Raffaele sbuffò infastidito fissando il
grande orologio che era appeso
alla parete del suo studio.
Il paziente, con il quale aveva un appuntamento,
era come al solito in
ritardo. Il sig. Eugenio era
–insieme ad altri pazienti- un’eredità
del suo predecessore, però tra tutti gli
ex pazienti di Franco quello era certamente il più
insopportabile. Quell’uomo
riusciva sempre a fargli perdere del gran tempo, arrivava puntualmente
in
ritardo agli appuntamenti e poi, una volta nel suo studio, lamentava
sempre dei
dolori immaginari e si preoccupava di patologie assurde che non aveva.
Una vera palla al piede, purtroppo il suo lavoro
era anche quello perciò
generalmente si armava di santa pazienza e pregava che il tempo
passasse
velocemente.
Guardò ancora verso
l’orologio, le tre e due minuti; per ora il signor
Eugenio era in ritardo “solo” di venti minuti.
Decise che l’avrebbe aspettato ancora per
dieci minuti –giusto il tempo
per terminare di compilare alcune ricette al computer- poi avrebbe
chiuso
l’ufficio e sarebbe andato a bersi un buon caffè.
Si mise al lavoro e il tempo
passò lento, fintanto che un
lieve bussare non gli fece sollevare la testa dallo schermo.
Controllò l’ora
sul display del pc: erano le tre e un quarto
precise. Borbottò un “Avanti” poco
amichevole e si ripromise di rimproverare il
paziente per il ritardo.
Era talmente seccato che non si prese
la briga neppure di
alzare lo sguardo e di salutare, ecco perché
sussultò quando una voce melodiosa
e femminile lo salutò cordialmente.
“Buongiorno
dottore”
Raffaele alzò finalmente
gli occhi sorpreso e alla vista
della donna rimase a bocca aperta.
Una ragazza sulla ventina era
lì, ferma sulla soglia del suo
ufficio e sorrideva nella sua direzione. Era vestita con una lunga
gonna -che
le arrivava fino alle caviglie- di colore ambrato che le delineava i
fianchi, mentre
una camicia beige dal taglio particolare le fasciava il busto
mettendone in
evidenza i seni morbidi e grandi.
Il volto tondeggiante - non
particolarmente bello nel senso più
puro del termine- era contornato da una chioma di capelli neri
leggermente
mossi –raccolti in una coda bassa-, la bocca era piccola e
pallida così come
anche il colore della sua carnagione. Gli occhi invece erano coperti da
degli
occhiali da sole.
Nel complesso non si poteva definire
una ragazza calendario,
però era proporzionata e comunque graziosa.
Sorrise esitante e domandò:
“Mi scusi se la disturbo,
io cercavo il dottor Chinnini,
Franco Chinnini”
“Il dottor Chinnini
è andato in pensione meno di un anno fa,”
si affrettò a spiegarle.
“Davvero?” chiese
sorpresa, poi aggiunse “Eppure mi pareva
giovane”
“Si effettivamente
è andato in pensione piuttosto presto…
purtroppo ha avuto un’esperienza dolorosa per via di un
paziente… ma non so
esattamente cosa sia accaduto. Comunque se posso esserle utile
io!”
“Mi dispiace davvero per
lui, era veramente una persona
straordinaria… Lei sarebbe?” chiese poi la giovane
fissando al di là della
spalla del medico.
“Il dottor Raffaele
Terribile” si presentò aspettandosi una
battuta stupida sul suo cognome.
La ragazza si limitò a
piegare leggermente all’insù gli
angoli della bocca e a mormorare:
“Che cognome particolare,
chissà quante battute al riguardo”
Raffaele la stimò per
questa sua uscita e poi si affrettò a
ripeterle:
“Se la posso aiutare in
qualche modo…”
“Ohh bhè non
saprei, lei per caso ha modo di vedere il
dottor Chinnini di tanto in tanto?”
“Si, saltuariamente passa
di qui per salutare colleghi ed
infermieri, vuole che gli dia un suo messaggio?”
“Lo farebbe? Sarebbe
veramente gentile da parte sua”
“Certamente
signorina…”
“Silvia”
“E di cognome?”
Silvia rimase per alcuni istanti in
silenzio, come se stesse
pensando intensamente a qualcosa poi parlò:
“Non importa, Silvia
basterà… il mio cognome
proprio…”
scosse la testa.
