Un'altra
chance
Claud soffiò e il fumo
della sigaretta che aveva tra le
labbra si espanse tutto intorno al suo viso.
Fissò annoiato fuori dai
vetri sporchi della finestra del
suo ufficio.
Oddio, chiamarlo ufficio era
un’esagerazione bella e buona,
diciamo che era meglio identificabile come un bugigattolo, in cui di
tanto in
tanto scriveva i suoi rapporti e faceva delle telefonate.
Cioè svolgeva la
parte più detestabile del suo lavoro.
Che lavoro faceva?
Il guardaparco.
Certo, detto così poteva
apparire come un lavoro noioso
svolto prevalentemente da vecchi pensionati che non avevano nulla di
meglio da
fare se non girare per le montagne della zona e dare multe esagerate a
poveri
turisti in vacanza.
Effettivamente era anche quello il
suo lavoro (ad eccezione
del fatto che lui veniva pagato… non lo faceva per volontariato), ma
fortunatamente non solo.
Per la maggior parte del tempo faceva
lunghe camminate tra i
boschi, con i sensi sempre all’erta.
I suoi compiti principali erano la
prevenzione, e nel caso
non fosse sufficiente la prevenzione, lo spegnimento di incendi; la
caccia ai
cacciatori di frodo e l’educazione ambientale.
Quest’ultima
però, benché generalmente insegnare ai bambini
delle scuole gli piacesse, non sempre si rivelava
un’incombenza piacevole.
Soprattutto se la scolaresca in
questione, anziché essere
composta da adorabili bambini delle elementari, era costituita da
irriverenti e
ormonali ragazzi delle superiori…
E quella mattina si prospettava
quanto mai orrenda.
Non solo aveva una pigna di
scartoffie arretrate da
archiviare, ma avrebbe dovuto fare da guida ad una scalcinata classe di
quinta
superiore.
Fissò con fastidio
nuovamente fuori dalla finestra, i
verbali che aveva tralasciato per tutto il mese erano stati finalmente
chiusi e
archiviati, ed ora era seduto sulla sua poltrona scricchiolante ad
attendere
dei diciottenni scalmanati che, oltre tutto, erano pure in ritardo.
Un
lieve grattare
alla porta gli fece curvare in un sorriso gli angoli della bocca.
Si alzò e andò
ad aprire la porta di legno dell’ufficio.
Dall’uscio, il muso
leggermente inclinato di un bel gatto
europeo lo fissò con curiosità.
-Ciao Regina… sei venuta a
reclamare il tuo spuntino
mattutino?-
Un miagolio alto e determinato si
levò nel silenzio della
stanzetta poi, come se fosse la padrona della montagna, la gatta
saltò sul
traballante tavolino che Claud usava come scrivania e stiracchiandosi
miagolò
nuovamente con urgenza.
-Ok ok ho capito… ora ti
preparo la ciotola… anche se un po’
di dieta non ti farebbe certo male… sembri una balena non
una gatta-
Per tutta risposta, come se avesse
capito quello che il
ragazzo le aveva detto, Regina sbuffò e girandosi di spalle
con una zampata
lanciò per aria tutte le carte che erano impignate sul
tavolo.
-Nooo, Regina
maledizione!E’ dalle sette di questa mattina
che lavoro… ed ora che ho finalmente finito tu mi butti
tutto per aria!?... Lei
ti aveva scelto per un motivo… siete dispettose e streghe in
egual misura!-
Claud si mosse in direzione della
gatta con sguardo torvo e
Regina, intuendo il pericolo di un’imminente pedata,
saltò dal tavolo alla
velocità della luce, allontanandosi sul più
sicuro davanzale della finestra.
Nel salto però, data
l’immensa mole, urtò accidentalmente il
vaso che stava poggiato davanti alla finestra, che cade al suolo
andando
rovinosamente in mille pezzi.
Il viso di Claud si
rabbuiò nel vedere il disastro… e
soprattutto nel vedere il vaso che non era stato in grado di buttare,
quando
lei se ne era andata, distrutto sul pavimento.
Accidenti, ma forse era meglio
così: le uniche cose che
ancora lo legavano a quella megera di Marie erano Regina e
quell’orrendo vaso,
che la ragazza, quando ancora stavano insieme, aveva acquistato dicendo
che
così avrebbe rallegrato l’ufficio.
Claud fece un sorriso ironico.
