinite

Raffaele sbuffò infastidito fissando il grande orologio che era appeso alla parete del suo studio.

Il paziente, con il quale aveva un appuntamento, era come al solito in ritardo. Il sig. Eugenio era –insieme ad altri pazienti- un’eredità del suo predecessore, però tra tutti gli ex pazienti di Franco quello era certamente il più insopportabile. Quell’uomo riusciva sempre a fargli perdere del gran tempo, arrivava puntualmente in ritardo agli appuntamenti e poi, una volta nel suo studio, lamentava sempre dei dolori immaginari e si preoccupava di patologie assurde che non aveva.

Una vera palla al piede, purtroppo il suo lavoro era anche quello perciò generalmente si armava di santa pazienza e pregava che il tempo passasse velocemente.

Guardò ancora verso l’orologio, le tre e due minuti; per ora il signor Eugenio era in ritardo “solo” di venti minuti.

Decise che l’avrebbe aspettato ancora per dieci minuti –giusto il tempo per terminare di compilare alcune ricette al computer- poi avrebbe chiuso l’ufficio e sarebbe andato a bersi un buon caffè.

Si mise al lavoro e il tempo passò lento, fintanto che un lieve bussare non gli fece sollevare la testa dallo schermo.

Controllò l’ora sul display del pc: erano le tre e un quarto precise. Borbottò un “Avanti” poco amichevole e si ripromise di rimproverare il paziente per il ritardo.

Era talmente seccato che non si prese la briga neppure di alzare lo sguardo e di salutare, ecco perché sussultò quando una voce melodiosa e femminile lo salutò cordialmente.

“Buongiorno dottore”

Raffaele alzò finalmente gli occhi sorpreso e alla vista della donna rimase a bocca aperta.

Una ragazza sulla ventina era lì, ferma sulla soglia del suo ufficio e sorrideva nella sua direzione. Era vestita con una lunga gonna -che le arrivava fino alle caviglie- di colore ambrato che le delineava i fianchi, mentre una camicia beige dal taglio particolare le fasciava il busto mettendone in evidenza i seni morbidi e grandi.

Il volto tondeggiante - non particolarmente bello nel senso più puro del termine- era contornato da una chioma di capelli neri leggermente mossi –raccolti in una coda bassa-, la bocca era piccola e pallida così come anche il colore della sua carnagione. Gli occhi invece erano coperti da degli occhiali da sole.

Nel complesso non si poteva definire una ragazza calendario, però era proporzionata e comunque graziosa.

Sorrise esitante e domandò:

“Mi scusi se la disturbo, io cercavo il dottor Chinnini, Franco Chinnini”

“Il dottor Chinnini è andato in pensione meno di un anno fa,” si affrettò a spiegarle.

“Davvero?” chiese sorpresa, poi aggiunse “Eppure mi pareva giovane”

“Si effettivamente è andato in pensione piuttosto presto… purtroppo ha avuto un’esperienza dolorosa per via di un paziente… ma non so esattamente cosa sia accaduto. Comunque se posso esserle utile io!”

“Mi dispiace davvero per lui, era veramente una persona straordinaria… Lei sarebbe?” chiese poi la giovane fissando al di là della spalla del medico.

“Il dottor Raffaele Terribile” si presentò aspettandosi una battuta stupida sul suo cognome.

La ragazza si limitò a piegare leggermente all’insù gli angoli della bocca e a mormorare:

“Che cognome particolare, chissà quante battute al riguardo”

Raffaele la stimò per questa sua uscita e poi si affrettò a ripeterle:

“Se la posso aiutare in qualche modo…”

“Ohh bhè non saprei, lei per caso ha modo di vedere il dottor Chinnini di tanto in tanto?”

“Si, saltuariamente passa di qui per salutare colleghi ed infermieri, vuole che gli dia un suo messaggio?”

“Lo farebbe? Sarebbe veramente gentile da parte sua”

“Certamente signorina…”

“Silvia”

“E di cognome?”

Silvia rimase per alcuni istanti in silenzio, come se stesse pensando intensamente a qualcosa poi parlò:

“Non importa, Silvia basterà… il mio cognome proprio…” scosse la testa.