Raffaele la guardò
allucinato… possibile che tutti i pazzi
scriteriati capitassero nel suo studio? Questa Silvia non voleva dirgli
il suo
cognome!
“Signorina, si sente bene?
Mi pare piuttosto disorientata”
“Si si, non si crucci per
me io sto bene” poi frugò nella
piccola borsa che teneva sul braccio e ne estrasse una busta chiusa.
“Tenga”
“Cos’è?”
chiese Raffaele senza muovere un passo.
“ Il messaggio da dare al
dottor Chinnini naturalmente”
mormorò Silvia accennando alcuni passi in avanti.
“Ah certo mi
scusi…”
Raffaele allungò la mano
pensando che la ragazza gli avrebbe
consegnato la busta ma Silvia non si mosse, limitandosi semplicemente a
sorridere.
Poi con lentezza portò una
mano verso il volto e si tolse
gli occhiali da sole.
Era cieca.
Due iridi completamente bianche
fissarono il vuoto in cerca
di un rumore che potesse indirizzarle.
“Oh mi scusi non avevo
capito che fosse…”
“Non si preoccupi!
Solo… se viene lei a prendere la lettera
mi fa un gran favore” sussurrò sorridendo
amichevole.
Raffaele girò attorno alla
scrivania e le andò vicino,
prendendo in consegna la busta.
Poi la sua attenzione venne
nuovamente catturata dagli occhi
di lei, sembravano vivi e funzionanti, nonostante il colore bianco
delle iridi
facesse chiaramente comprendere che non era così.
Si, decisamente degli occhi strani
che per quanto fossero
bianchi, non davano quel senso di avversione che generalmente provocano
gli occhi
senza luce di un non vedente.
Raffaele rimase alcuni istanti a
fissare stregato lo sguardo
di Silvia. Quello era il bianco più bello che avesse mai
visto in vita sua.
La mano della giovane, che si rimise
gli occhiali, lo
distolse dai suoi assurdi pensieri.
Volse lo sguardo verso lo schermo del
suo computer per
controllare che ora fosse.
Le tre e un quarto… che
strano eppure avrebbe giurato che la
conversazione fosse durata più di un misero minuto!
Comunque constatando che aveva ancora
del tempo libero si
rincuorò, anche perché quella giovane donna lo
incuriosiva parecchio e voleva
approfondirne la conoscenza, perciò in un impulso improvviso
chiese:
“Lei ha da fare? Sa sto
aspettando un paziente che è
ritardatario cronico, però mentre lo attendo se le fa
piacere potremmo
chiacchierare” subito dopo questa sua uscita si diede dello
stupido da solo,
certamente una ragazza di vent’anni -seppur cieca- aveva le
sue cose da fare!
Invece, nuovamente, Silvia lo
sorprese, accettando l’invito
e tendendo una mano per farsi guidare verso la sedia.
Parlarono di molte cose,
principalmente parlarono di lui:
della sua vita, degli studi universitari, della sua volontà
di diventare medico
e del fatto che non l’avesse scelta lui come professione.
Era stata più che altro
una specie di eredità, il nonno era
cardiologo, il padre pediatra e la madre una geriatra, la sua era stata
una
scelta pilotata fin dalla nascita.
Però, col tempo, si era
reso conto che quella del medico era
la carriera più adatta a lui. Amava stare a contatto con la
gente, si sentiva
appagato e la sera quando andava a casa -per quante fossero le
preoccupazioni o
i problemi- non era mai insoddisfatto di sé.
Si era specializzato in
neurochirurgia, ma aveva deciso
–questa volta di sua volontà- di impiegarsi come
medico generico, appunto
perché era il ruolo che più gli si confaceva.
Queste informazioni gli uscivano
dalla bocca come un fiume
in piena, non si preoccupava di ciò che diceva, parlava e
basta.
Raffaele si sentiva bene, come se
stesse conversando con un
amico d’infanzia.
Il feeling tra loro era palpabile,
più volte lei fece delle
battute molto ironiche e lui rise di gusto.
Ad un certo punto si
ritrovò a pensare che di una donna così
ci si poteva innamorare –salvo poi prendersi in giro da solo
per un pensiero
tanto bislacco-
Lei gli raccontò che non
era sempre stata cieca –era per
questo che aveva conosciuto il dottor Chinnini- lo era diventata
gradualmente,
ma nessuno riusciva a capacitarsi del perché.
