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Autore: VaniaMajor    04/02/2011    18 recensioni
Dopo un incidente stradale, Kagome si risveglia in un mondo governato da divinità in guerra disciplinate dalla presenza di Mon (Porte) la cui unica chiave è la Shikon no Tama. La ragazza risveglia per errore Inuyasha, il Bannin della Terra, il quale vuole ucciderla! E' invece costretto a giurare di proteggerla, insieme agli altri Bannin, in quanto Kagome sarà la nuova Sacerdotessa della Splendente, custode della Shikon no Tama. Ma perchè Inuyasha somiglia tanto a Inuki, il suo primo amore? Lei è davvero la reincarnazione di Kikyo? E qualcuno, in questo pazzo mondo, riuscirà mai a riportarla a casa?!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author's note: Ci siamo! La Mon è aperta!!

CAPITOLO 26

HIKARUKU

«Kohaku, vuoi condurci da lei?» chiese Sango al custode della porta. Il ragazzo annuì, alzando il falcetto, mentre Kagome lanciava un’ultima occhiata dietro di sé. Vide una piccola frazione di territorio devastato, un cielo che si schiariva a poco a poco. In lontananza, le parve di riconoscere la piuma di Kagura che si allontanava. Kagome sentì stringersi lo stomaco per la tensione. Quella poteva essere l’ultima volta che posava lo sguardo sulle Quattro Terre.
«Kagome, tutto bene?» le chiese Inuyasha, accanto a lei, facendola voltare di nuovo. Sorrise e annuì, cercando di farsi coraggio. Non poteva perdere in determinazione proprio in quel momento. Kohaku alzò il falcetto, legato ad una catena di piccoli diamanti, e gli fece compire un ampio arco, apparentemente nel nulla. Invece, la dolce luce dorata che li avvolgeva si aprì come un telo di stoffa, rivelando loro un sentiero d’oro che si perdeva in una vera nebbia, bianca e spessa.
«Una volta, quella strada attraversava un giardino rigoglioso e il cielo era azzurro.» borbottò Shippo, corrugando la fronte.
Kagome lesse una forte apprensione sui volti di tutti. Non poté osservare l’espressione di Sesshomaru, in quanto lo Shikon si incamminò senza indugi sul sentiero, con Rin alle calcagna, senza attenderli. Inuyasha prese Kagome per mano, poi si avviò dietro il fratello, seguito dagli altri Bannin e da Kohaku stesso. La visibilità era scarsa e si spingeva a pochi passi di distanza. Il terreno che si vedeva ai lati del sentiero era spoglio. Inuyasha si fermò un attimo per sfiorare con la mano quella terra scura.
«Non è morto. Sta dormendo.» mormorò Tochi no Bannin.
«E questo cosa significa?» chiese Miroku, cupo. Inuyasha scosse la testa e si alzò.
«Vorrei saperlo.- sospirò- Raggiungiamo Sesshomaru, quello non ci aspetta di sicuro.»
Difatti Sesshomaru aveva allungato le distanze ed ora era appena discernibile nella nebbia, con Rin a fianco. Kagome osservò che per lui doveva essere una tortura essere costretto a camminare come un normale essere umano, ora che si trovava a così breve distanza dalla donna amata, ma Kohaku spiegò che camminare lungo quel sentiero era l’unico modo per raggiungere la dimora di Hikaruku.
«Pensare che qui attorno tutto gridava di vita…» mormorò Sango, con le lacrime agli occhi. Miroku le strinse forte la mano, anche lui perso in ricordi terribilmente antichi. D’improvviso, la nebbia attorno a loro si dissolse, lasciandoli sorpresi. Kagome si guardò alle spalle, constatando che la nebbia finiva di netto, come se vi fosse una barriera di qualche tipo. Tornò a guardare di fronte a sé quando sentì Inuyasha irrigidirsi al suo fianco.
Kagome non poté fare a meno di spalancare la bocca per la sorpresa e l’ammirazione. Di fronte a lei si ergeva la più superba dimora su cui avesse mai posato gli occhi. Era un’enorme magione, che si innalzava in centinaia di torrette e guglie, nonostante il corpo centrale non andasse oltre il secondo piano. Era una costruzione aggraziata ma forte, interamente dipinta di verde, azzurro e oro. Le rifiniture erano di metallo e pietre preziose, che in situazioni normali dovevano far risplendere quella dimora come un gioiello. In quel momento, però, la luce grigia spegneva qualsiasi bellezza e il castello appariva disabitato. Attorno ad esso si ergevano tronchi spogli di alberi secolari e il terreno era brullo e nero, come morto. Non c’era un alito di vento. Nel complesso, quella visione comunicava un’immensa tristezza e un pesante senso di solitudine. Hikaruku era vissuta laggiù, completamente sola, per mille anni…
«Sesshomaru! Ehi, vuoi aspettarci o no?!» sbottò in quel momento Inuyasha, correndo verso la porta e tirandosi dietro Kagome, che dovette tornare bruscamente alle questioni pratiche. Sesshomaru e Rin avevano già raggiunto la porta principale, un’enorme porta a due battenti laccati di azzurro e decorati con disegni di fiori in smalto dorato. Sesshomaru aveva aperto quella porta imponente con una sola mano ed ora stava entrando nel cortile interno. Rin riusciva non si sa come a tenere il suo passo, trotterellandogli instancabile al fianco. Forse per lei era un’avventura come tutte le altre.
