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Autore: Melanyholland    01/02/2011    7 recensioni
Non aveva mai pensato di innamorarsi. Di certo non credeva di esserlo già.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Quattro

 

A lover can never have enough of the solaces of his beloved.

(2x13)

 

Chuck si sentì rivoltare lo stomaco ed espulse dolorosamente dalla bocca l’ultimo getto caldo di bile ed alcol. Era scosso da forti tremiti e aveva la fronte fredda e umida di sudore. Non era mai stato peggio, ma la sofferenza fisica gli serviva, perché offuscava in parte quella più violenta e insopportabile che lo aveva devastato da quando aveva saputo di suo padre. L’effetto collaterale dello scotch era più utile dello scotch stesso, aveva scoperto.

Ma il meglio era sicuramente la coca; avrebbe sniffato qualche striscia appena fosse riuscito a rimettersi diritto. Per ora tutto ciò che riusciva a fare era stare piegato di fronte al water a boccheggiare mentre sentiva le viscere liquefarsi e pulsare, infiammate.

“Chuck”.

La voce gli giunse a stento in mezzo al rumore dei suoi stessi ansiti e per un attimo, Chuck non fu certo di averla sentita davvero. Ma avvertì chiaramente qualcuno che si inginocchiava accanto a lui e cominciava a massaggiargli la schiena con movimenti circolari, lenti e delicati. Sfortunatamente era  troppo debole e dolorante per sottrarsi a quell’insopportabile gesto di conforto.

“Chuck, come ti senti?”. La domanda era esitante e la voce lacrimosa. Un altro conato scosse il suo corpo e Chuck tossì gracchiante a vuoto, mentre le budella si attorcigliavano. Sì, molta cocaina e al più presto. Se solo fosse riuscito a raggiungere il cassetto del comodino, quella tortura sarebbe finita.

“Aiutami. Devo sdraiarmi.” comandò, con voce roca e impastata.

Un braccio gli avvolse la schiena mentre Chuck si aggrappava ad una spalla. Si alzarono insieme goffamente e per poco non persero l’equilibrio, ma con parecchio sforzo da parte di entrambi riuscirono ad arrancare fino al letto. Chuck si distese con un sospiro di sollievo, nelle orecchie il respiro affannoso suo e di qualcun altro. Chiuse gli occhi, inghiottendo aria fresca a grandi boccate rumorose. I capelli umidicci gli vennero scostati dalla fronte con tenerezza.

“Chuck, non puoi stare qui da solo. Ti stai distruggendo. Lasciami chiamare Lily…”.

Il nome della puttana responsabile della morte di suo padre gli risuonò nelle orecchie come un insulto. Usò la forza che stava recuperando per schiaffeggiare via la mano che gli accarezzava la fronte.

“Vattene.” ordinò, voltandosi verso il mobile accanto al letto. Aprì il cassetto con la mano ancora un po’ tremante e prese il sacchetto di plastica, pieno di polvere bianca per metà.

“Chuck, no!”. Il sacchetto gli venne strappato di mano e Chuck imprecò, posando finalmente gli occhi sulla figura seduta accanto a lui. Blair lo guardava con occhi lucidi e ricolmi di ansia, le labbra serrate. Un angolo della sua mente notò che era stata l’unica ad andare al Palace a vedere come stava, ma nel suo stato non era in grado di apprezzarlo.

Riusciva tuttavia ad essere infuriato.

“Ridammela.” le gridò contro, alzandosi sui gomiti. Blair si ritrasse d’istinto e si morse il labbro, incerta.

“Chuck… non credo…”

“Che vuoi, Blair? Scopare?”. La crudeltà del tono e la volgarità delle parole la colsero di sorpresa e Chuck riuscì a rubarle con un gesto brusco il sacchetto di mano. Versò un po’ del contenuto sul mobile e cominciò a dividerlo, sotto lo sguardo disperato di lei. “Se fai la brava, magari ti accontento. Passami quel pezzo di carta che vedi lì.”

“No, Chuck”. Continuava a ripetere il suo nome, un’invocazione piena di preoccupazione, dolore, supplica. Suo padre non lo chiamava mai ‘Chuck’. Le poche volte che si prendeva il disturbo di rivolgergli la parola, per lo più per ricordargli quanto era deluso e amareggiato, lo chiamava col suo nome intero, un piccolo indizio lampante di come lo tenesse a distanza, sempre.

“No? Allora dovrai cercarti qualche altro uccello.” concluse, spietato, fissando le due striscioline. Farle del male non lo faceva sentire meglio, ma c’era una certa maligna rivalsa nell’avere il potere di ferire qualcuno in quel modo. Ferire come era stato ferito.