A quella notizia Raffaele si era
proposto di farla visitare
da dei suoi colleghi esperti e molto competenti, specializzati in vari
campi.
Silvia aveva semplicemente risposto
che se Franco Chinnini
non aveva saputo fare nulla, allora era il caso di rassegnarsi.
Raffaele non aveva insistito per due
motivi, primo perché
–benché si trovassero bene insieme- non poteva
certo imporsi con una persona
che conosceva da meno di alcune ore, secondo perché
–doveva ammetterlo- il
Chinnini era stato ed era a tutt’ora –nonostante il
pensionamento- uno dei
medici più rinomati dell’intero stato.
Chiacchierarono ancora del
più e del meno, degli interessi,
della famiglia.
“Ora devo proprio andare,
non ho più tempo!” mormorò Silvia
ad un certo punto.
Raffaele acconsentì
scusandosi di averla trattenuta così a
lungo.
“No non si scusi per me
è stato un piacere, dove sto adesso
non c’è mai modo di fare delle conversazioni tanto
belle… è un vero mortorio!”
rise allegra alle sue stesse parole, come se avesse detto una cosa
esilarante,
poi salutò e si allontanò per il corridoio,
sfoderando un bastone bianco
ripiegabile dalla borsetta.
“Se le va… ci
potremmo rivedere” azzardò mentre lei era
già
quasi all’uscita.
“Sarebbe bello”
ammise lei aggiungendo “Chissà la vita ha
strade infinite!” ed uscì.
Dopo quel commiato Raffaele decise
che avrebbe chiuso lo
studio e si sarebbe andato a prendere un caffè, ormai il
signor Eugenio non
sarebbe arrivato più.
Stava per uscire quando si
sentì chiamare dal fondo del
corridoio.
“Dottore! dottor Terribile
aspetti… dove sta andando?
Avevamo un appuntamento”
Raffaele si voltò e vide
un uomo sulla quarantina, capelli
appena brizzolati sulle tempie, fisico asciutto e modellato dalla
palestra che
gli correva incontro.
“Signor Eugenio…
alla fine è arrivato!” sbuffò tra i
denti
Raffaele “Purtroppo io non ho tempo da dedicarle, se fosse
arrivato qualche ora
fa…”
Eugenio lo fissò
stralunato e poi una volta raggiuntolo gli
disse:
“Mi scusi per il ritardo,
ho avuto problemi con dei
fornitori e non potevo allontanarmi dall’ufficio…
comunque sono in ritardo di
trentacinque minuti, perché parla di ore?”
Fu la volta di Raffaele di fissare il
suo interlocutore con
sguardo smarrito, poi guardò il suo orologio da polso e si
sorprese -se
possibile ancor a di più- il display elettronico segnava
15:16.
Non era possibile, aveva passato
molto tempo in compagnia di
Silvia.
Si annotò mentalmente che
avrebbe dovuto risistemare
l’orario del suo pc, era chiaro che fosse sbagliato.
“Allora sono ancora in
tempo?” chiese speranzoso Eugenio.
Preso in contropiede Raffele
farfugliò un : “Si… si” poi
pensò fosse il caso di scusarsi per la scortesia iniziale
“Sa ho passato delle
ore a conversare con una graziosa ragazza non-vedente… e il
tempo è volato,
pensavo fosse molto più tardi, invece…”
“Si figuri, la capisco
benissimo sa? Quando si sta con una
bella donna si perde la cognizione del tempo! Ha detto che era
cieca?”
“Già, lunghi
capelli neri leggermente mossi, vestiti un po’
antiquati… comunque vaniamo a noi, cosa si sente
oggi?”
“ Secondo me sto covando
qualcosa, ho la gola che mi raspa e
ogni tanto mi sento stanco, ma non stanco stanco solo un poco di
indolenza non
saprei definirla bene e… sa una cosa, quando ha descritto
quella ragazza mi ha
fatto venire in mente una ex paziente del dottor Chinnini”
cambiò tutto d’un
tratto discorso Eugenio.
Raffaele che già stava
scollegando il cervello –tanto i
sintomi che descriveva erano sempre gli stessi- si rianimò e
lo fissò
attentamente, attendendo che continuasse.
“Potrebbe essere, ha detto
che conosceva il dottore”.
Eugenio scosse con forza la testa
negando senza esitazione.
“Non è
possibile, mi creda certamente non è la stessa
persona, la ragazza di cui parlo io è morta –pace
all’anima sua- un anno fa!
