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Autore: Mimi18    04/02/2011    11 recensioni
«Lui ti piace, ecco perché sei così preoccupata.»
«Quell’idiota non mi piace affatto. È solo che ho paura che la cena si raffreddi!»
• 21 flash!fic per Soul Eater Evans e Maka Albarn.
Genere: Commedia, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ho notato che ci sono davvero pochissime FF su Sasuke Uchiha e Ino Yamanaka

Let my heart come in touch with your soul

• Iniziata il 03.11.2010

 

 

Attrazione

Soul guardava spesso le gambe di Maka. Erano sottili, anche se a volte si divertiva a sbeffeggiarla, dicendole di trovarla tozza e con due cosce di prosciutto che non sarebbero mai state attraenti per nessuno. Quella era una bugia bella e buona, e lui lo sapeva benissimo.

Non si sentiva particolarmente cool quando allungava il collo e sbirciava Maka, catturando con le iridi rosso sangue ogni centimetro che le minigonne che sempre indossava lasciavano scoperto. Si leccava le labbra, seguendo la sinuosità di quelle lunghe linee dritte, più nude che mai quando si chinava a raccogliere qualcosa a terra, oppure quando si sollevava sulle punte per afferrare qualcosa dallo scaffale più in alto.

Beh, si diceva Soul ignorando il gorgoglio di piacere scatenatosi nel suo bassoventre, in fondo anche Maka poteva risultare attraente se un po’ più spogliata e se le si toglieva la faccia. Il problema, però, arrivava nel momento in cui incrociava i suoi occhi verdi, e le gambe diventavano solamente un ricordo. Soul doveva mordersi forte le labbra per non alzarsi sul divano e prendere Maka in braccio, in modo da poterne fare qualsiasi cosa ne volesse.

 

 

Bisogno

A volte capitava che Maka non riuscisse a dormire. Le accadeva da quando Soul se n’era andato, due anni prima, salutandola con il solito sorriso beffardo e con un buffetto sulla testa. Nessun abbraccio, nessun bacio, solo una lacrima nel momento in cui le aveva voltato le spalle per sempre.

Quando, al buio della sua stanza, pensava a come sarebbe stato avere di nuovo Soul nella stessa casa, si sentiva una stupida sentimentale. Stupida, perché lui non sarebbe più tornato. Era divenuto una Death Scythe ed era stato trasferito lontano, in modo da risultare utile ad altri artigiani. Sentimentale, perché non riusciva ad accettare il fatto che non fossero più insieme.

Aveva bisogno di sentire la risata di Soul, la sua voce arrochita dal sonno che le diceva che avrebbe potuto dormire con lui solo per quella notte, che poi sarebbero diventate due, tre, quattro, infinite.

Maka necessitava il tocco di Soul sotto i suoi polpastrelli, quando lottava e quando il letto era troppo grande per una persona sola. Chiudeva gli occhi e riusciva a sentirlo, la prendeva in giro e le diceva che non era per nulla cool e che era solamente una sciocca – le diceva che sarebbe tornato.

Maka aveva bisogno di immaginarsi quelle promesse e farle sue, inglobarle nel suo animo e convincersi che, prima o poi, Soul sarebbe stato ancora con lei.

 

 

Cicatrice

Quando le dita sottili di Maka tracciavano la linea della cicatrice sul petto, Soul chiudeva gli occhi e sospirava. Gli piacevano quei tocchi leggeri e inizialmente timidi, fatti con una dolcezza che sembrava non potesse appartenere alla sua Meister. Invece, era proprio Maka che ricuciva i pezzi di quella carne con le sue dita, a volte baciandolo leggero dove la cicatrice si vedeva ancora perfettamente.

Chiudeva gli occhi, Soul, e ricordava: Maka che piangeva sul suo corpo martoriato, Maka che lo implorava di non lasciarla, Maka con gli occhi di fuoco, Maka che rideva con tutta se stessa – Maka che lo stringeva e diceva di amarlo.

