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Autore: hotaru    04/02/2011    4 recensioni
Spin-off de “Die Uhr- L'orologio”
«Ad Al ronzavano le orecchie, e il cuore gli martellava in gola; non riusciva più a pensare ad altro se non che accanto a lui c'era sua madre.
Sua madre che in realtà era morta. Sua madre che avevano cercato di riportare in vita con una trasmutazione umana. Sua madre di cui un homunculus non era stato che la pallida ombra. Sua madre che era lì, al suo fianco, e dimostrava sì e no quindici anni.»
[Pairing a sorpresa]
Prima classificata al contest "Vedo, sento, scrivo- immagini, musica, storie" di elos.gordon e SaliceMcMay
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del Portale'
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4- In un giorno di pioggia ti rivedrò ancora In un giorno di pioggia ti rivedrò ancora


"Io non ho nemmeno preso la prima cotta per una ragazza."

(Alphonse Elric, episodio 25)


Quella sera stavano per l'appunto occupandosi della cena, quando ad un certo punto Ed decise che era ora di iniziare il suo tentativo. Fuori era buio, ma le giornate si stavano lentamente allungando.
- Al, dimmi una cosa – fece, controllando il brodo sulla cucina – Te la ricordi la voce della mamma? -.
Il fratello si rabbuiò, chiedendosi se Ed avesse intenzione di tornare su quel discorso.
- Immagino fosse la stessa di quella ragazza, no? -.
- Ma te la ricordi? -.
Al non rispose. No, non se la ricordava molto.
- Perché in realtà non è uguale alla sua – continuò Ed, imperterrito – È simile, questo sì. Ma se ne avessi semplicemente udito la voce, senza vederla, magari in una strada affollata, non credo mi sarei mai voltato a guardarla -.
Al buttò le patate in una pentola piena d'acqua, per farle bollire.
- Dove vuoi arrivare? - chiese.
- A quello che ti ho già detto. Secondo me tu stesso non vedi Tiarnan come la mamma, ma ti rifiuti di accettarlo -.
Al scosse la testa, mettendo il coperchio.
- Al mio posto faresti lo stesso – osservò.
Ed incassò il colpo, ma non si scoraggiò.
- E da quando abbiamo lo stesso carattere, noi due? - ribatté.
Al non rispose e cominciò ad apparecchiare con l'aria di chi ritiene conclusa una discussione. Sistemò piatti e bicchieri con tanta tranquillità da far perdere definitivamente le staffe a suo fratello, che abbandonò la via diplomatica.
- Al, stupido! - sbottò, senza più riuscire a trattenersi – L'unica cosa che quella ragazza può avere in comune con la mamma è riuscire ad aspettare fino alla morte l'uomo più sbagliato che potesse trovare! -.
Una parola, in tutto quel discorso, sembrò scuotere il silenzio di Al.
- Cosa vuol dire, “fino alla morte”? -.
- Ha una brutta tosse – lo informò – Dev'essere a forza di rimanere per ore sotto la pioggia, ad aspettare qualcuno -.
Al non rispose, perché come in un lampo la rivide mentre cantava quella canzone e commentava che sono sempre le donne ad aspettare; ma in qualche modo si risentì per il tono con cui Ed l'aveva detto.
- Dev'essere una maledizione di famiglia, allora – commentò atono.
- Ti riferisci a nostro padre? - chiese Ed.
- Non solo – Al alzò la testa, guardandolo dritto negli occhi – Cosa credi che stia facendo adesso Winry? -.
Ed ammutolì. Sembrò confuso per qualche istante, poi tornò a rivolgere la propria attenzione al brodo, che era ormai abbastanza caldo.
- Va bene, fai come vuoi – disse infine mentre mescolava, con una voce bassa e dura che Al non gli aveva mai sentito – Io lo sapevo già, di essere come nostro padre. Ma pensavo che tu fossi diverso -.
Che somigliassi di più alla mamma.


Al si era procurato un gesso e, tramite Wilhelm, un pezzo di legno piatto e raschiato a sufficienza da risultare liscio al tatto.
Vi aveva tracciato il primo cerchio alchemico che aveva imparato, tanto semplice ed elementare che ora gli sembrava un gioco da ragazzi. Ma era da lì che aveva cominciato.
L'aveva avvolto in un pezzo di stoffa e aspettato un giorno col cielo sereno e senza nuvole. Era poi uscito, dirigendosi senza indugio verso la Herzstraße, doveva aveva trovato un posto per il suo tesoro appena sotto il quadro con la casa sul fiume.
Aveva infine osservato il risultato con un sorriso, felice di aver dato il suo contributo a quel muro meraviglioso.
Ed era tornato a casa in fretta, prima che il cielo potesse rannuvolarsi di nuovo.


