Nature Boy
There was a boy
A very strange, enchanted boy
They say he wandered very far, very far
Over land and sea.
Nature Boy –
Eden Ahbez
Lui le canzone d’amore non le capiva
proprio.
All’inizio
della loro relazione, Lavanda gli diceva sempre che quel genere di cose
esistevano per dimostrare il proprio affetto alla ragazza che si ama, ma invece
di chiarire il suo dubbio le parole di lei non facevano altro che aumentare il
suo scombussolamento interiore. Se uno amava una persona, che bisogno c’era di
dedicarle una canzone piena di parole trite e ritrite per farglielo capire? Perché
una ragazza come Lavanda doveva sentire la necessità di essere coperta di regali
costosi e parole finte quando l’amore doveva essere la cosa più semplice e
gratuita del mondo?
C’erano
molte cose che Ron non capiva e le canzoni d’amore erano in assoluto quello che
capiva di meno.
Era
anche per questo che ce l’aveva così tanto con Hermione
in quell’ultimo periodo. Lei, che tra tutti era quella che doveva capire al
volo la minima sfumatura del suo carattere, assurdo a dirsi, si era dimostrata
quella più ottusa di tutti. Più ottusa persino di Lavanda.
Il
fatto che più lo pressava, a Ron, era la mancanza di buona volontà quando si
trattava di capire gli altri. Okay, magari lui non era l’esempio migliore
quando si parlava di empatia, ma da una con un cervello così sviluppato come
quello di Hermione, ci si sarebbe aspettati un minimo
di comprensione maggiore, soprattutto considerando che era stata lei – e nessun
altro, solo e unicamente lei – a causare tutto il casino.
E
invece niente.
Furia
cieca, piume gialle e nulla più.
Poi
un giorno, durante le vacanze di Natale alla Tana, la radio della cucina concesse
agli occupanti della casa una meritata pausa dalle smielate canzoni d’amore di
Celestina Warbeck e intercettò una canzone babbana che parlava di un ragazzo strano e incantato che aveva
gli occhi tristi. All’inizio non ci fece neanche caso, troppo impegnato a
nascondere alla vista di Fred e George la collana che gli aveva regalato
Lavanda, ma quella stessa notte il pensiero di quel ragazzo timido sempre in
viaggio gli tornò in mente e lo scosse talmente tanto che quasi senza pensarci
prese la sua scopa e volò fuori di lì in spasmodica ricerca di ossigeno.
The greatest thing…
Senza
neanche essersene reso conto si ritrovò a volare alla cieca, con la testa pesante
e la mente come una spugna imbevuta d’alcool il cui odore dà alla testa anche
se si è a qualche metro di distanza da essa. Ron si sentiva strano, inebriato,
nauseato dal senso di colpa con cui conviveva da mesi e che solo in quel
momento era uscito in tutta la sua egemonica potenza per reclamare il proprio
diritto di possesso sui suoi pensieri.
Ron
si sentiva uno schifo.
Sorvolò
il Devon nella penombra notturna con la luna piena
come sua unica guida e quando si rese conto di essere giunto nei dintorni di Warminster, nel Wiltshire, la
visione delle poche luci che ancora illuminavano la cittadina lo fecero
improvvisamente cambiare direzione per dirigersi a Reading, dove
viveva Hermione.
Se
solo ci avesse riflettuto un attimo, Ron si sarebbe reso conto che piombare nel
cuore della notte a casa della propria migliore amica dopo un litigio nato da
ragioni che prescindevano completamente dall’amicizia, non sarebbe stata una
buona idea neanche se la suddetta non fosse stata Hermione
Granger. Ron però, fedele alla propria filosofia del “prima
faccio e poi oh, cazzo”, non lo fece,
e alle 3:15 del mattino svolazzò intorno a una grande casa di mattoni lussuosa
a sufficienza da farlo sentire ancora più inadeguato di quanto già non si
sentisse.
Lui
a casa di Hermione c’era stato solo una volta e la
sensazione che aveva provato entrando in quello che in confronto alla Tana era
un vero e proprio palazzo non gli era piaciuta per niente. Si era sentito uno
schifo anche allora e per un attimo si chiese se le due cose non fossero in
qualche modo collegate.