Era un po’ come se quella cicatrice che tanto l’aveva fatta soffrire fosse un puzzle; ad ogni punto sfiorato dalle sue dita, Soul attribuiva un loro ricordo. Non importava che questo fosse sanguinoso, triste o allegro. Vedeva Maka come protagonista, e questo gli bastava per afferrarle la nuca e portarla alla sua altezza, in modo da poter baciare meglio le sue labbra sottili.

 

 

Diavolo

Soul aveva preso Maka tra le braccia; aveva sentito che quello era il momento adatto per ballare con lei, per sentirla vicina e captare i battiti accelerati del suo cuore contro il petto.

Stringere l’esile corpo della Shokunin tra le braccia l’aveva emozionato; si era dato mentalmente dell’idiota, dicendosi che abbracciare una tavola da stiro come Maka e provare simili sensazioni era poco adatto ad un tizio cool come lui. Tuttavia, non aveva potuto far altro che sorridere.

Poi, però, lui, quell’essere minuscolo dal sorriso sadico, aveva distrutto tutto. Gli aveva tolto Maka dalle mani, l’aveva allontanata da lui per poterla immergere nella follia – l’avrebbe condotta in un luogo di non ritorno, da cui Soul non sarebbe riuscito a liberarla.

In quel momento, la buki aveva fatto una scommessa con se stesso: riportarla indietro a costo della vita. Non per vincere contro quel diavolo dannato, ma perché Maka era la persona più importante della sua intera esistenza.

 

 

Eccezione

C’erano un sacco di ragazze alla Shibusen che andavano pazze per il sorriso di Soul. Sospiravano quando la buki gettava loro un’occhiata disinteressata, o semplicemente quando schioccava la lingua contro il palato seccato.

Soul era popolare, e Maka l’aveva notato. Era una ragazza attenta: vedeva come le ragazzine allungassero la mano per salutarlo, pur trovandosi da tutt’altra parte del corridoio; vedeva come si toccavano i capelli, ansiose di ricevere uno sguardo.

Una ragazza normale, si sarebbe sentita gelosa di tutte quelle attenzioni. Una ragazza normale, non Maka, e questo a Soul piaceva. La Shokunin si limitava a sospirare e mormorare quanto fossero fastidiose, ma solamente perché non riusciva a studiare; Soul non si era mai illuso, non aveva mai creduto che le attenzioni di Maka nei suoi confronti fossero celate da un interesse sentimentale.

Erano arma ed artigiano e lei, in quella scuola, era l’unica a non sospirare al suo passaggio – a Maka batteva semplicemente il cuore.

 

 

Furia

L’artigiana abbassò le palpebre ed inspirò, contando mentalmente fino a dieci e ricordandosi che la rabbia non le donava per niente. Di fronte a lei, Soul se ne stava seduto scompostamente sul divano di pelle nera, le scarpe sporche di terra appoggiate sul tavolino del salotto e lo sguardo totalmente fisso sulla televisione.

«Soul, hai preparato la cena?» La vena sulla tempia iniziò a pulsare nel momento in cui l’arma le intimò di stare zitta con un gesto delle mani, dimostrandole quanto la trovasse poco interessante rispetto al programma di moto che stava guardando.

La Buki avrebbe dovuto capirlo dal rumore dei passi di Maka che era in pericolo; avrebbe dovuto esserci abituato, eppure non aveva minimamente pensato che lei potesse colpirlo con un Maka-chop solo per la cena!

Cacciò un urlo di dolore, imprecando poi sottovoce. Quando guardò Maka, lesse la furia nei suoi occhi.

Non trovò particolarmente cool quello che fece, ma scattò in piedi e si diresse in cucina senza obiettare. Non era aria, quella sera.

 

 

• Gatta

«Lui ti piace, ecco perché sei così preoccupata.»

Maka distolse lo sguardo dalla finestra, in modo tale da poterlo puntare su Blair, comodamente seduta sulle sue gambe, che faceva le fusa ad ogni carezza della Shokunin.

Quest’ultima gonfiò le guance e mise il broncio, lasciando che un leggero rossore le colorasse le gote: «Quell’idiota non mi piace affatto. È solo che ho paura che la cena si raffreddi!»