-Bhè il vaso è
andato… ora se mi libero pure di te… magari
potrò dimenticarla…-
La gatta lo fissò con
sguardo accusatore, quasi volesse
dirgli: ma scusa io che c’entro?
Al vedere il muso sospettoso di
Regina una risata gli partì
dallo stomaco ed uscì chiara e forte dalla gola.
Con le lacrime agli occhi per il
tanto ridere, andò nello
sgabuzzino a recuperare paletta e scopa, e si accinse a pulire.
La storia con la bella, focosa e
capricciosa Marie non era
durata poi tanto… giusto sei di mesi.
Mesi che però erano
passati come anni. Marie era in grado di
prosciugare un uomo, sia fisicamente che finanziariamente, senza che
questi se
ne accorgesse, in brevissimo tempo.
Poi, una volta che non
c’era più nulla da spremere se ne
andava verso più felici lidi; velocemente, così
come era arrivata scompariva.
Una vera stronza.
Peccato che Claud ci fosse caduto con
tutte le scarpe.
Si era innamorato di lei, e non era
riuscito a vedere più in
là del suo naso, nonostante i moniti che tutti gli avevano
inviato.
Ora, a distanza di un anno,
ciò che gli rimaneva erano i
cocci di un orrendo vaso, una gatta un po’ smorfiosa ed un
cuore più duro e
meno aperto all’amore.
Spesse volte si sentiva come se fosse
da solo nel mezzo di
una bufera, il freddo del cuore era talmente forte che pareva
congelargli
l’anima.
Eppure non era tanto il cuore a far
male, quanto l’orgoglio
ferito.
Perché ormai da tempo si
era reso conto che non era mai
stato innamorato veramente di Marie… però
l’essere stato raggirato e usato,
quello sì che faceva ancora male.
Aveva giurato a se stesso che non ci
sarebbe più ricascato…
eppure…
-Out
of this cold I need someone-
canticchiò sopra pensiero. Dove le aveva sentite quelle parole?
Nonostante tutto sentiva che il suo cuore reclamava attenzioni.
Il rumore di un motore che si
avvicinava lo distolse dai
suoi pensieri.
Accidenti! Si era scordato della
scolaresca in gita… che
giornata di merda!
Afferrò in tutta fretta la
giacca della divisa e si fiondò
fuori per accogliere i nuovi arrivati, sfoderando il suo miglior
sorriso di
circostanza.
Il vecchio bus scassato si
fermò con un grande stridore di
freni, alzando un polverone da fine del mondo.
Quando la nebbia dovuta alla frenata
cominciò a diradarsi,
Claud iniziò a scorgere i volti dei nuovi
arrivati… e quello che vide non gli
piacque affatto.
Una quindicina di ragazzotti, pieni
di piercing e tatuaggi
scesero sbuffando e urlando contro il conducente, lanciando sul terreno
gli
zaini e contemporaneamente accendendosi quelle che, a prima vista,
apparivano
come sigarette, ma che probabilmente erano ben altro.
Claud strinse forte i pugni
digrignando i denti.
Si prospettava proprio una giornata
di… merda…
Sarebbe stata veramente dura riuscire
a trovare un argomento
che interessasse quei teppisti.
Anzi forse impossibile.
Nonostante la differenza
d’età tra lui e quei ragazzi non
fosse esagerata (aveva appena ventiquattro anni) era chiaro che non
avevano
assolutamente interessi in comune.
Sbuffando si fece forza e si
avvicinò alla comitiva.
Si diresse senza esitazione in
direzione di una donna un po’
sciatta che fumava con isterismo una sigaretta e che cercava senza
successo di
radunare quella piccola mandria di animali che erano i suoi alunni.
-Allora ragazzi fate
silenzio… questo qui- disse indicando
in direzione di Claud che avanzava - è il signore che
gentilmente ci farà da
guida.-
-Prof io ho un’idea
migliore, perché gentilmente non ci va
lei con il signore e a noi ci lascia qui a fumare?- chi aveva parlato
era stato
un ragazzo con una felpa arancio sgargiante il cui cappuccio era calato
sugli
occhi –impedendo di scorgerne i lineamenti del volto-, un
piercing al labbro
inferiore, dei jeans sgualciti e rotti ed uno zaino color cacca
–si era proprio
color cacca- appeso su di una spalla.
Claud fece una smorfia di disgusto e
poi senza esitare
sfoderò il fischietto.