Giunto nella corte centrale, Sesshomaru si fermò, guardandosi attorno come smarrito.
«Non sento il suo odore.» mormorò.
«Di qua.- disse Inuyasha, precedendolo sempre tenendo stretta la mano di Kagome- Le stanze di Hikaruku sono da questa parte.»
Kagome guardò Sesshomaru e vide passare sul viso dello Shikon un’ombra di contrarietà…forse di gelosia. Era evidente che Inuyasha aveva visitato quel luogo più volte, mentre Sesshomaru probabilmente non aveva mai potuto mettervi piede prima. Kagome sentì una stretta al cuore al pensiero di cosa dovesse provare lo Shikon in quel momento, poi le sovvenne che nemmeno lei aveva da stare troppo tranquilla. Tra poco si sarebbe giocato il suo futuro con Inuyasha e lei doveva ad ogni costo far valere le sue ragioni.
Entrarono nel castello al seguito di Inuyasha, che li condusse lungo una interminabile serie di scale, che li portavano sempre più in alto. Sesshomaru prese in braccio Rin, evitandole quella fatica eccessiva. Quando Kagome guardò da una finestra, si accorse di essere ormai a parecchi metri dal pianoterra.
«Ma dove si trova Hikaruku?» chiese, stupita.
«Nella torre più alta del castello.» rispose Inuyasha.
«Come una principessa delle favole…- mormorò Kagome, poi inciampò in un gradino- Ma non c’è altro modo di raggiungerla che facendo le scale?»
Vide Inuyasha stringere le labbra e da dietro le giunse la risposta di Miroku.
«In situazioni normali, Hikaruku stessa ci avrebbe trasportati magicamente al suo cospetto una volta giunti al cortile. Per come stanno le cose, però, non ci rimane che salire le scale.» disse. Kagome si morse un labbro, conscia del vero significato di quella frase. Hikaruku non aveva reagito al loro ingresso nel castello. Questo non era affatto un buon segno. Inoltre, il fatto che quella grandiosa dimora fosse completamente vuota metteva i brividi.
«Ecco, ci siamo.» disse d’un tratto Inuyasha, indicando sopra di loro, ove saliva una singola scala a spirale, che portava alla torre più alta. Il Bannin dovette scansarsi in fretta per evitare di essere mandato a gambe all’aria da Sesshomaru che, tenendo sempre stretta Rin, corse lungo le scale con un’espressione dura sul viso. Gli altri gli corsero dietro, ma prima che lo potessero raggiungere, Sesshomaru aveva già aperto la porta con uno schianto.
«Hikaruku!» chiamò Inuyasha, correndo con Kagome in spalla.
«Speriamo stia bene…» disse Shippo, così preoccupato da avere le lacrime agli occhi. Giunsero alla soglia e lì dovettero fermarsi bruscamente, rischiando di caracollare l’uno addosso all’altro, in quanto Sesshomaru non era entrato nella stanza ma si era bloccato un passo oltre la soglia, immobile come una statua, con Rin a fianco. Tutti guardarono oltre la sua figura, desiderosi di sapere la verità.
Ad una prima occhiata, il loro cuore si aprì di gioia e sollievo. La sala circolare in cui si ergeva il trono di Hikaruku non aveva l’aria spenta del resto del castello, ma conservava una luce calda e confortante che strappava riflessi alle pareti, che sembravano di puro cristallo. Sul trono, bellissima e regale, sedeva una donna la cui perfetta bellezza toccò il cuore di Kagome. Un viso di porcellana, fine ma pieno di carattere, su cui spiccavano occhi di un azzurro intenso che li fissavano. Sulla fronte era tatuata una fiamma dorata, che simboleggiava la Vita. Lunghi capelli d’oro le scendevano lungo le spalle e le braccia appoggiate ai lati del trono, in un atteggiamento di paziente attesa. Indossava una veste gialla ricca ma non opulenta, totalmente ricamata con motivi naturali in azzurro e verde. Era una donna splendida.