Blair aprì un occhio, fissando Maka con ovvietà. Non era nata ieri, sapeva di per certo che gatta ci covava tra quei due. Li aveva sentiti i passi della ragazza, la notte, quando entrambi pensavano che lei dormisse. Li aveva sentiti chiaramente i sospiri leggeri, i cigolii del vecchio letto di Soul e le frasi spezzate. Soprattutto, aveva notato i graffi sul corpo di Soul. E non erano graffi fatti in battaglia – o almeno, non ad una delle loro solite battaglie.

La porta si spalancò improvvisamente, e Maka scattò in piedi, lasciando che Blair cadesse a terra. Questa la guardò correre verso Soul, parecchio malandato e la vide, la vide quella mano che accarezzò la guancia della Buki con una tenerezza tale da far crollare tutti i dubbi – inesistenti – della gatta.

 

 

 

• Hotel

Maka poggiò il borsone sul letto matrimoniale, le gote talmente rosse e bollenti che Soul avrebbe potuto cuocervi un uovo. La Buki osservò le dita magre di Maka torturare i due codini da bambina, nascondere ciocche sfuggenti dai lacci dietro le orecchie e i denti bianchi che stringevano convulsamente la carne del labbro inferiore.

Da quando avevano iniziato quella vita, non avevano mai dormito nella stessa camera e, soprattutto, nello stesso letto. Maka si era sempre premurata di prenotare due camere ben distanti l’una dall’altra, nonostante a casa vivessero a contatto ventiquattro ore su ventiquattro. Quella volta, però, la ragazza era stata presa da impegni improrogabili, e aveva dovuto lasciar tutto nelle mani – o zampe? – di Blair, che si era dimostrata ben disposta di prenotare l’hotel e preparare personalmente la valigia di Maka.

«Hai intenzione di rimanere con la divisa tutta la notte?» domandò Soul gettando la giacca di pelle sulla sedia e sedendosi sul bordo destro del letto, gli occhi rossi che squadravano la Meister divertiti e, al tempo stesso, curiosi.

La ragazza afferrò il borsone automaticamente, correndo a chiudersi in bagno prima di poter vedere Soul scoppiare a ridere. Il giovane non poteva nascondere una certa ansia: avevano superato da tempo gli anni dei giochi e ora, a diciannove anni compiuti, lui e Maka erano arrivati ad una situazione di stallo. Le occhiate di sottecchi si erano trasformate in sguardi di puro desiderio, almeno da parte di Soul; le curve della ragazza non erano particolarmente accennate come quelle di Blair, di Patty o Tsubaki, ma quante volte la Buki aveva sognato di poter baciare le sue lunghe gambe, di immaginare quegli occhi liquidi di piacere?

La sua mente avrebbe probabilmente iniziato un altro dei soliti viaggi mentali se un urlo acuto di Maka non l’avesse preso in contropiede. Soul si alzò di scatto dal letto, non premurandosi di bussare e spalancando la porta del piccolo bagno della stanza.

A terra, con indosso solo la biancheria intima e tra le mani un succinto babydoll, Maka boccheggiava stordita, mormorando di tanto in tanto un’imprecazione contro la gatta che viveva con loro. Si girò giusto in tempo per vedere la sua arma crollarle accanto, prima di chiudere gli occhi e contraccambiare il bacio in cui lui l’aveva coinvolta.

 

 

 

• Inguardabile (?)

Soul osservò la schiena di Maka scomparire oltre la tenda del camerino, sedendosi sul divanetto che il negozio indicato loro da Liz Thompson offriva.

A Maka non erano mai interessati i vestiti, ma negli ultimi giorni aveva dimostrato un’accesa curiosità nello shopping, un desiderio piuttosto evidente di comprare nuovi vestiti e lui, in quanto sua arma e fidato amico, aveva acconsentito ad accompagnarla – o meglio, Maka l’aveva minacciato in un modo talmente convincente che Soul non aveva potuto rifiutare.

