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Autore: NonnaPapera    31/01/2011    3 recensioni
Claud soffiò e il fumo della sigaretta che aveva tra le labbra si espanse tutto intorno al suo viso.
Fissò annoiato fuori dai vetri sporchi della finestra del suo ufficio.
Oddio, chiamarlo ufficio era un’esagerazione bella e buona, diciamo che era meglio identificabile come un bugigattolo, in cui di tanto in tanto scriveva i suoi rapporti e faceva delle telefonate. Cioè svolgeva la parte più detestabile del suo lavoro.
Che lavoro faceva?
Il guardaparco.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un'altra chance

 

Claud soffiò e il fumo della sigaretta che aveva tra le labbra si espanse tutto intorno al suo viso.

Fissò annoiato fuori dai vetri sporchi della finestra del suo ufficio.

Oddio, chiamarlo ufficio era un’esagerazione bella e buona, diciamo che era meglio identificabile come un bugigattolo, in cui di tanto in tanto scriveva i suoi rapporti e faceva delle telefonate. Cioè svolgeva la parte più detestabile del suo lavoro.

Che lavoro faceva?

Il guardaparco.

Certo, detto così poteva apparire come un lavoro noioso svolto prevalentemente da vecchi pensionati che non avevano nulla di meglio da fare se non girare per le montagne della zona e dare multe esagerate a poveri turisti in vacanza.

Effettivamente era anche quello il suo lavoro (ad eccezione del fatto che lui veniva pagato… non lo faceva  per volontariato), ma fortunatamente non solo.

Per la maggior parte del tempo faceva lunghe camminate tra i boschi, con i sensi sempre all’erta.

I suoi compiti principali erano la prevenzione, e nel caso non fosse sufficiente la prevenzione, lo spegnimento di incendi; la caccia ai cacciatori di frodo e l’educazione ambientale.

Quest’ultima però, benché generalmente insegnare ai bambini delle scuole gli piacesse, non sempre si rivelava un’incombenza piacevole.

Soprattutto se la scolaresca in questione, anziché essere composta da adorabili bambini delle elementari, era costituita da irriverenti e ormonali ragazzi delle superiori…

E quella mattina si prospettava quanto mai orrenda.

Non solo aveva una pigna di scartoffie arretrate da archiviare, ma avrebbe dovuto fare da guida ad una scalcinata classe di quinta superiore.

Fissò con fastidio nuovamente fuori dalla finestra, i verbali che aveva tralasciato per tutto il mese erano stati finalmente chiusi e archiviati, ed ora era seduto sulla sua poltrona scricchiolante ad attendere dei diciottenni scalmanati che, oltre tutto, erano pure in ritardo.

 Un lieve grattare alla porta gli fece curvare in un sorriso gli angoli della bocca.

Si alzò e andò ad aprire la porta di legno dell’ufficio.

Dall’uscio, il muso leggermente inclinato di un bel gatto europeo lo fissò con curiosità.

-Ciao Regina… sei venuta a reclamare il tuo spuntino mattutino?-

Un miagolio alto e determinato si levò nel silenzio della stanzetta poi, come se fosse la padrona della montagna, la gatta saltò sul traballante tavolino che Claud usava come scrivania e stiracchiandosi miagolò nuovamente con urgenza.

-Ok ok ho capito… ora ti preparo la ciotola… anche se un po’ di dieta non ti farebbe certo male… sembri una balena non una gatta-

Per tutta risposta, come se avesse capito quello che il ragazzo le aveva detto, Regina sbuffò e girandosi di spalle con una zampata lanciò per aria tutte le carte che erano impignate sul tavolo.

-Nooo, Regina maledizione!E’ dalle sette di questa mattina che lavoro… ed ora che ho finalmente finito tu mi butti tutto per aria!?... Lei ti aveva scelto per un motivo… siete dispettose e streghe in egual misura!-

Claud si mosse in direzione della gatta con sguardo torvo e Regina, intuendo il pericolo di un’imminente pedata, saltò dal tavolo alla velocità della luce, allontanandosi sul più sicuro davanzale della finestra.

Nel salto però, data l’immensa mole, urtò accidentalmente il vaso che stava poggiato davanti alla finestra, che cade al suolo andando rovinosamente in mille pezzi.

