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Autore: Melitot Proud Eye    29/01/2011    3 recensioni
Lei sorrise. E rimase a osservare la scena finché il piccolo, esausto, non si fu addormentato.
Raccolta di flashfics incentrate sulla vita familiare degli Himura e dei loro amici.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Nota: un super grazie a Kuruccha, per le belle parole che mi hanno ridato ispirazione =)
Di nuovo fluff... ma dalla prossima dovremmo spostarci su temi più seri, inerenti al vagabondare di Sojiro - personaggio che apprezzo nonostante i trascorsi tutt'altro che ortodossi... Vedremo cosa riesco a tirar fuori (e soprattutto quando riuscirò a finire!).
Buona lettura

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#08
Kenji e la cicatrice I




Kenshin incastrò l'involucro di carta tra la coscia e il banco di legno, tenendolo dritto per non seminare verdure sulla piazza del mercato, in un'ammirevole dimostrazione di equilibrismo. Sistemando meglio il figlio sul braccio, con la mano destra pescò il portamonete e pregò si aprisse senza troppe difficoltà. La venditrice fu compassionevole e lo assistette, sotto lo sguardo assonnato di Kenji.
Avrebbe dovuto sapere che portarsi dietro il pupo era una pessima idea. Suo figlio era una compressa effervescente ma, come tutti i bambini, alternava momenti di attività frenetica a dormite profonde. Dopo la passeggiata avrebbe dovuto riportarlo a casa, metterlo nel suo lettino senza cedere alle preghiere e alle proteste. Invece, per colpa di un cuore troppo tenero, ora Kenji si godeva il viaggio spamparanzato su una spalla del papà, contro il sacchetto dei cipollotti, mentre suddetto papà, già carico, paventava la prospettiva di caricarsi anche del miso.
«Accidenti, Kenji. Pesi» brontolò, facendosi strada fra la gente.
Il bambino lo guardò, offeso – una faccia così buffa da strappargli un sorriso. I suoi capelli gli solleticarono il viso.
«Non è vero!»
«Stai crescendo, non c'è niente di male.» Anche se, in realtà, al suo cuore sembrava un crimine. «Di questo passo non potrò più tenerti in braccio.»
Anzi, se volessi scendere subito sarebbe fantastico...
Il visetto di Kenji si contrasse. Kenshin, annusando l'arrivo di guai, s'affrettò a correggere il tiro.
«Ma non ancora, eh. Ci vorranno anni.»
Gli dèi gli avrebbero perdonato quella piccola bugia. Da quella distanza, un pianto isterico sarebbe stato fatale alle sue povere orecchie.
Fortunatamente, Kenji si calmò. Fra le sua ciglia rimasero due lucciconi; Kenshin gli diede un bacio sulla guancia e riuscì a bilanciare il carico abbastanza a lungo per fargli il solletico. Lui rise, cercando di sfuggirgli, poi si rilassò di nuovo.
Kenshin sospirò, guardando la piccola corona di capelli rossi. Forse per il miso poteva tornare nel pomeriggio.
Poco dopo suo figlio – esaurito il momento di stanchezza – si drizzava a fissarlo, concentrato. Sorrise, consapevole di cosa lo affascinava.
«Ancora la "x"?»
Una delle sue prime domande era stata come il papà se l'era fatta. A quattro anni capiva che non si trattava di un incidente qualunque, ma, se non altro, accettava il fatto che la spiegazione vera sarebbe venuta in futuro. Un lontano futuro.
Lo vide annuire con forza. Una manina gli si spiattellò in faccia.
«Mi piace.»
«Davvero? Non me n'ero accorto» disse, alzando gli occhi al cielo.
«Mi piace tanto.»
«Ma perché?»
Kenji temporeggiò. «E'... um, bella.» Poi trovò il colletto del proprio gi molto interessante.
Kenshin sfregò il naso contro il suo. «Perché, hmm? Me lo vuoi dire una buona volta?»
«Perché almeno... si vede che non sei femmina, papà!»
Quasi si strozzò. «Oro. Cosa
«L'ha detto zio Sano» spiegò Kenji. «Forse ha ragione.»
Oh, magnifico. Conta su Sanosuke, quando si tratta di mettere in testa strane idee ai figli degli altri. Bilanciò meglio i fardelli della spesa e girò verso casa.
«Lo zio Sano finirà per avere qualche incidente, un giorno o l'altro.»

Forse, avesse visto il sorrisino soddisfatto del pupo, si sarebbe preoccupato.
   
 
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