Inoltre, prima fosse andata via, meglio sarebbe stato per entrambi.

“Chuck, guardami”.

Non lo fece. Si piegò verso il mobile ma due mani gli afferrarono il volto con insospettabile vigore, costringendolo ad ubbidire all’esortazione. L’aspetto di lei era come sempre impeccabile, nessun capello ribelle sfuggito all’acconciatura elaborata, nessuna sbavatura di mascara sotto le ciglia, non una piega sul tessuto dell’abito firmato. Eppure, Blair appariva distrutta quasi quanto lui, con la sua camicia sgualcita e macchiata di vomito e i capelli arruffati e intrisi di sudore. Chuck poteva vederlo nel respiro scomposto, nel pallore delle guance, poteva sentirlo nel tremito delle mani contro il proprio viso.

“Smettila di torturarti. Ti prego”. Voce rotta, ed era così innaturale sentirla uscire da quelle labbra perfette, smaglianti di rossetto come se vi fosse appena stato applicato. Chuck sentì l’aggressività che aveva provato fino a quel momento trasformarsi in stanchezza e disperazione e faceva male, male. Per questo non poteva accontentarla, ma non poteva nemmeno spiegarglielo perché sapeva che allora lei sarebbe rimasta e avrebbe continuato a crollare dietro il trucco impeccabile e gli abiti d’alta moda. E una parte di lui voleva che andasse così. L’avrebbe trascinata a fondo con sé solo per averla accanto, perché quella solitudine era diventata insopportabile; sarebbe stato a guardare mentre Blair si distruggeva pezzo dopo pezzo solo per ottenere la prova che a qualcuno importava. 

Sì, era quel tipo di persona. Un bastardo, egoista e senza cuore. Tante volte Blair stessa lo aveva chiamato così, ma non aveva mai compreso quanto profondamente avesse ragione. Chuck era tossico per chiunque gli stesse intorno, Bart lo aveva capito quando lo aveva visto avvelenare giorno dopo giorno la sua adorata moglie fino ad ucciderla ed era per questo che lo aveva allontanato. Chuck meritava di stare da solo, lo sapeva. Avrebbe dovuto avvertirla, farla andare via.

“Blair, mi dispiace.” sussurrò invece e lasciò che lei lo avvolgesse nel suo abbraccio, affettuoso e accogliente. Premette il viso nell’incavo della sua spalla, confortato dal calore di lei, dal ritmo del suo cuore, cullato dalla sensazione di avere qualcuno a cui aggrapparsi. Le permise di accarezzargli la schiena e i capelli sulla nuca, e concesse a se stesso di lasciarsi andare a quel tocco amorevole. Si perse nell’odore di lei e nelle parole consolanti che gli sussurrava all’orecchio, non perché ci credesse davvero, ma perché era Blair a pronunciarle.

Blair, che lo trattava come se valesse il mondo anche se del mondo non era degno abbastanza; Blair che si sarebbe fatta distruggere solo per dimostrargli che a qualcuno importava.

Chuck non sapeva quanto tempo era rimasto fra le braccia di Blair. Forse ad un certo punto aveva pianto; forse aveva chiesto di poter morire, e a quel punto aveva pianto lei. I ricordi erano sfocati. Ma quando Blair lasciò la suite, Chuck ebbe la lucidità di chiamare la reception e ordinare che non le fosse più permesso di entrare. Un piccolo, ultimo gesto disinteressato prima di assumere finalmente due strisce di coca, sopravvissute all’opera di disinfestazione di lei. Così poté perdersi nell’oblio di se stesso, del funerale imminente di padri distanti e del conforto di ragazze dall’aspetto impeccabile con grandi occhi vulnerabili e imploranti. 

  

 

Boys do not love until they reach the age of maturity.

(2x15)

 

“Che cosa scegli?”.

Cenare con Blair o festeggiare con Jack e le sue attraenti accompagnatrici. Chuck si chiese se desiderava davvero la vita che suo zio gli aveva così efficacemente descritto, la vita di un noioso uomo d’affari, ammaestrato come una scimmia e fedele come un cane, imprigionato in giorni tutti uguali senza alcuna occasione per divertirsi, per fare scintille.

No, lui era Chuck Bass. La sua vita era come i vestiti che indossava, sgargiante, originale, attirava attenzione e invidia. Non avrebbe mai imprigionato se stesso in un completo grigio, smorto e mediocre. Avrebbe dimostrato a tutti che poteva guidare l’azienda di famiglia senza annichilire la sua identità, senza essere l’automa tutto impegno e senso del dovere in cui perfino Blair voleva si trasformasse.