Il viso di Claud si rabbuiò nel vedere il disastro… e soprattutto nel vedere il vaso che non era stato in grado di buttare, quando lei se ne era andata, distrutto sul pavimento.

Accidenti, ma forse era meglio così: le uniche cose che ancora lo legavano a quella megera di Marie erano Regina e quell’orrendo vaso, che la ragazza, quando ancora stavano insieme, aveva acquistato dicendo che così avrebbe rallegrato l’ufficio.

Claud fece un sorriso ironico.

-Bhè il vaso è andato… ora se mi libero pure di te… magari potrò dimenticarla…-

La gatta lo fissò con sguardo accusatore, quasi volesse dirgli: ma scusa io che c’entro?

Al vedere il muso sospettoso di Regina una risata gli partì dallo stomaco ed uscì chiara e forte dalla gola.

Con le lacrime agli occhi per il tanto ridere, andò nello sgabuzzino a recuperare paletta e scopa, e si accinse a pulire.

La storia con la bella, focosa e capricciosa Marie non era durata poi tanto… giusto sei di mesi.

Mesi che però erano passati come anni. Marie era in grado di prosciugare un uomo, sia fisicamente che finanziariamente, senza che questi se ne accorgesse, in brevissimo tempo.

Poi, una volta che non c’era più nulla da spremere se ne andava verso più felici lidi; velocemente, così come era arrivata scompariva.

Una vera stronza.

Peccato che Claud ci fosse caduto con tutte le scarpe.

Si era innamorato di lei, e non era riuscito a vedere più in là del suo naso, nonostante i moniti che tutti gli avevano inviato.

Ora, a distanza di un anno, ciò che gli rimaneva erano i cocci di un orrendo vaso, una gatta un po’ smorfiosa ed un cuore più duro e meno aperto all’amore.

Spesse volte si sentiva come se fosse da solo nel mezzo di una bufera, il freddo del cuore era talmente forte che pareva congelargli l’anima.

Eppure non era tanto il cuore a far male, quanto l’orgoglio ferito.

Perché ormai da tempo si era reso conto che non era mai stato innamorato veramente di Marie… però l’essere stato raggirato e usato, quello sì che faceva ancora male.

Aveva giurato a se stesso che non ci sarebbe più ricascato… eppure…

-Out of this cold I need someone- canticchiò sopra pensiero. Dove le aveva sentite quelle parole? Nonostante tutto sentiva che il suo cuore reclamava attenzioni.

 

 

Il rumore di un motore che si avvicinava lo distolse dai suoi pensieri.

Accidenti! Si era scordato della scolaresca in gita… che giornata di merda!

Afferrò in tutta fretta la giacca della divisa e si fiondò fuori per accogliere i nuovi arrivati, sfoderando il suo miglior sorriso di circostanza.

Il vecchio bus scassato si fermò con un grande stridore di freni, alzando un polverone da fine del mondo.

Quando la nebbia dovuta alla frenata cominciò a diradarsi, Claud iniziò a scorgere i volti dei nuovi arrivati… e quello che vide non gli piacque affatto.

Una quindicina di ragazzotti, pieni di piercing e tatuaggi scesero sbuffando e urlando contro il conducente, lanciando sul terreno gli zaini e contemporaneamente accendendosi quelle che, a prima vista, apparivano come sigarette, ma che probabilmente erano ben altro.

Claud strinse forte i pugni digrignando i denti.

Si prospettava proprio una giornata di… merda…

Sarebbe stata veramente dura riuscire a trovare un argomento che interessasse quei teppisti.

Anzi forse impossibile.

Nonostante la differenza d’età tra lui e quei ragazzi non fosse esagerata (aveva appena ventiquattro anni) era chiaro che non avevano assolutamente interessi in comune.

Sbuffando si fece forza e si avvicinò alla comitiva.

Si diresse senza esitazione in direzione di una donna un po’ sciatta che fumava con isterismo una sigaretta e che cercava senza successo di radunare quella piccola mandria di animali che erano i suoi alunni.

