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Autore: orual    03/02/2011    26 recensioni
Cosa è successo a Ron durante la sua separazione da Harry e Hermione in seguito alla lite nella tenda? Una fiction per osservare da vicino questo personaggio così imprevedibile e seguire una crescita ed il percorso fatto per tornare, più maturo, più forte, con obiettivi più chiari e maggiore determinazione per raggiungerli. Non pensate anche voi che Ron, dopo il ritorno dai suoi amici, sia un Ron cresciuto?
Dall'ultimo capitolo:
"Con il viso premuto contro il suo collo e nell’incavo della sua spalla, respirava pesantemente, finché non mormorò, con voce fragile:
-Non... promettimi che non... mai... più!
C’erano tante richieste mescolate in quella frase: di non scappare ancora, di non metterla di nuovo davanti ad un ricatto crudele, di non rifiutarsi ulteriormente di vedere quanto lei tenesse a lui, o di mostrare quanto a sua volta teneva a lei. Ron era stato accusato dalla stessa Hermione di avere la sensibilità di un cucchiaino, ma quella volta capì ogni sfumatura. Annuì contro la sua testa.
-Mai più. Promesso."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Bill/Fleur, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache della Seconda Guerra'
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 “Avventura, Introspettivo, Romantico”. Queste sono le tre indicazioni di genere che ho messo nella presentazione della storia. Mentre delle prime due abbiamo avuto abbondanti dimostrazioni negli scorsi capitoli, la terza si manifesta soprattutto qui.
Non è stato facile scrivere questo capitolo. Ho cercato di restare rigorosamente IC per tutta la storia, perchè volevo impostarla come un missing moment il più possibile realistico. Dunque, spero che non sarete delusi: non vi aspettate troppo miele o troppo fluff. Ron ed Hermione non sono mai stati molto espansivi.
Amore, però, ce n’è. E tanto. Perchè se c’è una cosa da dire su Ron ed Hermione canon, è che si amano davvero!
Ci vediamo in fondo per salutarci. Buona lettura!

 
8. Alla fine della notte
 
La brandina di Harry cigolava tremendamente, e Ron si svegliò quando sentì l’orrido scricchiolio sopra la sua testa, mentre l’amico si arrampicava per tornare a letto, dopo la fine del suo turno di guardia. Sporse la testa, e vide affacciato sopra il suo il viso di Harry, che disse sottovoce:
-Mi dispiace di averti svegliato. Domani, prima che andiamo da Lovegood, chiedo a Hermione di dare una sistemata alle molle.
-Non c’è problema... ‘notte- biascicò Ron. Lui, però, non si rimise a dormire: si alzò e fece rapido i tre passi che lo separavano dal minuscolo bagnetto, lanciando un’occhiata rapida all’apertura della tenda, oltre la quale, lo sapeva, Hermione vegliava facendo il suo turno di guardia.
Lo specchio rovinato sopra il lavandino gli rimandò un’incerta immagine di se stesso, nel pigiama che Bill gli aveva prestato e che lui aveva portato con sé nello zaino da Villa Conchiglia, i capelli arruffati in ciocche rosse, nel nuovo taglio corto che Fleur aveva insistito per fargli e che, aveva detto, esaltava l’eleganza della sua testa. “Tu non sei comment Bill, Ronnie... lui sta bene con i capeli lunghi, gli donno un’aria così sauvage...”
Era tornato. Quella era già la seconda notte che trascorreva nella tenda, dopo il salvataggio di Harry e la distruzione dell’Horcrux. Hermione era ancora arrabbiata con lui. Del resto, era già stato un sollievo che Harry lo avesse accolto a braccia aperte. Era stato come tornare a casa.
Abbassando lo sguardo, vide qualcosa che gli strappò un sorriso sonnolento.