Raffaele la guardò allucinato… possibile che tutti i pazzi scriteriati capitassero nel suo studio? Questa Silvia non voleva dirgli il suo cognome!

“Signorina, si sente bene? Mi pare piuttosto disorientata”

“Si si, non si crucci per me io sto bene” poi frugò nella piccola borsa che teneva sul braccio e ne estrasse una busta chiusa.

“Tenga”

“Cos’è?” chiese Raffaele senza muovere un passo.

“ Il messaggio da dare al dottor Chinnini naturalmente” mormorò Silvia accennando alcuni passi in avanti.

“Ah certo mi scusi…”

Raffaele allungò la mano pensando che la ragazza gli avrebbe consegnato la busta ma Silvia non si mosse, limitandosi semplicemente a sorridere.

Poi con lentezza portò una mano verso il volto e si tolse gli occhiali da sole.

Era cieca.

Due iridi completamente bianche fissarono il vuoto in cerca di un rumore che potesse indirizzarle.

“Oh mi scusi non avevo capito che fosse…”

“Non si preoccupi! Solo… se viene lei a prendere la lettera mi fa un gran favore” sussurrò sorridendo amichevole.

Raffaele girò attorno alla scrivania e le andò vicino, prendendo in consegna la busta.

Poi la sua attenzione venne nuovamente catturata dagli occhi di lei, sembravano vivi e funzionanti, nonostante il colore bianco delle iridi facesse chiaramente comprendere che non era così.

Si, decisamente degli occhi strani che per quanto fossero bianchi, non davano quel senso di avversione che generalmente provocano gli occhi senza luce di un non vedente.

Raffaele rimase alcuni istanti a fissare stregato lo sguardo di Silvia. Quello era il bianco più bello che avesse mai visto in vita sua.

La mano della giovane, che si rimise gli occhiali, lo distolse dai suoi assurdi pensieri.

Volse lo sguardo verso lo schermo del suo computer per controllare che ora fosse.

Le tre e un quarto… che strano eppure avrebbe giurato che la conversazione fosse durata più di un misero minuto!

Comunque constatando che aveva ancora del tempo libero si rincuorò, anche perché quella giovane donna lo incuriosiva parecchio e voleva approfondirne la conoscenza, perciò in un impulso improvviso chiese:

“Lei ha da fare? Sa sto aspettando un paziente che è ritardatario cronico, però mentre lo attendo se le fa piacere potremmo chiacchierare” subito dopo questa sua uscita si diede dello stupido da solo, certamente una ragazza di vent’anni -seppur cieca- aveva le sue cose da fare!

Invece, nuovamente, Silvia lo sorprese, accettando l’invito e tendendo una mano per farsi guidare verso la sedia.

Parlarono di molte cose, principalmente parlarono di lui: della sua vita, degli studi universitari, della sua volontà di diventare medico e del fatto che non l’avesse scelta lui come professione.

Era stata più che altro una specie di eredità, il nonno era cardiologo, il padre pediatra e la madre una geriatra, la sua era stata una scelta pilotata fin dalla nascita.

Però, col tempo, si era reso conto che quella del medico era la carriera più adatta a lui. Amava stare a contatto con la gente, si sentiva appagato e la sera quando andava a casa -per quante fossero le preoccupazioni o i problemi- non era mai insoddisfatto di sé.

Si era specializzato in neurochirurgia, ma aveva deciso –questa volta di sua volontà- di impiegarsi come medico generico, appunto perché era il ruolo che più gli si confaceva.

Queste informazioni gli uscivano dalla bocca come un fiume in piena, non si preoccupava di ciò che diceva, parlava e basta.

Raffaele si sentiva bene, come se stesse conversando con un amico d’infanzia.

Il feeling tra loro era palpabile, più volte lei fece delle battute molto ironiche e lui rise di gusto.

Ad un certo punto si ritrovò a pensare che di una donna così ci si poteva innamorare –salvo poi prendersi in giro da solo per un pensiero tanto bislacco-

Lei gli raccontò che non era sempre stata cieca –era per questo che aveva conosciuto il dottor Chinnini- lo era diventata gradualmente, ma nessuno riusciva a capacitarsi del perché.