-Allora ragazzi fate silenzio… questo qui- disse indicando in direzione di Claud che avanzava - è il signore che gentilmente ci farà da guida.-

-Prof io ho un’idea migliore, perché gentilmente non ci va lei con il signore e a noi ci lascia qui a fumare?- chi aveva parlato era stato un ragazzo con una felpa arancio sgargiante il cui cappuccio era calato sugli occhi –impedendo di scorgerne i lineamenti del volto-, un piercing al labbro inferiore, dei jeans sgualciti e rotti ed uno zaino color cacca –si era proprio color cacca- appeso su di una spalla.

Claud fece una smorfia di disgusto e poi senza esitare sfoderò il fischietto.

Un suono acuto e prolungato zittì immediatamente tutti i presenti, così si doveva fare per tenere a bada dei diciottenni irriverenti.

Quando sollevò il capo notò una cosa che lo lasciò per alcuni istanti senza parole.

Lì tra il gruppetto –e più precisamente il ragazzo che aveva fatto la battutaccia- c’era una volto familiare.

Marcus, il fratello minore di Marie, lo fissò con uno sguardo stran, riconoscendo in lui a sua volta il viso del ex fidanzato della sorella.

Si squadrarono per alcuni istanti senza proferire parola.

Marcus aveva sempre fatto uno strano effetto su Claud, anche se quest’ultimo non ne aveva mai capito la  ragione.

Avevano parlato poche volte, quando Claud andava a prendere Marie sotto casa, ogni tanto era capitato che si scambiassero qualche frase.

Marcus si era sempre rivelato scontroso e poco incline a delle conversazioni civili… però col tempo Claud aveva notato in lui tanti particolari piacevoli.

Era un ragazzo molto ironico e  pungente, introverso e solitario, certo, però anche molto intelligente e acuto nelle riflessioni… profondo e forse un po’ tormentato –anche se non aveva mai capito da cosa-.

Marcus gli era sempre piaciuto molto, forse troppo!

A volte si era ritrovato a fissarlo con occhi strani, ed aveva notato lo stesso sguardo anche nei suoi confronti.

La cosa stava iniziando a creargli seri problemi esistenziali… poi però, Marie l’aveva lasciato e lui, –vigliaccamente- benché Marcus gli avesse chiesto di continuare a vedersi di tanto in tanto –magari per bere una birra- aveva tagliato i ponti con tutto ciò che aveva a che fare con la ragazza.

Usando come scusa con se stesso che la storia con Marie gli faceva troppo male e che non voleva avere più nulla attorno che gli ricordasse lei; anche se la verità era che Marcus ed in particolar modo i sentimenti che provava quando lo vedeva, lo spaventavano a morte.

Quindi non aveva più ne visto ne sentito il ragazzo.

Si riscosse da tutti quei pensieri e accorgendosi che il fischio era riuscito a fargli ottenere l’attenzione dei “barbari” si schiarì la voce e urlò:

-Vi conviene risparmiare il fiato e soprattutto non fumare… la camminata sarà lunga e io non ho intenzione di aspettare nessuno- detto questo voltò le spalle al gruppo e si incamminò arrampicandosi su un sentiero poco distante, si voltò solo un momento per urlare un: -Andiamo muovetevi- e accertarsi che tutti lo seguissero.

Non rivolse nessuna parola a Marcus, nessun cenno… si limitò ad ignorarlo e così fece il ragazzo che, calcandosi maggiormente il cappuccio arancione della felpa sul viso, cominciò camminare come tutti gli altri.

 

Erano già diverse ore che camminavano.

Col tempo Claud era riuscito a catturare l’attenzione dei ragazzi e, nonostante le domande fossero intervallate da battutine di ogni genere –giusto perché i ragazzi volevano darsi un tono-, a farli interessare a ciò che via via vedevano.

In fondo la giornata non appariva più così schifosa come si era prospettata all’inizio.

Però poco dopo sentì l’insegnate che squittiva:

-Aspetti aspetti, c’è un problema… ne abbiamo perso uno!-

Perso uno?

-Perso uno?!- domandò incredulo dando voce ai suoi pensieri.

Come si fa a perdere un diciottenne in alta montagna?

-Ma come è possibile? C’era lei che chiudeva la fila… non si è accorta che il ragazzo si stava allontanando?-domandò incredulo contando i presenti.

L’insegnante balbettò delle scuse e di una sosta pipì che l’aveva momentaneamente distratta.

Claud sbuffò: sedici ragazzi quando invece avrebbero dovuto essere diciassette… era proprio vero, ne avevano perso uno.