Sul ripiano del lavandino, la sera prima, aveva ritrovato il suo spazzolino da denti, ancora al suo posto assieme agli altri due dentro un bicchiere reso opaco dal calcare. Quando se ne era andato lo aveva lasciato là, come tutta la sua roba, ed infatti ne aveva un altro, assieme al pettine, nello zaino. Vedere che quello vecchio era ancora là, che nessuno lo aveva spostato o gettato, gli aveva fatto salire il morale alle stelle: tutta la giornata appena trascorsa era stato difficile ostentare un’aria di compunzione per tentare di rabbonire Hermione quando lei era presente. Il buonumore e la soddisfazione per averli ritrovati, per essere ancora con loro, sprizzavano da sotto la maschera seriosa che portava per schivare la furia di Hermione, e che cadeva non appena si trovava da solo con Harry. Il litigio era dimenticato, le offese perdonate: l’avventura dello stagno stregato aveva cucito lo strappo che la fuga di Ron aveva provocato nella loro amicizia come un rammendo incantato, di quelli suggeriti in Maglia Magica per Principianti. In un certo senso, Harry aveva chiuso definitivamente la questione con quelle parole mormorate senza vederlo in faccia, dopo che la creatura che abitava l’Horcrux era stata distrutta dal colpo di spada di Ron.
E’ come una sorella per me... le voglio bene come a una sorella... credevo che lo sapessi.”
Non era tanto venirlo a sapere... quanto più che altro il fatto che, in quel breve momento solo loro, lui ed il suo migliore amico, nel silenzio di quell’angolo isolato nel bosco, avessero chiarito le cose una volta per tutte. Non c’era stato neanche bisogno che Ron parlasse. Harry aveva detto tutto, con quelle parole brevi.
E immagino che per lei sia la stessa cosa.”
Sì, anche Ron lo credeva. In realtà lo aveva sempre saputo. Ma la gelosia era stata irrazionale, alimentata dallo stress, dal medaglione, dalla lontananza.
Accanto agli spazzolini, sul ripiano, c’era un astuccio ormai consunto, con alcune delle cose di Hermione: una spazzola, alcuni fermagli per capelli, una boccetta quasi vuota di acqua di Colonia, il profumo severo e pulito che Ron ricordava di averle sentito addosso da sempre (non aveva mai usato l’eccentrico profumo al caprifoglio che lui le aveva regalato un Natale precedente, però ritrovò anche quella boccetta, intatta in fondo all’astuccio). Gli venne spontaneo sfiorare le sue poche cose, i simboli della sua ostinazione a vivere da profuga con dignità. Non doveva essere facile, per una ragazza, condividere quella vita raminga e scomoda con due maschi. Lo intenerì la discrezione di lei, sempre attenta a non far pesare loro niente del suo disagio. Si chiese come facesse a mantenersi sempre in ordine e pulita, senza passare in bagno un tempo sensibilmente maggiore di quello suo o di Harry.
Si ripromise di regalarle una boccetta nuova di acqua di Colonia, non appena ne avesse avuto la possibilità. Doveva imparare dai suoi errori. Anche in fatto di profumi.
Uscì dal bagno: nello stretto vestibolo si  udiva solo il suono del respiro pesante di sonno di Harry. Dall’ingresso della tenda filtrava una luce, che proiettava sulla tela il profilo perfettamente delineato di Hermione, il viso chino sicuramente su di un libro, la fronte molto alta ed il naso dritto.
Ron rimase qualche istante immobile, poi prese il golf azzurro di Fleur dalla pila dei suoi abiti su una sedia, se lo mise e trasse l’orologio dalla tasca della giacca, per controllare l’ora. Erano le due di notte.
Hermione sedeva a gambe incrociate su una coperta, e ne aveva un’altra posata sulle spalle. Il verandino della tenda la proteggeva un po’ dalle raffiche di vento, ed in una scodella davanti a lei ardeva un fuoco color pervinca, che irradiava un lieve tepore. Non alzò la testa dal libro che stava leggendo (quello delle fiabe di Beda), quando Ron scostò il lembo di stoffa ed uscì. Anzi, si premurò di avvicinarla ancora di più alla pagina.