Due sere dopo, la incontrò mentre usciva dalla farmacia alla fine della giornata di lavoro.
Le sorrise, sentendosi lo stesso un verme, e la raggiunse tenendo un sacchetto in mano.
- Te l'ha detto mio fratello dove lavoro, giusto? - le chiese, cominciando a camminare lentamente.
- Veramente no – la sua risposta lo sorprese – Ho... più o meno fatto il giro delle farmacie di Berlino. È stato utile, sai? Ho trovato una fantastica pomata per i calli ai piedi di mio padre -.
- Mi dispiace – si scusò Al.
Rimasero in silenzio per un po', mentre le nuvole sopra di loro si rincorrevano impazzite, addensandosi l'una sull'altra come ubriache di pioggia.
- L'ho visto, sai? - disse lei d'improvviso.
- Che cosa? -.
- Quello strano disegno che hai fatto col gesso -.
Al sorrise colpevole.
- Volevo portare qualcosa anch'io – spiegò.
- Però non sei stato molto previdente: per quanto il muro sia protetto, col tempo il gesso scolorisce – lo informò lei.
- Beh... non importa. Volevo solo che fosse là -.
- Sì, capisco – annuì Tiarnan – Però... se vuoi mio padre te lo può intagliare, e se poi lo tracci di nuovo con dei colori appositi potrebbe durare molto di più -.
- Davvero? -.
- Sì... ma è solo un suggerimento -.
- No, hai ragione. Perché non realizzare qualcosa che possa durare? Altrimenti chi potrebbe più vederlo? - rifletté Al.
- Già! Allora va bene? -.
Al non fece in tempo ad annuire che cominciò a piovere. Aprì l'ombrello per riparare tutti e due, visto che lei non l'aveva con sé.
- Io... non lo so se ho fatto qualcosa di male – la sentì dire, mentre la pioggia scrosciava dolcemente – Se è così ti chiedo scusa. Mi dispiace -.
Al sospirò piano, sentendosi sempre peggio. Quando aveva iniziato a comportarsi in quel modo?
- Sono io che dovrei chiederti scusa -.
Il vento iniziò a soffiare leggero, facendo danzare la pioggia con sé.
- Sai, mio padre dice sempre che questo è il vento di casa – fece Tiarnan, cercando di mettere un po' di allegria in quel che diceva – Perché viene dall'Oceano Atlantico, e prima di arrivare qui dev'essere passato dall'Irlanda. Dice che mia nonna riusciva a sentire le notizie che portava -.
Sorrise, guardandolo.
- Io no, non ci rie... - un forte attacco di tosse le impedì di terminare la frase. Era una tosse profonda, alimentata da un'umidità incalzante accumulata ora dopo ora.
- Aspetta, tieni – fece Al, porgendole il sacchetto che teneva in mano – È uno sciroppo per la tosse -.
- Oh, ma io... veramente non credo di poter... -.
- Non ti preoccupare, questa settimana ne ho preparato un po' di più e l'ho messo da parte in una bottiglia. Il mio capo non se n'è accorto, quindi non costa niente -.
Tiarnan lo prese come fosse stato l'oggetto più prezioso del mondo.
- Grazi... - venne colta da un altro attacco, ma quando terminò disse: - Comincerò a prenderlo già stasera -.
- Forse dovresti anche andare da un medico -.
- No, non preoccuparti. Anche se non sembra, nella mia famiglia siamo gente forte: nessuno è mai stato stroncato da una semplice tosse -.
- Meglio così – sorrise Al.
Era da un po' che camminavano, apparentemente senza una meta precisa. A un tratto, Al rimase parecchio sorpreso nel constatare che, senza accorgersene, stavano percorrendo la strada che portava alla Herzstraße.
Quando vi arrivarono, si mise quasi a ridere.
- Com'è che finiamo sempre qui? - chiese, forse più a se stesso che a Tiarnan.
La ragazza non rispose, ma quando Al fece per dirigersi verso il muro sotto il telone, si sentì tirare il braccio che reggeva l'ombrello. Prima che potesse capire cosa stava accadendo si sentì percorrere da un brivido e una pelle d'oca che non c'entravano nulla col freddo e la pioggia.
Sentì sulle labbra un senso di calore che si irradiò per tutto il corpo, e non si era nemmeno accorto di aver abbassato l'ombrello mentre si baciavano.
Quando il bacio terminò e la vide in viso così da vicino, si accorse che sul naso aveva una spruzzata di lentiggini che prima non aveva notato. E che dell'acqua le rigava le guance, ma non riusciva a capire se fossero pioggia o qualcos’altro. Sapeva che delle lacrime sarebbero state calde e salate, ma non aveva il coraggio di provare a toccarle.
Fu lei a riprendere l'ombrello e tirarlo su, mentre Al si era dimenticato perfino dov'erano.
- Scusa – disse Tiarnan, anche se non sembrava per niente dispiaciuta. La pioggia di febbraio era fredda, ma ad Al sembrava quasi che a contatto col suo viso stesse evaporando.
- Io... - rantolò lui, senza avere la più pallida idea di cosa dire – Io... -.
Lei sorrise.
- Quanti anni hai? Non te l'ho ancora chiesto -.
- Beh, ecco... - questa era una domanda difficile. Per tanti motivi – Io... so di dimostrare tredici anni, ma in realtà... sarei più vecchio... -.
Tiarnan annuì.
- Io ne ho quindici – fece, sorridendo apertamente – E i miei nonni erano cugini. Capita -.
- Capita? - al momento non riusciva a ragionare proprio lucidamente – Cosa “capita”? -.
- Che le cose non vadano come ci si aspetterebbe. Ma questo non vuol dire che siano sbagliate – spiegò tranquillamente la ragazza.
Oh, lo sapeva. Eccome se lo sapeva. Anche se quello che non era andato secondo le sue aspettative non c'entrava nulla con l'età, come pensava lei.
Tiarnan lo prese per mano.
- Dai, già che siamo qui prendiamo il tuo strano cerchio magico – propose, diretta alla parete sotto il telone.
- Ecco, veramente... - fece Al, fermandola. Ma senza lasciare la sua mano – Si chiama “cerchio alchemico” -.
- Alchemico? -.
Al sorrise, chiedendosi se tutta quella pioggia non gli avesse irrimediabilmente annacquato il cervello, già un po' scosso per essere stato per anni lontano dal suo padrone.
- Un giorno ti racconterò una storia -.