Un suono acuto e prolungato
zittì immediatamente tutti i
presenti, così si doveva fare per tenere a bada dei
diciottenni irriverenti.
Quando sollevò il capo
notò una cosa che lo lasciò per
alcuni istanti senza parole.
Lì tra il gruppetto
–e più precisamente il ragazzo che aveva
fatto la battutaccia- c’era una volto familiare.
Marcus, il fratello minore di Marie,
lo fissò con uno
sguardo stran, riconoscendo in lui a sua volta il viso del ex fidanzato
della
sorella.
Si squadrarono per alcuni istanti
senza proferire parola.
Marcus aveva sempre fatto uno strano
effetto su Claud, anche
se quest’ultimo non ne aveva mai capito la
ragione.
Avevano parlato poche volte, quando
Claud andava a prendere
Marie sotto casa, ogni tanto era capitato che si scambiassero qualche
frase.
Marcus si era sempre rivelato
scontroso e poco incline a
delle conversazioni civili… però col tempo Claud
aveva notato in lui tanti
particolari piacevoli.
Era un ragazzo molto ironico e pungente, introverso e
solitario, certo, però
anche molto intelligente e acuto nelle riflessioni… profondo
e forse un po’
tormentato –anche se non aveva mai capito da cosa-.
Marcus gli era sempre piaciuto molto,
forse troppo!
A volte si era ritrovato a fissarlo
con occhi strani, ed
aveva notato lo stesso sguardo anche nei suoi confronti.
La cosa stava iniziando a creargli
seri problemi
esistenziali… poi però, Marie l’aveva
lasciato e lui, –vigliaccamente- benché
Marcus gli avesse chiesto di continuare a vedersi di tanto in tanto
–magari per
bere una birra- aveva tagliato i ponti con tutto ciò che
aveva a che fare con
la ragazza.
Usando come scusa con se stesso che
la storia con Marie gli
faceva troppo male e che non voleva avere più nulla attorno
che gli ricordasse
lei; anche se la verità era che Marcus ed in particolar modo
i sentimenti che
provava quando lo vedeva, lo spaventavano a morte.
Quindi non aveva più ne
visto ne sentito il ragazzo.
Si riscosse da tutti quei pensieri e
accorgendosi che il
fischio era riuscito a fargli ottenere l’attenzione dei
“barbari” si schiarì la
voce e urlò:
-Vi conviene risparmiare il fiato e
soprattutto non fumare…
la camminata sarà lunga e io non ho intenzione di aspettare
nessuno- detto
questo voltò le spalle al gruppo e si incamminò
arrampicandosi su un sentiero
poco distante, si voltò solo un momento per urlare un:
-Andiamo muovetevi- e
accertarsi che tutti lo seguissero.
Non rivolse nessuna parola a Marcus,
nessun cenno… si limitò
ad ignorarlo e così fece il ragazzo che, calcandosi
maggiormente il cappuccio
arancione della felpa sul viso, cominciò camminare come
tutti gli altri.
Erano già diverse ore che
camminavano.
Col tempo Claud era riuscito a
catturare l’attenzione dei
ragazzi e, nonostante le domande fossero intervallate da battutine di
ogni
genere –giusto perché i ragazzi volevano darsi un
tono-, a farli interessare a
ciò che via via vedevano.
In fondo la giornata non appariva
più così schifosa come si
era prospettata all’inizio.
Però poco dopo
sentì l’insegnate che squittiva:
-Aspetti aspetti,
c’è un problema… ne abbiamo perso uno!-
Perso uno?
-Perso uno?!- domandò
incredulo dando voce ai suoi pensieri.
Come si fa a perdere un diciottenne
in alta montagna?
-Ma come è possibile?
C’era lei che chiudeva la fila… non si
è accorta che il ragazzo si stava
allontanando?-domandò incredulo contando i
presenti.
L’insegnante
balbettò delle scuse e di una sosta pipì che
l’aveva momentaneamente distratta.
Claud sbuffò: sedici
ragazzi quando invece avrebbero dovuto
essere diciassette… era proprio vero, ne avevano perso uno.
Controllò chi fosse che
mancava, anche se un presentimento
gli faceva intuire di chi si trattasse.
Marcus!
Maledizione a quel
ragazzetto…
Ormai la camminata era quasi al
termine e si doveva tornare
al bus.