Kagome avvertì una grande gioia per Sesshomaru, lieta che il suo amore potesse finalmente coronarsi, e ripassò mentalmente il discorso che avrebbe fatto alla dea per convincerla a lasciarla vivere nelle Quattro Terre. Si accorse dopo un istante dell’improvvisa tensione dei Bannin e guardò ancora Hikaruku, chiedendosi perché non avesse ancora proferito parola. Il suo sguardo era fisso su di loro. Troppo fisso…fisso come quello di…di un cadavere! Il fiato lasciò i polmoni di Kagome, mentre la ragazza spalancava gli occhi per l’orrore e si aggrappava al braccio di Inuyasha, come se il Bannin avrebbe potuto cambiare qualcosa di ciò che vedevano. Hikaruku non si muoveva, né parlava. Giaceva inerte su quel trono, con gli occhi aperti che non vedevano più nulla.
«No…» mormorò Kagome, scuotendo la testa in una negazione inutile. Sentì Sango, dietro di sé, soffocare un singhiozzo. La guardò, smarrita, e la vide piangere in silenzio sulla spalla di Miroku, che era pallidissimo. Shippo e Kohaku non erano da meno, e le lacrime rigavano il volto di entrambi. Kagome guardò Inuyasha e lo vide teso e addolorato, le labbra tanto compresse l’una sull’altra da risultare pressocchè invisibili.
«Mi dispiace.- disse il Bannin, con voce roca, rivolgendosi a Sesshomaru- Non sai quanto mi dispiace.»
Sesshomaru entrò nella stanza, sordo alle parole di condoglianze di Inuyasha, lasciando Rin dietro di sé. Raggiunse il corpo inerte della dea della Vita e la guardò a lungo.
«Hikaruku…» mormorò, tanto piano che la sua voce fu appena discernibile, mentre sfiorava con le dita il volto immoto. Si ritrasse subito, sentendo la pelle gelida sotto il suo tocco. Poi, con una delicatezza che fece piangere Kagome, si inginocchiò davanti a lei, prendendole le mani e appoggiando la fronte al suo grembo, senza più pronunciare una parola. Vedere l’orgoglioso Shikon in ginocchio di fronte alla donna amata, ormai morta, era più di quanto chiunque potesse sopportare. Chi era riuscito a non piangere non poté più trattenere le lacrime. Erano arrivati troppo tardi. Tutto ciò per cui avevano combattuto era andato perduto.
Abbracciata ad Inuyasha, soffocata dal pianto nel tentativo di non disturbare il dolore dello Shikon con il proprio, dapprincipio Kagome non sentì la mano che le tirava con insistenza la manica. Si accorse di qualcosa quando quella stessa mano iniziò a frugarle in tasca. Si sciolse dall’abbraccio, con il viso inondato di lacrime, solo per vedere la piccola Rin estrarre la Shikon no Tama dalla sua tasca e farle un sorriso, prima di voltarle le spalle e dirigersi verso il trono.
«Rin!» chiamò Kagome, cercando di fermarla. Non era il caso che Rin disturbasse Sesshomaru in un momento del genere. Inaspettatamente, Inuyasha la fermò, afferrandola per le braccia.
«Aspetta.» disse il Bannin, corrugando la fronte nel guardare Rin che si avvicinava ad Hikaruku. Di fronte allo sguardo interrogativo di Kagome scosse la testa. Aveva uno strano presentimento. Rin gli era sembrata particolare fin dal principio…forse aveva una parte da giocare in quella storia.
Rin si fermò accanto a Sesshomaru. Lo Shikon non alzò la testa per guardarla, ma sul viso della bimba c’era una tale espressione di amore incondizionato da rendere giusta e appropriata la sua presenza in quel momento di dolore. Sesshomaru si accorse di lei solo quando la bambina sottrasse alla sua presa una delle mani inerti di Hikaruku. Alzò gli occhi ambrati su di lei e Rin sorrise. Sotto gli occhi attoniti di tutti, Rin si mise in bocca la Shikon no Tama e chiuse gli occhi, stringendo forte la mano di Hikaruku. Un lampo di luce forte e improvviso li accecò e tutti dovettero proteggersi gli occhi, con esclamazioni di sorpresa. Sesshomaru si voltò dall’altra parte, mentre il lampo bianco si spegneva, poi si girò subito verso Rin. Con sua somma sorpresa e dolore, la bambina non c’era più. Sembrava scomparsa nel nulla. Quella strana bambina che lo aveva stregato, che provava per lui un così evidente affetto, era scomparsa. Stanco, afflitto e sul punto di perdere il controllo, Sesshomaru chiuse gli occhi, ma subito li riaprì quando le dita sottili che stringeva ricambiarono la stretta in una morsa dolce ma possessiva. Sesshomaru alzò lo sguardo di scatto.
Hikaruku lo guardava con occhi luminosi di vita, le labbra schiuse in un sorriso. Gli occhi dello Shikon si spalancarono per la sorpresa, mentre il suo cuore perdeva un battito. Non percepì lo stupore degli altri. Non gli era rimasta abbastanza presenza di spirito per farlo.