-Ehm... ciao- tentò lui, sedendole accanto. Aveva in mano la bacchetta, in caso diventasse violenta.
-Dovresti essere a letto, Ron- disse lei di rimando, gelida, senza alzare gli occhi.
-Volevo... dirti che mi dispiace- mormorò Ron, in preda all’imbarazzo, ma deciso a non muoversi prima di ottenere una riconciliazione. Gli era bastato non poterla vedere per un mese, senza che ora la facesse troppo lunga con quella storia e continuasse a non parlargli.
Lei sollevò finalmente gli occhi dalla pagina, con lentezza esasperante, e lo fissò. Ron si chiese se avesse mai conosciuto una persona con gli occhi così grandi. Si mosse, a disagio.
-Questa l’ho già sentita.
-Sì, ma tu sei ancora arrabbiata con me.
-Ron, certo che sono arrabbiata con te. Te ne sei...
-...andato, lo so. Hermione, ho fatto un errore idiota. Avrei voluto tornare subito, e se non fosse stato per quei Ghermidori...
-Non puoi pretendere che di colpo mi dimentichi quanto sono stata male, Ron!
-Beh, Harry lo ha fatto.
Lei si morse le labbra.
-E’ diverso, e lo sai. E comunque sono affari di Harry.
Per qualche minuto rimasero in silenzio. Ron giocava con la catena del suo orologio, ancora stretto in mano, mentre Hermione aveva riabbassato lo sguardo sul libro, senza però riprendere a leggerlo, visto che non voltava le pagine. Aveva le labbra strette e le narici dilatate, come se trattenesse un’esplosione di rabbia.
Ron riprese a parlare cauto.
-Quando... la mattina dopo la lite...- si fermò per deglutire -...vi... vi ho visti. Stavo... stavo arrivando a piedi e vi ho visto da lontano smontare la... la tenda. Ho cercato di gridare. Però... non mi avete sentito.
Non c’era una ragione particolare che lo avesse spinto a raccontarle il più grande dolore che aveva provato, da quando si erano separati. Era la prima volta che ripensava a quel momento lui stesso: fino a quella notte era rimasto chiuso nell’angolo dei ricordi troppo orribili per poter essere rivissuti. Ricordare l’angoscia di allora gli arrochì la voce. Ma voleva disperatamente che lei capisse quanto fosse stato tormentato per quello che aveva fatto.
Hermione lo fissava silenziosa. Quando Ron riuscì ad affrontare il suo sguardo, vide che le tremavano le labbra.
-Ti abbiamo aspettato. Ti abbiamo aspettato quanto più è stato possibile...
La sua voce era diversa, ora: sottile e incrinata come un vetro ghiacciato.
-Lo so.
Ancora silenzio.
-Scusami, Hermione.
La notte si stendeva silenziosa tutto intorno a loro, illuminata solo debolmente da una sottilissima falce di luna crescente.
-Ron...- mormorò Hermione –Non si trattava di “scegliere lui”.
Ci volle qualche istante perchè Ron capisse a cosa si riferiva. Poi gli tornarono alla mente le parole che le aveva detto subito prima di andarsene.
“Capito. Scegli lui.”
Aprì la bocca per rispondere che certo, lo sapeva, che non pensava davvero a quello che stava dicendo, ma lei lo prevenne:
-Non osare mai più farmi questa specie di basso ricatto morale, capito, Ron? Tu, tu...- ecco, riaffiorava la sua rabbia, mentre la voce le si spezzava definitivamente –Tu, idiota insensibile... come hai potuto... dirmi...
Ora piangeva, finalmente. Un pianto rabbioso che scuoteva tutta la sua piccola stazza con singhiozzi furibondi.
-Hermione...- tentò debolmente Ron, ma lei fece un brusco gesto con il braccio, per imporgli di tacere.