Tra tutti i vestiti che la commessa aveva fatto vedere loro, probabilmente seguendo lo stile jeans e maglietta della Meister, Maka ne aveva scelto uno decisamente femminile, che Soul non le avrebbe mai visto indosso, nemmeno ad un’altra cena tra Artigiani, Armi, Professori e Streghe infiltrate.

Fu per questo che quando Maka uscì a piedi nudi ed il vestito che le stava divinamente, Soul non riuscì a fare altro che aprire la bocca, stupito. Forse fu quella la prima volta che pensò veramente a quanto Maka potesse essere carina, con qualcosa di decente addosso – o senza, a voler ben vedere l’indole maschile.

Ammirò per un secondo di troppo la curva dei seni ancora acerbi, per poi scendere al bacino fasciato favolosamente, ignorando la domanda di Maka: «Non sono strana?»

Soul la guardò dapprima come se fosse scema, imponendosi di riacquistare il suo sguardo cool e distaccato, appoggiando il mento su una mano annoiato e alzando un sopracciglio.

«Inguardabile, Maka. Perché non prendi i tuoi soliti jeans?»

Gli occhi verdi della ragazza si adombrarono, e Soul si sentì leggermente in colpa. Stava giusto per dirle il suo vero parere, quando la fastidiosa voce di Death the Kid lo interruppe.

«Oh, Maka, questo vestito risalta perfettamente la simmetria del tuo corpo,» esalò con una vena di rispetto nei confronti della ragazza, mentre lei arrossiva nonostante la stramba uscita dell’Artigiano, «hai davvero fatto un’ottima scelta, non trovi anche tu Soul?»

«Io la trovo inguardabile.»

Già, certo.

 

 

• Lento

Il soffitto della camera di Soul aveva numerose macchie, e tra tutte, Maka ne osservava sempre una dalla stranissima forma di coniglio. Quando i suoi occhi tracciavano il profilo delle orecchi, la ragazza sentiva distintamente la lingua della buki raggiungere il suo interno coscia e scivolare lenta sulla sua pelle, come una tortura che, prima o poi l’avrebbe uccisa.

Non riusciva a chiudere gli occhi, non voleva perdere il lume della ragione. Desiderava rimanere cosciente, con le mani di Soul che le sfioravano il fianco magro e le accarezzavano le cosce come se fossero la cosa più bella che avesse mai toccato.

«Non ti piace, Maka?» domandava sempre lui arrochito dal desiderio, gli occhi rossi che la scrutavano dentro come nessun altro avrebbe mai potuto fare. Soul la sentiva sussultare sotto il suo tocco, sentiva i gemiti trattenuti, ma Maka in quei momenti – e solo in quei momenti – era come creta nelle sue mani, e poteva modellarla come preferiva o desiderava, senza avere paura di essere respinto.

Non era rumorosa come le altre donne che aveva avuto, né una tigre tra le lenzuola, ma a lui questo piaceva: gli piaceva la lentezza con cui Maka baciava le sue labbra, poi il collo, il petto, tutto di lui. Chiudeva gli occhi e non vedeva altri che lei, lei e sempre lei.

«Stai zitta, stupida buki.»

 

 

• Morte

Maka guardò la figura di Soul in piedi di fronte a sé, combatteva. Combatteva contro qualcosa di indistinto, che i suoi occhi non riuscivano ad inquadrare, troppo presi dalla lucentezza emanata dal corpo della sua buki.

Intorno a lei vi erano suoni ovattati, le voci degli amici che urlavano, disperate, che non riuscivano a raggiungerla. Non provava nulla Maka, nemmeno dolore dove lo squarcio sanguinava copiosamente.

Solo quando gli occhi di Soul furono ad un centimetro dai suoi, liquidi come solo una volta li aveva visti, Maka sentì un bruciore accecante al petto. Lo vedeva muovere le sue labbra sottili, capiva che stava urlando, che la stava pregando, ma tutto era sempre più sfuocato.