«Hikaruku.» disse, con voce resa roca da qualcosa che gli stringeva la gola.
«Sì.» disse lei, e il suo sorriso divenne più splendido.
«Hikaruku.» ripeté lo Shikon, come se non fosse in grado di dire altro.
«Sì!» ribadì ancora lei, e dalla sua gola sgorgò una piccola, gioiosa risata che sapeva di ruscelli di montagna e del canto degli uccelli. Il suono di quella risata finalmente riportò alla realtà Sesshomaru, il quale scattò in piedi, trascinando Hikaruku con sé e stringendola furiosamente tra le braccia, affondando il viso tra i suoi capelli d’oro.
«Mi sei mancato, amore.» sussurrò la donna, sfiorandogli una guancia con le labbra.
Sesshomaru sentì qualcosa di caldo scendergli lungo le guance e non si accorse di stare piangendo. Guardò in viso la donna che amava, la donna che l’Eccelso gli aveva sottratto da mille anni, poi la baciò, con tutto il dolore e la speranza che aveva alimentato in quei secoli di distanza. Ancora sulla soglia, i Bannin, Kagome e Kohaku assistettero al miracolo senza proferire verbo, troppo commossi e pieni di gioia. Tutto era andato per il meglio. Le Quattro Terre avrebbero ritrovato l’equilibrio e l’amore che univa i due Shikon ne era la prova evidente. In quel momento, Sesshomaru si staccò da Hikaruku, sempre scrutandola in volto come se non fosse ancora certo di non stare sognando. Hikaruku gli sorrise, poi volse per la prima volta lo sguardo agli altri occupanti della stanza.
«Amici miei…- mormorò la donna, con voce musicale- Non so come ringraziarvi per il coraggio che avete dimostrato in questi molti anni.»
Si staccò da Sesshomaru, che la lasciò andare con riluttanza, e andò da loro a braccia aperte, come una madre verso i figli. Baciò sulla fronte ognuno di loro e Kagome vide che tutti avevano le lacrime agli occhi. Inuyasha fu l’ultimo ad essere baciato. Sesshomaru rimase ad una certa distanza, evidentemente contrariato da quelle manifestazioni d’affetto.
«Rin eri tu.- borbottò Inuyasha, mentre Hikaruku gli stringeva ancora le mani, cercando di nascondere la propria commozione- Avresti potuto dircelo.»
Hikaruku rise, scuotendo il capo.
«Rin era una parte di me.- disse, e nei suoi occhi passò un lampo birichino- Sentivo approssimarsi l’oscurità di Naraku e avvertivo che eravate tutti in difficoltà. Mi sono incarnata in un essere umano, lasciando qui il mio corpo ed il mio potere, e vi ho attesi.»
«Sentivamo qualcosa in Rin, ma non ti abbiamo riconosciuta.» disse Sango, sorpresa.
«E come avreste potuto? Nulla del mio potere scorreva nel mio corpo umano.- sorrise Hikaruku- Incarnandomi ho violato una regola. Se avessi usato il mio potere avrei rovinato tutto.»
«Somma Hikaruku,- disse Miroku, con una punta di divertito sarcasmo- se vi eravate incarnata per aiutarci, come mai ci avete presto lasciati per seguire Sesshomaru?»
Kagome fu deliziata nel vedere Hikaruku arrossire. La Shikon si voltò verso Sesshomaru, allungando timidamente una mano verso di lui.
«La mia anima tendeva a lui.- mormorò, mentre lui le si affiancava e le prendeva la mano- Non ho potuto farne a meno.»
«Come io non ho più potuto separarmi da quella bambina silenziosa.» disse Sesshomaru, guardandola negli occhi. Hikaruku sorrise, abbassando lo sguardo. A Kagome la donna non sembrava una creatura millenaria, ma solo una giovane innamorata. Iniziava a pensare che Hikaruku avrebbe compreso e apprezzato il desiderio del suo cuore. Proprio in quel momento, Hikaruku si voltò verso di lei.
«Kagome, l’ultima Hikaruku no Miko delle Quattro Terre.- disse, andandole incontro- Colei che mi ha liberata.»
«Sono stati i Bannin e Kiiro no Me a liberarti.» si schermì Kagome, imbarazzata. Hikaruku sorrise.
«Nessuno si sarebbe mosso se tu non fossi stata decisa a recarti alla Taiyoo no Mon.- disse la Shikon- Nemmeno Inuyasha, per quanto il suo carattere sia turbolento.»
Inuyasha fece per replicare, ma vide le due ridere e si zittì, fingendo un broncio offeso. Hikaruku prese le mani di Kagome tra le sue.
«Io ti ringrazio per aver liberato Inuyasha…per due volte.- disse la dea- Ti ringrazio per aver usato il giusto rispetto nei confronti dei Bannin e di aver stretto con loro legami di affetto. Ti ringrazio per aver capito il cuore dell’uomo che amo.»