Mi hai preso per mano,
portandomi via...



Allora, che ne dite della mia ipotesi di coppia al di là del portale? Avrei già in mente un seguito su questi due, vedremo se ne uscirà qualcosa...
Inoltre, se vi interessa saperne di più sulla coppia Rod/Liza (che qui non è comparsa, ma c'era qualche accenno in “Die Uhr- L'orologio”), ho pubblicato un prequel dell'intera storia: “Geschichte einer Spieldose- Storia di un carillon”.


Rispondendo alle recensioni:
Birby: sì, questa è la mia proposta di pairing per l'alter della prima serie. ^^
In effetti Ed non è mai stato famoso per il tuo tatto- non sa neanche dove stia di casa, meno male che c'è Al- anche se è sempre animato da buone intenzioni (più o meno)!
Questa storia mi è venuta fuori particolarmente romantica e delicata, ma direi che ogni tanto ci vuole. Tanto le cose inizieranno ad andare male fin troppo presto...
Come vedi aggiorno sempre settimanalmente; anche se per la prossima storia gli aggiornamenti saranno bisettimanali, ma con capitoli più lunghi. Io mi ci sto impegnando, vediamo cosa salterà fuori...
MusaTalia: Ed è sempre stato legato alla madre in modo molto diverso da Al, per quanto le volessero bene entrambi in modo profondo. Eppure non è stato Al a decidere di fare la trasmutazione umana, ad andare contro la morte pur di riportarla indietro.
In realtà Al non si è accorto di nulla appunto per questo “velo” tra lui e Tiarnan dato dai tratti della madre: credo non sia facile, in una situazione simile, capire dove finisca l'affetto per la propria mamma e dove cominci quello per una persona nuova, conosciuta in fondo da poco. Volevo delineare un'amicizia che si trasforma in qualcos’altro, e in quest'ottica è ovvio che Tiarnan abbai riconosciuto per prima i propri sentimenti. Oltretutto- concedimelo- trovarlo, uno come Al! ^^
Sperando che anche il finale ti sia piaciuto... 
   
 
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