Dopo una consultazione con la
professoressa, risolsero di
rifare il sentiero e di scendere a valle, nella speranza di incontrare
il
fuggiasco lungo il percorso o al massimo vicino al pullman.
Così si avviarono e con
passo moderato ridiscesero il
percorso, impiegando altre tre ore di marcia.
Quando furono vicini alla base
però, fu chiaro che Marcus
non li aveva preceduti.
Al pullman non c’era e sul
sentiero non avevano trovato sue
tracce.
Erano le quattro del pomeriggio e a
breve il sole avrebbe
iniziato a tramontare.
Claud digrignò i denti di
rabbia, Marcus era proprio come
sua sorella, pensava che il mondo girasse attorno a lui.
Entrò in ufficio e via
radio chiamò i colleghi spiegando la
situazione.
In meno di mezz’ora delle
squadre di Guardia Parco erano già
organizzate e ad ognuna era stata affidata una zona da battere.
Con la professoressa si
concordò che era inutile rimanere ad
aspettare, così il bus riportò a casa i ragazzi,
mentre gli uomini, torce e Walkie
tolkie alla mano iniziavano la scalata in cerca del
disperso… sperando che non
fosse avvenuta una disgrazia.
Anche Claud, dopo essersi
equipaggiato si mise in cerca di
Marcus, pregando mentalmente che venisse trovato alla svelta.
Se anche non gli era capitato nulla,
e si era semplicemente
perso per i boschi, la notte sarebbe calata presto e
l’oscurità era pericolosa,
senza contare che di notte la temperatura scendeva di molti gradi e il
ragazzo
avrebbe corso il rischio di assiderarsi.
Passarono diverse ore, ma di Marcus
nessuna traccia.
Claud si risolse a staccarsi dal suo
gruppo per battere
ancora una volta il sentiero cha avevano percorso quel giorno.
Nessuno si oppose alla sua
iniziativa, un po’ perché Claud
era testardo e dirgli di no sarebbe contato tanto quanto dirgli di si,
un po’
perché Claud era la giuda alpina più esperta
della regione –almeno a detta di
tutti i professionisti-, perciò non correva rischi.
Così nessuno si oppose e
l’uomo si lanciò per le rocce della montagna in
cerca del ragazzo.
Purtroppo la scarpinata non fu
proficua, era ormai arrivato
alla fine del sentiero, in cima alla montagna e di Marcus neppure
l’ombra.
Si girò rassegnato
pensando a quale altro punto della
montagna avevano tralasciato, quando ad un certo punto vide qualcosa di
indistinto muoversi tra le rocce.
Senza attendere oltre
puntò il fascio della sua torcia verso
gli spuntoni di roccia che si stagliavano minacciosi sul punto
più alto della
cresta della montagna.
La luce illuminò un essere
che per lunghi istanti gli parve
sovrannaturale.
Dei lunghi capelli verdi contornavano
un viso pallido e
spaventato, come se non si aspettassero di vedere presenza umana in
quei
luoghi.
Fu solo una frazione di secondo, poi
Claud si rese conto che
quello strano elfo altri non era se non Marcus, e che il viso
spaventato di
quest’ultimo era dovuto al fatto che se ne stava in bilico
sul bordo di un
precipizio, senza sapere come scendere.
-Marcus- urlò -Sono Claud
… non muoverti di lì ora vengo a
recuperarti- e senza perdere tempo si mise a scalare la fredda parete
di
roccia.
Quando fu a pochi metri da lui non
poté trattenersi dal
chiedergli meravigliato:
-Ma come ci sei arrivato fin qui?-
-I-io non lo so… mi ero
a-allontanato, p-perché, mi ero
inc-cazzato… poi mi sono perso… i-io-
Vedendolo spaventato e mortificato
Claud si affrettò a
tranquillizzarlo.
-Ora sta calmo, non è
successo nulla. Respira profondamente
e poi fai esattamente come ti dico… in men che non si dica
saremo giù da questa
guglia, te lo prometto!-
Marcus si limitò ad
annuire con il capo, troppo concentrato
a trattenere le lacrime, per riuscire a formulare una risposta coerente.
Claud passò una corda
attorno alla vita del ragazzo
–perdendo alcuni istanti a constatare sorpreso quanto fosse
delicato il corpo
di Marcus- poi lentamente cominciò a discendere la parete di
roccia.
Un quarto d’ora, che parve
un’eternità ad entrambi, e furono
finalmente in salvo sul sentiero.