Chiudendo gli occhi, Maka sperò di essere riuscita almeno a sorridere a Soul; in fondo, morire tra le sue braccia, era sempre stato ciò che avrebbe voluto.

 

 

• Nettare

Maka cacciò uno strillo leggero quando le labbra di Soul si impossessarono prepotenti del suo collo, subito raggiunte dai denti aguzzi della buki.

Socchiuse gli occhi per osservarlo sopra di sé, mezzo nudo e mezzo vestito, proprio come piaceva a lei, prima di mollargli un calcio in mezzo alle gambe.

La ragazza godette dello spettacolo inginocchiata sul letto e con un cipiglio soddisfattissimo negli occhi, le braccia incrociate contro i seni. Era passato il tempo in cui si imbarazzava nel rimanere nuda davanti a Soul; era passato quando lui le aveva dimostrato di amare ogni parte del suo corpo, pur non rinunciando alle solite battutine sarcastiche, di tanto in tanto.

«Che diavolo ti prende, pazza isterica?!» ansimò la buki con le mani strette alla sua virilità, una lacrima che lentamente scivolava dagli occhi.

Maka all’epiteto sollevò un sopracciglio, lasciando però scorrere magnanima: «E tu, allora? Mi stavi succhiando il sangue?!»

Soul spalancò gli occhi stupito, prima di scoppiare a ridere.

«Mh,» avvicinò il naso al collo della ragazza, sospirandovi addosso e sentendola rabbrividire con crescente piacere, «sì, il tuo sangue rappresenta il mio nettare vitale.»

La ragazza non ebbe la forza di ribattere, perché le mani di Soul erano già tra le sue gambe e la lingua tra i denti.

 

 

• Ovvietà

«Perché oggi sei uscita con quello sfigato di Chrona?» domandò Soul senza alzare gli occhi dal giornale, mentre Maka appendeva la borsa al muro e canticchiava stonata un motivetto che aveva sentito per la strada, quel pomeriggio.

La ragazza gli si avvicinò incuriosita dal tono affilato che la buki aveva utilizzato, mentre un sorriso di vittoria iniziava ad incresparle le labbra.

Inclinò il capo, lasciando che i codini cadessero leggermente sul collo magro. Quando Soul alzò lo sguardo, Maka parlò: «Mi fa la corte.»

Quelle furono le quattro parole più brutte che Soul avesse mai sentito nei suoi diciassette anni di vita. Si sollevò in piedi di scatto, afferrando la Meister per le spalle e strattonandola duramente.

«Ti sta solo prendendo in giro! Ha decine fiche pazzesche attratte dal suo carattere cupo, non prenderebbe mai una ragazza così priva di sensualità come te!»

Capì di aver detto la cosa sbagliata nel momento in cui il Maka-chop gli arrivò dritto in testa, doloroso e preciso come sempre. In quello, Maka non si smentiva proprio mai.

«A discapito dei tuoi gusti, ci sono ovviamente ragazzi che adorano i tipi intellettuali come me. E Chrona si è dimostrato un gentiluomo, oggi pomeriggio!» strillò oltraggiata dall’insulto appena subito, girando i tacchi e dirigendosi con ampie falcate verso la sua stanza.

Fu la voce di Soul a bloccarla, sulla soglia della porta: «Uscirai ancora con lui?»

Lo sguardo di ovvietà che Maka gli lanciò fu sufficiente a farlo sprofondare tra i cuscini del divano, deluso.

«Tu sai che la gelosia non è per niente cool, vero?»

 

 

• Porco

Maka scavalcò con facilità il bordo della vasca da bagno, lasciando che buona parte dell’acqua fuoriuscisse e andasse ad inondare il pavimento. Non vi badò, canticchiando ad alta voce l’ultimo successo passato alla radia quella mattina presto, durante la pausa dallo studio.

Improvvisò una giravolta e quasi non scivolò a terra, rischiando di rompersi il collo. Fortuna che i suoi riflessi da Artigiana non la tradivano nemmeno durante le ore di relax.