Allora, incerto sul da farsi, cercò automaticamente le tasche per trovare un fazzoletto, e quando si rese conto di essere in pigiama, agitò la bacchetta e ne Evocò uno. Gli riuscì proprio bene (ormai stava diventando bravo): apparve piegato e stirato, con un fiore ricamato a piccolo punto sul risvolto. Glielo porse timidamente, e lei lo afferrò, con un altro gesto brusco e rabbioso, e si soffiò rumorosamente il naso.
La notte li circondava, quieta e silenziosa. Dentro la tenda Harry russava leggermente, ed Hermione continuava a tenere le labbra strette ed a soffiarsi il naso, ormai liberissimo, mentre Ron, cercando invano di passare inosservato, la scrutava.
Era difficile trovare le parole giuste.
Poi lo vide.
Seminascosto dalle ciocche ondulate dei capelli castani di Hermione, appeso al suo orecchio destro, stava un orecchino spaiato, un sottile cerchietto d’argento, liscio e semplice come tutti i suoi sobri monili. L’altro orecchino.
-L’hai ritrovato!- disse improvvisamente, e quando Hermione lo guardò accigliata, senza capire, allungò la mano verso l’orecchio.
-Oh!- disse lei. E, di colpo, arrossì intensamente.
-Sì- disse poi, appena troppo velocemente –Certo che l’ho trovato, Ron, il mio Incantesimo Estensivo Irriconoscibile era fatto a regola d’arte, come ti avevo detto. Non c’era nessun buco.
Non disse che un pomeriggio, mentre Harry era fuori a cercare qualcosa di commestibile, aveva vuotato la borsetta di perline di tutto il suo contenuto, cercando freneticamente il piccolo oggetto, seduta per terra in mezzo alla montagna di roba ammucchiata sull’impiantito consunto della tenda. Ron, però, la immaginò proprio così, ed un fuggevole sorriso gli passò sul volto.
-Allora... allora posso...- cominciò, armeggiando con l’orologio che ancora teneva in mano, e staccando con delicatezza l’orecchino dalla catena d’argento, -...restituirti questo.
In realtà gli dispiaceva separarsene, e pensò che gli sarebbe mancato il gesto ormai abituale di sfiorarlo nella sua tasca.
-Lo hai conservato- osservò Hermione con una strana voce stridula, che lasciava trapelare la lotta tra l’essere sostenuta, la curiosità ed una tremula commozione.
-Sì, io... mi avevi detto di tenerlo finché tu non avessi... trovato l’altro.
-Credevo che lo avresti perso- rispose lei, acida.
-Grazie, Hermione. No. Come vedi...
-Sì.
Perchè portava l’altro orecchino, se era spaiato? Non era una cosa da Hermione, che amava l’ordine e la simmetria, soprattutto per quanto riguardava il suo aspetto. Beh... se non si consideravano i capelli. La domanda gli era appena passata per la testa, e già aveva aperto la bocca per formularla, quando gli venne in mente che poteva aver messo l’orecchino con lo stesso scopo col quale lui l’aveva portato sempre nella sua tasca. Per ricordarsi di lui. Chiuse la bocca di scatto, sentendosi rinfrancato e confuso ad un tempo.
-Ecco...- disse, porgendoglielo  sulla mano aperta, e poi, visto che lei aveva esitato un attimo ad allungare la sua per prenderlo, continuò:
-Aspetta...
Si sporse in avanti, scostò i riccioli castani dall’orecchio sinistro con un gesto che era anche una carezza impacciata, e con infinita cautela, fece scivolare l’orecchino nel foro vuoto del lobo di Hermione, che stava immobile a testa china e respirava (gli parve) molto rumorosamente. Lo chiuse lentamente, per prolungare il più possibile la sensazione della sua pelle liscia e tiepida sotto le dita.
-Certo che l’ho conservato, Hermione...- ribadì poi. Lei rimase zitta. Lo interpretò come un invito a continuare.
-Mi importa delle tue cose. Mi importa di te. Aspetta!- esclamò, perchè lei, stavolta, aveva già aperto la bocca per ribattere.
-Credo... di aver sognato la vostra morte ogni notte di questo mese. E’ stato orribile.