Claud chiamò via radio la
base, proprio mentre il rumore
sordo di un tuono squarciava l’aria.
- Qui Claud a base, passo- il
gracchiare della radio era
l’unica cosa che si sentiva nel silenzio della notte.
-Grrr… qui
base…-
-L’ho
trovato…sta bene, però qui il tempo sta
peggiorando-
-Grrr… molto bene dico a
tutti di rientrare… purtroppo non
grrr… possiamo inviarvi un elicottero,
c’è una perturbazione sopra le vostre
teste…grr… anzi, è meglio se trovate
un riparo e aspettate che il temporale
passi… grrr… passo-
-Si, avevo già pensato di
fare così, tanto ho le coperte
termiche e le cerate… accenderò un fuoco, quando
avrà smesso di piovere
torneremo alla base, passo-
-Grrr…ok… tanto
tu saresti capace di sopravvivere in una
tormenta di neve…grrr… un po’
d’acqua non sarà un
problema…grrr…-
-No di certo- ribatté
sorridendo Claud -Ci
sentiamo più avanti, passo e chiudo-
-Ok…grr…chiudo-
la voce dall’altra parte della radio si
spense e il silenzio tornò a regnare.
Claud si voltò verso
Marcus e lo illuminò con la torcia.
Il ragazzo aveva gli occhi rossi, per
il freddo e per le
lacrime, tremava vistosamente e si vedeva che era imbarazzato.
-Ora preparo un riparo di fortuna-
disse Claud fissandolo,
poi si tolse la giacca e gliela porse –Tieni stai congelando,
quella felpa è
troppo leggera-
Marcus lo fissò
-E… t-tu-
balbettò
-Io sono bello coperto, non
preoccuparti… tanto tra poco
accendo un fuoco-
Marcus ringraziò e poi
afferrò il cappotto infilandoselo
alla svelta.
Con perizia Claud estrasse tutte le
cerate dallo zaino e si
mise a puntellarle contro le rocce, usando la parete dalla quale erano
scesi
poco prima, come punto di partenza per costruire una tettoia.
Mentre lavorava però,
l’acqua cominciò a cadere fitta e
prepotente…
così in breve tempo si bagnarono dalla testa ai piedi.
-Ho finito- disse dopo pochi istanti
e spostandosi fece
cenno a Marcus di mettersi al riparo.
Il ragazzo non se lo fece ripetere
due volte e ,bagnato
fradicio, si infilò sotto la tenda d’emergenza.
Altri minuti e un piccolo fuoco
scoppiettò nel rifugio.
Claud iniziò a spogliarsi
togliendosi tutti vestiti.
Marcus lo fissò allibito e
poi con voce incerta ed un po’
acuta chiese:
-Ma… che fai?-
L’altro lo
squadrò stupito e poi con un sorriso rispose:
-Mi tolgo i vestiti bagnati, ti
consiglio di fare
altrettanto se non vuoi morire di freddo-
Marcus lo fissò titubante,
ma poi, dal momento che non
sentiva più le dita dei piedi, si risolse a seguire il
consiglio dell’uomo.
Tremante di freddo e con la pelle
sferzata dal vento, si
girò indeciso sul da farsi.
-Vieni qui- disse Claud indicandogli
di sedersi esattamente
di fronte a lui.
Marcus fece come gli era stato detto,
però appena si fu
seduto l’altro lo abbracciò da dietro cingendogli
la vita, e lui per la
sorpresa fece un salto.
-Stai calmo, se non stiamo vicini in
questo modo non
possiamo scaldarci… tranquillo, non ho brutte intenzioni-
aveva detto l’ultima
frase per sdrammatizzare, ma la reazione di Marcus lo sorprese.
-Anche se fosse…- e
lasciò la frase a metà senza permettere
a Claud di intuire come volesse continuarla.
Il Guarda Parco decise di ignorare
quel commento sibillino
e, preso lo zaino ne estrasse una coperta termica con la quale avvolse
entrambi.
Pochi minuti dopo iniziarono a
scaldarsi.
Il silenzio tra loro era
imbarazzante, così Marcus decise di
interromperlo in qualche modo:
-Che ore sono?- chiese banalmente.
Claud allungò il braccio e
schiacciò un pulsante sul suo
orologio.
Un fascio di luce blu si
proiettò sulla parete di roccia,
mettendo in evidenza dei numeri.