Prendendo un profondo respiro, salì sulla bilancia e con un sorriso constatò di essere aumentata di ben due chili. Forse, ora, guardandosi allo specchio non avrebbe visto solamente le ossa del suo bacino, ma anche un po’ di sanissima carne.

Pulì il vetro con una mano, trovandolo appannato come sempre, e nel momento in cui i suoi occhi ne incontrarono un paio di tutt’altra tonalità, strillò. Strillò così forte che Soul cadde all’indietro, dritto nella vasca da bagno completamente vestito.

«STUPIDO PORCO!»

Soul boccheggiò guardando Maka coprirsi il corpo con un asciugamano di dimensione spropositate, prima di parlare in suo favore: «PENSAVO FOSSI MORTA! SONO DUE ORE CHE STAI IN BAGNO! Dovevo pisciare!»

A Maka non interessarono molto le sue motivazioni, afferrò un barattolo dal nulla e glielo tirò dritto in faccia.

«PORCO, PORCO, PORCO! FUORI DI QUIII!»

«Nessuno vorrebbe vedere una tappetta come te nuda, quando ha Blair che gli gira per casa!»

Quella sera, Soul iniziò ad avere paura della sua Meister.

 

 

• Quadrato

Soul Eater Evans non era mai stata un’arma pronta a parlare del gentil sesso come il resto dei suoi compagni di classe. A differenza di molti, lui non aveva problemi di donne e, solitamente, quando desiderava compagnia c’erano sempre le lunghe gambe affusolate dell’insopportabile ventenne che viveva con lui.

«Ehi, Evans, com’è stare con una come la Albarn?» domandò un ragazzo nerboruto al suo fianco, sporgendosi un poco per meglio poter osservare la buki negli occhi.

Soul notò come anche gli altri ragazzi avevano iniziato a prestare attenzione a loro, quindi capì che non poteva permettersi il lusso di ignorarli – e poi, vantarsi un po’ delle sue prodezze con Maka l’avrebbe reso ancora più cool.

Appoggiò la schiena al muro, schioccando la lingua contro il palato: «Maka a letto è fantastica. Ha le gambe lunghissime, quindi perdi minuti interi a baciarle. E, ovviamente, quando lo facciamo quelle gambe non rimangono di certo ferme.» Fece l’occhiolino allusivo, scatenando così una serie di risa divertite ed eccitate tra i vari ragazzi.

«Urla?» domandò un biondino dalla falsa aria timida, ignorando due figure femminili che si avvicinavano alle loro spalle.

«Quanto basta per farmi eccitare. Sembra una povera verginella mancata, ma in realtà ne sa molto di più di tutti noi.»

Un’ombra calò su Soul, che però non si premurò di controllare chi fosse, troppo dedito al suo racconto scabroso sulle notti trascorse in compagnia di Maka.

«L’unico suo problema è il sedere. È quadrato, perché è magra come un chiodo e non ha forme. Quindi vederla vestita non mi eccita per niente e...»

Il silenzio tombale dei suoi amici gli fece comprendere di essersi cacciato in un brutto guaio. Ancor prima di girarsi, Soul Eater Evans capì che avrebbe dovuto fare come sempre, e non parlare della sua compagna di avventure notturne davanti a tutti, soprattutto se la suddetta compagna apparteneva al nome di Maka Albarn e possedeva una forza inumana.

 

 

• Rumore

Maka osservò il legno scuro della porta di fronte a sé. Al di là di essa, poteva sentire lo scricchiolio del letto vecchio di Soul e l’ansito di due respiri irregolari, probabilmente guidati da una danza che non aveva nulla di romantico.

Erano tre notti che Maka sentiva Blair sgattaiolare fuori dalla propria stanza per intrufolarsi in quella di Soul, insistente. Dapprima c’era la voce riluttante del ragazzo, quella sensuale della gatta, ed infine il silenzio. Era solamente dopo che il rumore inondava l’appartamento, impedendole di dormire – e di guardare in faccia la sua buki, il mattino seguente.