Così aveva sorriso a suo zio e aveva risposto, arrogante:  “Non credo che ce la faresti a soddisfarle tutte senza di me, Jack”, posando la mano sul fianco di una delle ragazze, che aveva riso civettuola.

Chuck aveva liquidato Blair con un messaggio e si era gettato senza remore nella notte di eccessi. Era stato come tornare ai suoi tempi d’oro, quando tutto ciò che contava era spassarsela con ogni tipo di attività e sostanza senza preoccuparsi di conseguenze, sentimenti e responsabilità. Era stata una notte grandiosa, davvero degna di Chuck Bass, quello vero.

Poi Blair era entrata in ufficio con i membri del consiglio sorprendendolo letteralmente con le braghe calate e il compiacimento che Chuck aveva provato fino a quel momento si era dissolto completamente. Una trappola di Jack, avrebbe compreso di lì a poco, ma sommerso dalla frustrazione e dalla rabbia, l’unica contro cui aveva sfogato i suoi rancori era stata l’unica che aveva cercato di capirlo.

“Smettila di giocare a fare la moglie” le aveva sputato addosso, crudele, spietato e preciso, perché conosceva esattamente i sentimenti di Blair e le inevitabili fantasie che la portavano a fare e perché sapeva bene quanto vulnerabile l’aveva resa dirgli quelle tre parole e quanto le avrebbe fatto male essere ferita proprio nel punto che aveva con tanta fatica scoperto. 

Infatti era stato l’ultimo colpo che lei era riuscita ad incassare. Gli era stata accanto per tutto quel tempo, era riuscita a salvarlo da quella spirale di autodistruzione in cui era caduto e dalla caduta che lo avrebbe distrutto per sempre, ma alla fine si era arresa. 

“Io credevo in te.

“Mi dispiace. Ma sono stanca”.

Ed era stata la fine. Aveva rovinato tutto.

Chuck guardò il mazzo di fiori gettato ai suoi piedi, simbolo del rifiuto di lei, e si rese conto che era di nuovo estate e Blair era di nuovo salita sull’aereo senza di lui, perché lui era stato troppo vigliacco e troppo immaturo per raggiungerla.

Solo che stavolta non era sicuro che sarebbe tornata.

 

 

Nothing forbids one woman being loved by two men […]

(2x19-2x20)

 

Quando scorse la giacca di Nate a casa di Blair, Chuck sentì tutte le antiche paure riaffiorare dentro di sé e artigliargli lo stomaco, tossiche e inarrestabili.

Nate e Blair. La spilla di lei sulla manica di lui; l’anello di lui al dito di lei.

Nate e Blair. Sempre stato e sempre sarà.

Chuck guardò smarrito la scalinata di casa Waldorf, solo che quella che vide fu un’altra scalinata, e in cima c’erano Nate e Blair, avvinghiati l’uno all’altra, e lei fra i baci gli rivolgeva quel sorriso malizioso che prima di quel momento era stato solo di Chuck e gli sussurrava accaldata quanto lo trovava sexy, mentre Nate si accorgeva di lui che li fissava e gli scoccava un cenno al di sopra della spalla di lei, un cenno vittorioso, perché tutti e tre sapevano che ora che Blair era di nuovo sua, nessuno al mondo, nemmeno Chuck, avrebbe mai potuto potargliela via.

Nel cuore di Blair, Nate era il ragazzo perfetto.

Chuck non dormì, quella notte. Non riusciva a smettere di immaginarseli insieme. Guardarla baciare Carter Baizen lo aveva nauseato e irritato, ma figurarsela che baciava Nate lo riempiva di sconforto e avvilimento; chiudere gli occhi e vederla mentre, nuda e imprigionata sotto il corpo atletico di lui, schiudeva le belle labbra e sussultava per le sue spinte e chiamava il suo nome, Nate, ancora e ancora con supplichevole bisogno fino all’estasi lo costrinse a correre in bagno per vomitare i fiumi di scotch che aveva ingoiato dopo l’infausta visita a casa Waldorf. Mentre si sciacquava la faccia, pensò scoraggiato che l’aveva persa. Contro il Golden Boy, non c’erano complotti o ricatti che potessero farlo vincere. Lo aveva imparato a sue spese un anno prima.