Controllò chi fosse che mancava, anche se un presentimento gli faceva intuire di chi si trattasse.

Marcus!

Maledizione a quel ragazzetto…

Ormai la camminata era quasi al termine e si doveva tornare al bus.

Dopo una consultazione con la professoressa, risolsero di rifare il sentiero e di scendere a valle, nella speranza di incontrare il fuggiasco lungo il percorso o al massimo vicino al pullman.

Così si avviarono e con passo moderato ridiscesero il percorso, impiegando altre tre ore di marcia.

Quando furono vicini alla base però, fu chiaro che Marcus non li aveva preceduti.

Al pullman non c’era e sul sentiero non avevano trovato sue tracce.

Erano le quattro del pomeriggio e a breve il sole avrebbe iniziato a tramontare.

Claud digrignò i denti di rabbia, Marcus era proprio come sua sorella, pensava che il mondo girasse attorno a lui.

Entrò in ufficio e via radio chiamò i colleghi spiegando la situazione.

In meno di mezz’ora delle squadre di Guardia Parco erano già organizzate e ad ognuna era stata affidata una zona da battere.

Con la professoressa si concordò che era inutile rimanere ad aspettare, così il bus riportò a casa i ragazzi, mentre gli uomini, torce e Walkie tolkie alla mano iniziavano la scalata in cerca del disperso… sperando che non fosse avvenuta una disgrazia.

Anche Claud, dopo essersi equipaggiato si mise in cerca di Marcus, pregando mentalmente che venisse trovato alla svelta.

Se anche non gli era capitato nulla, e si era semplicemente perso per i boschi, la notte sarebbe calata presto e l’oscurità era pericolosa, senza contare che di notte la temperatura scendeva di molti gradi e il ragazzo avrebbe corso il rischio di assiderarsi.

Passarono diverse ore, ma di Marcus nessuna traccia.

Claud si risolse a staccarsi dal suo gruppo per battere ancora una volta il sentiero cha avevano percorso quel giorno.

Nessuno si oppose alla sua iniziativa, un po’ perché Claud era testardo e dirgli di no sarebbe contato tanto quanto dirgli di si, un po’ perché Claud era la giuda alpina più esperta della regione –almeno a detta di tutti i professionisti-, perciò non correva rischi. Così nessuno si oppose e l’uomo si lanciò per le rocce della montagna in cerca del ragazzo.

Purtroppo la scarpinata non fu proficua, era ormai arrivato alla fine del sentiero, in cima alla montagna e di Marcus neppure l’ombra.

Si girò rassegnato pensando a quale altro punto della montagna avevano tralasciato, quando ad un certo punto vide qualcosa di indistinto muoversi tra le rocce.

Senza attendere oltre puntò il fascio della sua torcia verso gli spuntoni di roccia che si stagliavano minacciosi sul punto più alto della cresta della montagna.

La luce illuminò un essere che per lunghi istanti gli parve sovrannaturale.

Dei lunghi capelli verdi contornavano un viso pallido e spaventato, come se non si aspettassero di vedere presenza umana in quei luoghi.

Fu solo una frazione di secondo, poi Claud si rese conto che quello strano elfo altri non era se non Marcus, e che il viso spaventato di quest’ultimo era dovuto al fatto che se ne stava in bilico sul bordo di un precipizio, senza sapere come scendere.

-Marcus- urlò -Sono Claud … non muoverti di lì ora vengo a recuperarti- e senza perdere tempo si mise a scalare la fredda parete di roccia.

Quando fu a pochi metri da lui non poté trattenersi dal chiedergli meravigliato:

-Ma come ci sei arrivato fin qui?-

-I-io non lo so… mi ero a-allontanato, p-perché, mi ero inc-cazzato… poi mi sono perso… i-io-

Vedendolo spaventato e mortificato Claud si affrettò a tranquillizzarlo.

-Ora sta calmo, non è successo nulla. Respira profondamente e poi fai esattamente come ti dico… in men che non si dica saremo giù da questa guglia, te lo prometto!-

Marcus si limitò ad annuire con il capo, troppo concentrato a trattenere le lacrime, per riuscire a formulare una risposta coerente.