Cadde a terra in ginocchio ad un miagolio più acuto di Blair, mentre qualcosa oltre la porta sbatteva ripetutamente contro il muro. Faceva male, tutto quel rumore. Infastidiva il suo sonno, inumidiva i suoi occhi di lacrime salate che le facevano arrossare il viso.

Il rumore di quel letto, misto a quello prodotto dal suo cuore, che batteva ripetutamente contro la cassa toracica, creava un boato che aveva il potere di ucciderla. Non capiva a cosa fosse dovuto, se alla consapevolezza che Soul e Blair avevano un rapporto in cui lei non era la benvenuta, o il fatto che Soul stesse sincronizzando la propria anima con qualcuna che non fosse lei. Maka proprio non lo capiva, eppure quel rumore le dava terribilmente fastidio.

 

 

• Silenzio

Accadeva spesso a Maka e Soul di rimanere a casa soli, un po’ come ai vecchi tempi, quando Blair non girovagava mezza nuda per le stanze e Black*Star che entrava ed usciva con un balzo dalla finestra.

In quei momenti, Soul era sempre rimasto sprofondato tra i cuscini morbidi del divano, a fare zapping tra i vari programmi alla televisione, mentre Maka al suo fianco rigirava fiaccamente le pagine di un libro, senza mai leggere veramente.

«Mi piace stare così,» diceva la ragazza interrompendo il profondo silenzio che si era venuto a creare, mai troppo pesante ed imbarazzante. Era il silenzio tipico dei momenti in cui si stava in pace, rilassati, a proprio agio.

Entrambi sapevano che quei momenti potevano viverli solamente l’uno con l’altra; perché Soul amava il rumore delle pagine girate da Maka quasi quanto quest’ultima amava il tamburellare delle dita della buki sul divano, al ritmo di una canzone che non conosceva quasi mai.

Maka sollevava gli occhi spesso, per incontrare lo sguardo di Soul e li riabbassava solo quando lui, con voce sicura, parlava e confermava i suoi pensieri: «Anche a me.»

 

 

• Tenerezze

Maka provò per l’ennesima volta a piegarsi di novanta gradi, mirando alla penna che le era caduta a terra. Era la quarta quel giorno, e il pancione ingombrante non le rendeva facile nulla. Come se non bastasse, lui aveva iniziato a scalciare divertito, quasi come se la Meister fosse un pallone da calcio e non la sua mamma.

Proprio nel momento in cui gli occhi di Maka iniziarono a riempirsi di lacrime, due braccia la riportarono in posizione eretta con decisione, abbracciandola poi forte.

«Sono tornato,» disse Soul asciugandole per la sedicesima volte le lacrime, in quella settimana, ormai nemmeno più sorpreso di trovarla in quello stato dopo nemmeno dieci minuti di assenza. «Cos’è successo questa volta?» le domandò con dolcezza, accarezzandole il pancione e mandando un saluto alla creaturina che dava così spesso “fastidi” alla sua mamma.

«Non riuscivo a prende una penna, lui...lui ha iniziato a scalciare e io...io...»

Inutile dire che finirono nuovamente sul pavimento, con Soul che stringeva Maka e le sussurrava che andava tutto bene all’orecchio, e lei che singhiozzava sommessamente contro il suo petto. Di certo se qualcuno gliel’avesse detto, Soul sarebbe scoppiato a ridere: chi avrebbe mai immaginato Maka Albarn distrutta e in quello stato? Nessuno. Eppure, eccola lì con i lacrimoni sulle guance, alla ricerca di tenerezze come una bambina viziata.

Soul la strinse più forte, soffocando una risata. Forse sarebbe diventato un padre ed un marito cool.

 

 

• Urlo

Maka guardò la figura di Soul cadere di fronte a sé, il viso terreo come non lo era mai stato.

I rumori scomparvero, e l’unica cosa che Maka sentì fu il tonfo sordo del corpo della buki, che finalmente, dopo quelli che le erano parsi decenni, aveva toccato terra.

Lo raggiunse subito, inginocchiandosi al suo fianco e scuotendo il corpo magro dell’arma, nessun suono che usciva dalla bocca. Fu quando poggiò l’orecchio al petto di Soul ed udì il nulla che gridò. Gridò di disperazione, considerando quel silenzio come un urlo.

