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Autore: orkaluka    28/01/2011    2 recensioni
"C’erano degli artigli lì, che mi laceravano dall’interno, nel mio petto e nel mio stomaco. Si stavano aprendo un varco ormai da giorni eppure non li vedevo ancora spuntare, lucidi e bianchi con infilzato il mio cuore. Era come se, come con il grande Prometeo *, le parti lacerate di giorno ricrescessero di notte, in una lenta ed infinita agonia. Non sarebbe venuto nessuno a salvarmi, nessun Eracle**, perché in fondo sapevo che quegli artigli erano solo frutto della mia immaginazione." Dal primo capitolo.
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È ora che anche io bruci

C’erano degli artigli lì, che mi laceravano dall’interno, nel mio petto e nel mio stomaco. Si stavano aprendo un varco ormai da giorni eppure non li vedevo ancora spuntare, lucidi e bianchi con infilzato il mio cuore. Era come se, come con il grande Prometeo *, le parti lacerate di giorno ricrescessero di notte, in una lenta ed infinita agonia. Non sarebbe venuto nessuno a salvarmi, nessun Eracle**, perché in fondo sapevo che quegli artigli erano solo frutto della mia immaginazione. Lacrime amare scesero ancora una volta lungo le mie gote e il ricordo di quella giornata mi assalì con la stessa forza di un toro infuriato.

Stavo combattendo non lontano di casa e la cosa non mi piaceva, per niente. La mia spada era già lorda di sangue, ma il pensiero che mia moglie e le mie bambine fossero lì nell’accampamento, mi spingeva ad uccidere moltissimi nemici, senza tregua e senza alcun remore. Molti miei commilitoni mi dovevano la vita per quella battaglia e molti altri si sarebbero complimentati con me, il generale. Uccisi un altro nemico tranciandogli di netto la testa, rubai la sua spada e cominciai a combattere con due lame. Ero estremamente letale, intorno a me si era creato un cerchio perfettamente definito di corpi senza vita, uccisi dalle mie lame e schiacciati dai loro alleati, che ancora tentavano di uccidermi. Dopo quelle che mi parvero manciate di secondi, vidi gli ultimi nemici arretrare, ne erano rimasti pochi, si dileguarono nel bosco scappando via. Non capivo quella mossa, in fondo, sì, avevano perso, ma l’abbandono non faceva loro onore. Scrollai le spalle e mi voltai ad osservare in lontananza l’accampamento, non aspettavo che il momento in cui avrei potuto abbracciare mia moglie, conscio di averla protetta un’altra volta. C’era qualcosa, però, che non andava, qualcosa che in un primo momento non notai, un pennacchio di fumo, nella parte più lontana dell’accampamento, in prossimità circa … della mia tenda. Lasciai cadere le due spade che provocarono un tintinnio, attutito dai fiumi di sangue che scorrevano sul terreno. Cominciai a correre, nonostante la stanchezza e a pregare gli dei che non fosse la mia tenda a bruciare, che le mie bambine fossero vive. Corsi come non avevo mai corso, come se avessi avuto le ali ai piedi e in pochi minuti, mi ritrovai di fronte alla mia tenda, in fiamme. Mi scaraventai contro la porta per cercare di entrare nel mio alloggio, ma qualcuno mi fermò, ci vollero cinque persone per tenermi fermo, mentre tutte le altre cercavano, invano, di spegnere il fuoco. Pregai ancora che il passo leggiadro e reso aritmico dalla gravidanza, di mia moglie si stagliasse nitido, come suono di lira in mezzo a quel trambusto. Non lo sentii e non sentii nemmeno i passi delle mie figlie. Cercai di rialzarmi per vedere dove fossero finite. Qualcuno, stufo di dovermi tenere fermo, mi colpì alla testa. Prima che tutto divenisse completamente nero, il mio sguardo si posò su quattro corpi mezzi carbonizzati. La mia tortura cominciò lì.

Mi alzo dalla branda e senza far rumore esco dall’accampamento. Cammino per i boschi e mi fermo poco lontano, perché le forze mi abbandonano in poco tempo. Accendo un piccolo fuoco e disegno attorno a me un cerchio. Mi sdraio in mezzo ad esso e attendo che anche il fuoco cominci a dilaniarmi. Un’aquila bianca vola sopra di me e sembra chiamarmi. Ho fatto la scelta giusta, è ora che anche io bruci.

 

Note generali:

* Prometeo, fu punito da Zeus, per vari motivi. La sua punizione fu di essere ancorato a una roccia, sulla parte più alta ed esposta alle intemperie del Caucaso per poi essere divorato vivo da un’aquila. Il corpo di Prometeo si risanava la notte in modo che l’aquila potesse banchettare di giorno e il supplizio fosse eterno e atroce.

** Eracle, o meglio conosciuto come Ercole, uccise l’aquila e liberò Prometeo.

Note dell’autore

Sinceramente non so che dire, mi è venuto così, un giorno al posto di continuare a scrivere i miei soliti racconti ho scritto questo. Ditemi voi come lo trovate. Luka

P.S.: Sono un grecista e latinista convinto, comunque, nel caso che io abbia sbagliato in qualcosa riguardo alla storia di Prometeo, vi prego di riferirmelo, tengo molto a conoscere la mitologia.

 

  
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