In realtà, soprattutto le prime notti, aveva fatto anche sogni di altro genere, su di loro. Quasi altrettanto orribili. L’Horcrux, la notte prima, aveva letto bene nel suo cuore e nella sua mente.
-Beh, non è che ci siamo andati troppo lontano, dal morire- Hermione era rimasta tagliente.
-Lo so.
Lei strinse le labbra.
-Ogni... volta che parlavano alla radio di Harry e non nominavano anche te, io... avevo sempre il terrore che tu fossi morta.
Il fazzoletto che le aveva dato, appallottolato nel pugno, fu portato bruscamente agli occhi.
-...ma non sapevo come fare a tornare, fino a quando lo Spegnino di Silente...
-Non abbiamo pronunciato il tuo nome per settimane- interloquì lei –se lo avessimo fatto prima...
-Già.
Ma forse, prima non sarebbe stato ancora pronto, si disse fuggevolmente Ron.
-Però... è davvero una magia incredibile- osservò Hermione, col tono scolastico di quando parlava di qualcosa di difficile che la interessava molto. I cambiamenti di registro nella sua voce erano vagamente inquietanti.
-Silente era un genio. Voglio dire, pensavo che il suo fosse un regalo senza senso, e invece...
-Lo so...  è per questo voglio andare da Xenophilius Lovegood. Non mi sembra il caso di lasciare intentata alcuna strada. Se il tuo lascito aveva uno scopo preciso... di certo dovrebbe averlo anche questo- disse Hermione accennando al libricino ancora aperto in grembo.
-Sai... non penso più che poteva anche renderci le cose più facili... voglio dire, dopo quello che è successo a me con lo Spegnino... ecco, spiegare prima sarebbe stato assurdo, no? Ora penso che se non ci ha detto qualcosa... lo ha fatto con scopi precisi.
Hermione sospirò, pensosa.
-Harry non è nello stato d’animo giusto per una riflessione del genere, dopo che ha letto questo.
Gli mostrò, raccogliendolo da terra, il libro di Rita Skeeter, la copertina con gli squallidi colori da best seller di bassa lega. Ron ne aveva letto una recensione sul Profeta portato a casa quotidianamente da Bill, e storse il naso.
-Sì, oggi mi ha detto della lettera a Grindelwald. E’ piuttosto suscettibile su questo.
-Non ha tutti i torti. La lettera ha sconvolto anche me.
-Però, se adesso cominciamo a dubitare di Silente... non ha senso stare qui.
Hermione fece un piccolo sorriso, annuendo. Ron non aveva fatto altro che pensare a quanto sarebbero stati bene insieme Harry ed Hermione senza di lui, durante la sua assenza. Fu in quel momento che gli venne in mente che Hermione doveva essersi sentita oppressa anche dalla fatica di reggere da sola la pesante parte della spalla di Harry. Entrambi amavano Harry, ma sapevano da anni che affiancarlo e sorreggerlo era un fardello da portare almeno in due.
-Per fortuna alla fine si è deciso ad acconsentire ad andare. Era stupido non chiarire questo punto, no?
-Giustissimo- fece lui, con un po’ troppo entusiasmo.
-Ron... smettila di essere così condiscendente. Mi innervosisci.
-Giustissimo. Scusa...
-Ron!
Ma Ron stava ridendo, ed anche lei non poté trattenere un sorriso.
L’aveva fatta sorridere! Non poteva crederci. Ed avevano parlato! Chiacchierato come un tempo! Sentendo che la pace, in un modo o nell’altro era appurata, Ron non poté reprimere uno sbadiglio.
-Vado a dormire, ora... Ho ancora un’oretta prima che tocchi a me.
Si alzò in piedi, stirandosi.
-Allora buonanotte...- aggiunse, avviandosi verso l’ingresso della tenda. Aveva appena scostato il lembo di stoffa dell’apertura, e chinato la testa per entrare, quando la voce di lei lo bloccò.
-Ron!