Penso proprio in questo periodo, me lo ricordo perché poi il
dottore non è più
stato lo stesso… infatti poco dopo ha chiesto il
pensionamento. Mi ricordo che
era una ragazza brillante, morì per un tumore al cervello
che nessuno, neppure
il Chinini, era riuscito a riconoscere” poi ritenendo
l’argomento concluso,
riprese a descrivere i suoi fantastici sintomi.
Raffaele non poté chiedere
null’altro, ma mentre il paziente
parlava, con la mente continuava a rincorrere tutta la conversazione
che aveva
avuto con Silvia, notando tante piccole incongruenze sulle quali non si
era
soffermato:
“Non
importa, Silvia
basterà… il mio cognome
proprio…”
“E
tu come vedi il tuo
futuro?”
“Io
non perdo tempo a
pensare al futuro… non avrebbe senso”
“Beato
te io non parlo
con i miei genitori da più di un anno…
però cambiamo argomento”
“Ora
devo proprio
andare, non ho più tempo!”
“No
non si scusi per
me è stato un piacere, dove sto adesso non
c’è mai modo di fare delle
conversazioni tanto belle… è un vero
mortorio!”
“Allora
dottore
cos’ho secondo lei?” la voce apprensiva del sig.
Eugenio lo riscosse da tutto
il suo elucubrare.
Voleva spedirlo a casa in fretta
perciò gli prescrisse
velocemente delle vitamine e lo accomiatò.
L’altro dal canto suo se ne
andò tutto soddisfatto,
stringendo tra le mani la ricetta con la prescrizione per il suo
inesistente
male.
Quando Raffaele fu nuovamente solo
rimase alcuni minuti a
fissare un punto indefinito del muro, poi si risolse a sbirciare il
contenuto della
busta che aveva ancora in tasca.
Non aveva mai fatto in vita sua una
cosa del genere, spiare
negli affari altrui era una cosa riprovevole, però il tarlo
del dubbio era
troppo forte per non assecondarlo.
Aprì esitante la busta e
ne estrasse un foglietto di carta
ripiegato e lesse:
So
che ha fatto tutto il possibile e per questo la ringrazio.
Null’altro solo quella
frase e poi era firmato Silvia.
Raffaele fissò basito quel
pezzetto di carta senza sapere
come reagire, infine si sedette appoggiando la schiena contro lo
schienale
della sua poltrona e si mise a ridere. Era assurdo eppure era
vero…
..
…
….
Silvia era un fantasma.
E, cosa ancora più assurda
–se ci può essere qualcosa di più
assurdo del parlare con una morta- lui era attratto da lei.
Scosse la testa, era inconcepibile
anche solo pensare a cose
simili… Silvia era una donna in carne ed ossa,
l’aveva toccata, l’aveva vista.
La sua mano era calda –non
fredda come quella di un morto-,
il suo corpo era reale –non trasparente, come si vedeva nel
film sui fantasmi-.
Rimase ancora per una buona mezzora
ad elucubrare poi si
risolse con una decisione.
Raffaele era sempre stato un uomo
molto pragmatico e perciò
scelse la soluzione a lui più aderente: fantasma o non
fantasma lui aveva fatto
una promessa, consegnare la missiva al Chinnini ed avrebbe mantenuto
l’impegno
preso.
Si alzò, si tolse il
camice e spense la luce del suo
ufficio, per quel giorno di emozioni ne aveva avute fin troppe, in
fondo Silvia
–qualunque cosa fosse- aveva ragione:
La vita ha
strade
infinite. Magari si sarebbero rincontrati ed in quel caso
–solo in quel
caso- lui si sarebbe nuovamente posto il problema sulla vera natura
della
ragazza.
End
Piccolo
spazio
privato:
Finale un po’ troppo vago?
Probabilmente si, però
l’avrò riscritto per lo meno quattro
volte e questo è il meglio che sono riuscita a tirar fuori
.-.
Volevo lasciare il lettore in
sospensione, come lo è
Raffaele, con il dubbio amletico: fantasma o non fantasma? Non so se il
risultato sia degno…
Partecipante al contest Colori
e ore indetto da Emily
Alexandre classificata 7°
E poi chi lo sa magari
scriverò un seguito… secondo voi
Silvia è un fantasma oppure è solo una mera
coincidenza?
Alla prossima!