A quella notizia Raffaele si era proposto di farla visitare da dei suoi colleghi esperti e molto competenti, specializzati in vari campi.

Silvia aveva semplicemente risposto che se Franco Chinnini non aveva saputo fare nulla, allora era il caso di rassegnarsi.

Raffaele non aveva insistito per due motivi, primo perché –benché si trovassero bene insieme- non poteva certo imporsi con una persona che conosceva da meno di alcune ore, secondo perché –doveva ammetterlo- il Chinnini era stato ed era a tutt’ora –nonostante il pensionamento- uno dei medici più rinomati dell’intero stato.

Chiacchierarono ancora del più e del meno, degli interessi, della famiglia.

“Ora devo proprio andare, non ho più tempo!” mormorò Silvia ad un certo punto.

Raffaele acconsentì scusandosi di averla trattenuta così a lungo.

“No non si scusi per me è stato un piacere, dove sto adesso non c’è mai modo di fare delle conversazioni tanto belle… è un vero mortorio!” rise allegra alle sue stesse parole, come se avesse detto una cosa esilarante, poi salutò e si allontanò per il corridoio, sfoderando un bastone bianco ripiegabile dalla borsetta.

“Se le va… ci potremmo rivedere” azzardò mentre lei era già quasi all’uscita.

“Sarebbe bello” ammise lei aggiungendo “Chissà la vita ha strade infinite!” ed uscì.

Dopo quel commiato Raffaele decise che avrebbe chiuso lo studio e si sarebbe andato a prendere un caffè, ormai il signor Eugenio non sarebbe arrivato più.

Stava per uscire quando si sentì chiamare dal fondo del corridoio.

“Dottore! dottor Terribile aspetti… dove sta andando? Avevamo un appuntamento”

Raffaele si voltò e vide un uomo sulla quarantina, capelli appena brizzolati sulle tempie, fisico asciutto e modellato dalla palestra che gli correva incontro.

“Signor Eugenio… alla fine è arrivato!” sbuffò tra i denti Raffaele “Purtroppo io non ho tempo da dedicarle, se fosse arrivato qualche ora fa…”

Eugenio lo fissò stralunato e poi una volta raggiuntolo gli disse:

“Mi scusi per il ritardo, ho avuto problemi con dei fornitori e non potevo allontanarmi dall’ufficio… comunque sono in ritardo di trentacinque minuti, perché parla di ore?”

Fu la volta di Raffaele di fissare il suo interlocutore con sguardo smarrito, poi guardò il suo orologio da polso e si sorprese -se possibile ancor a di più- il display elettronico segnava 15:16.

Non era possibile, aveva passato molto tempo in compagnia di Silvia.

Si annotò mentalmente che avrebbe dovuto risistemare l’orario del suo pc, era chiaro che fosse sbagliato.

“Allora sono ancora in tempo?” chiese speranzoso Eugenio.

Preso in contropiede Raffele farfugliò un : “Si… si” poi pensò fosse il caso di scusarsi per la scortesia iniziale “Sa ho passato delle ore a conversare con una graziosa ragazza non-vedente… e il tempo è volato, pensavo fosse molto più tardi, invece…”

“Si figuri, la capisco benissimo sa? Quando si sta con una bella donna si perde la cognizione del tempo! Ha detto che era cieca?”

“Già, lunghi capelli neri leggermente mossi, vestiti un po’ antiquati… comunque vaniamo a noi, cosa si sente oggi?”

“ Secondo me sto covando qualcosa, ho la gola che mi raspa e ogni tanto mi sento stanco, ma non stanco stanco solo un poco di indolenza non saprei definirla bene e… sa una cosa, quando ha descritto quella ragazza mi ha fatto venire in mente una ex paziente del dottor Chinnini” cambiò tutto d’un tratto discorso Eugenio.

Raffaele che già stava scollegando il cervello –tanto i sintomi che descriveva erano sempre gli stessi- si rianimò e lo fissò attentamente, attendendo che continuasse.

“Potrebbe essere, ha detto che conosceva il dottore”.

Eugenio scosse con forza la testa negando senza esitazione.