«Come…» iniziò Kagome, sorpresa, poi si ricordò di Rin e chiuse la bocca. Era ovvio che Hikaruku sapesse ogni cosa.
«Ti ho condotta qui strappandoti a ciò che ti è caro.- continuò Hikaruku- Ora che il tuo scopo è raggiunto, leggerò nel tuo cuore i desideri che vi sono custoditi. Forse potrò fare qualcosa, per te.»
Il cuore di Kagome perse un battito. Il momento era giunto. Kagome lanciò un’occhiata a Inuyasha, che però stava guardando Hikaruku. Poi prese fiato e iniziò: «Io…»
«Non parlare.» mormorò la dea, socchiudendo gli occhi e posandole due dita sulla fronte. Kagome ubbidì, chiudendo gli occhi e lasciando che la sua mente venisse riempita dal suo più grande desiderio: vivere insieme a Inuyasha. Presto, Hikaruku ritrasse la mano. Kagome la guardò, e la vide annuire con aria grave, ma la sua esultanza si placò quando la dea le voltò le spalle e andò da Inuyasha.
«E cosa dice il tuo cuore, amico mio, fratello mio?» chiese Hikaruku, fermandosi di fronte a lui. Inuyasha sorrise e le prese le mani.
«Sentilo tu stessa.» disse, posandosi una di quelle mani delicate sulla fronte. Hikaruku chiuse gli occhi, in ascolto, poi un dolce sorriso le comparve sul viso.
«Il tuo cuore è una terra rigogliosa, Inuyasha.- disse, piacevolmente sorpresa- Hai fatto tuoi i tesori più preziosi.»
Hikaruku guardò ancora una volta Kagome, poi indietreggiò di due passi, mettendo una certa distanza fra lei e i Bannin. Il suo volto assunse un’aria seria e decisa, che mise in evidenza l’aura di potere che la circondava, esaltandola.
«Ho ascoltato i desideri del vostro cuore.- disse, con un tono di voce che mise i brividi a Kagome- Nonostante  quanto io vi ami, c’è solo una cosa che posso fare. La tua missione è conclusa, Kagome.»
Kagome spalancò gli occhi, certa che stesse per accadere qualcosa di terribile. Non fece in tempo ad aprire bocca. Hikaruku la guardò fissa con i suoi occhi azzurri, d’un tratto terribili, e alzò di scatto una mano, imponendola su di lei. Kagome si sentì colpire da una tremenda energia, che non riuscì a contrastare. Con un grido, perse contatto con il terreno e iniziò a cadere nel vuoto che si era formato alle sue spalle. Le figure dei suoi amici, delle persone con cui aveva condiviso i suoi giorni ormai da mesi, divennero piccole sagome lontane.
Hikaruku la stava mandando via dalle Quattro Terre! Il suo incubo peggiore si stava avverando…sarebbe stata separata da Inuyasha!
«No! NO!- gridò Kagome, allungando una mano mentre continuava a cadere- Non desidero tornare a casa! Vi prego, no! Io voglio stare con lui! Inuyasha, aiutami! INUYASHAAAAAAA!!!!!!!!!»
Il suo appello non venne ascoltato. La tenebra si chiuse su di lei e sul suo tremendo dolore.

***

Quando si risvegliò, capì subito di essere sdraiata in un letto. Sopra di lei, un anonimo soffitto grigio. Accanto al letto, un suono regolare che denunciava la presenza di macchinari medici. La stanza era rischiarata da una lampada accesa. Doveva trovarsi in un ospedale, nel suo mondo. Chissà dove era ricomparsa, priva di coscienza? Dopo mesi d’assenza, era naturale che l’avessero ricoverata in ospedale…sempre che il tempo, da questa parte, non fosse differente e non l’avessero portata lì a seguito dell’incidente.
Kagome alzò le mani e se le premette sugli occhi, disperata. Hikaruku non aveva ascoltato il suo desiderio. Aveva ubbidito alle regole delle Quattro Terre e l’aveva rimandata a casa…senza farle salutare gli amici…senza permetterle di dire addio ad Inuyasha. Fuori dalla stanza, qualcuno parlava a bassa voce. Kagome riconobbe la voce di sua madre e del nonno. Un’ondata di tristezza la avvolse. Desiderava rivedere la sua famiglia, ma la mancanza di Inuyasha era insopportabile.
«Venite, venite! Si è svegliato!» esclamò in quel momento qualcuno, nel corridoio. Kagome sentì tramestio di passi che si allontanavano. Era sola.