 

 

• Voglia

Inutile, ecco cosa pensava Soul guardando il bordo della gonna striminzita che Maka indossava quel pomeriggio.

Quella gonna era inutile.

Gli occhi di tutti erano posati su quelle gambe lunghe, e Maka non era mai stata una ragazza che attirava facilmente gli sguardi degli uomini. In effetti, Soul pensava di essere l’unico ragazzo sulla Terra a potersi innamorare di una ragazza con il fisico più infantile che avesse mai visto.

Che sciocco a pensarlo. Era ovvio che una gonna che lasciasse così spazio all’immaginazione maschile risultasse attraente. Unitamente a quelle gambe, poi, così lunghe e...

Soul sbuffò sonoramente, infilando le mani nelle tasche e borbottando l’ennesima imprecazione quando un ragazzo fischiò in direzione di Maka.

«Quando hai preso quella gonna?» domandò senza guardarla, ben sicuro che poi non sarebbe più riuscito a levarle gli occhi di dosso. Ancora.

Maka alzò lo sguardo su di lui, prendendolo poi a braccetto e lasciando che i seni ancora piccoli aderissero perfettamente al suo braccio. Soul pensò che quello fosse troppo.

La baciò afferrandola violentemente per la nuca, le labbra premute contro quelle di Maka, e le lingue che già ingaggiavano una battaglia sensuale ed erotica.

Quando si divisero, Maka aveva gli occhi vitrei: «Che ti è preso?»

La buki sorrise mestamente, leccandole il labbro: «Mi è venuta voglia. Sai, quella gonna ti copre a malapena le mutande.»

 

 

• Zanzara

Maka spalancò gli occhi nella notte, l’ennesima zanzara che riprendeva il volo e ricominciava a ronzarle attorno alle orecchie, nell’attesa che lei si riaddormentasse per poter tornare a succhiare quel sangue dolce da qualsiasi centimetro di pelle lasciato nudo.

La stanza della Meister era sempre invasa da quegli insetti fastidiosi, a differenza di quella della sua buki. Fu per quel motivo che, abbassandosi la camicia da notte bianca, zampettò fuori dalla propria camera e si diresse verso la porta in legno scuro di Soul.

Non si premurò di bussare, ma abbassò la maniglia lentamente, sicura che il ragazzo l’avrebbe comunque udita – come tutte le volte.

«Cosa c’è, stasera?» domandò infatti la voce di Soul arrochita dal sonno, senza nemmeno voltarsi a guardarla. Si scostò di qualche centimetro sul materasso, lasciando poi che il corpo di Maka aderisse perfettamente al proprio, come gli piaceva sempre.

«Zanzare,» mormorò Maka nascondendo il volto nel suo petto e abbracciandogli la vita. Udì il sospiro divertito ed esasperato al tempo stesso di Soul, che le rubarono una risatina.

«Solo per questa notte,» specificò chiudendo gli occhi l’arma. Il capo di Maka andò su e giù in un cenno d’assenso, e lui le abbracciò le spalle.

«Comunque, le zanzare ci sono pure qui.»

«Lo so.»

 

Finita il 4.02.2011

 

N/a

Credevo che questa raccolta non dovesse finire mai. Ho mollato, ho gridato, ho buttato la tastiera sul letto e ho detto talmente tante parolacce che forse se andassi a confessarmi non sarebbe male.

La verità è che, leggendola e rileggendola, non saprei dirvi se è un lavoro buono o orrendo, mi ha succhiato via praticamente tutta la forza, visto che sono due giorni che scrivo solamente di Maka e Soul.

Io spero di aver messo davvero qualcosa di loro – e di mio – in queste ventuno flash!fic. Vi prego, vi supplico, lasciatemi un commento. Sapete, quando inauguro la mia entrata in una nuova sezione, ho sempre un sacco di dubbi. :D

Enjoy it!

Mì.

 

 

 

 

   
 
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