Si volse, e vide che si era alzata in piedi a sua volta. Gli stava di fronte, pallida e minuta, infagottata nei jeans ed in un golf di Harry, che portava sopra il pigiama per poter andare a letto velocemente quando fosse finito il suo turno. Ron, immobilizzato, la fissò, indugiando sui suoi occhi spalancati.
Quando, senza alcun preavviso, lei si slanciò verso di lui, fece appena in tempo ad aprire le braccia per accoglierla e stringerla gentilmente, quasi paralizzato dallo shock. Hermione, invece, gli si avvinghiò, i capelli increspati dall’aria umida della notte che, come quella sera alla Tana, gli finivano in bocca, fino a che non riuscì a posarle il mento sulla testa. Con il viso premuto contro il suo collo e nell’incavo della sua spalla, lei respirava pesantemente, finché non mormorò, con voce fragile:
-Non... promettimi che non... mai... più!
C’erano tante richieste mescolate in quella frase: di non scappare ancora, di non metterla di nuovo davanti ad un ricatto crudele, di non rifiutarsi ulteriormente di vedere quanto lei tenesse a lui, o di mostrare quanto a sua volta teneva a lei. Ron era stato accusato dalla stessa Hermione di avere la sensibilità di un cucchiaino, ma quella volta capì ogni sfumatura. Annuì contro la sua testa.
-Mai più. Promesso.
Lei non lasciò la stretta, e per Ron, lentamente, tutto si riempì della presenza di Hermione, della sensazione del suo corpo minuto premuto contro di lui, e del respiro irregolare, dell’umido delle guance di lei contro il suo collo. Era tanto più bassa di Ron che lui doveva chinarsi leggermente per permetterle di abbracciarlo, e questo gli dava l’impressione di racchiuderla tutta in sé.
Era diverso da quando l’aveva tenuta stretta al funerale di Silente: quella volta un dolore esterno aveva avuto bisogno di essere confortato. Ora, invece, una ferita interna a loro due veniva lentamente ricucita, tra i gesti e le parole, nella semplicità della stretta.
Hermione profumava vagamente di acqua di Colonia. Si ricordò del giorno in cui, nel sotterraneo di Pozioni, aveva riconosciuto quel profumo nell’Amortentia del professor Lumacorno. Hermione aveva la pelle liscia, le mani allacciate dietro la sua nuca fredde per la lunga veglia all’aperto. Tutto in lei era schietto e pulito, perfino la naturalezza dei suoi capelli, contorti in riccioli disordinati che le incorniciavano il viso, perfino la sua voce chiara, la sua mente penetrante, retta e brillante come una straordinaria pietra preziosa. Ogni desiderio di giustizia, ogni speranza per il futuro, per Ron si concretizzavano nella vicinanza di Hermione. Era impossibile non amare Hermione: era come non amare l’acqua pulita o la luce del sole. Forse per questo era sempre così goffo con lei. Come si tiene in mano la luce, o l’acqua?
Infine, troppo presto, lei respirò profondamente e si allontanò. Era rossa in viso come mai l’aveva vista, se non in qualche accesso di rabbia per una litigata. Ron la lasciò andare con riluttanza, trattenendole una mano, e gli occhi marroni di lei gli si spalancarono ancora in viso, enormi. Pensò che non gli era mai sembrata più bella, pur con gli occhi gonfi di pianto ed i capelli arruffati. Hermione era più che bella. Era... una forza della natura.
Non aveva senso, o così gli sembrava, aspettare ancora.
-Hermione- disse, prendendo fiato, con voce rauca ma determinata -Hermione, io...
Si bloccò, però, quando la vide scuotere la testa, piano.
-Ma...
-No...- il viso di lei era appena contratto -...Ron, è meglio... finire prima questo... questo lavoro.
-Ma...
Ancora il suo sguardo, così brillante che quasi non poteva sostenerlo, mentre si fissava con aria di scusa nei suoi occhi celesti.
-Ora dobbiamo finire qui... Tutto... tutto è così fragile... dipende da come noi tre restiamo... in equilibrio, capisci? Quando te ne sei andato...