Claud passò una corda attorno alla vita del ragazzo –perdendo alcuni istanti a constatare sorpreso quanto fosse delicato il corpo di Marcus- poi lentamente cominciò a discendere la parete di roccia.

Un quarto d’ora, che parve un’eternità ad entrambi, e furono finalmente in salvo sul sentiero.

 

 

Claud chiamò via radio la base, proprio mentre il rumore sordo di un tuono squarciava l’aria.

- Qui Claud a base, passo- il gracchiare della radio era l’unica cosa che si sentiva nel silenzio della notte.

-Grrr… qui base…-

-L’ho trovato…sta bene, però qui il tempo sta peggiorando-

-Grrr… molto bene dico a tutti di rientrare… purtroppo non grrr… possiamo inviarvi un elicottero, c’è una perturbazione sopra le vostre teste…grr… anzi, è meglio se trovate un riparo e aspettate che il temporale passi… grrr… passo-

-Si, avevo già pensato di fare così, tanto ho le coperte termiche e le cerate… accenderò un fuoco, quando avrà smesso di piovere torneremo alla base, passo-

-Grrr…ok… tanto tu saresti capace di sopravvivere in una tormenta di neve…grrr… un po’ d’acqua non sarà un problema…grrr…-

-No di certo- ribatté sorridendo Claud  -Ci sentiamo più avanti, passo e chiudo-

-Ok…grr…chiudo- la voce dall’altra parte della radio si spense e il silenzio tornò a regnare.

Claud si voltò verso Marcus e lo illuminò con la torcia.

Il ragazzo aveva gli occhi rossi, per il freddo e per le lacrime, tremava vistosamente e si vedeva che era imbarazzato.

-Ora preparo un riparo di fortuna- disse Claud fissandolo, poi si tolse la giacca e gliela porse –Tieni stai congelando, quella felpa è troppo leggera-

Marcus lo fissò

-E… t-tu- balbettò

-Io sono bello coperto, non preoccuparti… tanto tra poco accendo un fuoco-

Marcus ringraziò e poi afferrò il cappotto infilandoselo alla svelta.

Con perizia Claud estrasse tutte le cerate dallo zaino e si mise a puntellarle contro le rocce, usando la parete dalla quale erano scesi poco prima, come punto di partenza per costruire una tettoia.

Mentre lavorava però, l’acqua cominciò a cadere fitta e prepotente… così in breve tempo si bagnarono dalla testa ai piedi.

-Ho finito- disse dopo pochi istanti e spostandosi fece cenno a Marcus di mettersi al riparo.

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e ,bagnato fradicio, si infilò sotto la tenda d’emergenza.

Altri minuti e un piccolo fuoco scoppiettò nel rifugio.

Claud iniziò a spogliarsi togliendosi tutti vestiti.

Marcus lo fissò allibito e poi con voce incerta ed un po’ acuta chiese:

-Ma… che fai?-

L’altro lo squadrò stupito e poi con un sorriso rispose:

-Mi tolgo i vestiti bagnati, ti consiglio di fare altrettanto se non vuoi morire di freddo-

Marcus lo fissò titubante, ma poi, dal momento che non sentiva più le dita dei piedi, si risolse a seguire il consiglio dell’uomo.

Tremante di freddo e con la pelle sferzata dal vento, si girò indeciso sul da farsi.

-Vieni qui- disse Claud indicandogli di sedersi esattamente di fronte a lui.

Marcus fece come gli era stato detto, però appena si fu seduto l’altro lo abbracciò da dietro cingendogli la vita, e lui per la sorpresa fece un salto.

-Stai calmo, se non stiamo vicini in questo modo non possiamo scaldarci… tranquillo, non ho brutte intenzioni- aveva detto l’ultima frase per sdrammatizzare, ma la reazione di Marcus lo sorprese.

-Anche se fosse…- e lasciò la frase a metà senza permettere a Claud di intuire come volesse continuarla.

Il Guarda Parco decise di ignorare quel commento sibillino e, preso lo zaino ne estrasse una coperta termica con la quale avvolse entrambi.

Pochi minuti dopo iniziarono a scaldarsi.

Il silenzio tra loro era imbarazzante, così Marcus decise di interromperlo in qualche modo:

-Che ore sono?- chiese banalmente.

Claud allungò il braccio e schiacciò un pulsante sul suo orologio.