-Sono le nove e dieci-
-Umm- si limitò a
mormorare Marcus, ma un brontolio del suo
stomaco fece intuire quanta fame avesse.
-Ho degli snack nello zaino- e
così dicendo estrasse delle
merendine che porse al più piccolo.
Marcus le afferrò
famelico, scartandole con velocità
impressionante.
Mentre il ragazzo mangiava, Claud
-non visto- si concesse il
lusso di osservarne i lineamenti.
Marcus era di una bellezza strana, il
suo viso a metà tra
quello di un uomo e quello di un bambino lo rendeva affascinante.
In più quei capelli
così lunghi gli davano un non so che di
surreale e delicato.
Anche se il colore non era dei
migliori… chissà cosa passava
per la testa di Marcus! Verdi, come si può scegliere
scientemente di tingersi i
capelli di verde?
Quei pensieri fecero salir il sorriso
sulla bocca di Claud,
Marcus se ne accorse e ne domandò il motivo.
-Pensavo ai tuoi capelli,
perché li hai tinti di verde?-
-Mi andava e l’ho fatto- si
limitò a rispondere Marcus.
-Sai quando ti ho visto su quelle
rocce all’inizio ti ho
scambiato per un elfo dei boschi-
Marcus si voltò
leggermente e lo fissò negli occhi, sapeva
che prima o poi si sarebbe dovuto scusare, e quello sembrava un buon
momento.
-Mi dispiace- disse infatti.
Claud lo fissò a sua volta
e poi chiese:
-Perché ti sei allontanato
dal gruppo?-
Domanda spinosa, se avesse risposto
probabilmente poi si
sarebbe scoperto troppo, però Marcus era stanco di
arrovellarsi il cervello e
di soffrire, perciò decise di buttarsi nel vuoto e di essere
sincero.
-Non mi hai neppure salutato-
mormorò con la voce bassa
dalla quale traspariva il risentimento.
Claud rimase a bocca aperta, non
pensava di averlo ferito
con il suo comportamento.
-Io…- tentò di
trovare una scusa plausibile ma non ci riuscì
–mi dispiace- concluse mesto.
-E non mi hai neppure
chiamato… avevi promesso che lo
avresti fatto, anche se non stavi più con Marie…
avevi promesso che saremmo
usciti- Marcus si interruppe, forse stava esagerando, però
la delusione di
essersi reso conto di non contare nulla per Claud era stata
così bruciante che
ancora gli faceva male.
-E’ per questo che ti sei
allontanato?-
Marcus scosse lentamente il capo con
fare affermativo.
-Sei stato stupido!- la voce di Claud
lo apostrofò dura e
rabbiosa.
-Lo so, cosa credi…quando
mi sono trovato in bilico sul
bordo di un burrone, mi è passato per la testa che non fosse
un’idea tanto
intelligente…-
A quelle parole Claud
scoppiò a ridere di gusto, Marcus
stava riacquistando la sua vena ironica.
Il ragazzo lo squadrò
perplesso ma non disse nulla.
Era bello sentirlo ridere.
La risata di Claud gli era mancata
enormemente, così come
anche il suo viso, la sua voce… insomma tutto.
Senza rendersene conto
appoggiò la schiena contro il petto
ampio e caldo del Guardia Parco.
A quel contatto inaspettato Claud si
irrigidì per alcuni
attimi, poi senza sapere bene perché, sentì
l’impulso di abbracciare la vita
del ragazzo…e così assecondando
quell’istinto strinse con forza la vita di
Marcus.
Passarono così alcuni
secondi, in bilico tra la piacevole
sensazione e l’imbarazzo che quel gesto si portava dietro.
-Tu mi piaci!- Marcus lo disse in un
sussurro, tanto che Claud
quasi fece fatica a capire.
-Anche tu mi piaci- rispose di
rimando l’uomo.
-…No non hai capito, io
intendo che mi piaci davvero… non
come amico…- lasciò la frase in sospeso, troppo
imbarazzato e ansioso per
continuare.
Istanti di silenzio, in cui Marcus
temette il peggio;
temette di venir respinto, di venir deriso, di venir
picchiato… le reazioni a
questo genere di dichiarazioni sono sempre impensabili.
Però Claud si
limitò a stringerlo più forte e a mormorargli
all’orecchio:
-Allora avevo capito bene…
però grazie per averlo
precisato!- concluse sorridendo.
Marcus lo fissò stupito,
era pronto a tutto, a tutto fuorché
a questo.