«Inuyasha…» gemette, mentre le lacrime iniziavano a sgorgarle dagli occhi, bagnandole i palmi e scivolando lungo le guance. Non l’avrebbe visto mai più. Il ragazzo che amava con tutta se stessa era perduto per sempre. Kagome si alzò a sedere, mentre si strappava quasi con ira dal petto e dalla testa i rilevatori delle pulsazioni e delle onde cerebrali. Si alzò dal letto, scostando bruscamente le coperte, poi uscì con cautela dalla stanza. Un istinto irrazionale le diceva di correre fuori da quel posto per accertarsi che Inuyasha non fosse venuto con lei. Non poteva credere che Hikaruku avesse ignorato in quel modo il suo desiderio. Le era sembrata tanto dolce…poteva davvero rivelarsi così crudele? Kagome scosse il capo, poi corse lungo i corridoi, in pigiama. Scoccando un’occhiata fuori da una finestra, vide nel giardino un grande albero.
“Sarà lì sotto. Non sarebbe mai entrato nell’ospedale.- si convinse, stringendo i denti- Sono sicura che mi sta aspettando sotto quell'albero. Lui non mi abbandonerà. Non mi lascerà qui da sola.”
Era un pensiero senza senso, ma a Kagome non importava. Doveva aggrapparsi a qualcosa, oppure si sarebbe accasciata a terra e sarebbe scoppiata in singhiozzi. Kagome riuscì a nascondersi alla sorveglianza delle infermiere e ad uscire nella notte. Sotto i piedi nudi sentiva l’erba umida, mentre correva affannosamente verso l’albero.
“Ti prego! Ti prego, fai che sia lì.” pregò, più intensamente di quanto aveva mai fatto. Una grossa fetta di luna brillava nel cielo, riempiendo il terreno attorno all’albero di ombre cangianti. Continuò a sperare finché non fu che a pochi passi da esso. Quando dovette rendersi conto che sotto la grande quercia non c’era anima viva, si fermò, senza fiato, senza più forza nemmeno per piangere.
«KAGOME!!»
Il grido, lanciato da una voce familiare, le fermò per un attimo il cuore. Kagome si voltò verso l’ospedale e vide qualcuno lanciarsi da una finestra al primo piano. Quei movimenti…quell'agilità…quella voce! Ma la sagome era oscura. Non c’era traccia d’argento nei capelli di colui che l’aveva chiamata. Attonita, Kagome si vide correre incontro Inuki Tochi, anch’egli vestito solo di un pigiama, segno evidente del suo ricovero nella struttura ospedaliera.
«Inu…ki?» chiese Kagome, senza forza nella voce. Non desiderava rivedere Inuki, non così presto. Vederlo in faccia era troppo, dolorosamente simile a guardare il volto di Inuyasha.
«Kagome…» mormorò il ragazzo, ansimando, mentre si fermava a pochi passi da lei. I suoi occhi brillavano alla luce della luna di una tale gioia che Kagome dovette distogliere lo sguardo. I ricordi facevano troppo male.
“Hikaruku è crudele, dunque.” pensò, amara. Quando aveva desiderato Inuki, era stata portata da Inuyasha. Ora che amava Inuyasha, le veniva restituito Inuki.
«Kagome…sono io.» mormorò Inuki, costringendola a guardarlo.
«So chi sei, Inuki. Non ho perso la memoria.» disse, sempre senza tono nella voce.
«No, non lo sai.- disse il ragazzo, con un sorriso trionfante- Non lo sai, perché io non ho potuto dirtelo. Se lo sapessi, adesso non avresti quell'espressione sulla faccia.»
Kagome era stanca, troppo stanca e triste per ascoltare quello che Inuki le stava dicendo. Aprì la bocca per chiedergli di lasciarla sola, quando Inuki aggiunse: «Hai davvero creduto che Hikaruku ci avrebbe separati? Scema!»
Kagome alzò lo sguardo di scatto, attonita. Come sapeva Inuki di Hikaruku? E perché…perché la sua voce era così maledettamente simile a quella di…
«Inuyasha?» mormorò, tra le labbra insensibili.
«Sono io, Kagome.- disse lui, d’un tratto incerto e titubante- Quando Bankotsu mi ha ferito, mi sono risvegliato qui…e mi sono ricordato di essere nato in questo mondo come Inuki Tochi. Ti sono sempre stato a fianco, Kagome…solo che non lo sapevo. Volevo confessartelo, quando mi sono risvegliato a Sunda, ma…»
Non poté finire la frase. Kagome, improvvisamente piena di una felicità che non aveva confini, si gettò tra le braccia di Inuki, stringendolo forte.
«Inuyasha! Inuyasha!» singhiozzò sul suo petto. Oh, era troppo bello per essere vero! Lui la strinse forte, affondando il viso nei suoi capelli corvini.
«Hikaruku ha esaudito il desiderio di entrambi, Kagome.- disse Inuyasha- A meno che a te non diano fastidio le mie sembianze umane.»