Un fascio di luce blu si proiettò sulla parete di roccia, mettendo in evidenza dei numeri.

-Sono le nove e dieci-

-Umm- si limitò a mormorare Marcus, ma un brontolio del suo stomaco fece intuire quanta fame avesse.

-Ho degli snack nello zaino- e così dicendo estrasse delle merendine che porse al più piccolo.

Marcus le afferrò famelico, scartandole con velocità impressionante.

Mentre il ragazzo mangiava, Claud -non visto- si concesse il lusso di osservarne i lineamenti.

Marcus era di una bellezza strana, il suo viso a metà tra quello di un uomo e quello di un bambino lo rendeva affascinante.

In più quei capelli così lunghi gli davano un non so che di surreale e delicato.

Anche se il colore non era dei migliori… chissà cosa passava per la testa di Marcus! Verdi, come si può scegliere scientemente di tingersi i capelli di verde?

Quei pensieri fecero salir il sorriso sulla bocca di Claud, Marcus se ne accorse e ne domandò il motivo.

-Pensavo ai tuoi capelli, perché li hai tinti di verde?-

-Mi andava e l’ho fatto- si limitò a rispondere Marcus.

-Sai quando ti ho visto su quelle rocce all’inizio ti ho scambiato per un elfo dei boschi-

Marcus si voltò leggermente e lo fissò negli occhi, sapeva che prima o poi si sarebbe dovuto scusare, e quello sembrava un buon momento.

-Mi dispiace- disse infatti.

Claud lo fissò a sua volta e poi chiese:

-Perché ti sei allontanato dal gruppo?-

Domanda spinosa, se avesse risposto probabilmente poi si sarebbe scoperto troppo, però Marcus era stanco di arrovellarsi il cervello e di soffrire, perciò decise di buttarsi nel vuoto e di essere sincero.

-Non mi hai neppure salutato- mormorò con la voce bassa dalla quale traspariva il risentimento.

 

 

Claud rimase a bocca aperta, non pensava di averlo ferito con il suo comportamento.

-Io…- tentò di trovare una scusa plausibile ma non ci riuscì –mi dispiace- concluse mesto.

-E non mi hai neppure chiamato… avevi promesso che lo avresti fatto, anche se non stavi più con Marie… avevi promesso che saremmo usciti- Marcus si interruppe, forse stava esagerando, però la delusione di essersi reso conto di non contare nulla per Claud era stata così bruciante che ancora gli faceva male.

-E’ per questo che ti sei allontanato?-

Marcus scosse lentamente il capo con fare affermativo.

-Sei stato stupido!- la voce di Claud lo apostrofò dura e rabbiosa.

-Lo so, cosa credi…quando mi sono trovato in bilico sul bordo di un burrone, mi è passato per la testa che non fosse un’idea tanto intelligente…-

A quelle parole Claud scoppiò a ridere di gusto, Marcus stava riacquistando la sua vena ironica.

Il ragazzo lo squadrò perplesso ma non disse nulla.

Era bello sentirlo ridere.

La risata di Claud gli era mancata enormemente, così come anche il suo viso, la sua voce… insomma tutto.

Senza rendersene conto appoggiò la schiena contro il petto ampio e caldo del Guardia Parco.

A quel contatto inaspettato Claud si irrigidì per alcuni attimi, poi senza sapere bene perché, sentì l’impulso di abbracciare la vita del ragazzo…e così assecondando quell’istinto strinse con forza la vita di Marcus.

Passarono così alcuni secondi, in bilico tra la piacevole sensazione e l’imbarazzo che quel gesto si portava dietro.

-Tu mi piaci!- Marcus lo disse in un sussurro, tanto che Claud quasi fece fatica a capire.

-Anche tu mi piaci- rispose di rimando l’uomo.

-…No non hai capito, io intendo che mi piaci davvero… non come amico…- lasciò la frase in sospeso, troppo imbarazzato e ansioso per continuare.

Istanti di silenzio, in cui Marcus temette il peggio; temette di venir respinto, di venir deriso, di venir picchiato… le reazioni a questo genere di dichiarazioni sono sempre impensabili.

Però Claud si limitò a stringerlo più forte e a mormorargli all’orecchio:

-Allora avevo capito bene… però grazie per averlo precisato!- concluse sorridendo.