“Non è possibile, mi creda certamente non è la stessa persona, la ragazza di cui parlo io è morta –pace all’anima sua- un anno fa! Penso proprio in questo periodo, me lo ricordo perché poi il dottore non è più stato lo stesso… infatti poco dopo ha chiesto il pensionamento. Mi ricordo che era una ragazza brillante, morì per un tumore al cervello che nessuno, neppure il Chinini, era riuscito a riconoscere” poi ritenendo l’argomento concluso, riprese a descrivere i suoi fantastici sintomi.

Raffaele non poté chiedere null’altro, ma mentre il paziente parlava, con la mente continuava a rincorrere tutta la conversazione che aveva avuto con Silvia, notando tante piccole incongruenze sulle quali non si era soffermato:

 

“Non importa, Silvia basterà… il mio cognome proprio…”

 

“E tu come vedi il tuo futuro?”

“Io non perdo tempo a pensare al futuro… non avrebbe senso”

 

“Beato te io non parlo con i miei genitori da più di un anno… però cambiamo argomento”

 

“Ora devo proprio andare, non ho più tempo!”

 

“No non si scusi per me è stato un piacere, dove sto adesso non c’è mai modo di fare delle conversazioni tanto belle… è un vero mortorio!”

 

 “Allora dottore cos’ho secondo lei?” la voce apprensiva del sig. Eugenio lo riscosse da tutto il suo elucubrare.

Voleva spedirlo a casa in fretta perciò gli prescrisse velocemente delle vitamine e lo accomiatò.

L’altro dal canto suo se ne andò tutto soddisfatto, stringendo tra le mani la ricetta con la prescrizione per il suo inesistente male.

Quando Raffaele fu nuovamente solo rimase alcuni minuti a fissare un punto indefinito del muro, poi si risolse a sbirciare il contenuto della busta che aveva ancora in tasca.

Non aveva mai fatto in vita sua una cosa del genere, spiare negli affari altrui era una cosa riprovevole, però il tarlo del dubbio era troppo forte per non assecondarlo.

Aprì esitante la busta e ne estrasse un foglietto di carta ripiegato e lesse:

 

So che ha fatto tutto il possibile e per questo la ringrazio.

 

Null’altro solo quella frase e poi era firmato Silvia.

Raffaele fissò basito quel pezzetto di carta senza sapere come reagire, infine si sedette appoggiando la schiena contro lo schienale della sua poltrona e si mise a ridere. Era assurdo eppure era vero…

..

….

Silvia era un fantasma.

E, cosa ancora più assurda –se ci può essere qualcosa di più assurdo del parlare con una morta- lui era attratto da lei.

Scosse la testa, era inconcepibile anche solo pensare a cose simili… Silvia era una donna in carne ed ossa, l’aveva toccata, l’aveva vista.

La sua mano era calda –non fredda come quella di un morto-, il suo corpo era reale –non trasparente, come si vedeva nel film sui fantasmi-.

Rimase ancora per una buona mezzora ad elucubrare poi si risolse con una decisione.

Raffaele era sempre stato un uomo molto pragmatico e perciò scelse la soluzione a lui più aderente: fantasma o non fantasma lui aveva fatto una promessa, consegnare la missiva al Chinnini ed avrebbe mantenuto l’impegno preso.

Si alzò, si tolse il camice e spense la luce del suo ufficio, per quel giorno di emozioni ne aveva avute fin troppe, in fondo Silvia –qualunque cosa fosse- aveva ragione:

La vita ha strade infinite. Magari si sarebbero rincontrati ed in quel caso –solo in quel caso- lui si sarebbe nuovamente posto il problema sulla vera natura della ragazza.

 

End

 

Piccolo spazio privato:

Finale un po’ troppo vago?

Probabilmente si, però l’avrò riscritto per lo meno quattro volte e questo è il meglio che sono riuscita a tirar fuori .-.

Volevo lasciare il lettore in sospensione, come lo è Raffaele, con il dubbio amletico: fantasma o non fantasma? Non so se il risultato sia degno… 

Partecipante al contest Colori e ore indetto da Emily Alexandre classificata 7°  

E poi chi lo sa magari scriverò un seguito… secondo voi Silvia è un fantasma oppure è solo una mera coincidenza?

Alla prossima!

   
 
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