Kagome gli tirò un debole pugno nelle costole, borbottando: «Scemo.» e facendolo ridere. Inuyasha le alzò il viso alla luce della luna, sfiorandole la guancia con le dita. Tutto sarebbe andato bene. Erano insieme. Avrebbero vissuto come due normali esseri umani…insieme. Inuyasha abbassò il capo e la baciò.
Ben presto, parenti e infermieri giunsero di corsa per acchiappare i due malati fuggitivi, e li trovarono teneramente allacciati sotto le ombre della grande quercia.

***

«Non credevo che li avresti mandati via.»
Hikaruku alzò lo sguardo sull’uomo che amava, mentre se ne stava nel suo abbraccio, tranquilla e felice come non le accadeva da mille anni. Erano alla finestra, nella stanza più alta del castello. Oltre ad essa, grazie ad un incantesimo, vedevano le Quattro Terre nella loro interezza. Erano soli, visto che i Bannin si erano congedati da loro già da qualche tempo, tornando ognuno alle proprie incombenze. Sango e Miroku erano stati separatamente benedetti da Hikaruku, la quale si aspettava da un momento all’altro di vedere coronarsi un altro amore millenario. Hikaruku rise piano, nel vedere la perplessità sul viso di Sesshomaru per il suo lungo silenzio.
«E cosa credevi che avrei fatto?- mormorò, posando la fronte contro la linea della sua mandibola- Credi che non sia in grado di comprendere due cuori innamorati?»
«Non dico questo.- disse Sesshomaru, prendendosi qualche istante per sfiorarle la pelle con le labbra- Tuttavia, hai negato alle Quattro Terre la presenza di un Tochi no Bannin.»
«E ancora non mi è arrivata nessuna ramanzina dall’Eccelso, ti vorrei far notare.» disse Hikaruku, con un sorriso birichino.
«Le Quattro Terre sono nostre, ora.- disse Sesshomaru, con voce gelida e dura- Saremo noi a decidere come gestirle, d’ora in poi.»
«Forse non saremo solo in due.» sospirò Hikaruku. Di fronte al viso incupito di Sesshomaru, sorrise con aria mesta. «Non l’hai avvertito? Il potere degli Oscuri è ancora vivo. Se non erro, sarà una donna che conosci a gestirlo, molto presto.»
«Che donna?» chiese Sesshomaru, corrugando la fronte.
«Kagura, la maga di Kaisui.- disse Hikaruku, con una breve risata- Ma sono contenta che tu l’abbia già dimenticata.»
Sesshomaru alzò appena le spalle, in un gesto di totale indifferenza.
«Se mi metterà i bastoni tra le ruote, la ucciderò.» sentenziò, duro. La sua gratitudine non era profonda per natura. Hikaruku sorrise, mesta. Nelle sembianze di Rin aveva avuto modo di notare cosa celava lo sguardo di Kagura su Sesshomaru. Si aspettava che l’ambiziosa maga di Kaisui non cedesse le armi tanto facilmente e questo faceva presagire problemi per il futuro.
«Non mi hai ancora spiegato perché hai mandato via Inuyasha.» ribadì Sesshomaru, che non si era fatto sviare. Hikaruku sospirò.
«Non l’ho mandato via. Non proprio.- disse, poi passò una mano sulla visuale di cui godevano dalla finestra- Guarda.»
Sotto gli occhi di Sesshomaru, apparve la visione di un mondo differente. In un cortile antistante un tempio non dissimile da quelli della terra di Honoo, due figure camminavano sotto il sole estivo, tenendosi per mano. Avevano entrambe i capelli neri e Sesshomaru faticò un istante a riconoscere nel ragazzo umano suo fratello Inuyasha. Fece per dire qualcosa, ma Hikaruku gli fece cenno di ascoltare. I due innamorati nel cortile del tempio risero forte.
«Rimarrai per sempre famosa come ‘la ragazza che è scomparsa per tre mesi ed è tornata senza memoria’.» rise Inuyasha.
«E che dovevo fare? Raccontare loro delle Quattro Terre?- chiese Kagome, arrossendo- Meglio dire di non ricordare nulla, non ti pare? Ai miei parenti basta che io sia tornata…»
«Ma i tuoi non sono curiosi per natura.» osservò Inuyasha.
«E tu rimarrai famoso come ‘colui che è caduto in coma due volte in rapida successione’.» lo rimbeccò Kagome, tirandogli una ciocca di capelli.
«Come se fosse colpa mia.- disse Inuyasha, con una smorfia- A ben vedere, anzi, forse la colpa è addirittura tua…»
«Inuyasha, osuwari.» disse Kagome. Inuyasha rimase in tensione per un istante, poi entrambi risero. «Peccato che quel rosario non ci sia più…»
«Oi! Kagome, non dirlo nemmeno per scherzo!» disse Inuyasha. Si zittì quando la vide incupirsi. «Cosa c’è?» le chiese, premuroso. Kagome ristette un momento prima di decidersi a rispondere.