Atterrò
davanti alla porta di casa e fu quasi sul punto di suonare al campanello prima
di rendersi conto di che ora fosse. Indietreggiò di qualche passo nel tentativo
di individuare la finestra di Hermione e per la prima
volta dopo ore un lampo di consapevolezza lo fece quasi tornare indietro. Poi senza
neanche accorgersene invocò un Patronus e il piccolo
Jack Russell Terrier corse all’interno della casa sorpassando le pareti che Ron
non avrebbe avuto il coraggio di oltrepassare neanche in pieno giorno.
You’ll ever
learn…
Qualche
minuto dopo la luce della seconda finestra del secondo piano si accese e Hermione comparve incorniciata dalle imposte chiuse per poi
scomparire subito dopo. Ron aveva lo sguardo ancora fisso sulla finestra quando
lei uscì dalla porta d’ingresso avvolta in una vestaglia da camera pastello.
«Che
è successo?» chiese lei allarmata, senza preoccuparsi di mettere in ordine la
sua capigliatura leonina. Ron fu sul punto di mettersi a piangere senza neanche
capirne il motivo. «È stato attaccato qualcuno? Ginny
sta bene? Harry…» le parole le morirono in gola. Hermione prese un respiro profondo e lo guardò cercando di
distinguere i suoi contorni nell’oscurità.
«Harry
sta bene» riuscì a dire Ron ignorando la stretta di gelosia che gli aveva
attanagliato il petto. «Volevo sapere come stavi»
Hermione aprì la bocca
per dire qualcosa, ma la richiuse immediatamente incrociando le braccia al
petto. Poi si avvicinò di qualche passo e sciolse un braccio per portarsi una
mano sulla tempia.
«Ti
prego non dirmi che sei uscito in piena notte solo per venirmi a trovare»
Ron
fece un’alzata di spalle, distogliendo lo sguardo.
«Hai
ignorato tutti i gufi che ti ho mandato» Fu l’unica cosa che riuscì a dirle e dal modo
in cui lo guardò, Ron capì che Hermione dovette
trattenersi con tutte le sue forze per non prenderlo a schiaffi.
«Li
ho ignorati perché sono furiosa con te, Ron Weasley»
disse lei a denti stretti. «E non credere che questa tua farsa riuscirà a
cancellare quello che hai fatto»
«Mi
sei mancata» mormorò lui stralunato e Hermione stentò
a credere alle proprie orecchie. Per un attimo fu tentata di tornare dentro e sbattere
il ricordo di lui fuori dalla porta insieme a Ron stesso, ma s’impose di
trattenersi per motivi a cui si impose di non pensare.
«Non
è più un mio problema»
«E
invece sì che lo è. Oggi ho sentito una canzone, Hermione,
una canzone davvero bella, ma non so chi la cantava. E io non ci ho capito
niente di quello che voleva dire, e allora ho capito che mi servi tu, perché tu
sei bravissima a spiegarmi le cose che non capisco e da quando non mi parli più
le cose che non capisco sono aumentate un sacco»
Hermione sospirò e
rimase in silenzio. Poi girò sui tacchi e si diresse lentamente verso la porta
d’ingresso ancora aperta. Ron la vide sfiorare la maniglia e per un attimo fu
convinto che lei gli avrebbe chiuso la porta in faccia.
Se
lei lo avesse fatto lui sapeva che ne sarebbe morto.
«Entra»
fu poco più di un sussurro, ma ebbe l’effetto di un grido.
Ron
fece un balzo in avanti con rinnovata energia e corse nel caldo della casa di Hermione.
To be
continued…
Con la consapevolezza che quello che ho
appena partorito è uno schifo indegno, vi porgo i miei saluti più sentiti C:
Colgo l’occasione per annunciare il mio
cambio di nickname da gigia990 a CottonBatu. Gigia990
non mi è mai piaciuto, così quando ho visto che c’era la possibilità di cambiarlo
ho colto la palla al balzo, tutto qui.
Tornando alla storia, io me ne scuso
sentitamente. Sono nel bel mezzo di un periodo duro e questo è quello che è
uscito. Posso solo dirvi che avevo un bisogno impellente di tornare alle
antiche origini e che inizialmente oltre ad essere una one-shot
era anche destinata alla mia cartella della vergogna al sicuro dai vostri
occhi. Non so ancora cosa mi abbia fatto cambiare idea, ma forse l’idea di
dividerla in due capitoli mi ha dato speranza sufficiente per tentare di
salvare la fic dal baratro. I commenti sono sempre i
benvenuti, lo sapete, ma se vi sentite tanto offesi da decidere di ignorarla,
non vi biasimerò D:
A presto!
Gaia