La sua mano piccola si contrasse in quella lunga e con le nocche sporgenti di Ron.
-...e comunque- riprese lei –E’ troppo importante... non voglio che Harry...
Alzò gli occhi, come spaventata da quello che aveva appena detto. Lo sguardo di Ron, però, era calmo, anche se un po’ velato di rammarico. Continuò lui:
-...si senta a disagio. Giusto?
Incredula, mentre sul volto le si spandeva il sollievo, lei annuì con foga.
-Riesci a... a capirlo?
Ron diede un brevissimo sospiro. Poi mormorò.
-Sì
Semplicemente sì. Un tempo, rifletté, non ne sarebbe stato capace.
Ci fu un lungo silenzio, privo di parole. Fu Hermione a romperlo. Le lacrime avevano ripreso a sgorgarle dagli occhi, ma non sembrava triste.
-Allora...- riprese, il volto mutevole come un cielo di marzo, incerto tra la serietà ed il sorriso –Allora... ci vediamo alla fine della notte.
Quale notte? Quella che stava passando veloce intorno a loro, o quella della guerra?
-Sì- rispose Ron, pensando ad entrambe le cose.
-Sì- ripeté Hermione.
Una raffica improvvisa di vento gonfiò il telame della tenda, scuotendola tutta. Lei rabbrividì.
-Vai a letto- le disse Ron –Ormai è quasi il mio turno.
-Ma...
-E’ meglio che tu sia lucida, domani.
-Oh... e va bene- ribatté Hermione, subito ripresa dalla responsabilità della loro missione. Ristette un momento, poi si sollevò sulle punte dei piedi, e gli diede un bacio, lieve e delicato, che gli sfiorò l’angolo della bocca. Ron sentì le mani contrarsi per il desiderio di stringerla ancora, ma lei già sollevava la tela dell’ingresso.
-Buonanotte, Ron.
Sparì leggera oltre la cortina bianca.
E Ron rimase.
A vegliare presso le fiamme pervinca sul calore della casa ritrovata e dell’amicizia riallacciata. E... sull’amore. Ci sarebbe stato da aspettare ancora, ma... era diverso, adesso.
Aveva vinto. Aveva vinto tutto.
Vincere anche la guerra, in quel momento, sembrava quasi una formalità.
Col cuore pieno di troppi doni, si mise paziente in attesa che la notte lasciasse spazio al mattino.
 
...Fine.


Allooora... com'è andata?
Mentre ci pensate su, lasciatemi dire qualcosa di solenne (più o meno) per concludere.
Scrivere questa storia è stato davvero divertente. E’ la mia prima fanfic, e me la sono goduta pienamente. Zia Jo ha creato dei personaggi splendidi, e poter “giocare” con loro è un privilegio!
E’ stata una vera felicità vedere che il mio divertimento ha provocato il vostro interesse, le vostre emozioni.
Grazie.
Grazie per il vostro sostegno. Grazie ai trenta che l’hanno seguita, alla decina che l’ha messa nelle preferite,a chi l’ha messa nelle ricordate. Ma soprattutto grazie ai recensori! Ogni vostra recensione è stata letta circa cinquemila volte.
Ora che è finita, vorrei tanto (angolo desideri arditi e irrealizzabili... forse) un giudizio complessivo da ogni lettore. Oltre che un giudizio su questo singolo capitolo, è ovvio;).
Oddio, sono quasi in lacrime...
Ragazzi, che altro dire? Alla prossima storia: tenete d’occhio la mia pagina, perchè ho molte idee che frullano, tra il cuore, le dita e la tastiera!
Un grandissimo bacio a tutti!
La vostra
Orual
 
PS: alla fine ho tenuto “spegnino”, anche se ci ho pensato su parecchio. Ha un’aria vintage che secondo me è adatta al mondo di Harry Potter, “deluminatore” mi suona un po’ strumento chirurgico. Ma la questione non è chiusa... magari in futuro modificherò.
 


 

   
 
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