Ma sapeva anche che non si sarebbe arreso e il perché era semplice: non poteva. Il desiderio di Blair lo avrebbe tormentato senza pietà nonostante tutti i possibili sforzi per dimenticarla. Ciò che c’era fra loro, che gli era tanto difficile pronunciare, era inevitabile. Chuck non aveva mai creduto nel “per sempre”, perfino quando era solo un bambino e qualche baby-sitter di belle speranze decideva di leggergli una favola sbuffava incredulo a quel particolare delle storie: era una buffonata, una menzogna smielata adatta a incantare le menti più suggestionabili. Chuck era sempre stato il più grande sostenitore del “qui e ora”, prendere ciò che voleva quando ne aveva l’occasione senza pensare alle conseguenze in un futuro di cui non gli importava niente. Che l’amore potesse essere eterno era ridicolo in un mondo dove quel sentimento era tanto labile da non essere scontato nemmeno quando si trattava del proprio genitore.

Ma quello che provava per Blair era così forte che l’idea di potersi svegliare un giorno e pensare a lei che sorrideva o che baciava o che scopava un altro senza avvertire dentro di sé alcuna reazione gli sembrava più assurdo perfino del finale di una favola. 

Il giorno dopo, stuzzicò Blair sul fatto che tra lei e Nate non c’era passione, perché se c’era un campo su cui poteva battere Nathaniel, era quello. Poi provò a farla ingelosire portando la ragazza che Blair odiava di più al party dai Van Der Woodsen. Baciò Vanessa Abrams sperando che Blair, offesa e infuriata, lo aggredisse, trascinandolo in una stanza e sgridandolo con gli occhi scintillanti e le guance accalorate, perché avrebbe voluto dire che le importava ancora e che Chuck aveva una chance; perché in quel caso lui l’avrebbe presa per i fianchi e attirata a sé e le avrebbe sussurrato all’orecchio quello che era pronto a dirle prima di scorgere la giacca con lo stemma dei Van Der Bilt sulla sedia del soggiorno. Aspettò tutta la sera che accadesse… ma Blair trascinò invece Nate nella sua camera –tipico di lei decidere per ripicca di sedurre il suo migliore amico sul letto dove dormiva ogni notte- e sebbene non fossero stati dentro abbastanza da fare nulla di sessuale -o almeno sessualmente appagante-, Chuck capì che Blair non sarebbe andata da lui. Niente più tre parole, sette lettere, dimmele e sono tua. Nate non era un anonimo lord inglese e Blair aveva smesso di credere in Chuck e Blair, Blair e Chuck. Il gioco era finito.

La mattina dopo, lesse il messaggio di Gossip Girl mentre Vanessa Abrams si rivestiva per la seconda volta. Guardò la foto, ignorando la fitta al petto che gli provocò, e pensò invece che Blair era davvero stupenda con i fiocchi di neve incastonati tra i capelli e quel baschetto blu sulla testa. Sicuramente il freddo le aveva arrossato in modo adorabile il naso e le guance, mettendo in risalto i grandi occhi scuri. Ma era difficile dirlo osservando l’immagine, col volto di Nathaniel così schiacciato sulla faccia di lei che sembrava le stesse divorando bocca e mento. Se non altro, rifletté con magra consolazione, non c’erano mani che affondavano sotto i vestiti pesanti o che palpavano curve soffici e invitanti, ed era già qualcosa.  

Notò appena Vanessa che lasciava la stanza, ma realizzò che fare sesso con lei aveva distolto la sua mente dalla bella coppia –e lo erano davvero, anzi, insieme erano perfetti. Quel bacio vicino al laghetto, sotto la neve, sembrava la scena madre di un film romantico, particolare che aveva fatto certamente emozionare Blair-. Capì perciò che l’unico modo per sopravvivere alla relazione amorosa fra le due persone che gli erano più care al mondo era quello di ricominciare a portarsi a letto più donne possibili. Il sesso non guariva le ferite, ma le anestetizzava piuttosto bene, soprattutto se condito con un po’ di scotch e qualche tirata di spinello.

 

   

 A true lover is constantly and without intermission possessed by the thought of his beloved.

(2x25)

 

“Avevi ragione. Sono stato un codardo a scappare di nuovo. Ma dovunque andassi… tu eri sempre con me. Dovevo tornare”.

Era tutto vero. Alla festa di Nate, il terrore di rendersi debole, rivelandole i propri sentimenti, lo aveva travolto, riempito, paralizzato. Blair lo guardava con gli occhi imploranti e le lacrime che le scivolavano sulle guance e l’unica cosa che Chuck aveva voluto fare era fuggire. Perché aprirle il proprio cuore avrebbe significato non poter tornare più indietro, avrebbe significato concedersi completamente a Blair, darle il potere di spezzarlo. Oh, lei gli aveva già fatto male in passato, parecchio anche, ma non sarebbe stato niente in confronto al dolore che avrebbe provato ad un suo tradimento dopo aver confessato di amarla. Come poteva dichiararsi a Blair, che già sapeva ferirlo come nessun altro, la stessa sera che era venuto a conoscenza del sesso fra lei e Jack? Il pensiero lo ripugnava oltre ogni limite: Jack non era solo suo zio, era il bastardo che lo aveva ingannato e derubato e che aveva cercato di violentare Lily in un bagno pubblico. Non avrebbe mai creduto che Blair potesse abbassarsi a tanto e se era capace di azioni tanto vergognose senza per giunta sentire il bisogno di confessarglielo, come poteva Chuck fidarsi abbastanza di lei da rimanere senza difese, onesto e vulnerabile al suo cospetto?