Marcus lo fissò stupito, era pronto a tutto, a tutto fuorché a questo.

-Ma allora, perché non ti sei più fatto sentire…-

-E’ complicato! Anzi tutto io stavo con tua sorella, rompere con lei mi ha fatto molto male… anche se col tempo mi sono reso conto di non essere mai stato realmente innamorato di lei, ma solo infatuato e poi… Mi ero reso conto che tu mi piacevi. Per questo sono scappato il più lontano possibile-

-Ma perché? Non sarai uno di quei benpensanti omofobi che…- la sviolinata di Marcus venne interrotta da Claud.

-Suvvia abbi un po’ di comprensione… ho passato ventidue anni di vita nella convinzione di essere etero. Mai un dubbio –o almeno mai così forte da farmi riflettere- e poi mi trovo tutto d’un tratto a provare sentimenti così profondi nei tuoi confronti-

Il ragazzo rimase interdetto per alcuni istanti, senza sapere bene come ribattere, ma alla fine accettò le parole di Claud per quello che erano… la semplice verità! Perciò rispose:

-Ok … perdonato- e sorrise, posandogli tentennante e imbarazzato un bacio sulla guancia.

L’uomo lo fissò sorpreso e poi sorrise di rimando aggiungendo:

-Senza contare il fatto che tu due anni fa eri minorenne… insomma era tutto molto complicato. Poi oggi, quando ti ho rivisto, ero imbarazzato e non sapevo cosa dirti, come dirtelo… però la paura di perderti, la pioggia che cade, la tua vicinanza, ora mi sembra tutto così facile- concluse Claud tutto d’un fiato.

Si chinò e posò con dolcezza le sue labbra su quelle di Marcus.

Non ci furono suoni di campane a festa o schiarite del cielo, però quel bacio fu davvero bello, come se entrambi lo aspettassero da una vita –o forse anche da più tempo-.

Rimasero per un po’  a guardarsi negli occhi e a parlare –di tutto e di niente- ridendo e scherzando, accarezzandosi e baciandosi.

Passarono le ore e, come se fosse la cosa più giusta e naturale del mondo, ad un certo punto si ritrovarono sdraiati e ansanti a consumare la loro prima volta.

Fecero tutto con calma, assaporando ogni momento, gustando ogni sapore, vivendo ogni attimo.

Vissero così una notte fantastica e unica, poi quando l’alba iniziò ad affacciarsi anche la pioggia smise di cadere.

Con tranquillità Claud ripiegò tutte le coperte e poi chiamò la base.

-Qui Claud a base, passo-

-grrr… qui base, come è andata la nottata? Passo…grrr-

-Molto bene- disse Claud mentre fissava Marcus negli occhi- Ora torniamo alla base, passo-

-Bene… grrr. Buona passeggiata… grrr…passo e chiudo-

Claud finì di radunare le cose nello zaino che poi si mise in spalla, infine voltandosi verso Marcus gli tese la mano dicendo:

-Forza andiamo-

Marcus lo affiancò e mano nella mano cominciarono a discendere il sentiero che nel giro di poche ore li avrebbe riportati al campo.

 

 

Finalmente dopo due ore e mezza di marcia arrivarono a valle.

Prima di palesarsi a tutti quelli che erano in attesa del loro arrivo, Claud si fermò e baciò ancora una volta Marcus sulle labbra.

Poi, con il cuore contento percorse l’ultimo tratto di strada.

Dopo oltre un anno Claud si sentiva finalmente e nuovamente sereno.

Marcus non era egoista come la sorella… e la loro storia sarebbe certamente stata magnifica.

Spiò per l’ennesima volta il volto del ragazzo e sorrise, felice di aver concesso una possibilità al loro amore… un’altra chance al suo cuore.

 

End

 

 

PICCOLO SPAZIO PRIVATO:

Storia partecipante al contest Salsh forever! Classificata ultima .-. (aimè avevo consegnato senza rileggerla…)

E alla Challenge Once More, With Feeling. Indetta da Smanukil la canzone cantata è “One more chance” di Michael Jackson

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Direi che è tutto... magari fatemi sapere cosa ve ne pare... e se ho tralasciato qualche errore (cosa assolutamente possibile._.)

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