-Ma allora, perché non ti
sei più fatto sentire…-
-E’ complicato! Anzi tutto
io stavo con tua sorella, rompere
con lei mi ha fatto molto male… anche se col tempo mi sono
reso conto di non
essere mai stato realmente innamorato di lei, ma solo infatuato e
poi… Mi ero
reso conto che tu mi piacevi. Per questo sono scappato il
più lontano
possibile-
-Ma perché? Non sarai uno
di quei benpensanti omofobi che…-
la sviolinata di Marcus venne interrotta da Claud.
-Suvvia abbi un po’ di
comprensione… ho passato ventidue
anni di vita nella convinzione di essere etero. Mai un dubbio
–o almeno mai
così forte da farmi riflettere- e poi mi trovo tutto
d’un tratto a provare
sentimenti così profondi nei tuoi confronti-
Il ragazzo rimase interdetto per
alcuni istanti, senza
sapere bene come ribattere, ma alla fine accettò le parole
di Claud per quello
che erano… la semplice verità! Perciò
rispose:
-Ok … perdonato- e
sorrise, posandogli tentennante e
imbarazzato un bacio sulla guancia.
L’uomo lo fissò
sorpreso e poi sorrise di rimando
aggiungendo:
-Senza contare il fatto che tu due
anni fa eri minorenne…
insomma era tutto molto complicato. Poi oggi, quando ti ho rivisto, ero
imbarazzato e non sapevo cosa dirti, come dirtelo…
però la paura di perderti,
la pioggia che cade, la tua vicinanza, ora mi sembra tutto
così facile-
concluse Claud tutto d’un fiato.
Si chinò e posò
con dolcezza le sue labbra su quelle di
Marcus.
Non ci furono suoni di campane a
festa o schiarite del
cielo, però quel bacio fu davvero bello, come se entrambi lo
aspettassero da
una vita –o forse anche da più tempo-.
Rimasero per un po’ a
guardarsi negli occhi e a parlare –di tutto e di niente-
ridendo e scherzando,
accarezzandosi e baciandosi.
Passarono le ore e, come se fosse la
cosa più giusta e
naturale del mondo, ad un certo punto si ritrovarono sdraiati e ansanti
a
consumare la loro prima volta.
Fecero tutto con calma, assaporando
ogni momento, gustando
ogni sapore, vivendo ogni attimo.
Vissero così una notte
fantastica e unica, poi quando l’alba
iniziò ad affacciarsi anche la pioggia smise di cadere.
Con tranquillità Claud
ripiegò tutte le coperte e poi chiamò
la base.
-Qui Claud a base, passo-
-grrr… qui base, come
è andata la nottata? Passo…grrr-
-Molto bene- disse Claud mentre
fissava Marcus negli occhi-
Ora torniamo alla base, passo-
-Bene… grrr. Buona
passeggiata… grrr…passo e chiudo-
Claud finì di radunare le
cose nello zaino che poi si mise
in spalla, infine voltandosi verso Marcus gli tese la mano dicendo:
-Forza andiamo-
Marcus lo affiancò e mano
nella mano cominciarono a
discendere il sentiero che nel giro di poche ore li avrebbe riportati
al campo.
Finalmente dopo due ore e mezza di
marcia arrivarono a
valle.
Prima di palesarsi a tutti quelli che
erano in attesa del
loro arrivo, Claud si fermò e baciò ancora una
volta Marcus sulle labbra.
Poi, con il cuore contento percorse
l’ultimo tratto di
strada.
Dopo oltre un anno Claud si sentiva
finalmente e nuovamente
sereno.
Marcus non era egoista come la
sorella… e la loro storia
sarebbe certamente stata magnifica.
Spiò per
l’ennesima volta il volto del ragazzo e sorrise,
felice di aver concesso una possibilità al loro
amore… un’altra chance al suo
cuore.
End
PICCOLO SPAZIO PRIVATO:
Storia partecipante al contest Salsh
forever! Classificata ultima
.-. (aimè avevo consegnato senza rileggerla…)
E alla Challenge “Once More, With Feeling.” Indetta da Smanukil la canzone cantata è “One more chance” di Michael Jackson
Direi che è tutto...
magari fatemi sapere cosa ve ne pare... e se ho tralasciato qualche
errore (cosa assolutamente possibile._.)
Bhè? che fate ancora qui? correte! Ci divertiremo un sacco
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