Così, per proteggere se stesso, era stato lui a spezzare Blair, usando il potere che al contrario lei gli aveva dato per la seconda volta, pronunciando parole fredde e sprezzanti che non riflettevano ciò che provava realmente. Era fuggito in Europa per scacciarla dalla sua mente, ma non aveva funzionato.

Blair non lo lasciava in pace: era la hostess che gli aveva servito champagne sul suo jet privato e che lo aveva fatto sussultare sulla poltroncina quando gli si era avvicinata, ridicolo, certo, perché i capelli non erano nemmeno della giusta sfumatura di castano e il viso non aveva la bellezza fine e aristocratica di Blair; era la ragazza che lo aveva occhieggiato dal tavolo vicino mentre cenava al ristorante e che gli aveva fatto provare un palpito nello stomaco al pensiero che Blair lo avesse raggiunto, ma poi Chuck aveva guardato meglio e non aveva scorto negli occhi di lei quella luce insolente e maliziosa che tanto lo eccitava nella vera Blair, e subito dopo si era accorto che non le somigliava nemmeno lontanamente. Dopotutto, nessuna era come lei.

Eppure continuava ad avere l’impressione di vedere Blair intorno a sé, con la coda dell’occhio mentre il barman gli serviva uno scotch, di sfuggita su una macchina che lo sorpassava, in un ascensore un istante prima che le porte si chiudessero. Blair era dietro le sue palpebre ogni volta che le abbassava, nei suoi sogni ogni volta che si addormentava, e tutto ciò che lo circondava gli ricordava lei: si ubriacava al bar e tutti gli altri sembravano ordinare solo Martini e oliva; lanciava un’occhiata fuori dal finestrino della limousine e un Waldorf scarlatto faceva bella mostra di sé in  una vetrina; accendeva il televisore dell’albergo per distrarsi e si ritrovava davanti Audrey Hepburn che girava in Vespa con Gregory Peck. Ogni giorno, ogni minuto, Chuck rimpiangeva di non averla al suo fianco.

Era tornato a New York, perché aveva realizzato che la sofferenza e la solitudine che provava senza Blair erano più strazianti di qualsiasi paura avesse mai avuto. Poteva accettare il rischio, ora lo sapeva.

“Tutto qui?” domandò Blair in tono serio, ma gli occhi le brillavano e sulle labbra aleggiava un sorriso, perché in fondo sapeva cosa stava per dirle. Chuck si accorse che lei stava trattenendo il fiato, trepidante e in attesa come una bambina.

“Ti amo anch’io.” dichiarò, e aveva creduto che si sarebbe sentito dolorosamente debole a quel punto, ma Blair esalò il respiro che aveva trattenuto, gli occhi le si inumidirono e quando lo baciò, aggrappandosi come meglio poteva ai suoi avambracci, Chuck si sentì solo incredibilmente felice, tanto felice che appena si divisero rise, una reazione genuina e gioiosa che non gli capitava da molto tempo. E vedendo Blair ridere raggiante con lui, si sentì sciocco ad aver aspettato tanto tempo prima di rivelarle i suoi sentimenti, perché lei era bellissima e lui era innamorato e non riusciva a credere di essere stato pronto a rinunciare a tutto solo per un insignificante timore.

Così continuò a sussurrarle Ti amo e a baciarla ancora e ancora.

Era l’estate dei suoi diciannove anni e Chuck non aveva intenzione di vivere un anno di più senza Blair. 

 

 

 

Fine

 

 

Note dell’Autrice:

Questo capitolo conclusivo è arrivato con estremo ritardo, me ne rendo conto e mi dispiace. Però contiene quattro flash invece di tre, particolare che spero renda l’attesa un po’ più perdonabile.^^  

Ringrazio tutti i lettori per aver seguito questo piccolo progetto. A chi ha recensito, ho spedito le mie risposte con il nuovo metodo (farò lo stesso per i commenti a quest’ultimo capitolo, of course).

A presto,

Melany

  
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