«Sai…sono grata ad Hikaruku per quello che ha fatto per noi.- disse lei, tormentandosi le mani- Però non ho potuto salutare nessuno dei nostri amici. Non li vedrò mai più…e volevo molto bene a tutti loro.»
Inuyasha, con un sorrisetto, prese una mano di Kagome.
«Vieni con me.» le disse, trascinandola fino al piccolo tempietto dell’Hokora. Inuyasha aprì la porta scorrevole, entrò nella stanza buia e si fermò dietro al pozzo, appoggiando una mano sul bordo. Kagome, rimasta sulla soglia, lo guardò con perplessità.
«Questa è la risoluzione a tutto, Kagome.» disse Inuyasha, sibillino, con un lampo allegro negli occhi violetti.
«Che dici, Inuyasha? Che c’entra il pozzo?» chiese Kagome, perplessa.
«Ci sono molte Mon anche in questo mondo, Kagome.» disse Inuyasha, accentuando il sorriso. Per un attimo, Kagome non capì. Poi afferrò il concetto e le si illuminarono gli occhi, mentre le compariva sul volto un grande sorriso.
«Vuoi dire che…» balbettò, emozionata.
«Hikaruku non mi ha sollevato dall’incarico come Bannin.- disse Inuyasha, trattenendo un sospiro- Perciò, ogni tanto mi toccherà andare a vedere come se la cavano quegli altri stupidi dall’altra parte. Quando ha ascoltato il desiderio del mio cuore, mi ha accennato a questo pozzo, che potremo usare con ogni comodità…»
Kagome gli si buttò fra le braccia, piena di gioia. Avrebbero potuto tornare in quel luogo che aveva imparato ad amare ogni volta che avessero voluto! Era troppo bello per essere vero!
«Ti amo tanto, Inuyasha!» disse, piena di gioia. Inuyasha rise, stringendola a sua volta.
«Anch’io, Kagome.» disse, sorridendo.
Hikaruku sollevò una mano e la scena disparve, lasciando di nuovo il posto alle Quattro Terre.
«Perciò farà avanti e indietro?» chiese Sesshomaru, che esibiva un’aria disgustata a causa della scena d’amore a cui era stato costretto ad assistere.
«Almeno finché non decideranno entrambi di restare.- disse Hikaruku- In quel caso, tornerò a dare a Kagome i poteri che le spettano e tutti saremo felici.»
Sesshomaru la guardò con perplessità e Hikaruku sospirò.
«Credevi davvero che avessi lasciato tutto in mano all’Eccelso?- chiese, sollevando un sopracciglio- L’anima di Kagome è stata creata da me. E’ nata dapprima come Kikyo e poi è tornata in Kagome. Era la mia ancella, secoli fa, ed era piuttosto potente per un semplice spirito della luce.»
Sesshomaru osservò con stupore Hikaruku, colei che tutti avevano sempre pensato una vittima inerme, la quale invece cercava già da tantissimo tempo di liberarsi con le proprie forze. La propria stima per la donna che amava crebbe di nuovo.
«Guarda! Miroku deve essersi deciso, finalmente!» disse Hikaruku, con la sua risata argentina, indicando un luogo poco lontano dalla catena di Ryuda. Un grande arcobaleno splendeva e sui loro visi poterono sentire un vento caldo e leggero, che testimoniava la felicità di Sango, Kaze no Bannin delle Quattro Terre.
Sesshomaru costrinse Hikaruku ad allontanarsi dalla finestra.
«Abbiamo visto abbastanza della gioia altrui.- disse, guardandola negli occhi- Sarebbe il caso di preoccuparci della nostra, ora, Hikaruku…o preferisci che ti chiami Rin?»
Hikaruku sorrise e arrossì, stringendosi a lui.
L’Era delle Mon, della Shikon no Tama, delle regole e delle separazioni era finita. Una nuova Era fatta di amore stava finalmente sorgendo oltre la linea dell’orizzonte.
Sesshomaru condusse Hikaruku lontana dalla finestra, tenendola stretta per la vita, pronto a vivere l’eternità accanto a lei e a governare le Quattro Terre nel segno della Luce.

FINE

Author's note: E' finitaaaaaa!!!!! Grazie, grazie a tutti voi che avete seguito e commentato questa storia. Mi avete scaldato il cuore, vi sono profondamente grata. Le avventure nelle Quattro Terre sono giunte alla conclusione e ognuno di voi ora avrà tirato le somme riguardo le opinioni che si era fatto sull'identità di Hikaruku, eh eh! Spero che la fic vi sia piaciuta fino in fondo!
Chiusa una parentesi, se ne apre un'altra. Tra un paio di giorni inizierà la fanfiction "Gli Echi della Memoria", il seguito della saga di Cuore di Demone! Spero che la leggerete, ci sarà da versare qualche lacrima!! Un bacione a tutti!!!

   
 
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